Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

martedì 28 maggio 2019

Rumiz, Lucia, l'Europa, ieri e domani

Non sono brava come Paolo Rumiz, è perfino inutile dirlo ma meglio non lasciare dubbi.
Credo molto nelle coincidenze, penso che quando ci capita l'occasione di aver tempo per fermarci e pensare, osservare dobbiamo prenderla al volo, cogliere i messaggi che ci giungono, guardare bene luoghi e persone.
La mia amica Lucia mi prende in giro accusandomi bonariamente di essere una scettica che fatica a cogliere le vibrazioni di certi luoghi, ma sa che, a mia parziale discolpa, possiedo un buono spirito di osservazione.
Da qualche anno ho imparato a viaggiare da sola, viaggi brevi di tempo e distanza, proprio per avere il modo di guardare, ascoltare, pensare. La compagnia migliore è sempre qualche libro. 
Lucia stavolta mi ha affidato l'ultimo di Paolo Rumiz, Il filo infinito.
Mai lettura casuale fu più adatta al momento e alla situazione. Il suo riannodare il filo della tradizione e della forza benedettina n Europa gli ha permesso di sentire i luoghi e guardare le persone che ci vivono o vi si recano, di odorare il silenzio di vecchissime mura e ascoltare parole che ci arrivano da quindici secoli fa pronunciate da uomini saggi e venerandi.
Un racconto bellissimo, il suo, dolente di nostalgia e sofferto nelle domande sul presente del nostro continente e soprattutto sul suo futuro.

In una Rimini fredda e piovosa il primo incontro con la sua storia è stato nello scavo archeologico della cosiddetta "Casa del chirurgo", resto di una casa -ambulatoria di epoca romana. Ogni volta, quando incontro vestigia così antiche non riesco a trattenere un brivido di commozione e mi assale l'ammirazione per la bellezza che l'antichità ci ha inconsapevolmente consegnato, ma anche per gli orrori vissuti, i momenti di crisi e regressione.
Mentre Benedetto da Norcia metteva in piedi la Regola e fondava la sua comunità, immensa novità di fronte alla fine della civiltà precedente, un po' più a nord in quella che non a caso si chiamò Romània, era ancora forte l'eco della guerra greco-gotica, una delle tante "inutili stragi" perpetuate in questo territorio che si chiama Europa. Distrutta la casa di quel medico antico sulle sue rovine nacque altro, compreso un cimitero, del quale possiamo vedere alcune frettolose fosse in cui rimangono le ossa di chissà chi, lì a testimoniare la nostra caducità.
In  fondo la nostra è una storia di stratificazioni, a volte conglomerati misti, distruzioni e caparbie ricostruzioni, anche di sogni grandiosi finiti in tragedia oppure con lasciti stupefacenti.
Il fil rouge può essere cercato nell'Europa cristiana (ben diversa da quella che si vorrebbe propagandare) che Rumiz ci spiega come sia sempre stata tutt'altro che monolitica, nell'eredità della madre Grecia, nella doppia e duplice origine di Roma, nel gusto egizio importato, nell'ostinazione bizantina di perpetuare il nome di Roma (ottenendo peraltro la continua confusione degli studenti) perfino nei toponimi longobardi. Il filo del discorso è comunque la mescolanza, benedetto crogiolo di facce, occhi, lingue, suoni.
E così, mentre stamattina mi accomiatavo da Rimini, grazie a un sole inaspettato cercavo una panchina dove indugiare e leggere in attesa del treno: l'ho trovata in Piazza Ferrari, sotto gli alberi accanto allo scavo visto il primo giorno. Chissà quale fra i Goti si fermò un minuto a scaldal sole, se c'erano una vedova o un figlio a piangere colui che ora giace nella fossa a pochi metri da qui, chissà se l'Esarca di Ravenna passò per osservare e scrivere una relazione per il suo signore di Bisanzio? I pensionati che chiacchieravano tranquilli stanno seduti ogni giorno su millenni. Incredibile.
Millenni nei quali i confini, i limes, erano molto più labili di ciò che pensiamo e che qualcuno vorrebbe assurdamente riportare in vita. Confine di che cosa? Da che cosa?
La  Storia, ancora una volta, saprà  ridurre in polvere le manie di grandezza e ricostruire qualcosa di  nuovo, bene che i nuovi profeti da strapazzo lo sappiano, per il bene nostro, non loro.
E mentre leggevo le ultime righe del libro di Rumiz ero in stazione, seduta tra un frate francescano e un ragazzo nero: tutti e due concentratissimi sui loro smartphone.

lunedì 27 maggio 2019

Teatri... C'è chi può, perché vuole

Capita di trascorrere un paio di giorni a Rimini; la stagione è quella che è, ma rimane più tempo per visitare una città ricchissima di storia e che abbonda di bellezza ed eleganza.
Mettiamoci la ben nota dote di accoglienza romagnola e l'ombrello non è più un problema.
Non sapevo che durante la II guerra mondiale proprio Rimini, insieme a Montecassino, sia stato il luogo più bombardato d'Italia. A farne le spese, fra gli altri edifici, il Teatro, proprio nella centralissima piazza Cavour. Il resto fu compiuto da saccheggi e distruzioni varie.
Nel 1975 fu iniziato un primo restauro, ma nel 2010 presero il via i lavori per restituire ai Riminesi un simbolo culturale.
Circa sei mesi fa l'inaugurazione, in anticipo sui tempi previsti.
Stamattina il Teatro era chiuso, ma un signore gentile mi ha permesso un "giro veloce", lui che ci lavora ne va orgoglioso, e ne ha tutte le ragioni.
Si tratta di una perla, uno scrigno di bellezza, luce, acustica. Profuma ancora di legno, le dorature sono impeccabili, i palchi degni di quel sogno ineguagliabile che risponde al nome di Teatro.
Ho chiesto a quel gentile signore se sapeva qualcosa dei costi di un simile restauro e, quasi con candore, mi ha risposto che i milioni necessari sono arrivati dall'Europa tramite la Regione Emilia Romagna. Con una punta di orgoglio mi ha informata che con la stessa somma a Milano hanno rimesso a posto "solo" il palco della Scala.
Da tutto questo, ma da molto altro che vedo quando calco la terra emiliano-romagnola, deduco che spesso quando si vuole si può, che qui per andare dal mare al centro città si attraversano tre parchi immersi nel verde, che gli alberi affiancano non so quanti viali, che ci sono fiori piantati ovunque.
Deduco che con molta tranquillità a Rimini volevano di nuovo il loro bel teatro più bello di prima, hanno cercato i fondi là dove c'erano, li hanno usati bene, hanno finito i lavori in anticipo e Riccardo Muti è venuto qui a dirigere l'orchestra...
Noi a Conegliano riusciamo a esporre la fotocopia dell'atto di matrimonio di Arturo Toscanini... ci rimangono i busti in terracotta di Ferruccio Benini. 
Ci rimane un teatro malmesso in ogni sua parte, che ha dimenticato come fossero fatti i palchi, con un Ridotto scricchiolante, soprattutto un teatro che sta per chiudere.
A buon intenditor...

lunedì 20 maggio 2019

Brutti,sporchi ... qualcuno anche cattivo

Bel posto, Youtube, si scoprono tantissime cose. Anche il cinema e le serie TV sono spesso interessanti, soprattutto per chi voglia sviluppare uno sguardo, diciamo così, antropologico sulla realtà che ci circonda.
Una persona gentile mi ha inviato un link a un video musicale e il primo pensiero è andato al concetto di "non luogo": New York, Berlino, Rotterdam, Roma, Varese, Foggia? Si vede un luogo sostanzialmente abbandonato, bruttissimo, accanto a uno scheletro che un tempo doveva essere una fabbrica. Poi una scalinata, colonne rosse, qualche persona indifferente che passa. In tutto il mondo esistono luoghi così che fatalmente (pare) diventano ritrovo di bande, di sfaccendati e sicuramente di tipi poco raccomandabili. Chissà come mai, sempre, in quei posti mancano le forze dell'ordine, sembra che un destino cinico e baro abbia deciso che quelle realtà debbano rimanere immutabili, se non in peggioramento.
Trap per quelli della mia generazione è il diminutivo di un grande e simpatico allenatore di calcio, ora scopro che da Atlanta, nel Sud degli USA, è partito invece un nuovo stile musicale, derivante dal rap, con una serie pressoché infinita di sottogruppi e definizioni, i cui testi spesso trattano di violenza, malessere, frustrazione, droghe di ogni ordine e "degrado".
Per farla breve quel video è stato girato a Conegliano, al Biscione e nel parcheggio degli autobus retrostante.
Evviva! Siamo come le grandi città! Peccato che dalle altre parti tutto questo avvenga nelle famose periferie degradate mentre qui siamo nel cuore della città. Siamo riusciti, a Conegliano, a inventare il concetto di centro degradato, roba da non credere. 
Anni di denunce, tanti, troppi episodi di violenza soprattutto nei confronti degli autisti della MOM, una "fauna" sempre più assurda e, ahinoi, una funzione di calamita per tanti adolescenti in cerca di identità.
Progetti seri in quella direzione? Non pervenuti. Interventi ben organizzati in accordo con gli istituti superiori cittadini? Richiesti, proposti e non pervenuti nemmeno quelli. Politiche per i giovani che diano spazio alla creatività pensata, progettata, realizzata da gente giovane? Manco a pensarci.
Proclami, proclami e discorsi. Sostanzialmente inutili.
Riqualificazione urbanistica del bubbone ex Zanussi? Continua ad essere un buco nero che inghiotte il futuro della città. Anche qui silenzio, un silenzio assordante, a parte qualche dichiarazione, ogni tanto, per dire "Ci siamo"... quasi. Risultato: lo stesso da anni e anni, salvo lamentarci della situazione, dei bulli, dei delinquenti, degli immigrati... Senza fare assolutamente nulla di serio.
Di sicuro non servono le crociate, che, come sappiamo, non servirono a niente quasi mille anni fa, figuriamoci ora.
Serve, di sicuro, un controllo serrato da parte delle forze dell'ordine, senza se e senza ma, mettere in guardina chi delinque eccetera.
Serve assolutamente riqualificare quell'area, dandole un futuro, deve finire il deprimente balletto del "questione complessa, è colpa di uno o dell'altro...".
Servono progetti seri, magari copiare e prendere esempio da altre realtà, anche quelle difficili, che ci hanno messo l'anima, per salvare e motivare la gioventù.
Che ne dite di un bel festival dedicato alle nuove tendenze della musica giovanile, rap, trap, hic, hoc o che altro? Non gestita da cinquantenni?
Soprattutto, vi prego, non mescoliamo il degrado provocato da giovanotti ben vestiti e ben pasciuti alla povertà, all'emarginazione di chi si ritrova a vivere senza un tetto, si tratta di situazioni non sovrapponibili, ben diverse e, tra l'altro, ben note da tempo.
Ma di questo parleremo in un altro post.

venerdì 10 maggio 2019

Educazione civica nei luoghi di lavoro

Trenta ore settimanali, così scandite: 6 di italiano, 2 di storia, 2 di geografia, 3 di matematica e 2 di  scienze, 3 di inglese e 2 della seconda lingua straniera, 2 ciascuna per educazione musicale, artistica, fisica, tecnologia e una di religione (o materia alternativa, o...)
Nelle scuole secondarie di primo grado (le medie, per capirci) queste sono le materie, a cui vanno aggiunti (o tolti, dipende dal punto di vista) i progetti sul riciclo, l'ambiente, i pericoli della rete (non quelle dei pescatori), l'affettività, il fumo, gli esplosivi, le percussioni.... e i tornei sportivi di vario tipo.
Con grande fatica, stanti i quotidiani drammi legati troppo spesso alle situazioni familiari degli alunni, i benedetti programmi vanno avanti, ben sapendo che parlare di alcol, internet, bullismo, razzismo, rispetto dell'ambiente altro non è che occuparsi di educazione civica. Insegnare il rispetto delle regole sportive, del materiale, del proprio abbigliamento, delle strutture non è forse educazione civica?
I libri di testo, siano essi di italiano, storia o geografia, contengono ampi approfondimenti sui temi legati alla convivenza civile, alla storia sociale d'Italia, d'Europa e anche più in là; le colleghe di inglese proprio stamattina mi raccontavano delle ultime lezioni in cui l'argomento era la Brexit.
A quali materie dovrebbero essere sottratte le ore di cui si parla?
Che cosa si intende esattamente per educazione civica?

La conoscenza  delle elementari regole di convivenza civile e di educazione? A scuola tutto questo si fa quotidianamente, peccato che troppo spesso i ragazzi arrivino in ritardo, siano senza materiale, si comportino come bufali nei corridoi, siano addestrati a considerare la scuola come un optional e non come il primo dovere, oltre che diritto.
Se penso al comportamento nelle piazze, sui social o in televisione di quanti in queste settimane sbraitano di educazione civica mi viene da pensare che servirebbe a loro, più che ai giovani.

Si intende la conoscenza delle regole e delle istituzioni democratiche, vale  a dire l'organizzazione dello Stato nelle sue varie articolazioni?
A scuola si insegnano la nascita della divisione dei poteri, le differenze fondamentali tra i vari tipi di regime. Qui sono d'accordo: sarebbe opportuno spiegare ai ragazzi la differenza tra governo e parlamento, tra maggioranza e opposizione, cos'è un consiglio comunale.
Detto questo, ministri e parlamentari, assessori e consiglieri che fanno tutto fuorché il loro lavoro, che ignorano essi stessi l'altissimo compito per il quale hanno giurato, che propagandano il valore dell'ignoranza al posto della preparazione, mi fanno venire qualche dubbio. 
Come le persone che ancora oggi non hanno capito come si vota e soprattutto per che cosa si va ai seggi in un determinato giorno; oppure quelle che ancora oggi mi dicono "Tu che sei in Comune...", senza capire la differenza tra maggioranza e minoranza, o che credono che i consiglieri comunali siano dipendenti comunali...
A tutti questi servirebbe un corso intensivo di educazione civica.
Come, del resto, a quelli che ritengono le istituzioni un inutile orpello.

Si tratta della conoscenza dei diritti e dei doveri (da quelli del lavoro a quello del pagamento delle famigerate tasse).
Purtroppo l'impressione è che anche in questo campo sempre più cittadini abbiano smarrito il senso di comunità, credano che sia importante solo badare al proprio interesse personale...
E quindi, in sostanza, siamo proprio sicuri che debba essere la scuola a doversi far carico di ogni cosa, di ogni stimolo educativo, di cercare di formare cittadini consapevoli quando poi a casa, nello sport, sul lavoro, nelle sedi politiche avviene l'esatto contrario?
Quanti elettori sanno esattamente per che cosa voteranno il prossimo 26  maggio? Quanti sanno che i partiti sono il fondamento della dialettica democratica? Quanti conoscono la differenza fra i poteri dello Stato, fra governo e parlamento, fra sindaco, giunta e consiglio comunale? Quanti il significato dei contratti nazionali di lavoro, quanti conoscono la differenza fra tasse e contributi INPS?
Si potrebbe continuare...
Se si intende aggiungere una nuova materia scolastica se ne definiscano bene gli ambiti e si aggiunga  un'ora all'orario scolastico, oppure si taglino le partecipazioni a progetti vari, oppure, meglio ancora, la si smetta di parlare a vanvera di scuola quando non ci si entra da almeno 30 anni (e forse la si è frequentata male e con poco profitto) al fine di fare confusione.
Invece, la proposta vera e seria è la seguente: almeno 1 ora al mese di educazione civica obbligatoria, per gli adulti, nei luoghi di lavoro, nelle assemblee dei CdA, nel Parlamento, eccetera.
P.S. A scuola non servono i grembiulini ma palestre e laboratori, soffitti che non cadono, bagni decenti, finestre a norma. Servono più insegnanti di sostegno ben formati e più mediatori e facilitatori culturali.
P.P.S. In tutte le scuole i ragazzi si alzano in piedi quando entra un insegnante o qualsiasi altra persona adulta.