Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

venerdì 24 aprile 2015

25 aprile: Discorso ai diciottenni di Roncade

CONSEGNA DELLA COSTITUZIONE AI DICIOTTENNI DI RONCADE (TV) – 24 aprile 2015

Siamo qui per festeggiare: oggi Roncade e domani anche il resto d'Italia, celebra due avvenimenti importanti e legatissimi fra loro.
Domani è il 25 aprile, FESTA della Liberazione, perché la libertà rinconquistata ha ridato il sorriso a un intero Paese, a un intero continente, l'Europa, dilaniato da una guerra lunghissima, folle, che alla fine contò, in tutto il mondo, più di settanta milioni di morti cancellando per sempre intere comunità.
Oggi voi diventate cittadini a pieno titolo, con tutti i diritti e i doveri sui quali si regge ogni comunità.
La consegna della Costituzione, la legge che dà il senso a tutte le altre, è un simbolo importante: mi auguro davvero che facciate tesoro di questo piccolo libro, che lo leggiate e lo teniate sempre in bella vista nella vostra libreria.
Questo 2015 è un anno speciale, nel quale ricorrono almeno tre anniversari della storia che vale la pena di ricordare:
800 anni fa nasceva la prima “costituzione”: in Inghilterra per la prima volta si affermava che quello del re non era un potere assoluto e si scrivevano i diritti dei sudditi. La Magna Charta Libertatum ancora oggi rimane un esempio di grande civiltà.
100 anni fa l'Italia entrava in guerra, trascinando con sé un numero immenso di morti, feriti, esuli, dispersi: proprio il nostro territorio, sulle due sponde del Piave, visse sulla propria pelle l'ultimo anno, il più tremendo, della Prima Guerra Mondiale.
70 anni fa i partigiani e gli alleati liberavano il Nord Italia dal fascismo e dal nazismo, vincendo una guerra terribile, fratricida, disseminata di torture indicibili, terrore, rastrellamenti, morti.

Dopo l'8 settembre 1943, in un'Italia abbandonata dal proprio Re, divisa in due dall'occupazione degli alleati nel meridione e dei tedeschi nel centro nord, tanti giovani, proprio come voi, decisero di uscire allo scoperto, di ribellarsi a una dittatura che dopo 20 anni aveva ridotto l'Italia in miseria trascinandola in una guerra senza speranza.
Tanti di loro pagarono con il carcere, con il sangue e con la vita quella scelta, riuscendo a consegnarci un Paese nuovo e a ridare dignità all'intero popolo italiano.
Primo Levi parlò di un “muto bisogno di decenza”, qualcosa che va oltre l'idea di patria e di onore, che è ribellione, voglia di dire BASTA alla dittatura, alla barbarie, ai rastrellamenti.
I numeri della Resistenza sono un monito che non va mai scordato: gli Italiani caduti furono quasi 45mila, 21mila gli invalidi, 35mila le donne combattenti nelle fila delle formazioni partigiane, 70mila le aderenti ai gruppi di difesa della donna, più di 3mila fucilate o impiccate, moltissime quelle processate e condannate dal Tribunale Speciale fascista.

Proprio le donne furono la grande novità di quei mesi: noi donne ci siamo conquistate sul campo il diritto di voto, di essere presenti nel Parlamento e nelle istituzioni dell'Italia democratica e repubblicana.
Vi leggo un breve passo delle memorie di Tina Anselmi, che ha da poco festeggiato i suoi 88 anni, staffetta partigiana, prima donna ministro: “La scoperta più importante fatta in quei mesi di lotta durante la guerra è stata l’importanza della partecipazione: per cambiare il mondo bisognava esserci. Questo è stato il motivo che mi ha fatto abbracciare l’impegno politico: la convinzione che esserci è una parte costitutiva della democrazia, senza partecipazione non c’è democrazia”.

Da dove arriva, quindi, la Costituzione, come nascono quei 139 articoli scritti in un bellissimo italiano, tanto ben fatta da aver ispirato anche la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo adottata dalle Nazioni Unite nel 1948?
Prima l'Italia ne aveva già una, lo Statuto Albertino, adottato quasi cento anni prima: una legge avanzata per la metà dell'800, ma flessibile, troppo modificabile facilmente, così da essere usata a piacimento dal governo di turno.
L'Italia nuova, quella del 1945, era un Paese tutto nuovo che soprattutto, dopo la tragedia dei lager e la Resistenza, vedeva le masse popolari non più disposte ad essere escluse dalle grandi decisioni.
I partiti di massa avevano diretto insieme la Resistenza al nazifascismo, adesso dovevano, insieme, dare un nuovo volto, libero e democratico, al nostro Paese.

La libertà non è mai per sempre, insieme alla democrazia è una pianta che va trattata con cura, alimentata, aiutata a crescere, i loro valori vanno salvati contro ogni tentazione autoritaria.
Di più, l'architettura di uno Stato è una struttura complessa e delicata, i cui equilibri sono fondati su un patto reciproco di cittadinanza.

Quando gli italiani e le italiane (per la prima volta) andarono al voto, quel 2 giugno 1946, non solo scelsero fra monarchia e repubblica, ma elessero l'Assemblea costituente,
556 deputati, fra i quali 21 donne: 9 della Democrazia Cristiana, 9 comuniste, 2 socialiste, 1 dell'Uomo Qualunque.
75 fra loro furono scelti per stendere il testo che oggi voi avrete in regalo: 70 uomini e 5 donne, i padri e le madri costituenti.
Vi leggo i nomi di quelle cinque donne, alcune giovanissime, perché meritano di essere ricordate: Maria Federici, Nilde Iotti, Lina Merlin, Teresa Noce, Ottavia Penna Buscemi.
Quella commissione riuscì a stendere il testo della Costituzione in diciotto mesi (dal giugno 1946 al dicembre 1947) un tempo record se pensiamo alle lungaggini parlamentari di oggi...
Questi 139 articoli sono un testo storico, di grande equilibrio, a dimostrazione che i compromessi possono essere anche virtuosi.

Quella che entrò in vigore il 1 gennaio 1948 è una Costituzione rigida, quindi difficilmente modificabile. I principi di democrazia, uguaglianza, pari opportunità non sono negoziabili: l'Assemblea Costituente ha voluto salvare il futuro dell'Italia.

Le modifiche di cui oggi il Parlamento discute riguardano quella parte della Costituzione che oggi mostra qualche lacuna: in quel momento, 70 anni fa, il rapporto fra lo Stato e le autonomie locali, per esempio, era molto diverso da oggi.
La Storia ha camminato molto, in questi decenni, e la legge fondamentale del nostro Paese ha bisogno, come una bella signora matura, di qualche ritocco.

A non essere assolutamente modificabili sono i principi fondamentali che stanno all'inizio, vale a dire i primi 12 articoli e l'ultimo, il 139: La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale.
Difficile scegliere su quali articoli soffermarmi, perché è talmente bella, la nostra Costituzione, talmente ben scritta, densa di positività, di affermazioni di diritti e doveri reciproci da meritare una lettura completa.

Nel primo, in poche parole, si riassumono tutta la storia e la via maestra d'Italia, ogni parola è scelta con cura ed è densa di significato: Italia, repubblica, democrazia, lavoro, sovranità, popolo

Verrebbe spontaneo dire: ma come mai la Costituzione non è stata ancora applicata? Se è così che senso ha? Non si tratta di un ferro vecchio, di un libro dei sogni?
La risposta è NO, cari ragazzi, assolutamente NO.
La democrazia si basa sui partiti che la governano ed i partiti devono essere “proprietà” dei cittadini che li votano, che vi aderiscono. Affinché la politica sia la più alta e onorevole attività umana sono necessari la partecipazione, l'impegno, il controllo da parte del maggior numero di persone possibile.

Se la Costituzione fatica ad essere applicata non è colpa sua, ma di chi dovrebbe farsene garante e di noi tutti, che non siamo abbastanza severi controllori di chi ci governa.

Fra quanti scrissero questo testo che oggi ricevete c'erano tanti che non avevano ancora 40 anni, alcuni ventenni, donne e uomini che, giovanissimi, avevano scelto la strada dell'impegno, del sacrificio, dell'abbandono delle proprie sicurezze per un obiettivo più grande, per dare un futuro di libertà a noi tutti.

È compito dell'Italia, culla insieme alla Grecia della civiltà europea, paese in cui nacque la Comunità Europea, far sì che l'Europa diventi davvero una comunità di donne e uomini uguali, liberi e solidali, non solo un accordo economico.
Voi giovani, che vivete il continente come il giardino di casa, che considerate il mondo un'opportunità siete anche la speranza dell'intero mondo.

L'Europa ha vissuto ormai 70 anni di pace, come mai nella sua storia, il pianeta appare invece sconvolto da un numero immenso di guerre e atrocità rivolte sempre più verso i civili inermi, costretti a fuggire e troppo spesso a morire.

Consegnarvi questo libro significa passarvi idealmente il testimone, lasciare a voi, che oggi entrate a pieno titolo nella comunità sociale e politica d'Italia e d'Europa, il compito di custodirne i principi e di impegnarvi per migliorare il Paese che un giorno lascerete a chi verrà, per far sì che ancora una volta l'Italia sia il Paese capace di inventare un futuro di democrazia, tolleranza, uguaglianza e libertà per l'Europa e il mondo intero.


W LA COSTITUZIONE

Isabella Gianelloni

martedì 21 aprile 2015

Primavera coneglianese

Metti un mattino nel quale hai il privilegio di poter decidere cosa fare, hai bisogno di riflettere ascoltandoti in silenzio. E' fuori il luogo giusto, è la forza della primavera a chiamare.
Fin dalle pietre vecchie della città si scorge il tripudio dei colori e dei profumi, i davanzali delle finestre e i giardini traboccano di fiori e diverte la gara fra i becchi gialli dei merli, padroni nella città in ogni stagione, e le code nere delle rondini, tornate in gran numero e indaffaratissime a sistemare le loro "case delle vacanze".

Ancora una volta la salita verso la collina mette nella giusta disposizione d'animo, le ombre mutevoli delle fronde ormai cresciute di Viale Benini creano giochi di luce, forme bizzarre sull'asfalto.
Non ci si stanca mai di guardare il panorama dal belvedere, di spingere lo sguardo sulla collina di Susegana proprio qui davanti, su una campagna coltivata e bella come un giardino.

 Villa Gera, resa ancora più bianca dal sole che la inonda, svetta in mezzo ai mille verdi che la circondano: viti, ulivi, cespugli.




La natura, nonostante i maldestri tentativi degli esseri umani di rovinare ciò che resta, dimostra anche quest'anno tutta la sua prorompente forza, i fiori sui rami degli alberi stanno lasciando il passo alle foglie, tra poco inizieranno a crescere piccoli frutti. E' un miracolo che si ripete puntuale e riesce ogni volta a stupirci, a farci star bene, a riflettere su cosa siamo davvero.



Proseguo verso Costa e penso che Conegliano, con tutte le sue grandi contraddizioni, con le ferite che le sono state inferte dai suoi stessi abitanti, è ancora un bel posto in cui vivere, conserva angoli di paradiso come questo, case immerse nel verde, una vista mozzafiato sulle Prealpi e sulle Alpi, vigneti e giardini curati da mani sapienti.




 Luigi è indaffarato intorno alla chiesa di San Silvestro, mi vede, mi chiama e mi dice di entrare.
Ha ragione lui, la piccola chiesa non solo è curata e pulita ma profuma di fiori appena colti, invita a sedersi e pensare.
Luigi mi segue con lo sguardo e, non contento: "Guarda che puoi accendere due candele alla Madonna, l'accendino è proprio lì sotto". Poi mi sorride. Ed io, obbediente, accendo le due candele.
Gironzolo un po' osservando le tele e gli affreschi che tutti insieme danno un senso di leggiadra armonia.
Luigi ha voglia di parlare: "Sto appendendo bene queste pubblicazioni di matrimonio, sono così rare, ormai! Speriamo che 'sto matrimonio duri... Mah, sarà perché la gente non ha più pazienza. Hanno tutti fretta e poca pazienza".
Luigi ha ragione, fretta e intolleranza non vanno d'accordo con l'armonia.
Noto il fonte battesimale, in pietra e legno azzurro, davvero bello.
"Mi scusi, Luigi, posso fotografarlo?"
Luigi mi guarda interrogativo: "E' qui da sempre, sarà di sicuro antico più di 100 anni. Fai pure la fotografia, non fai niente di male".
Gli sorrido e lo saluto con gratitudine. Luigi era la persona giusta da incontrare stamattina.
Sono allegra quando esco dalla chiesa, Luigi è contento perché anche oggi ha svolto bene il suo compito, con amore e con pazienza, adesso può chiudere e andare a portare la sua saggezza da qualche altra parte.




 Torno a valle incantata ancora dalle colline, da questo verde, dal profumo intensissimo di un glicine che mi accoglie quasi in fondo alla discesa.
Grazie, primavera.


giovedì 16 aprile 2015

Addio a un altro grande

Franco Busetto se n'è andato a pochi giorni dal 70° della Liberazione, proprio quando la Camera dei Deputati, di cui fu membro autorevole, celebra l'anniversario della fine del nazifascismo.
Era uno di quegli uomini che hanno davvero dedicato tutta la vita al proprio Paese e all'idea di pace e giustizia.
Ho avuto il privilegio di conoscerlo, di condividere con lui un pezzo di strada e di averlo avuto come amico: quarant'anni di differenza non sono nulla di fronte a chi sa rimanere curioso, attivo, con la voglia di capire e conoscere, sempre, con la capacità di dare consigli e consolare, anche, magari davanti ad un buon caffé nella sua amatissima Padova.
Instancabile nel perpetuare la memoria dei campi di concentramento, fino a pochi anni fa ha accompagnato, arzillo e pimpante, intere scolaresche a visitare Mauthausen, dove fu deportato.
La Resistenza, l'antifascismo militante, la fedeltà alla Costituzione repubblicana, la sua difesa e diffusione sono stati certamente punti di riferimento di un'intera vita, lunga e ben spesa.
Aveva fatto della politica una ragione di vita, intendendola come un servizio e un onore e non come fonte di privilegi. Fu Questore della Camera dei Deputati, grande dirigente del Partito Comunista, soprattutto uomo rispettato e ascoltato da tutti.
Ricevevo con piacere i suoi libri, che mi giungevano sempre accompagnati da una dedica speciale: pur nei tanti impegni riusciva a non dimenticarsi mai di nessuno.
Una vita spesa in nome della giustizia, della comprensione, dell'assoluto rigore personale, dell'onestà e della passione è una vita vissuta davvero. 
Stringendomi accanto ai suoi familiari e ad Antonella mi piace ricordare Franco col suo sorriso paterno e la sua grande ironia.
Ciao Franco