Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

martedì 19 gennaio 2021

Un centenario

 


La prima cosa che notai entrando nel grande palazzo delle Botteghe Oscure fu il simbolo del partito, grande, rotondo e bianco. Me l'aspettavo con i colori che apparivano nei manifesti elettorali, ovviamente, mi aspettavo un bel rosso fiammante e invece mi trovai davanti a un qualcosa che mi fece pensare.

Ero giovanissima, non so se avevo compiuto ancora 16 anni, ed emozionata, leggermente intimorita, comunque orgogliosa di appartenere a qualcosa di grande, numeroso, denso di passato e, soprattutto, di speranza e futuro.

Molti dei dirigenti di allora provenivano dai lunghi anni di clandestinità sotto il fascismo, dall'esilio, dalla Resistenza. Qualcuno addirittura quel partito lo aveva fondato: incontrarli era ogni volta una lezione di vita e di storia, anche, e non era poco, di grande umiltà e apertura verso il futuro.

Guardavano noi giovani con un cipiglio spesso severo, pronti a rimproverarci per i difetti di analisi (eh, già, in politica non si può sbagliare l'analisi), per un sacco di altri motivi, ma erano fondamentalmente curiosi. Curiosi di capire chi eravamo, che cosa ci stava intorno, che cosa volevamo, di che cosa avevamo bisogno.

Un giorno, dopo una notte in un treno in ritardo, stavo arrivando tardi alla riunione ed entrai di corsa in ascensore: realizzai di essere lì da sola con Luciano Lama, grande, bellissimo e con l'immancabile pipa. Non so di che colore diventarono le mie guance, ma lui mi sorrise e mi disse, molto semplicemente "Ciao compagna, da dove vieni?". Mi rincuorò.

In un'altra occasione, non ricordo bene quale ma sicuramente riguardava le donne, mi passò accanto Camilla Ravera, piccola, minuta, quasi invisibile ma potente nel suo lento incedere. Incredibile, aveva guidato il partito in un momento terribile, con Gramsci in carcere e le squadracce fasciste in piena attività.

Ne conobbi tanti altri, dal Presidente Napolitano a Nilde Jotti, da Aldo Tortorella a Marisa Rodano, da Giglia Tedesco a Pietro Ingrao, da Adriana Seroni a Emanuele Macaluso...

Non parlo di Enrico Berlinguer perché io, come tanti altri, mi sento ancora una "ragazza di Berlinguer" e il dolore per la sua perdita non è ancora passato.

Tutto giusto in quel grande partito? No di certo. Nessun errore, nessun rammarico, nessun difetto in quelle donne e in quegli uomini? No di certo. Onestà, integrità morale, volontà e impegno totale? Quello sì, perché la politica era una missione, una scelta.

Oggi è morto un altro di quei protagonisti: Macaluso avrebbe di certo scritto qualcosa di memorabile il prossimo 21 gennaio, peccato, avremmo "bevuto" ancora una volta la sua arguzia, la profondità, la saggezza data dagli anni.

È un centenario davvero impensato, questo. Da un secolo a questa parte è cambiato il mondo, la Terra è diventata più piccola, percorsa in lungo e in largo in poche ore da merci, uomini, armi, pesticidi, gas tossici e virus.

C'è un pianeta in cui si muore troppo per la fame, le guerre e le malattie, in cui milioni di esseri umani non sanno se arriveranno a domani.

C'è un'Europa che sta ancora cercando la propria strada, anch'essa costellata di problemi e spinte che richiamano un passato che speravamo cancellato per sempre, almeno qui.

C'è un'Italia che resiste, ma che trasuda una montagna di problemi da cui pare davvero difficile uscire. Non bisogna sbagliare l'analisi e ciò che abbiamo il dovere di imparare da quella lunga storia, secondo me, è la capacità di alzare lo sguardo e capire bene da che parte stare.

Quei maestri me l'hanno insegnato: si sta dalla parte dei più deboli, in fondo non è difficile da capire, e si deve stare dalla parte del futuro, non del passato.

Il futuro sta nelle giovani generazioni, dovrebbe essere inutile da sottolineare, ma in questo grande Paese pare che non sia così scontato. Dobbiamo sostenere gli anziani, i deboli in generale, ma senza aprire le porte alla cultura, alla scuola, alla formazione e all'istruzione, alla crescita critica, all'ascolto di chi si affaccia oggi alla cittadinanza non andremo lontano.

Grazie, maestri, forse quel simbolo bianco stava a significare il compito di ciascuno di contribuire a scrivere qualcosa di giusto.