Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

mercoledì 26 agosto 2015

Sulle nuove sedi per le Associazioni di Conegliano

L'associazionismo è sacro, i volontari delle associazioni svolgono spesso un compito insostituibile in ambito sociale, culturale, sportivo. Proprio per questo e per il valore del loro lavoro, il rapporto con l'Amministrazione Comunale deve essere improntato a criteri di serietà, trasparenza, parità di trattamento. Non solo: quando si parla e si decide su beni e soldi pubblici non si può scherzare.
In questi giorni si decide come, chi, quando potrà avere la propria sede in immobili concessi dal Comune. E non tutto è ben chiaro...
Per questo il gruppo consiliare del PD di Conegliano ha presentato oggi la seguente interpellanza:

Oggetto: interpellanza sulle nuove sedi per le Associazioni cittadine

PREMESSO CHE

  • Le Associazioni sono parte integrante ed insostituibile del tessuto sociale e culturale della città
  • La Giunta ha deciso di destinare lo stabile ex-Ulss di Via Maset a sede per un certo numero di associazioni
  • Dopo il trasloco di parte degli uffici comunali in altre sedi si verranno a liberare alcuni immobili
CONSIDERATO CHE,
  • Il regolamento per la disciplina e la valorizzazione dell'associazionismo nel territorio comunale risale ormai al 1987
  • Sia lo stabile di Via Maset che quello di Via Battisti (ex anagrafe) abbisognano di importanti interventi di manutenzione straordinaria e ordinaria e di messa a norma secondo le vigenti norme
I sottoscritti consiglieri CHIEDONO:
  • Quali criteri siano stati adottati per la scelta dei locali da affidare alle varie associazioni, quali siano i criteri utilizzati per attribuire le sedi alle varie associazioni tenuto conto delle diverse superfici e condizioni
  • In che modo l'Amministrazione intenda far partecipare le associazioni alle spese per la gestione degli immobili stessi (riscaldamento, acqua, luce...) e per la manutenzione
  • Se questa Amministrazione abbia studiato un progetto di manutenzioni e miglioramenti degli immobili e quali criteri di trasparenza si intendano adottare per l'affidamento degli incarichi, affinché i lavori vengano eseguiti da ditte qualificate e attraverso il controllo dell'Ente
  • Se si ritenga che lo stabile di Via Battisti, posto in zona disagiata, senza riscaldamento e con gravi problemi nella copertura, possa essere un luogo adatto ad accogliere le associazioni cittadine.
I consiglieri comunali
Isabella Gianelloni, Alessandro Bortoluzzi, Paolo Giandon, Laura Rossetto

sabato 15 agosto 2015

Creta. Ultima puntata. Monti, pareti, gole, genti e spigolature

QUARTA PUNTATA
6. A Creta per monti, pareti e genti.
Spili è praticamente un'oasi che accoglie e ristora all'improvviso. Qui la Chiesa Ortodossa ha istituito un grande seminario e con ragione: un luogo così invita a pensieri positivi. Dopo i tornanti, i su e giù nel caldo torrido, le pietre infuocate dal sole, questo piccolo borgo di montagna si presenta con una bella strada lastricata, le viuzze con le case colorate o imbiancate a calce, riparate da pergolati di vite.
Dalla fontana veneziana con le bocche dei leoni sgorga un'acqua freschissima e pura, buona come solo quella di montagna sa sempre essere. La piazzetta è un riparo naturale
dal caldo, immensi platani creano un'ombra che invita immediatamente a sedersi in una taverna e ordinare da mangiare (qui a Creta il locale tipico non è mai una fregatura, è tipico e basta e i prezzi sono più che onesti).
Gli esseri appassionati si somigliano ovunque: qui a Spili, in mezzo alle viuzze che si inerpicano nella parte alta del paese, scopriamo un museo etno-antropologico, gratuito e gestito da un signore che sorridendo ci fa entrare e si scatena a raccontare della vita passata da queste parti: insieme a lui, che è come un fiume in piena, concludiamo che la vita dei contadini e delle donne contadine si somiglia ovunque: lavoro, lavoro, lavoro, vita semplice e attrezzi utili.

Vicino a Chania c'è il canion di Theriso: chilometri di montagna in una lunga gola, dove al sole si scotta e all'ombra si respira: un paradiso per i climbers, anche loro si possono divertire da queste parti. Un borsone carico di corda, scarpette, rinvii, imbraghi e l'immancabile magnesio ha finalmente il suo momento di gloria...
Fa caldo, caldissimo, il frastuono delle cicale aumenta e perfino le capre tacciono, in questo mezzogiorno davvero di fuoco
Alla fine dell'arrampicata, come di prammatica, c'è il posto per la birra: fresca, buona, accompagnata dal mitico yogurt col miele di montagna e all'ombra di immensi eucalipti e platani.

Ci sono cose che nella vita vale la pena di fare, esperienze che vanno vissute e che non si possono raccontare del tutto: difficile dire cosa si prova a camminare per cinque ore di seguito in discesa, in mezzo a pietraie e sentieri scavati nella roccia o fra le radici dei pini, partire con la felpa da 1229 m e giungere fino al mare, dall'altra parte dell'isola, con 40°.
Si inzia al cospetto del monte Gingilos e si finisce sulla costa del Mar Libico.
In mezzo ai turisti che da Omalòs iniziano a scendere con si incontrano i muli nelle postazioni di soccorso pronti ad aiutare gli infortunati e le solite amiche capre (kri-kri da queste parti), indifferenti alle vesciche sui nostri piedi ed agli scatti dei mille telefoni.
Sono letteralmente affascinata dalle chiesette rupestri e dalla tradizione di lasciare "ometti" di sassi ovunque, sulle curve e nelle radure: lo spettacolo è incredibile.
Tutto questo si chiama Gola di Samarià, la più lunga d'Europa, un luogo unico e irripetibile, dove i punti di ristoro sono ricchi di acqua, ombra e panchine. Il villaggio di Samarià, abbandonato dal 1962 quando la zona divenne parco nazionale, è animato dagli escursionisti: quelli che erano baldanzosi all'inizio ora sono sudati, stralunati e stanchi ma non smettono di guardarsi attorno stupefatti, curiosi e affascinati.
Mi chiedo: ma cosa ci faceva una comunità umana abbarbicata qui in mezzo al nulla?
Stanchi oltre ogni limite, desiderosi solo di camminare su un terreno piatto e senza sassi, di togliere gli scarponi e anche i vestiti, riusciamo a raggiungere Agia Roumeli, minuscolo porticciolo affacciato sul Mar Libico.
Ci sono ombrelloni provvidenziali, gratuiti come sempre: solo che sotto le sdraio c'è una fila di scarponi....
Tutti, ma proprio tutti, arrivano, si siedono e in due minuti si tuffano in un mare che, come da programma turistico, è davvero BLU.
7. Settimo soffio vitale, settimo "soul": 
ognuno ci metta del suo, ciò che gli piace, ciò che desidera, ciò che vorrebbe o non vorrebbe da un viaggio e da una vacanza, dagli incontri con le persone, dai dialoghi con chi vive e lavora, con chi si fa in quattro per i turisti e chi continua a lavorare in disparte, magari lanciando un sorriso al visitatore che, se educato, è il benvenuto. Il sorriso e il "kalimera" dei pescatori di Georghioupolis fanno bene al cuore
Due settimane sono poche per conoscere un luogo ma lasciano ricordi indelebili, particolari, immagini, suoni, gusti e profumi che non ci abbandoneranno mai. 
Abbiamo girato un po' per un'isola grande e affascinante, ma nel paesino che ci ha ospitato abbiamo assaporato la quiete e la sensazione di libertà che hanno reso indimenticabili questi giorni.
Grazie a chi ha avuto la pazienza di leggere queste mie righe, spero di invogliare qualcuno ad organizzare un viaggio a Creta e poi a volerlo raccontare....
(Foto di Pierluigi Donadon e Isabella Gianelloni)





giovedì 13 agosto 2015

Creta. Terza puntata. Candia, la Canea, i leoni. Chiese e Minareti

TERZA PUNTATA.
4. Venezia (a proposito di gatti).

Mi piace pensare a Creta che galleggia nel Mediterraneo, oscillando ora verso ovest e ora verso est, in mezzo a quel mare "nostrum" che ciascuna potenza ha sempre considerato, tutto sommato, come proprio.
Venezia, lo sappiamo bene, fu per molto tempo la regina dell'Adriatico e anche di questa parte di Mediterraneo.
Lungo tutte le coste solcate dalle navi uscite dall'Arsenale della Serenissima, troviamo disseminate tante "piccole Venezie": porticcioli e porti grandi coi bastioni di difesa, calli e callette che si incrociano nel tipico guazzabuglio della Repubblica Marinara più famosa.
A Creta, lungamente contesa con i turchi, Venezia ha lasciato più di un'impronta. Le guide turistiche non mancano di segnalarne la memoria: Venezia sa suscitare emozioni come nessun'altra, ma per chi la ama, per chi l'ha vissuta almeno qualche volta con intensità, ritrovarla fa sempre un certo effetto. 
Fontana Rimondi (1623) a Réthymno)
E non si tratta di stupida rivalsa o malcelato "nazionalismo veneto", piuttosto di un senso di riconoscimento e comprensione di un miracolo durato mille anni. Un millennio in cui la Serenissima ha dominato e quindi fatto violenza, ma ha saputo anche commerciare e accogliere, comprendere e andare orgogliosa della propria unicità.
Creta è ricca d'acqua dolce, grazie alle sue alte montagne e ad un clima particolare e i Veneziani sanno da sempre quanto importante sia l'acqua buona da bere: in ogni città di mare, ma non solo, splendide fontane veneziane dissetano da sempre marinai e cittadini, mercanti e turisti, greci e turchi, padroni e patrioti.
Dalle fauci dei leoni sgorga acqua buona e fresca,
Spili, fontana veneziana
Iraklio, fontana Bembo (1588)
la bellezza dei marmi adorna le piazze e camminando qui e là vien da pensare che in fondo proprio qui si può cogliere la sapiente mistura di oriente e occidente. Non solo, sono evidenti le affinità, il modo di intendere la vita, il gusto per lo stare insieme nella piazza del mercato, la babele di volti e colori. 

 


Se qualche parte di Venezia somiglia un po' a una casbah, le reminiscenze turche nei bovindi dei palazzi di Creta sono perfettamente a proprio agio nelle callette veneziane in salsa greca di queste incantevoli città. 


5. Occidente e Oriente. Cupole e minareti
Agios Nikolaos, nel bosco della gola di Samarià
La religiosità, da queste parti, è una cosa seria. Comunque la si pensi la chiesa ortodossa permea la società, icone e rosari, immagini votive, chiese grandi e piccole, templi anche minuscoli si incontrano ovunque. 
 









La tanto
sospirata indipendenza dai turchi lanciò una sorta di iconoclastia delle testimonianze musulmane a Creta, ma per fortuna molte moschee sono state salvate, alcune sono adibite al culto ed altre, come a Réthymno, sono diventate luoghi per concerti ed eventi culturali.
In ogni chiesa, in ogni luogo di culto, si entra con rispetto, in silenzio, con la volontà di capire e di sentire. Figure silenziose sorvegliano la quiete e le speranze di quanti entrano, accendono le belle candele gialle e pregano davanti alle icone.

Sono a Iraklio, fuori il sole è cocente ma nella chiesa di Agios Minas (San Mena, eremita egiziano del III secolo) regna il silenzio, una giovane donna svolge il suo rito di preghiera davanti all'icona del Santo mentre sua madre la guarda intensamente. Leggo che il santo nacque grazie ad un miracolo: chissà se quella giovane avrà il suo bambino.


CONTINUA... ARRIVEDERCI ALLA QUARTA PUNTATA, CON GLI ALTRI DUE SOFFI VITALI

mercoledì 12 agosto 2015

Creta. Seconda puntata con due soffi vitali. Chi ha visto il Minotauro?

2. Una civiltà antica e misteriosa
Il sole è cocente e l'idea di portarsi un cappello a tesa larga si rivela davvero ottima.
Festòs è a due passi dal mar libico, per arrivarci dalla costa settentrionale abbiamo percorso la strada tortuosa che, una volta abbandonata la "National Road" nei pressi di Rhetymno, si inerpica sulla montagna e costeggia il monte Kédros, propaggine meridionale del mitico Monte Ida, dove Zeus fu protetto dalla furia antropofaga del padre.

Sassi, pietre, qualche sparuta capra e un paesaggio lunare, fino a quando in lontananza si scorgono il mare e la fertile piana di Messarà.
Comincia lo spettacolo e si immagina lo stupore di quell'antico popolo davanti a una distesa in dolce declivio, vicina al mare e protetta dai monti, con un colle che pare messo lì apposta dagli dei per costruire un borgo, un palazzo, una città dove dar vita a qualcosa di nuovo.
Mentre arriviamo a Festòs l'emozione sale, i siti archeologici si annunciano quasi ovunque, in questa vecchia e fascinosa Europa, come oasi di accoglienza, qui ogni altro rumore è sovrastato dall'incessante canto delle cicale.
Quando si dice la macchia e l'anima del mediterraneo: cuori e nomi di innamorati incisi nelle resistenti foglie dei fichi d'India, le cortecce di abete di queste solatìe latitudini!
Se civiltà deriva da città, dalla capacità umana di costruire luoghi di vita comune, l'emozione qui serra la gola: quattromila anni fa questo palazzo disponeva di strade, magazzini, luoghi per le abluzioni, stanze decorate con marmi, un teatro dove mettere in scena sogni, idee, miti, segni del potere. Le giare di diverse dimensioni raccontano del modo di conservare e trasportare beni preziosi.
Ci aggiriamo in un luogo tenuto con religioso rispetto (si vede che la Grecia tiene al proprio passato, e fa bene, investe in cultura e fa ancora meglio) pensando che stiamo calpestando pietre tagliate e assemblate con assoluta maestria, che costeggiamo muri a secco ancora in piedi dopo millenni, che camminiamo dove uomini hanno vissuto i primordi di una storia che è poi diventata anche nostra.
Riconosciamo subito, ad un lato del cortile principale del palazzo, la gradinata di quello che è di sicuro uno dei teatri, o luoghi di rappresentazione, più antichi del nostro mondo. E l'emozione diventa palpabile.
In un luogo così sacro si sente una babele di lingue, di turisti curiosi e a volte stupiti, chi ignaro del tutto e chi con gli occhi pieni di emozione. Gli italiani fanno gruppo a sé: ne incontriamo un gruppetto, ci guardiamo e quasi all'unisono ci viene da dire che anche noi, stavolta, abituati alla nostra grandiosa storia archeologica, dobbiamo toglierci il cappello di fronte a tutto questo. Orgogliosamente scopriamo che quel gruppetto di giovani archeologi (e archeologhe) intenti a scavare e repertare è composto di italiani...
Un progetto delle Università di Venezia, Trieste e Catania sta lavorando intorno al significato del "disco di Festo", scavano nella parte alta del sito e giù, ai piedi di un'antichissima strada.... Auguri e buon lavoro, ragazzi!

3. Alla corte di Minosse (nessuna traccia del filo di Arianna).
Sempre di civiltà minoica si tratta, ma qui il discorso è diverso: se Festòs è nota a molti, chi non ha mai sentito le parole dedalo, labirinto, minotauro? Da Iraklio è fin troppo facile giungere a Cnosso.
Vale la pena di lasciare l'auto nell'incredibile parcheggio sotto gli ulivi gestito da Vassili e la sua "banda" di parcheggiatori - ammaliatori - venditori: ci vedono da lontano e in un italiano stentato ma sicuro ci assicurano che il parcheggio, per noi, è gratis, basterà poi consumare qualcosa nell'annesso bar-ristorante. W l'Italia, ci dice Vassili, e con grandi sorrisi ci invita ad entrare nel sito e poi rifocillarci da lui al ritorno (ovviamente sa dire la stessa cosa in ogni lingua, ma è bello pensare che sia vero "italiani-greci una faccia una razza").
Si vede che questo è davvero un luogo famoso quanto il Colosseo: lo testimoniano le decine di negozietti di chincaglierie, cartoline, gadget, il numero di guide all'ingresso, pronte a far visitare in ogni lingua anche gli angoli più nascosti del palazzo (che non esistono, ma qui il confine fra realtà e leggenda è molto labile).
Minosse, grazie all'architetto Dèdalo, riuscì a farsi un palazzo con 1400 stanze, con un cortile di 50x30 metri e la cui struttura è stata in parte ricostruita grazie agli studi di Sir Arthur Evans.
Qui tutto è grandioso e spettacolare, il colore delle colonne fa immaginare la bellezza di un luogo che davvero non aveva eguali. Anche qui decine di locali che erano adibiti a magazzino, giare e anfore, laboratori artigianali, resti di torri di sorveglianza.

Anche qui, come a Festòs, nulla era lasciato al caso e i canali di scolo delle acque piovane (poche) e reflue mantenevano il decoro e la pulizia del luogo.
Un papà, spiegando ai figli cosa stanno calpestando, insegnando loro il rispetto per la storia, fa notare come nei castelli della Loira non esistessero fognature, mentre qui, quattromila anni fa...
Il grande caldo e la suggestione ci suggeriscono di sostare sotto un boschetto di ulivi e siamo fortunati: una guida sta raccontando in italiano la storia di Zeus ed Europa, di Dedalo, del Minotauro, di Teseo e di Arianna.
Il racconto è insieme favola e metafora dell'evoluzione e della conquista greca, la voce della guida è dolce e melodiosa, la sua pronuncia altalenante è davvero un po' cantata e le cicale, incuranti della suggestione, la costringono a fermarsi più volte col loro baccano. Quando ce ne andiamo rimane forte la voglia di sentire ancora raccontare il mito, leggenda che parla oggi con la stessa potenza di ieri, che lascia nel profondo l'idea di essere fortunati: siamo figli del Meditarraneo e delle sue incredibili storie.
Però non poteva mancare un gatto steso all'ombra e incurante di tutto...





 CONTINUA..... ARRIVEDERCI ALLA TERZA PUNTATA
4. Venezia (a proposito di gatti).
Creta galleggia nel Mediterraneo, in mezzo ad un mare "nostrum", ma che ciascuna potenza ha sempre considerato, tutto sommato, "suo".

martedì 11 agosto 2015

Creta, dove tutto ebbe inizio (però portatevi un cappello)

Viaggio, vacanza, riposo, mare e anche un po' di curiosità: dopo mesi in cui siamo stati sommersi da interi telegiornali dedicati, fiumi di inchieste, interviste, sottili analisi, tanto pressappocchismo e una massiccia dose di allarmismochefatantonotizia, la Grecia è diventata una meta quasi naturale.

Il sole, si sa, qui è garantito per mesi, un mare stupendo accoglie e abbraccia chi vi si immerge, ma a Creta le grandi montagne che si affacciano sui due mari dell'isola raccontano anche altre storie, custodite fedelmente dalle capre, padrone incontrastate di saliscendi arsi dal sole, nutrici di infinite generazioni di dei ed esseri umani.
Nelle immense distese di ulivi, lungo strade inerpicate fra pendii e saliscendi che paiono non finire mai, passeggiano indisturbate brucando anche le pietre, accompagnate dal frinire delle cicale, incessante e a volte assordante, dall'alba al tramonto.
Tutto questo da sempre, da quando Crono cercava il proprio figlio per mangiarselo, ma a Creta trovò sassi per placare la propria fame di futuro. Sulle rive del mare quei sassi, erosi e levigati dal tempo e dall'acqua, testimoniano di una storia di antica sapienza, di attenzione all'evolversi delle cose, di rispetto per l'ineluttabilità del destino di tutti noi.
Là dove appare più dura la natura sa offrire frutti inaspettati, quasi un riscatto per i propri figli: piante che fioriscono sulla sabbia o fra le pietre, alberi che danno frutti saporiti e pieni, animali che forniscono un latte tanto denso e ricco da nutrire il padre degli dei.









Quattordici giorni bellissimi, vissuti fra mare, terra, monti e testimonianze di una civiltà antichissima, nel luogo dove tutto ebbe inizio, dove Europa si unì al padre degli dei per partorire Minosse e dare il via a ciò che noi oggi siamo: europei figli di questa terra, a cui dobbiamo cultura, lingua, identità.

Sette anime (soul afroamericano o anima tout-court?) per dare il nome ad un Beach Bar, che sapientemente tradotte, o meglio, scritte in greco danno da sole e magari per caso il senso ad un viaggio da queste parti. Se psiche era il soffio vitale, quell'imprinting primigenio di ognuno di noi e di noi tutti insieme, proviamo a scoprire i sette "soffi vitali", le sette anime di quest'isola. Magari saranno di più, o di meno, ma sette mi pare un buon numero da cui cominciare.

1. Il primo mare. 
 Dopo il viaggio, il trasferimento, la camera, i documenti, le valigie aperte solo per cercare il costume da bagno e gli asciugamani, l'obiettivo è davanti a noi: il mare di Creta a due passi dal terrazzino, pronto ad accoglierci. Ombrelloni perennemente aperti, sdraio già pronte, libertà di scegliere il posto, un sole che, anche alle 17 del pomeriggio, brilla e scotta inesorabile: qui occorre sempre fare i conti con lui, padrone incontrastato.
Il cappello, a questo punto l'abbiamo già capito, sarà elemento imprescindibile del soggiorno. Sono già felice: so che quest'acqua fa per me. E' strano avere il mare a nord e le montagne a sud, ma l'oriente, da qui, è più facile da guardare, alba e aurora saranno lo spettacolo quotidiano, l'invito mattutino a bagnarsi e iniziare la giornata. Intanto quando entro in acqua all'imbrunire il mare mi accoglie con mille arcobaleni, uno per ogni increspatura della sabbia sul fondo.
La prima aurora conferma che ogni nuovo giorno sarà un'emozione, ci invita a esplorare una terra che, pur essendo ovviamente greca, rimane orgogliosamente cretese, dove anche i colori sono diversi dal resto della nazione, dove sventolano ad ogni angolo le belle bandiere bianche e azzurre ma i tempietti votivi ai lati delle strade sono quasi tutti rossi come le antiche colonne minoiche e gialli come questa terra complessa e affascinante, con un forte senso di appartenenza, una storia di successi e invasioni, impeti di indipendenza e amare sconfitte.



2. Una civiltà antica e misteriosa
Il sole è cocente e l'idea di portarsi un cappello a tesa larga si rivela davvero ottima.
Festòs è a due passi dal mar libico, per arrivarci dalla costa settentrionale abbiamo percorso la strada tortuosa che, una volta abbandonata la "National Road" nei pressi di Rhetymno, si inerpica sulla montagna e costeggia il monte Kédros, propaggine meridionale del mitico Monte Ida, dove Zeus fu protetto dalla furia antropofaga del padre.
Sassi, pietre, qualche sparuta capra e un paesaggio lunare, fino a quando in lontananza si scorgono il mare e la fertile piana di Messarà.
Comincia lo spettacolo e si immagina lo stupore di quell'antico popolo davanti a una distesa in dolce declivio, vicina al mare e protetta dai monti, con un colle che pare messo lì apposta dagli dei per costruire un borgo, un palazzo, una città dove dar vita a qualcosa di nuovo.
Mentre arriviamo a Festòs l'emozione sale, i siti archeologici si annunciano quasi ovunque, in questa vecchia e fascinosa Europa, come oasi di accoglienza, qui ogni altro rumore è sovrastato dall'incessante canto delle cicale.
Quando si dice la macchia e l'anima del mediterraneo: cuori e nomi di innamorati incisi nelle resistenti foglie dei fichi d'India, le cortecce di abete di queste solatìe latitudini!
Se civiltà deriva da città, dalla capacità umana di costruire luoghi di vita comune, l'emozione qui serra la gola: quattromila anni fa questo palazzo disponeva di strade, magazzini, luoghi per le abluzioni, stanze decorate con marmi, un teatro dove mettere in scena sogni, idee, miti, segni del potere. Le giare di diverse dimensioni raccontano del modo di conservare e trasportare beni preziosi.
Ci aggiriamo in un luogo tenuto con religioso rispetto (si vede che la Grecia tiene al proprio passato, e fa bene, investe in cultura e fa ancora meglio) pensando che stiamo calpestando pietre tagliate e assemblate con assoluta maestria, che costeggiamo muri a secco ancora in piedi dopo millenni, che camminiamo dove uomini hanno vissuto i primordi di una storia che è poi diventata anche nostra.
Riconosciamo subito, ad un lato del cortile principale del palazzo, la gradinata di quello che è di sicuro uno dei teatri, o luoghi di rappresentazione, più antichi del nostro mondo. E l'emozione diventa palpabile.
In un luogo così sacro si sente una babele di lingue, di turisti curiosi e a volte stupiti, chi ignaro del tutto e chi con gli occhi pieni di emozione. Gli italiani fanno gruppo a sé: ne incontriamo un gruppetto, ci guardiamo e quasi all'unisono ci viene da dire che anche noi, stavolta, abituati alla nostra grandiosa storia archeologica, dobbiamo toglierci il cappello di fronte a tutto questo. Orgogliosamente scopriamo che quel gruppetto di giovani archeologi (e archeologhe) intenti a scavare e repertare è composto di italiani...
Un progetto delle Università di Venezia, Trieste e Catania sta lavorando intorno al significato del "disco di Festo", scavano nella parte alta del sito e giù, ai piedi di un'antichissima strada.... Auguri e buon lavoro, ragazzi!

3. Alla corte di Minosse (nessuna traccia del filo di Arianna).
Sempre di civiltà minoica si tratta, ma qui il discorso è diverso: se Festòs è nota a molti, chi non ha mai sentito le parole dedalo, labirinto, minotauro? Da Iraklio è fin troppo facile giungere a Cnosso.
Vale la pena di lasciare l'auto nell'incredibile parcheggio sotto gli ulivi gestito da Vassili e la sua "banda" di parcheggiatori - ammaliatori - venditori: ci vedono da lontano e in un italiano stentato ma sicuro ci assicurano che il parcheggio, per noi, è gratis, basterà poi consumare qualcosa nell'annesso bar-ristorante. W l'Italia, ci dice Vassili, e con grandi sorrisi ci invita ad entrare nel sito e poi rifocillarci da lui al ritorno (ovviamente sa dire la stessa cosa in ogni lingua, ma è bello pensare che sia vero "italiani-greci una faccia una razza").
Si vede che questo è davvero un luogo famoso quanto il Colosseo: lo testimoniano le decine di negozietti di chincaglierie, cartoline, gadget, il numero di guide all'ingresso, pronte a far visitare in ogni lingua anche gli angoli più nascosti del palazzo (che non esistono, ma qui il confine fra realtà e leggenda è molto labile).
Minosse, grazie all'architetto Dèdalo, riuscì a farsi un palazzo con 1400 stanze, con un cortile di 50x30 metri e la cui struttura è stata in parte ricostruita grazie agli studi di Sir Arthur Evans.
Qui tutto è grandioso e spettacolare, il colore delle colonne fa immaginare la bellezza di un luogo che davvero non aveva eguali. Anche qui decine di locali che erano adibiti a magazzino, giare e anfore, laboratori artigianali, resti di torri di sorveglianza.

Anche qui, come a Festòs, nulla era lasciato al caso e i canali di scolo delle acque piovane (poche) e reflue mantenevano il decoro e la pulizia del luogo.
Un papà, spiegando ai figli cosa stanno calpestando, insegnando loro il rispetto per la storia, fa notare come nei castelli della Loira non esistessero fognature, mentre qui, quattromila anni fa...
Il grande caldo e la suggestione ci suggeriscono di sostare sotto un boschetto di ulivi e siamo fortunati: una guida sta raccontando in italiano la storia di Zeus ed Europa, di Dedalo, del Minotauro, di Teseo e di Arianna.
Il racconto è insieme favola e metafora dell'evoluzione e della conquista greca, la voce della guida è dolce e melodiosa, la sua pronuncia altalenante è davvero un po' cantata e le cicale, incuranti della suggestione, la costringono a fermarsi più volte col loro baccano. Quando ce ne andiamo rimane forte la voglia di sentire ancora raccontare il mito, leggenda che parla oggi con la stessa potenza di ieri, che lascia nel profondo l'idea di essere fortunati: siamo figli del Meditarraneo e delle sue incredibili storie.
Però non poteva mancare un gatto steso all'ombra e incurante di tutto...





4. Venezia (a proposito di gatti).

Mi piace pensare a Creta che galleggia nel Mediterraneo, oscillando ora verso ovest e ora verso est, in mezzo a quel mare "nostrum" che ciascuna potenza ha sempre considerato, tutto sommato, come proprio.
Venezia, lo sappiamo bene, fu per molto tempo la regina dell'Adriatico e anche di questa parte di Mediterraneo.
Lungo tutte le coste solcate dalle navi uscite dall'Arsenale della Serenissima, troviamo disseminate tante "piccole Venezie": porticcioli e porti grandi coi bastioni di difesa, calli e callette che si incrociano nel tipico guazzabuglio della Repubblica Marinara più famosa.
A Creta, lungamente contesa con i turchi, Venezia ha lasciato più di un'impronta. Le guide turistiche non mancano di segnalarne la memoria: Venezia sa suscitare emozioni come nessun'altra, ma per chi la ama, per chi l'ha vissuta almeno qualche volta con intensità, ritrovarla fa sempre un certo effetto. 
Fontana Rimondi (1623) a Réthymno)
E non si tratta di stupida rivalsa o malcelato "nazionalismo veneto", piuttosto di un senso di riconoscimento e comprensione di un miracolo durato mille anni. Un millennio in cui la Serenissima ha dominato e quindi fatto violenza, ma ha saputo anche commerciare e accogliere, comprendere e andare orgogliosa della propria unicità.
Creta è ricca d'acqua dolce, grazie alle sue alte montagne e ad un clima particolare e i Veneziani sanno da sempre quanto importante sia l'acqua buona da bere: in ogni città di mare, ma non solo, splendide fontane veneziane dissetano da sempre marinai e cittadini, mercanti e turisti, greci e turchi, padroni e patrioti.
Dalle fauci dei leoni sgorga acqua buona e fresca,
Spili, fontana veneziana
Iraklio, fontana Bembo (1588)
la bellezza dei marmi adorna le piazze e camminando qui e là vien da pensare che in fondo proprio qui si può cogliere la sapiente mistura di oriente e occidente. Non solo, sono evidenti le affinità, il modo di intendere la vita, il gusto per lo stare insieme nella piazza del mercato, la babele di volti e colori. 

 


Se qualche parte di Venezia somiglia un po' a una casbah, le reminiscenze turche nei bovindi dei palazzi di Creta sono perfettamente a proprio agio nelle callette veneziane in salsa greca di queste incantevoli città. 


5. Occidente e Oriente. Cupole e minareti
Agios Nikolaos, nel bosco della gola di Samarià
La religiosità, da queste parti, è una cosa seria. Comunque la si pensi la chiesa ortodossa permea la società, icone e rosari, immagini votive, chiese grandi e piccole, templi anche minuscoli si incontrano ovunque. 
 









La tanto
sospirata indipendenza dai turchi lanciò una sorta di iconoclastia delle testimonianze musulmane a Creta, ma per fortuna molte moschee sono state salvate, alcune sono adibite al culto ed altre, come a Réthymno, sono diventate luoghi per concerti ed eventi culturali.
In ogni chiesa, in ogni luogo di culto, si entra con rispetto, in silenzio, con la volontà di capire e di sentire. Figure silenziose sorvegliano la quiete e le speranze di quanti entrano, accendono le belle candele gialle e pregano davanti alle icone.

Sono a Iraklio, fuori il sole è cocente ma nella chiesa di Agios Minas (San Mena, eremita egiziano del III secolo) regna il silenzio, una giovane donna svolge il suo rito di preghiera davanti all'icona del Santo mentre sua madre la guarda intensamente. Leggo che il santo nacque grazie ad un miracolo: chissà se quella giovane avrà il suo bambino.




6. A Creta per monti, pareti e genti.

Spili è praticamente un'oasi che accoglie e ristora all'improvviso. Qui la Chiesa Ortodossa ha istituito un grande seminario e con ragione: un luogo così invita a pensieri positivi. Dopo i tornanti, i su e giù nel caldo torrido, le pietre infuocate dal sole, questo piccolo borgo di montagna si presenta con una bella strada lastricata, le viuzze con le case colorate o imbiancate a calce, riparate da pergolati di vite.
Dalla fontana veneziana con le bocche dei leoni sgorga un'acqua freschissima e pura, buona come solo quella di montagna sa sempre essere. La piazzetta è un riparo naturale
dal caldo, immensi platani creano un'ombra che invita immediatamente a sedersi in una taverna e ordinare da mangiare (qui a Creta il locale tipico non è mai una fregatura, è tipico e basta e i prezzi sono più che onesti).
Gli esseri appassionati si somigliano ovunque: qui a Spili, in mezzo alle viuzze che si inerpicano nella parte alta del paese, scopriamo un museo etno-antropologico, gratuito e gestito da un signore che sorridendo ci fa entrare e si scatena a raccontare della vita passata da queste parti: insieme a lui, che è come un fiume in piena, concludiamo che la vita dei contadini e delle donne contadine si somiglia ovunque: lavoro, lavoro, lavoro, vita semplice e attrezzi utili.

Vicino a Chania c'è il canion di Theriso: chilometri di montagna in una lunga gola, dove al sole si scotta e all'ombra si respira: un paradiso per i climbers, anche loro si possono divertire da queste parti. Un borsone carico di corda, scarpette, rinvii, imbraghi e l'immancabile magnesio ha finalmente il suo momento di gloria...
Fa caldo, caldissimo, il frastuono delle cicale aumenta e perfino le capre tacciono, in questo mezzogiorno davvero di fuoco
Alla fine dell'arrampicata, come di prammatica, c'è il posto per la birra: fresca, buona, accompagnata dal mitico yogurt col miele di montagna e all'ombra di immensi eucalipti e platani.

Ci sono cose che nella vita vale la pena di fare, esperienze che vanno vissute e che non si possono raccontare del tutto: difficile dire cosa si prova a camminare per cinque ore di seguito in discesa, in mezzo a pietraie e sentieri scavati nella roccia o fra le radici dei pini, partire con la felpa da 1229 m e giungere fino al mare, dall'altra parte dell'isola, con 40°.
Si inzia al cospetto del monte Gingilos e si finisce sulla costa del Mar Libico.
In mezzo ai turisti che da Omalòs iniziano a scendere con si incontrano i muli nelle postazioni di soccorso pronti ad aiutare gli infortunati e le solite amiche capre (kri-kri da queste parti), indifferenti alle vesciche sui nostri piedi ed agli scatti dei mille telefoni.
Sono letteralmente affascinata dalle chiesette rupestri e dalla tradizione di lasciare "ometti" di sassi ovunque, sulle curve e nelle radure: lo spettacolo è incredibile.
Tutto questo si chiama Gola di Samarià, la più lunga d'Europa, un luogo unico e irripetibile, dove i punti di ristoro sono ricchi di acqua, ombra e panchine. Il villaggio di Samarià, abbandonato dal 1962 quando la zona divenne parco nazionale, è animato dagli escursionisti: quelli che erano baldanzosi all'inizio ora sono sudati, stralunati e stanchi ma non smettono di guardarsi attorno stupefatti, curiosi e affascinati.
Mi chiedo: ma cosa ci faceva una comunità umana abbarbicata qui in mezzo al nulla?
Stanchi oltre ogni limite, desiderosi solo di camminare su un terreno piatto e senza sassi, di togliere gli scarponi e anche i vestiti, riusciamo a raggiungere Agia Roumeli, minuscolo porticciolo affacciato sul Mar Libico.
Ci sono ombrelloni provvidenziali, gratuiti come sempre: solo che sotto le sdraio c'è una fila di scarponi....
Tutti, ma proprio tutti, arrivano, si siedono e in due minuti si tuffano in un mare che, come da programma turistico, è davvero BLU.


7. Settimo soffio vitale, settimo "soul": 
ognuno ci metta del suo, ciò che gli piace, ciò che desidera, ciò che vorrebbe o non vorrebbe da un viaggio e da una vacanza, dagli incontri con le persone, dai dialoghi con chi vive e lavora, con chi si fa in quattro per i turisti e chi continua a lavorare in disparte, magari lanciando un sorriso al visitatore che, se educato, è il benvenuto. Il sorriso e il "kalimera" dei pescatori di Georghioupolis fanno bene al cuore
Due settimane sono poche per conoscere un luogo ma lasciano ricordi indelebili, particolari, immagini, suoni, gusti e profumi che non ci abbandoneranno mai. 
Abbiamo girato un po' per un'isola grande e affascinante, ma nel paesino che ci ha ospitato abbiamo assaporato la quiete e la sensazione di libertà che hanno reso indimenticabili questi giorni.
Grazie a chi ha avuto la pazienza di leggere queste mie righe, spero di invogliare qualcuno ad organizzare un viaggio a Creta e poi a volerlo raccontare....
(Foto di Pierluigi Donadon e Isabella Gianelloni)