Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

giovedì 21 febbraio 2019

Accesso agli alloggi popolari. Nuova legge regionale

Questa sera il Consiglio Comunale ha discusso dei criteri aggiuntivi per l'accesso agli alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica, in conseguenza della nuova Legge Regionale. Di seguito, per chi abbia voglia di leggerlo, il mio intervento.


Finalmente in questo Consiglio Comunale parliamo nuovamente di  Case Popolari e, di striscio, di questioni sociali.
Per inciso l'ultima convocazione della Commissione 2 risaliva allo scorso 23 aprile (10 mesi fa), e anche quella volta si trattava di un regolamento conseguenza di una legge sovraordinata.
Anche stasera stiamo discutendo una sorta di "tutela" successiva all'emanazione di una Legge Regionale.
Legge che va a modificarne una del 1996, sempre sull'accesso agli alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica e che, fra gli esiti, ha certamente quello di mettere persone in difficoltà contro altre persone in difficoltà, a seconda della residenza in Veneto nonché quello di mettere Sindaci contro altri Sindaci.
Risulta evidente quelli dei Comuni più piccoli o che non possiedono quel tipo di alloggi avranno tirato un sospiro di sollievo sapendo di poter vedere inseriti nelle graduatorie persone del loro territorio, mettendo in difficoltà quelli che, come succede qui a Conegliano, ne hanno.
Molte Amministrazioni stanno approvando regolamenti simili al nostro per salvaguardare in qualche modo i propri residenti e gli investimenti di decenni fa anche con il denaro dei propri cittadini.
Il vero, grande problema irrisolto è la carenza di questo tipo di alloggi, la loro vetustà e la totale assenza di una seria politica della casa da parte della Regione.
Venendo a noi, mi piacerebbe sapere perché la delega ai servizi sociali sia stata affidata a un assessore diverso a quella per le case popolari visto che, come sappiamo, il primo problema di chi si trova in difficoltà è proprio la casa, il "tetto sulla testa". 
Vorrei ricordare che ben prima dell'approvazione di questa legge regionale, nell'ormai lontano 2014 (se la memoria non mi inganna) il presidente della Conegliano Servizi lanciò, per così dire, un grido d'allarme sullo stato degli appartamenti chiedendo un investimento di 1 milione di euro per iniziare a rendere dignitose le abitazioni e intraprendere un percorso virtuoso di riqualificazione.
Da allora abbiamo chiuso la Conegliano Servizi, ma ben poco è stato fatto in azioni concrete.
Quindi è chiaro che la questione non è mettere a posto gli alloggi per i "foresti": si tratta di rendere dignitosi quelli di nostra proprietà.
Tra l'altro comincia ad essere un ritornello frusto e francamente irritante quello dei presunti ricchi che abitano nelle case popolari: dite a chi di dovere di modificare le regole di accesso, se serve, ed eventualmente cacciateli fuori. Punto.
A me preoccupano di più le famiglie in difficoltà, quelle con minori a carico, quelle di e con disabili.
C'è un gap davvero grande fra la spesa per il settore sociale nel Bilancio comunale, le spese per gli alloggi popolari e le delibere.
Nel 2018 su 25 milioni circa di spesa del Bilancio corrente ben 5 sono stati imputati alla spesa sociale. Nulla è stato speso in conto capitale per gli alloggi pubblici.
Nessuna proposta di delibera è stata presentata durante l'anno sul comparto sociale.
Mi chiedo se l'azione di questi assessorati significhi solo elargizione di denaro, una enorme mole di lavoro per il personale addetto che, ripetiamolo, svolge con altissima professionalità e dedizione un compito delicatissimo.
Oltre a salvaguardare in qualche modo i nostri residenti con questo nuovo regolamento (e con tutti i dubbi del caso, perché la sfortuna o i problemi che sconvolgono le vite capitano a prescindere dalla residenza) credo sarebbe il caso di produrre percorsi e progetti che investano il Consiglio Comunale, così, magari, sapremo tutti meglio quali sono le tante situazioni dei nostri cittadini.

venerdì 15 febbraio 2019

Un nuovo supermercato? Se ne sentiva la mancanza...

Non c'è che dire, a Conegliano brilliamo sempre per coerenza, per il perseguimento degli obiettivi fino allo sfinimento.
Da quando l'unica maniera per "riqualificare" un'area è per forza quella di costruirci sopra qualcosa?
Da quando per aiutare il piccolo commercio in sofferenza nel centro della città (e anche in periferia) si inonda ogni area libera con nuovi supermercati?
Sembra di stare in un mondo alla rovescia: solo due giorni fa la conferenza stampa per annunciare un cambio di passo nei parcheggi a pagamento il sabato pomeriggio e il famoso quarto d'ora gratis gli altri giorni e martedì prossimo il Consiglio Comunale sarà chiamato ad approvare l'ennesima convenzione con un privato per costruire un nuovo supermercato...
Finalmente! Se ne sentiva davvero il bisogno: come noto in quella zona non c'è modo di acquistare un etto di mortadella, una saponetta, un pacco di pasta...
Ancora un supermercato? Ancora negozi? Ancora cemento?
I privati, si sa, ragionano come tali: se vedono un'area in cui è possibile edificare o vendere lo fanno. Ancora una volta è la politica che non ha compiuto le scelte necessarie, che non ha ancora deciso che basta, che Conegliano non ne può più di iper e super. Quelli che abbiamo bastano e avanzano.
I residenti e qualche consigliere comunale (sempre di opposizione) avevano segnalato da tempo lo stato scandaloso in cui versa quella parte di Via Maggior Piovesana: sterpaglie, topi, abbandono e quant'altro.
Ecco, adesso avremo le vetrine di un altro supermercato, un'altra possibile area verde attrezzata in meno e parcheggi gratis senza strisce blu, senza quarti d'ora free e calcoli del tempo in cui si rimane in sosta. Come si sa per gli acquisti ci vuole il tempo che ci vuole...

lunedì 11 febbraio 2019

Radici #piazza4novembre #Conegliano


C'è un'acacia, anzi Robinia pesudoacacia per essere precisi, ha il tronco mozzato che in alto è diviso in due parti secche e tristi mentre cercano con difficoltà di guardare il cielo. 
Si direbbe morta, incapace ormai di dare frutti, far nascere foglie, eppure...
Eppure le sue grosse e nodose radici la mantengono ancora salda, ancorata a quel piccolo spazio che divide la strada che corre intorno alla piazza dall'argine del fiume.
È testardo, quell'albero, non se ne vuole andare. 
Sotto di sé ha il fiume, che scorre da millenni sempre nello stesso senso portando ora sollievo ora inquietudine, che ha visto migliaia di donne chinarsi curve a lavare i panni nel Monticano.
Davanti osserva una chiesa con la sua piazza piena di ricordi ma anche di automobili che la deturpano; chissà, magari qualche volta discorre del più e del meno, del passato e dei ricordi nel misterioso linguaggio delle piante coi cipressi sull'altra riva del fiume. Una volta, quando era una bella acacia rigogliosa, riusciva quasi a vedere fin sopra il tetto di quel convento in cui si sono alternati ordini monastici, soldati, pellagrosi, qualche prostituta nascosta e poi la confusa, sciatta e distratta contemporaneità. Vuoi vedere che l'albero resiste solo per vedere che fine farà quel luogo così vecchio, così vivo e che pare così  complicato per un'epoca incapace di pensarsi?
Dietro ha una piazza, anch'essa ne ha viste di tutti i colori, ha cambiato perfino nome a seconda dei ghiribizzi del potere umano. Frati operosi e venditori di animali vi si sono alternati per secoli cercando di sfuggire alle tante soldataglie di passaggio, alle rapine, alle violenze. Negli ultimi cento anni, poi, ha assistito alle tante speranze e alle troppe tragedie di un secolo di follie: ora accoglie le celebrazioni, ascolta gli inni e si commuove davanti ai tricolori issati sul pennone, alle corone deposte sotto tutti quei nomi ricordati sul bianco monumento; dietro a quest'ultimo, riparato proprio dagli alberi, è persino sorto un piccolo mondo umano tutto a sé stante.
Quelle radici nodose, a volerle ascoltare, ci parlano di tutto questo e di chissà che altro, a partire dall'origine nordamericana dell'albero, "sbarcato" chissà come in una piazza monumentale. I botanici ci raccontano che quest'albero sbagliato veniva detto anche albero da legna dei poveri.
Ecco, sarà anche un albero sbagliato, ma adesso che ormai c'è da decenni, anche le nobili magnolie, i cipressi e tutti gli altri devono aver imparato a convivere in qualche modo con lui. Michele Zanetti, botanico amico e innamorato degli alberi ha definito Piazza IV Novembre un orto botanico intercontinentale: pensandoci bene è bellissimo che a ricordare i nostri morti per la Patria ci siano alberi provenienti da ogni parte del mondo.
Tutti loro hanno messo radici più o meno profonde, nel terreno e nel cuore di chi ha voglia di guardarli, sentirne il suono e il respiro.
Due piazze una di fronte all'altra, separate da un fiume con un ponte amato e attraversato mille e mille volte distrattamente. Due dei cuori di una città che a ben vedere ne ha qualche altro: tutti avrebbero tanto bisogno di un buon medico, soprattutto di essere amati e rispettati.
Senza cuore, senza rispetto per ciò che era, non si può guardare avanti con discernimento: le idee più innovative, la fantasia più ardita e costruttiva, le applicazioni più rivoluzionarie potranno trovare casa feconda solo in una città con i propri cuori rispettati.
L'acacia sa aspettare, ma non sappiamo fino a quando. Ad ogni modo qualche suo seme è già caduto da qualche parte, lì vicino: le radici lo custodiscono, sta a noi non estirparle.


mercoledì 6 febbraio 2019

Rinnovando la libreria #spolverare #riscoprire #libri

- Allora, Gianelloni, cosa sa dirmi del Polisensky? - Ricordo ancora lo sguardo benevolo, sereno e insieme severo di Marino Berengo in apertura della seconda fase dell'esame di Storia moderna.
In realtà iniziò un fuoco di fila di domande sulla svolta della guerra dei Trent'anni, le cause, le conseguenze, l'intreccio tutto seicentesco fra religione e politica.
Quello, il Polisensky, era solo uno dei quattro o cinque testi previsti per la parte monografica di quell'esame. Non finiva più: già estenuata dopo la parte generale sostenuta con l'allora assistente (un grande Derosas), Berengo mi "tenne sotto" almeno altri 50 minuti.
Era solo il secondo dei ventiquattro esami previsti, a casa avevo una bimba piccola e uno praticamente in fasce, eppure... Eppure alla fine ero entusiasta, avevo avuto l'onore di confrontarmi con una delle menti più acute e fervide della cultura italiana; la sua insistenza nello scandagliare le motivazioni profonde degli avvenimenti della storia, nel verificare, confrontare e approfondire mi stava convincendo che quella era proprio la mia strada.
Non ebbi esitazione e dopo un bel po' di altri esami, quando la strada mi parve ormai in discesa affrontai un secondo esame di Storia Moderna (allora si chiamava iterato) e chiesi a Marino Berengo se avrei potuto sperare di laurearmi con lui.
Ho già scritto qualche tempo fa del mio orgoglio quando vedo la foto di laurea con lui vicino a me e il suo nome stampato sulla copertina della tesi, qui però c'è qualcosa d'altro che vorrei dire.
Togliendo tutti i volumi dalla libreria per rinnovare il mobile e tinteggiare le pareti, i miei libri mi sono passati tutti fra le mani, quelli universitari e quelli di prima e di dopo, i saggi, i romanzi, le fiabe mie e dei miei figli. Ciascuno di essi ha una storia e me l'ha raccontata di nuovo mentre lo spolveravo per metterlo da parte.
Quel Polisensky mi è rimasto impresso, come alcuni degli altri grandi libri che l'Università mi ha permesso di leggere, per avermi fatto capire meglio non tanto la Guerra dei Trent'anni (cosa peraltro non disdicevole...) ma soprattutto perché il professore ce l'aveva prescritto, esattamente come un farmaco.
Ci sono titoli che acquisti o leggi solo se sei uno specialista o se un professore te li prescrive come una medicina utile per capire qualcosa: saggi spesso ostici, difficili da digerire e imparare, quasi sempre scoperte impensate e prese di coscienza di quanto ci sia da apprendere da chi ha trascorso la propria vita a studiare, confrontare, verificare sul campo o negli archivi.
Essermi laureata senza poter frequentare le lezioni per motivi di lavoro e di famiglia mi ha obbligato a leggere un sacco di libri in più in orari strani e situazioni spesso complicate, mi ha permesso però di avere accesso a scritti che altrimenti non avrei mai letto.
Ogni esame in più era una conquista da condividere con la mia famiglia, che partecipava ai miei sforzi con generosità, pazienza ed entusiasmo.
Ogni volta, immancabilmente, telefonavo dal telefono pubblico vicino alla Libreria Toletta per dare l'esito, tornata a casa riponevo in ordine i libri di quell'esame accanto a quelli già passati e la sera c'erano le pasterelle per festeggiare, previa visione da parte di tutti del libretto con il voto e la firma del docente.
Un libro dopo l'altro, un vassoio di pasterelle ogni tot di mesi, un pizzico di ignoranza in meno.
Fra qualche giorno arriverà la libreria nuova e i miei libri faranno il viaggio inverso, tornando sugli scaffali. Non ho ancora deciso esattamente quale criterio userò per riporli, di sicuro quelli più cari cercherò di farli stare insieme: ogni tanto li sfoglierò o darò solo un'occhiata di intesa e sapranno raccontarmi di nuovo un sacco di cose...

venerdì 1 febbraio 2019

Spente le luci del Natale che si fa? #Conegliano


Il Natale con le sue luci e le casette è finito, la ruota panoramica non c'è più e la pista di pattinaggio nemmeno.
Che fare, quindi? Tutto può tornare come prima? Il nostro splendido, a tratti commovente nella sua bellezza, centro storico può tornare nel dimenticatoio, spritz a parte?
Ogni giunta che si insedia lo mette tra le priorità, con annessi problemi del commercio, della viabilità, del suo spopolamento, del decoro e dell'inciviltà di troppi di fronte al deserto di attività... e ogni giunta lascia comunque i problemi là dove sono, come se togliendo o aggiungendo qualche mattoncino al Lego si rischiasse di far cadere tutto.
Non bastano qualche manifestazione ogni tanto, qualche bancarella qua e là, l'Autunno Coneglianese sempre uguale a se stesso da decenni.
Da troppi anni i cittadini aspettano proposte, progetti lungimiranti che ci dicano come si immagina la nostra città fra vent'anni: nulla si muove. Perfino Palazzo Sarcinelli ha un futuro incerto.



Di seguito, come sempre, l'interpellanza che ho presentato sul tema.

Oggetto: Interpellanza sullo stato delle politiche comunali riguardo al centro storico cittadino.

Facendo riferimento
  • Alle linee di mandato del Sindaco
  • Al bilancio di previsione triennale approvato dal Consiglio Comunale lo scorso 21 dicembre
  • Al DUP, approvato nella medesima seduta consiliare
CONSIDERATO CHE
  • Persistono ormai da troppi anni le criticità legate all'insieme del centro storico cittadino (viabilità, chiusura delle attività commerciali e prezzi delle locazioni, diminuzione dei residenti, decoro e manutenzione dei siti storici, delle piazze e delle aree adiacenti, edilizia scolastica...).
  • È entrata nella fase clou la candidatura delle colline a Patrimonio dell'umanità dell'Unesco.
  • Conegliano dovrebbe essere Comune capofila per il comprensorio che la circonda, traino economico, politico e ideale.
Il sottoscritto consigliere CHIEDE:
  • Quali strategie questa Amministrazione intenda porre in essere per dare una caratterizzazione alla nostra città, sia per i turisti che per i cittadini coneglianesi.
  • Quali politiche di medio-lungo periodo intenda mettere in atto per il centro storico, escluse le singole manifestazioni, per restituire vita e attività al cuore della città.
  • Quali progetti siano già in fase di avanzata ideazione, se non di esecuzione, per far sì che Palazzo Sarcinelli possa davvero essere luogo privilegiato di produzione e fruizione culturale nei prossimi anni.