Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

venerdì 16 dicembre 2016

Conegliano 1000 Gran finale

Sono davvero orgogliosa di aver contribuito al gran finale delle celebrazioni dei primi mille anni di Conegliano, nella splendida cornice di S. Orsola al castello di Conegliano, con la creatività e la bravura dei giovani cittadini, del Treviso Comic Book Festival, del Lago Film Fest e della Città di Conegliano.
Di seguito il testo di una parte del mio intervento introduttivo.

È praticamente impossibile condensare in pochi minuti una storia millenaria, costellata di momenti entusiasmanti e tragedie, innovazioni e sfortuna, veneziani imperanti, francesi, austriaci in fuga dopo aver depauperato territori stremati, così come era avvenuto all'alba della nostra città, nel X secolo, quando gli Ungari avevano terrorizzato il nordest d'Italia. 
La storia raccontata dalle tavole di Conegliano 1000 termina, giustamente, con un omaggio al nostro storico più illustre che mi piace pensare sia stato immaginato come un "Virgilio" dei nostri tempi, un Cicerone nella lunga storia di queste vecchie pietre. 
Adolfo Vital non solo ha contribuito a fare la storia, rappresentando esso stesso un momento cruciale nelle vicende di Conegliano (e non solo), ma l'ha saputa preservare per noi, ce l'ha raccontata con il suo instancabile lavoro, che ogni Coneglianese dovrebbe tenere nella propria libreria. 
Il professor Vital ci ha fornito innumerevoli spunti, preziose indicazioni, invitandoci ad un lavoro accurato di ricerca, verifica, confronto. 
Ciascuno di noi ha dentro di sé un'immagine personale del Medioevo e a me, visto che di fumetti e disegni stiamo parlando, piace molto una frase che Walt Disney ha messo in bocca a Mago Merlino: guazzabuglio medievale. Stabilire la "verità" per quei secoli lontani è davvero impresa pressoché impossibile: bui da un lato ma squarciati da immensi lampi di luce, arretrati e modernissimi, pii e allo stesso tempo crudeli. 
Di quel tempo lontano ci sono pervenuti documenti sufficienti per evitare di raccontare troppe baggianate, rovine, opere, memorie concrete e ancora vive al punto da affascinarci irrimediabilmente. 
Ma, c'è un ma: a rimanere sconosciuta è forse la maggior parte della storia. Ci ha pensato il tempo, beffardo nei nostri confronti, alleato con incendi, alluvioni, furti e anche una spensierata indeterminatezza.  
Veniamo ai nostri amati 1000 anni. Nessuno, in realtà, ha mai visto quel famoso documento del 1016, ma è certo che in quegli anni l'Imperatore del Sacro Romano Impero era Enrico II, l'ultimo degli Ottoni, proclamato poi anche Santo. Nelle continue lotte di quel periodo Conegliano passò dunque da proprietà imperiale a quella del vescovo di Belluno. È del tutto evidente che, per essere donata, la città  doveva già esistere ma, nel guazzabuglio di poco precedente e seguente il fatidico anno Mille, nessuno si curò di mettere né quell'atto né un qualsiasi altro certificato di nascita in una bottiglia che potesse giungere intatto fino a noi.  
E così il nostro Virgilio/Vital ci dice che sicuramente le nostre origini vanno poste nel secolo precedente (quando non si sa, ovviamente) durante le invasioni di degli Ungari. 
Il fatto vero e inconfutabile è che, poco dopo la sua nascita, Conegliano fece subito parlare di sé, posta com'è in un luogo che ne segnerà la fortuna e le tragedie, in un'Europa teatro di grandiose invenzioni umane e immani violenze. 
Rimanendo sempre nell'ambito dell'indeterminatezza dell'epoca, accanto ai servi della gleba esisteva una moltitudine in movimento: in quel mondo complicato si viaggiava molto, viaggiavano i pellegrini e gli avventurieri di ogni ordine e grado, i mercanti in cerca di fortuna. 
Chissà quali incontri avvennero qui, dove siamo noi stasera, o più sotto, dove il Borgo Vecchio cominciava a popolarsi e a costruire la propria storia. Una storia, ben inteso, di periferia, ma che di tanto in tanto ha incontrato (spesso essendone travolta) quella più grande, quella che i libri ci hanno tramandato, oppure ha continuato parallela a mille altre, sconosciute. 
Immaginiamo che mentre Conegliano compiva i primi passi la cattedrale di Canterbury veniva incendiata e che, proprio quando la nostra città si sottomise a Venezia, alla fine del Trecento, Londra contava 35mila abitanti, gli stessi che abbiamo noi oggi. Allora nacquero i Canterbury Tales, nei quali si raccontano anche i viaggi dei pellegrini di allora: da Londra a Canterbury ci sono 90 chilometri, che i pellegrini delle classi superiori percorrevano in tre giorni. Gli alberghi di nuova concezione avevano reso i viaggi molto più comodi di un tempo... Così narrano le cronache. Così come Conegliano è stata da sempre paese delle cento osterie, ostelli, alberghi, locande. 
Vicina al Piave e ai monti, protetta dalle nostre colline e con una enorme campagna su tre lati: amici e nemici giunsero qui da ogni dove, come monaci e suore che costellarono la città di conventi e manifatture. I Veneziani la amarono e ancora la amano, forse memori di antichi fasti. 
La città che nel 300 aveva la corporazione dei notai e già nel XVI secolo esportava il vino in ogni dove accolse anche un Napoleone all'inizio della propria grande cavalcata seguito a ruota da quella Giuseppina croce e delizia del grande condottiero, sopportò la fame tremenda degli anni successivi e seppe dare decine di volontari al Risorgimento, compresa una grande eroina, Maddalena Montalban, ancora poco conosciuta anche dai Coneglianesi. Con la caparbietà di chi sa di saper fare, di valere, la spuntò contro Oderzo ed ottenne la ferrovia, dimostrando di saperne cogliere le grandi opportunità. 
La grande tragedia dell'occupazione austro-tedesca dopo Caporetto segnò uno spartiacque dopo il quale nulla fu come prima: Conegliano rinacque e dopo l'altra guerra, l'ultima, si ingrandì, si arricchì, cambiò volto, nel bene o nel male al momento non è compito della storia dirlo. 
Ad essere indiscutibile è la vocazione con cui Conegliano è nata e che l'ha accompagnata per molti secoli: una città di gente che commercia, intraprende, costruisce e per ciò stesso vocata ad aprirsi, a conoscere, a guardare agli altri come opportunità. Forse oggi tutto questo si è un po' appannato, ma con un po' di lavoro credo che potremo farcela, non so se per altri mille anni, ma per un buon pezzo della nostra strada di sicuro. 
In questi casi la nostalgia non serve, visto che la storia cammina, e anche di corsa: posso dire che Conegliano merita amore e rispetto, gli stessi che traspaiono dalle opere dei ragazzi e delle ragazze che hanno accettato la sfida di fare una pazza corsa lungo questi mille anni. Circa. 


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