Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

lunedì 22 aprile 2019

Lido di Venezia, riannodare fili di memoria

Non hai ancora quindici anni, ma possiedi la certezza granitica che tutto ciò che vedi, vivi e sai non sono sufficienti, che vorresti andare ben oltre anche se non sai ancora bene dove, come e con chi. Di sicuro ogni occasione per uscire da una routine per nulla entusiasmante va colta e vissuta per intero. 
Succede che ti ritrovi a vivere ben due estati in una comunità di mezzi matti, fra musicisti, medici giordani e filosofi somali, staffette partigiane che cuociono patate e ragù e parte del popolo di "Fiera" (solo chi è di Treviso può capire) indaffarata in ogni mansione.
Capita poi che alla metà degli anni Settanta, una volta schivata l'eroina e le sue nefandezze, ci si sente, e si è, abbastanza liberi e tre fanciulle adolescenti familiarizzano con una serie di "mosconi" gravitanti sul Lido di Venezia: tutti, come d'obbligo, suonano chi il flauto, chi la chitarra non underground ma under laguna, nei garage e nelle cantine.

Con la sfrontata incoscienza dell'età, facendo rischiare il posto di lavoro ai mosconi che si guadagnano gli studi facendo i camerieri, ti ritrovi nel mezzo di innocenti incursioni nella hall dell'Hotel Excelsior solo per il gusto di fare il giro della grandiosa fontana che c'è nel mezzo per poi uscire di corsa, oppure ti siedi ai tavoli del Florian giusto il tempo di sentire il tuo amico suonare qualche nota.
Di sera con l'allegra brigata percorri in pochi minuti la strada fra Ca' Bianca e il Des Bains, osservi divertita le facce di quelli che escono dal Casino, qualche volta ti spingi perfino a San Marco (i vaporetti costavano molto meno di adesso), ma il più delle volte assapori l'inconfondibile odore della laguna mentre le note di Lucio Battisti compiono il loro romantico dovere (e sullo sfondo tutti insieme osservate, tra l'affascinato e l'intimorito) le fiammate dei camini di Porto Marghera oppure ti spingi sui Murazzi.

Ho calpestato le calli veneziane fin dall'infanzia, sono stata poi conquistata dall'arte, dalla sua storia millenaria, dalle meraviglie che sa offrire ogni volta, ma la Venezia del mio cuore è quella compresa quando uno di quei mosconi mi disse: "Mi son de Casteo, anca se sto al Lido". Castello: un unicum dentro Venezia: un sestiere popolare che girato con quel gruppo di amici mi ha fatto capire che Venezia non è una cartolina; c'era anche un Giudecchino fra loro, rappresentante di un'altra isola identitaria, poi le canzoni di Gualtiero Bertelli e Alberto D'Amico mi hanno insegnato la dolorosa coscienza della sua fragilità, dell'indeterminatezza di una vita sull'acqua. Tutti loro erano, in fin dei conti, profeti inascoltati di contraddizioni che oggi sono sotto gli occhi del mondo.
Quando sali, a quindici anni, su un barchino per girare la laguna impari cosa sono le Vignole, a cosa servono le barene, la funzione delle bricole e senti di avere il diritto di sentirti, almeno un po', veneziana.
Dopo più di quarant'anni ci torni da sola, al Lido: c'eri già stata qualche volta in tutto questo tempo, ma oggi è speciale, hai il tempo per riannodare i fili della memoria, riguardare alcuni dei luoghi che conoscevi, scrutare qua e là per cercare indizi atti a riconoscerti.
Ti accolgono glicini in fiore nei giardini di ville immerse nel verde e nel silenzio, senti subito quell'aria speciale cha ha questa lingua di terra tra laguna e mare e ti avvii a piedi verso San Nicolò. 
Un paio di chilometri, forse, e capisci che quest'isola è il paradigma di Venezia e del nostro tempo: ville e giardini accanto all'abbandono,

il parco rigoglioso dietro il cimitero e la tristezza del vecchio ospedale abbandonato
a se stesso, il mare e la spiaggia con le sue casette in attesa

dell'estate e il Des Bains muto, chiuso, icona triste di un tempo andato.
Scintillante e bianca la piazza della Mostra del Cinema, senza il red carpet è solcata da bambini con biciclette che interpretano, in fondo, il sogno più bello, quello della ricerca della felicità inconsapevole.
Quando sono arrivata diversi turisti stavano fotografando la facciata dell'Excelsior e il sottostante approdo privato per i motoscafi di "chi può": è stata forte la tentazione di raccontare loro la storia delle incursioni giovanili, ancora più intensa quella di entrare e fare ancora il giro della fontana.
Dopo tutti questi decenni, però, sono diventata adulta, ho desistito ma mi sono messa a ridere da sola. E di gusto.

Ciao, Lido, alla prossima.


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