Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

sabato 31 dicembre 2016

2016 #2017

Foto archivio di Pierluigi Donadon
Ognuno sta solo sul cuor della terra / trafitto da un raggio di sole / ed è subito sera.
Salvatore Quasimodo ci ricorda che ciascuno di noi è uno, un individuo unico, al centro della terra e di ciò che sulla terra accade: forte ma allo stesso tempo fragile. Ogni poeta esprime malinconia, quella dovuta innanzi tutto alla sensazione di caducità della condizione umana, uguale per tutti.
Gli ultimi raggi di sole delle giornate donano, come sempre accade, inquietudine per la notte che verrà, ma anche senso di quiete e di speranza: la luce, il giorno dopo, torna sempre.
Ogni sorgere del sole risveglia desideri, emozioni vissute o da vivere, ricordi e progetti, speranze e dolori, sapendo che poi sarà, di nuovo, subito sera. Ogni anno che giunge noi speriamo... e
per tutti questi motivi gli auguri davvero sinceri che si scambiano in giornate come queste riguardano quel raggio di sole e la sera: vorremmo che ogni giorno che nasce fosse migliore del precedente e che la notte (quella metaforica) durasse poco, meno possibile, consci che non possiamo esentarci dal dolore, solo sperare di allontanarlo per quanto ci è dato di fare.
Sappiamo però che può risultare offensivo augurare Buon Anno alle persone da noi conosciute che difficilmente vedranno la sera del 2017, poco delicato sorridere a chi, fra quanti conosciamo, vive male ed ogni sera è ferito da quel raggio di sole morente.
Augurare al mondo pace e serenità pare un vano esercizio di retorica in un mondo sempre più insanguinato, nel quale il sole pare dimenticato e una notte buia e nera non vuol saperne di finire: non è difficile pensare cosa sperino (sempre che ne sia loro rimasta la forza) tutti quelli che hanno avuto la sventura di nascere dalla parte sbagliata del mondo. Eppure, ne sono certa, un filo di speranza albeggia ogni giorno in chi cerca una soluzione, qualunque essa sia, per fuggire dall'orrore in cui vive.
Senza speranza mi appaiono invece tutti quelli che guardano solo il proprio personalissimo raggio di sole senza sapere che la stella non è solo per loro, che quella stessa luce, prima di arrivare nei loro personalissimi piccoli ed egoisti ambiti, ha illuminato altri milioni di esseri umani, ancora capaci, nonostante tutto, di sperare.
Siamo individui unici, ma il cuore della terra è per tutti, qui viviamo, tutti, e non esiste un "uno" più uno degli altri. Ecco, l'augurio vero è che i troppi che sanno solo spargere odio e veleno possano essere sconfitti dall'allegria degli incontri fra diversi, dalla battaglia di chi non si arrende e cerca di migliorare la condizione propria e degli altri, da chi ricerca un po' di verità rifuggendo dalle bugie, da chi è consapevole che il raggio di sole che ci trafigge può essere anche energia positiva, da spendere per fare e non per distruggere.
Chi oggi semina odio, intolleranza, razzismo, violenza, incomprensione è senza speranza, l'augurio è che inizi la riscossa di una nuova "banalità del bene".
BUON 2017
Grazie a mio marito, Pierluigi, per ciò che condivide da tanti anni con me e per i suoi stupendi racconti di montagna: ogni volta che torna a casa le sue emozioni infondono nuova speranza, ridanno la consapevolezza che una vita di rispetto per terra, i suoi raggi di sole, le sue notti, gli esseri che ci vivono, è possibile.


lunedì 26 dicembre 2016

Vandali d'accatto. #Conegliano


Non esite linea di demarcazione, non ci sono confini né resistenza morale, etica, civile: là dove manca una cosa molto semplice, ovvero l'educazione, scarsissima intelligenza e (molto spesso) ubriachezza producono le offese al decoro, al lavoro altrui, alla bellezza, alla dignità di luoghi che sono di tutti e quindi anche di chi li deturpa.
Ancora una volta Piazza Cima, il cuore di Conegliano, e con essa la strada, i portici, hanno dovuto assistere alle "bravate" inutili e pericolose di qualche banda di cretini.
Là dove nei secoli scorsi si giocava alla pallacorda, oggi qualcuno ha pensato di introdurre l'attività consistente nel rompere bicchieri e bottiglie spargendone i resti ovunque e nel prendere a calci il bel presepe di paglia sottostante l'albero di Natale.
Già nelle prime notti dopo l'allestimento del presepe c'erano stati danni, ma l'aver compiuto l'atto più grave proprio nel giorno di Natale aggiunge gravità al gesto e sconforto generale.
Tra l'altro i piccoli vetri dissiminati per la piazza diventano un pericolo per i tanti bambini che nei giorni di festa ci giocano rincorrendo il pallido sole e per i piccoli animali che accompagnano i loro padroni nelle passeggiate.
Idioti, quindi, incivili e anche criminali.
Sostanzialmente privi di quella educazione di base che dovrebbe far comprendere il limite oltre il quale non ci si deve spingere nemmeno se ubriachi all'ultimo stadio. La rabbia potrebbe indurre a fare paragoni forse ingiusti, ma è un dato che ci sono intere fasce di popolazione nelle quali la buona educazione, il rispetto delle regole, l'abitudine all'impegno per conquistarsi qualcosa, il rispetto per il lavoro degli altri, l'accettazione delle sconfitte e l'abitudine a considerare la bellezza un valore fanno fatica ad emergere. Esattamente come accade sempre più spesso, e ogni anno di più, nelle scuole, dove il compito più arduo non è tanto spiegare l'analisi logica (a volte verrebbe voglia di rinunciarci...), ma la logica elementare del vivere insieme.
A più riprese si è parlato di come affrontare il tema del decoro del nostro bellissimo centro storico: certamente occorre una repressione decisa e senza indugi, costringendo chi deturpa e sporca a ripulire, oltre che a pagare una salatissima multa, visto che pulire gli spazi pubblici costa molto a tutta la comunità.
Occorre però che questi luoghi, queste strade, queste piazzette, entrino nel cuore di chi amministra, cercando in tutti i modi di avviare iniziative comuni che coinvolgano anche i gestori dei tanti locali disseminati dall'inizio alla fine della strada: è interesse di tutti, residenti, esercenti, pubblico che il salotto della città smetta di essere, troppe notti alla settimana, una cloaca e il parco giochi dei vandali.
I vetri sono piccoli, non si vedono se non osservando bene


venerdì 16 dicembre 2016

Conegliano 1000 Gran finale

Sono davvero orgogliosa di aver contribuito al gran finale delle celebrazioni dei primi mille anni di Conegliano, nella splendida cornice di S. Orsola al castello di Conegliano, con la creatività e la bravura dei giovani cittadini, del Treviso Comic Book Festival, del Lago Film Fest e della Città di Conegliano.
Di seguito il testo di una parte del mio intervento introduttivo.

È praticamente impossibile condensare in pochi minuti una storia millenaria, costellata di momenti entusiasmanti e tragedie, innovazioni e sfortuna, veneziani imperanti, francesi, austriaci in fuga dopo aver depauperato territori stremati, così come era avvenuto all'alba della nostra città, nel X secolo, quando gli Ungari avevano terrorizzato il nordest d'Italia. 
La storia raccontata dalle tavole di Conegliano 1000 termina, giustamente, con un omaggio al nostro storico più illustre che mi piace pensare sia stato immaginato come un "Virgilio" dei nostri tempi, un Cicerone nella lunga storia di queste vecchie pietre. 
Adolfo Vital non solo ha contribuito a fare la storia, rappresentando esso stesso un momento cruciale nelle vicende di Conegliano (e non solo), ma l'ha saputa preservare per noi, ce l'ha raccontata con il suo instancabile lavoro, che ogni Coneglianese dovrebbe tenere nella propria libreria. 
Il professor Vital ci ha fornito innumerevoli spunti, preziose indicazioni, invitandoci ad un lavoro accurato di ricerca, verifica, confronto. 
Ciascuno di noi ha dentro di sé un'immagine personale del Medioevo e a me, visto che di fumetti e disegni stiamo parlando, piace molto una frase che Walt Disney ha messo in bocca a Mago Merlino: guazzabuglio medievale. Stabilire la "verità" per quei secoli lontani è davvero impresa pressoché impossibile: bui da un lato ma squarciati da immensi lampi di luce, arretrati e modernissimi, pii e allo stesso tempo crudeli. 
Di quel tempo lontano ci sono pervenuti documenti sufficienti per evitare di raccontare troppe baggianate, rovine, opere, memorie concrete e ancora vive al punto da affascinarci irrimediabilmente. 
Ma, c'è un ma: a rimanere sconosciuta è forse la maggior parte della storia. Ci ha pensato il tempo, beffardo nei nostri confronti, alleato con incendi, alluvioni, furti e anche una spensierata indeterminatezza.  
Veniamo ai nostri amati 1000 anni. Nessuno, in realtà, ha mai visto quel famoso documento del 1016, ma è certo che in quegli anni l'Imperatore del Sacro Romano Impero era Enrico II, l'ultimo degli Ottoni, proclamato poi anche Santo. Nelle continue lotte di quel periodo Conegliano passò dunque da proprietà imperiale a quella del vescovo di Belluno. È del tutto evidente che, per essere donata, la città  doveva già esistere ma, nel guazzabuglio di poco precedente e seguente il fatidico anno Mille, nessuno si curò di mettere né quell'atto né un qualsiasi altro certificato di nascita in una bottiglia che potesse giungere intatto fino a noi.  
E così il nostro Virgilio/Vital ci dice che sicuramente le nostre origini vanno poste nel secolo precedente (quando non si sa, ovviamente) durante le invasioni di degli Ungari. 
Il fatto vero e inconfutabile è che, poco dopo la sua nascita, Conegliano fece subito parlare di sé, posta com'è in un luogo che ne segnerà la fortuna e le tragedie, in un'Europa teatro di grandiose invenzioni umane e immani violenze. 
Rimanendo sempre nell'ambito dell'indeterminatezza dell'epoca, accanto ai servi della gleba esisteva una moltitudine in movimento: in quel mondo complicato si viaggiava molto, viaggiavano i pellegrini e gli avventurieri di ogni ordine e grado, i mercanti in cerca di fortuna. 
Chissà quali incontri avvennero qui, dove siamo noi stasera, o più sotto, dove il Borgo Vecchio cominciava a popolarsi e a costruire la propria storia. Una storia, ben inteso, di periferia, ma che di tanto in tanto ha incontrato (spesso essendone travolta) quella più grande, quella che i libri ci hanno tramandato, oppure ha continuato parallela a mille altre, sconosciute. 
Immaginiamo che mentre Conegliano compiva i primi passi la cattedrale di Canterbury veniva incendiata e che, proprio quando la nostra città si sottomise a Venezia, alla fine del Trecento, Londra contava 35mila abitanti, gli stessi che abbiamo noi oggi. Allora nacquero i Canterbury Tales, nei quali si raccontano anche i viaggi dei pellegrini di allora: da Londra a Canterbury ci sono 90 chilometri, che i pellegrini delle classi superiori percorrevano in tre giorni. Gli alberghi di nuova concezione avevano reso i viaggi molto più comodi di un tempo... Così narrano le cronache. Così come Conegliano è stata da sempre paese delle cento osterie, ostelli, alberghi, locande. 
Vicina al Piave e ai monti, protetta dalle nostre colline e con una enorme campagna su tre lati: amici e nemici giunsero qui da ogni dove, come monaci e suore che costellarono la città di conventi e manifatture. I Veneziani la amarono e ancora la amano, forse memori di antichi fasti. 
La città che nel 300 aveva la corporazione dei notai e già nel XVI secolo esportava il vino in ogni dove accolse anche un Napoleone all'inizio della propria grande cavalcata seguito a ruota da quella Giuseppina croce e delizia del grande condottiero, sopportò la fame tremenda degli anni successivi e seppe dare decine di volontari al Risorgimento, compresa una grande eroina, Maddalena Montalban, ancora poco conosciuta anche dai Coneglianesi. Con la caparbietà di chi sa di saper fare, di valere, la spuntò contro Oderzo ed ottenne la ferrovia, dimostrando di saperne cogliere le grandi opportunità. 
La grande tragedia dell'occupazione austro-tedesca dopo Caporetto segnò uno spartiacque dopo il quale nulla fu come prima: Conegliano rinacque e dopo l'altra guerra, l'ultima, si ingrandì, si arricchì, cambiò volto, nel bene o nel male al momento non è compito della storia dirlo. 
Ad essere indiscutibile è la vocazione con cui Conegliano è nata e che l'ha accompagnata per molti secoli: una città di gente che commercia, intraprende, costruisce e per ciò stesso vocata ad aprirsi, a conoscere, a guardare agli altri come opportunità. Forse oggi tutto questo si è un po' appannato, ma con un po' di lavoro credo che potremo farcela, non so se per altri mille anni, ma per un buon pezzo della nostra strada di sicuro. 
In questi casi la nostalgia non serve, visto che la storia cammina, e anche di corsa: posso dire che Conegliano merita amore e rispetto, gli stessi che traspaiono dalle opere dei ragazzi e delle ragazze che hanno accettato la sfida di fare una pazza corsa lungo questi mille anni. Circa. 


sabato 3 dicembre 2016

#referendum

Quella degli ultimi mesi è stata una pessima campagna elettorale, basata e giocata troppo spesso sull'odio, sull'incomprensione, sull'intolleranza. Sconvolge pensare che vi si sono giocate anche amicizie che duravano da decenni.
L'unico dato positivo è stato l'impegno politico, nuovo o ritrovato, di tante persone.
La passione politica, quando vera e scevra da violenza e sopraffazione, è una delle cose più belle che possono capitare a un essere umano.
Qualunque sarà il risultato del referendum lunedì l'Italia si sveglierà e riprenderà il suo cammino, complicato ed esaltante: la nostra democrazia, la nostra libertà camminano e continueranno a camminare sulle gambe delle donne e degli uomini che si impegnano per rendere viva e vitale la vita sociale del Paese.

Per questo mi auguro davvero che da martedì, qualunque sia il risultato, le ragazze, i giovani, le donne e gli uomini che in queste settimane hanno affollato i gazebo continuino il loro impegno nei movimenti, nei partiti, nella politica attiva.
Un Paese che a volte appare stanco e ripiegato su se stesso ha grande bisogno di energie nuove, dell'entusiasmo di chi si affaccia alla politica per migliorare le cose, di chi ci ritorna perché la politica è "una malattia cronica", di chi non ha mai smesso.
Propongo di cominciare facendo crescere consapevolezza, senso critico, cultura politica, qualcosa che si acquisisce con il tempo, con l'impegno, l'umiltà e lo studio, abbandonando i profeti dell'ultima ora, gli imbonitori interessati al tornaconto e i tanti, troppi ciarlatani che affollano il panorama.
Buon voto a tutti.