Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

giovedì 28 dicembre 2017

Bilancio di previsione. Nulla all'orizzonte #Conegliano

Di seguito il mio intervento nel Consiglio Comunale di stasera per l'approvazione del Bilancio di previsione di Conegliano per il triennio 2018 / 2020.

Come diciamo ogni volta in sede di discussione sul Bilancio, siamo certi che i numeri esposti nei documenti e negli allegati sono giusti.
Gli uffici preposti compiono egregiamente il loro dovere, ma noi non siamo qui per dare la pagella alla Ragioneria comunale o agli altri uffici, ma per sentire dalla politica, da chi compie le scelte, quale sia la via decisa.
Il documento che stiamo discutendo dovrebbe contenere gli input del Sindaco e della Giunta, noi dovremmo essere in grado di comprendere da che parte sta andando la città. Invece non si scorge un granché, tra le righe non si vedono progetti nel medio periodo.
Qualche volta, negli anni scorsi, è parso che ci fossero degli "assessori ombra", qualche privato in grado di proporre piani inamovibili e da accettare, sic et simpliciter.
Per venire al concreto, prima di sottolineare due questioni macroscopiche, vorrei accennare a due premesse, riportando due dati scritti fra le numerose righe del Bilancio e dei suoi allegati.
1. Nella breve relazione che precede il Piano delle opere pubbliche si sottolinea "l'impatto significativamente rilevante delle scelte operate nei precorsi esercizi finanziari". Cosa vuol dire? Che non si può fare niente perché abbiamo troppe risorse impegnate da prima? Per fare cosa? Mistero.
2. Ma, e vengo al secondo punto, secondo il TUEL (Testo Unico Enti Locali) le spese per nuovi mutui non possono eccedere il 10% delle entrate correnti del rendiconto del penultimo anno precedente. Ci sentiamo ripetere con orgoglio che Conegliano è a posto, rimanendo ben al di sotto di quella soglia: siamo fra il 2 e il 3 %.
C'è poco da essere orgogliosi, con un po' di coraggio e lungimiranza, oltre a ricercare fondi dove si trovano (Venezia, Roma, Bruxelles), potremmo spendere qualcosa di più.
In una città che invecchia e non riesce ad attrarre giovani, in un centro storico bellissimo ma che pare non interessare per nulla chi lo amministra, non mancherebbero occasioni di investimento.

So già di parlare ancora una volta al vento, ma, per amore di Conegliano, mi sento di chiedervi un atto di coraggio.
Dopo anni e anni finalmente si è deciso di avviare un'indagine sulle strutture delle scuole cittadine. Speriamo bene.

Venendo ai dati del bilancio, a me ne basta uno.
57mila euro per la tutela e la valorizzazione dei beni e attività culturali, vale a dire una cifra irrisoria. In totale abbiamo un Bilancio complessivo di 53 milioni, 57mila sono poco più dello 0,1% .
Caro Sindaco, le sue linee di mandato dicevano ben altro. Quando si partecipa ai tavoli di lavoro sul futuro o ci si impegna per la candidatura Unesco, bisognerebbe, dopo la discussione, passare ad atti concreti. Altrimenti ci prendiamo in giro.
Non basta qualche concertino in giro per il centro per affermare che si tratta di rilancio. Valorizzare e tutelare vuol dire progetti seri. La buona volontà, fuori dal concetto spirituale del termine, è una formula che si usa a scuola per quegli studenti, appunto volonterosi, ma che, in sostanza, non ce la faranno mai.
Ultimo punto.
Acerba dicta, parole amare. Sono sincera: speravo davvero di non leggere più il nome Marras, troppo triste.
E invece, dopo anni e anni di inutili rimbalzi, mutui contratti e dimenticati, soldi stanziati per finta, scopriamo che i 500mila euro previsti per il tetto sono dimagriti: ora ne bastano 300mila, ma nel 2019...
Peggio, per buttare un po' di sale sulle ferite, in commissione l'assessore Toppan ha dichiarato che adesso è ora di fare sul serio. Vuol dire chi fino ad ora avete scherzato?
Non solo, sempre nella stessa commissione ha anche affermato che bisognerà discutere della destinazione d'uso dell'ex convento dei Domenicani. Ci sono quindi dubbi, proposte diverse?
Cosa avete intenzione di fare? Capisco che la biblioteca per molti è qualcosa di astruso, che tanti non ne conoscono, forse, nemmeno la dislocazione, che soprattutto più di qualcuno pensa si tratti di un qualcosa di ineluttabile ma profondamente inutile.
Tanti Coneglianesi però sanno che che così non è, molti di più di rendono conto che paesi molto più piccoli hanno centri culturali, di produzione di cultura, molto più degni.
Nella sostanza rimane una profonda amarezza.

martedì 26 dicembre 2017

Apriamo gli occhi! La Pontebbana che fu #Friuli #Veneto

Scuse, scuse, sempre scuse. È sempre colpa di qualcun altro: dello Stato, delle Regioni, delle scie chimiche, dell'ineluttabilità del progresso.
Dopo non so quanti mesi (forse qualche anno) ho percorso con calma la Statale 13, meglio nota come Pontebbana, da Codroipo a Conegliano: una strada con una grande storia, soprattutto una grande arteria bellissima, un unico grande viale da Mestre a Udine.
Sciagurati! Sull'altare di un progresso che stiamo pagando a carissimo prezzo abbiamo rovinato, divelto, storpiato e poi abbandonato chilometri e chilometri di territorio.
Tristissime e orrende, ai lati delle carreggiate si inseguono costruzioni di ogni foggia e colore, insegne per lo più ormai in decadenza. Al primo piano di quelli che erano i capannoni simbolo del modello nordest appartamenti con terrazzi stridenti col senso di abbandono: qualche mano gentile ancora orna con piante e qualche luce natalizia la desolazione.
L'asfalto mescolato al cemento mostra i segni della rovina in quelli che dovevano essere cortili abbastanza ampi da consentire la manovra ai camion.
I bellissimi platani che ombreggiavano le corsie d'estate e componevano un ordinato e severo filare d'inverno sono quasi tutti stati sostituiti da pali della luce che ora si mostrano magri, arrugginiti e perfino senza lampade.
In sostanza uno spettacolo pietoso.
Non contento del disastro, in mezzo all'ubertosa pianura friulana e veneta, al cospetto delle nostre montagne, qualcuno senza scrupoli ha pensato bene di autorizzare nuovi scavi, sconvolgendo con scandalosi piani regolatori un territorio già allo stremo: ancora centri commerciali di catene ora in voga, rivendite di cibi uguali da Stoccolma a Tangeri, luci scintillanti che inevitabilmente finiranno per spegnersi, lasciando ancora desolazione, scorie, detriti da smaltire e un territorio più povero perché più brutto, insensibile e capace di guardare solo al portafoglio (di pochi) che deve riempirsi in poco tempo.
Il tutto, fra l'altro, con buona pace dell'articolo 9 della nostra Costituzione, quella con cui tutti si sciacquano la bocca ma non hanno mai nemmeno aperto.
Qualche platano rimane, coriaceo, di guardia a una delle strade più belle d'Italia: osservando questi alberi superbi dal finestrino pensavo che quei grossi nodi sui tronchi somigliano alle mani piene di artrosi dei vecchi lavoratori e delle lavoratrici indefesse, mani che hanno segato, seminato, costruito, plasmato. 
Hanno molto da raccontare, basterebbe ascoltarli, sarebbero più sereni se al loro fianco stessero crescendo nuovi alberi, robusti e svettanti, non pali magri e arrugginiti.
Ridateci la Pontebbana!


venerdì 15 dicembre 2017

Ruote che girano e ruote, inesorabilmente, ferme.

Un Natale girevole in città: la ruota panoramica inizierà il suo allegro percorso e di sicuro i bambini ne saranno contenti (ovviamente quelli che riusciranno a raggiungere il centro con il traffico bloccato).
C'è qualcosa che però non gira come dovrebbe: un detto dice che la vita è una ruota che gira, l'amara verità è che per qualcuno si è fermata e non ne vuol sapere di rimettersi in moto.
La vicenda del regolamento per l'accesso ai servizi sociali agevolati del Comune di Conegliano rasenta il ridicolo, se non si trattasse della vita difficile di tante persone.
Vale la pena di farne un brevissimo riassunto: il 30 ottobre scorso si è riunita la 2 commissione consiliare per discutere del regolamento e in quell'occasione tutta la maggioranza ha votato a favore della proposta della giunta, scritta con la collaborazione e il supporto tecnico degli uffici. Noi dell'opposizione ci siamo astenuti perché pensavamo (e riteniamo ancora) che sia utile discutere in Consiglio Comunale un tema così delicato come quello della lotta alla povertà.
Nel Consiglio del 16 novembre successivo, senza nessun motivo serio e circostanziato la maggioranza, con un blitz evidentemente suggerito dalla Lega, ha deciso di rimandare il tutto, per approfondimenti "tecnici". 
Forse che gli uffici avevano sbagliato qualcosa? No, lo sappiamo tutti, si trattava del tentativo di eslcudere qualcuno dai benefici.
Il punto sarebbe dovuto essere discusso il prossimo 21 dicembre e invece no, sparito di nuovo dall'ordine del giorno. Oggi sulla stampa scopriamo che davvero si vuole escludere qualcuno, parlando di anni di residenza in città, con beato menefreghismo delle storie delle persone, che, indipendentemente dal luogo di provenienza, dal colore della pelle, dal credo religioso (ricordate quella cosa che si chiama Costituzione? Per non parlare, in periodo natalizio, di quell'altro astruso libretto chiamato Vangelo) tali sono, persone, appunto.
Il problema, si capisce bene, è che degli aiuti possano beneficiare quelli che con orrida parola vengono etichettati come "extracomunitari". Mi piacerebbe vedere cosa accadrebbe se a Conegliano spuntassero delle famiglie nordamericane o svizzere in difficoltà...
In una città nella quale il Presidente del Consiglio Comunale continua ad avere lo stipendio da assessore e da poco sono aumentati in modo significativo gli stipendi di alcuni funzionari il problema del bilancio sta tutto nei contributi a chi si trova in condizione di disagio'? Mi pare davvero insostenibile, oltre che fastidioso.
Cari signori della maggioranza, sicuri di poter stabilire con un regolamento come, quando e da dove nascono i bisogni, quali sono le storie, i drammi delle persone e delle famiglie? 
E non basta affermare che nessuno sarà lasciato morire per strada: vorrei ben vedere!!!
Inutile che ad ogni occasione il Sindaco ringrazi le tante associazioni coneglianesi, il volontariato, apprezzando il lavoro disinteressato di tanti che si occupano dei meno fortunati: se vogliamo aiutare anche i volontari la prima cosa da fare è, con i mezzi a nostra disposizione, ridare dignità alle persone, senza costringerle, magari, a inginocchiarsi per ottenere qualcosa.
Le lucette del Natale andrebbero accese là dove impera il buio di posizioni e pensieri che pensavamo ormai accantonati per sempre.
Buon Natale, più o meno, in attesa che qualcuno rimetta in moto la ruota della dignità.

domenica 26 novembre 2017

La strada storta (Per Sergio Marchesin)

Il mio primo vero impatto con la politica avvenne in una stanza piena di fumo e di giovani che discutevano di argomenti per me incomprensibili, ma di sicuro fascino. Ero con Franca, la mia compagna di classe delle medie e in quegli ultimi mesi prima degli esami andavamo in esplorazione del mondo politico e sindacale.
Salii poi una seconda volta le scale di Via Accademia 2, dove all'ultimo piano c'era la sede del PCI: quel posto mi attraeva in modo irresistibile, ma stavolta Franca non era con me. Avrei voluto entrare nell'ufficio accanto alla sala della volta precedente, ma aveva ancora la porta chiusa: in pochi attimi mi avevano spiegato che lì dentro lavorava il segretario di zona del partito... e non era il caso di disturbarlo, se non per motivi serissimi. 
Lì dentro c'era anche il telefono; nel salone il ciclostile cantava incessantemente, persone che non conoscevo arrivavano, entravano per un po' nell'ufficio, poi ritiravano lettere e volantini nel salone e sparivano.
Mi piaceva quel posto, soprattutto il ciclostile davanti al quale avrei passato più ore che sui libri di greco e latino. Mi piaceva la sensazione che in quelle stanze perennemente affumicate, con le immagini appese alle pareti e montagne di carta accatastata ovunque si stesse compiendo qualcosa di importante, che quelle persone fossero depositarie di verità assolute.
Le ho poi conosciute una ad una, ho condiviso con molti di loro un lungo pezzo di strada, ci ho litigato e discusso per ore ed ore, abbiamo riso tanto, cantato, manifestato, pianto. 
Il capo incontrastato di tutti era comunque lui, il segretario di zona, Sergio Marchesin. Un po' confusamente avevo capito che lottava da decenni per i diritti dei lavoratori, che si era guadagnato "sul campo" le stellette di segretario, che era consigliere comunale rispettato da tutti, avversari compresi.
Non fu facile entrare in confidenza con lui: burbero dietro gli occhiali e i baffi ti guardava con aria indagatrice (secondo me un po' se la rideva) e se ne usciva con battute taglienti che non risparmiavano nessuno. Brontolava e si arrabbiava di continuo, ma mi fece capire che le cose vanno fatte bene, altrimenti è meglio lasciar perdere.
Intellettuale finissimo (ma questo l'ho scoperto dopo) perdonava gli strafalcioni agli operai e a quelli che non erano andati a scuola, ma era intollerante con quelli "studiati" e con noi giovani che, a dire il vero, volevamo bruciare un po' le tappe e scrivevamo quelli che chiamava "Obbrobri mal scritti e mal stampati".
Mi mise alla prova affidandomi un timbretto con su scritto "Stampe": centinaia di buste da affrancare con la tariffa ridotta a patto che ci fosse il timbro, centinaia di volantini da piegare e inserire, indirizzi da appiccicare. Il mio lavoro politico iniziò da lì e dai chilometri percorsi in quell'inizio d'estate del 1975, campagna elettorale per le amministrative.
Sarà stata anche l'amicizia profonda con la minore delle sue figlie, Allegra, sarà stata l'intercessione della sua amatissima Augusta, che invece guardava noi giovani con comprensione, ma poco alla volta il burbero Sergio si ammorbidì un pochino (poco, s'intende).
Si arrabbiava molto, ma sapeva ridere altrettanto, era esigente con gli altri ma prima di tutto con se stesso, ha dedicato la sua vita a una causa per la quale ha pagato e non ha certamente riempito il portafoglio, ha saputo coniugare la passione politica con l'arte, ha rappresentato, come molti altri della sua generazione, una politica svolta con passione, competenza, abnegazione assoluta. Funzionari pagati sempre troppo poco, disponibili dalla mattina alla sera tardi, sempre e ovunque ce ne fosse bisogno. Nostalgia? Sì, tanta.
Sempre in quell'anno, ormai 42 anni fa, i miei genitori presero due quadri ad una sua mostra di pittura. 
Di uno Sergio non era soddisfatto e promise che un giorno sarebbe venuto a prenderselo per raddrizzare la strada dipinta, secondo lui troppo storta. Non l'ha mai fatto, e la strada del quadro è rimasta così com'era, come del resto il mondo che Sergio voleva più dritto, più giusto.
Caro Sergio, te ne sei andato a 90 anni e io mantengo con affetto quel quadro con la strada storta (che vedevi solo tu): per parafrasare Calvino non basta un cavaliere intero per fare intero il mondo.
La strada è storta, ma rispecchia questo mondo: tu lo avresti voluto migliore.

martedì 21 novembre 2017

Patenti di miserabilità #Conegliano

Presepe della scuola materna "Matteotti"
Un paio di secoli fa, ma anche nei decenni successivi, nei Comuni esistevano le tristissime patenti di miserabilità, vale a dire permessi di mendicare nel territorio cittadino o ricevere aiuti in farina, un ricovero negli "ospitali" dell'epoca, l'esenzione dall'odiatissima tassa personale e via elencando.
Dato il grandissimo numero di poveri che vivevano stabilmente a Conegliano o vi giungevano nel loro sempiterno peregrinare, aumentato dalla pellagra endemica, i funzionari preposti avevano il loro bel da fare, sempre con la paura che ci fossero, anche allora, i "furbetti della pagnotta".
Regolarmente qualcuno usciva per le ispezioni, scriveva ai Comuni di provenienza, chiedeva lumi ai parroci, detentori formidabili dell'unica vera conoscenza sullo stato delle "anime".
Invariabilmente, e le carte dell'archivio lo dimostrano, la risposta era solo una: la persona in questione era davvero miserabile, per un numero molto vario di motivi.
A nessuno dei notabili che allora governavano la città veniva in mente di domandarsi da quanto tempo fossero qui, perché fossero poveri: con qualche naturale mugugno sui problemi per le casse cittadine fiorivano raccolte di beni, dispense dai digiuni, insomma aiuti in varie forme.
Chiaro che, trattandosi di tanto tempo fa, la povertà era considerata una condizione normale, sotto i portici dei palazzi signorili ci si poteva riparare in qualche modo dalle intemperie. E poi, diciamolo, i conteggi delle tasse versate da chi invece poteva permetterselo denunciavano ben più di qualche "furbetto della pagnotta", abitudine invalsa fin dai tempi della gloriosa "Serenissima" che, per evitare problemi, aveva finito per disinteressarsi dei capitali e delle rendite di chi avrebbe potuto pagare e anche per questo era finita in rovina.
Ma, si sa, tutto questo accadeva molto tempo fa.
Oggi tutto è cambiato: abbiamo delle leggi precise che regolano il pagamento delle imposte, possediamo un vero catasto (quasi, e fra l'altro merito di Napoleone e degli Austriaci), soprattutto la sensibilità è molto aumentata.
Oppure no? Vuoi vedere che c'è qualche crepa in questo nostro bellissimo e giustissimo mondo contemporaneo?
Vuoi vedere che per le casse dei Comuni sono più deleteri quelli che, come è capitato di vedere a me qualche anno fa (ripeto qualche anno fa, anzi trenta), portano i figli all'asilo in Porsche e pagano rette più basse di un lavoratore dipendente? Oppure che tanti di quelli che sporcano e insozzano in vario modo le vie, disturbano la quiete notturna, parcheggiano enormi auto in sosta vietata, speculano su terreni, approfittano della cosa pubblica per farsi gli affari propri risiedono in questa città da decenni, per non dire da generazioni?
Siamo sicuri che sia opportuno, educato e perfino intelligente prendersela con chi ha bisogno?
Caro consigliere Bottega, in Commissione il suo gruppo ha votato a favore del regolamento per l'accesso alle prestazioni sociali agevolate, nel solco di una politica sociale che in questo Comune ha sempre cercato di andare incontro ai più deboli, cosa è successo all'improvviso? Lo dico da esponente dell'opposizione: le politiche sociali possono, secondo noi, essere migliorate con una maggiore programmazione, con progetti ad hoc, scovando quelli che se ne approfittano, ma non credo, caro Bottega e cara Lega Nord, che in quest'ultimo caso si tratti di persone appena giunte in città: regolare conti interni alla maggioranza prendendosela con i più deboli è davvero triste e fastidioso.
Noi ci siamo astenuti perché pensavamo che parlarne in Consiglio Comunale avrebbe significato affrontare pubblicamente un tema difficile e delicato come quello della povertà.
Tenete presente, voi che con la scusa di inesistenti approfondimenti tecnici state cercando in qualche modo di inserire un po' di razzismo peloso in città, che Conegliano ha un ospedale, diversi ambulatori, uffici, una stazione ferroviaria e una delle corriere, istituti scolastici di ogni tipo: troppo comodo voler solo fiocchi e tappeti, è necessario governare una realtà più complessa di tutti i paesi che sorgono ai nostri confini messi insieme.
Nei cinque anni trascorsi ogni volta (troppo poche) che si parlava della povertà, del disagio e dei tantissimi problemi ad essa connessi i consiglieri di maggioranza tacevano, tutti, evidentemente perché non avevano nulla da dire, lasciando la parola all'assessore Perin, lasciato ad occuparsi di quella cosa ritenuta con tutta evidenza fastidiosa.
Questo improvviso risveglio purtroppo non fa ben sperare.
Acciuffiamo i furbetti, sono la prima a dirlo, ma cominciate a informarvi, a voler capire cosa sono povertà e disagio, tenete presente che in Italia, per fortuna, esistono leggi valide in ogni angolo del Paese e che nessuno può permettersi di eludere e che Conegliano, fra l'altro, ha già pagato abbastanza spese legali in cause perse in partenza.
Non temete: non saranno gli aiuti a chi ha bisogno a impedire l'accensione di luci e musichette nella ruota panoramica natalizia.
Ah già, il Natale, la festa della bontà... Ma questa è un'altra storia.

martedì 7 novembre 2017

Una "Cima" troppo in basso nei pensieri di chi amministra

A Giambattista Cima e a San Francesco sono dedicate le due scuole dell'obbligo del centro della città di Conegliano.
Hanno avuto, negli ultimi anni, un destino comune, occupando uno stabile degli anni Sessanta adatto a tutto fuorché per una scuola primaria e una secondaria di primo grado.
L'edificio, che ha ospitato anche l'Istituto Tecnico Commerciale, è stato pensato ormai cinquant'anni fa e da allora è rimasto com'era, a parte qualche finestra nuova e fasce di plastica intorno alle colonne per evitare incidenti gravi agli alunni.
Ciò che è più grave, in questi ultimi anni nessuno ha pensato di risolvere problemi gravissimi come le insormontabili barriere architettoniche sia per l'accesso dall'esterno che dentro la scuola che, ricordiamo, non solo è in cima a una ripida salita, ma si sviluppa su tre piani, con rampe di scale ripide e pericolose. Manca un ascensore interno e i ragazzi sono costretti alla ricreazione in un quadrato davvero troppo stretto, per non parlare dell'assenza della palestra, che costringe le classi ad "emigrare" ogni volta, perdendo tempo prezioso.
Possibile che in tutti questi anni non si sia pensato a trovare delle soluzioni? Qualche volta, nelle pieghe del bilancio comunale si trovano cifre davvero importanti destinate ad usi di secondaria importanza: nessun pensiero, mai, per i due istituti del centro cittadino...
La tanto sbandierata sicurezza parte innanzi tutto da quella che chi di competenza deve assicurare ai propri cittadini, bambini in testa.
Ho invitato l'Amministrazione a rispondere a qualche domanda, presentando l'interpellanza che, come di consueto, pubblico di seguito.

Oggetto: interpellanza sullo stato dell'edificio che ospita le scuole San Francesco e Cima

PREMESSO CHE

La sicurezza delle scuole, di chi ci lavora e degli alunni che le frequentano è uno dei principi fondamentali che devono ispirare l'azione amministrativa;

CONSIDERATO CHE
  • La scuola primaria San Francesco e la Scuola Secondaria di Primo Grado G.B. Cima sono i due istituti del centro storico della città;
  • Lo stabile che le ospita risale agli anni Sessanta e che, da quanto dichiarato dagli uffici, il Comune ha previsto lo stanziamento nel Bilancio 2017 della somma necessaria all'analisi di vulnerabilità sismica dell'immobile;
  • All'interno della scuola non esiste nessun ascensore o elevatore che permetta alle persone con ridotta mobilità di accedere ai vari piani (ben tre sono occupati dalle aule);
  • Le scale sono strette e ripide;
  • Non esiste nemmeno nessuna rampa esterna per l'accesso al piano terra della scuola.
  • Gli alunni sono costretti a svolgere le ore di Educazione Fisica lontano dai locali scolastici.
Il sottoscritto consigliere CHIEDE:
  • Quando questa Amministrazione ha in programma di effettuare l'analisi per la vulnerabilità sismica;
  • Che cosa questa Amministrazione intenda fare per tutelare la sicurezza e l'accessibilità, esterna e interna, di quanti giornalmente frequentano la scuola.

mercoledì 25 ottobre 2017

Parliamo di e con SAVNO?

È trascorso ormai quasi un mese dall'ultimo Consiglio Comunale (28 settembre), durante il quale ho illustrato un'interpellanza relativa agli accordi con SAVNO sia per quanto riguarda lo spazzamento delle strade che la raccolta differenziata del vetro.
Per una volta mi sono dichiarata soddisfatta della risposta dell'Assessore Toppan che, come riporta il verbale della seduta, addirittura ha affermato che avrebbe preferito una mozione, e non una semplice interpellanza, sul tema, tale da permettere una discussione ampia del Consiglio su tutta la partita della pulizia della città e della raccolta dei rifiuti.
Tutti d'accordo, quindi, sull'idea di predisporre una mozione condivisa e presentarla in Consiglio per la discussione...
A voce poi l'assessore si è proposto come primo estensore, cosa su cui sono stata d'accordo, visto che da anni si occupa del problema e sicuramente ha in mano una ponderosa mole di dati, richieste, corrispondenza, ecc...
È probabile che abbia avuto una montagna di impegni (sicuramente Toppan è un assessore impegnato e presente), ma mi spiace constatare che da allora non ho ricevuto nessun cenno, nessuna proposta in merito, eppure, anche a suo dire, si tratta di un tema importante.

Credo sia necessario partire dal fatto che, nella sostanza, la raccolta differenziata spinta funziona e che i cittadini collaborano alla sua riuscita. Iniziamo da qui.
Spero però che non si immagini di predisporre un testo e poi sottoporlo al Consiglio pochi giorni prima: questa non sarebbe una mozione condivisa.
Propongo quindi un paio di questioni che ritengo importanti: 
1. Riguardo al decoro, di cui si parla di continuo, sarebbe as esempio giusto studiare soluzioni che permettano la raccolta differenziata senza l'ammassarsi, spesso per ore ed ore, dei bidoni davanti a negozi e condomini, soprattutto in centro città. Da altre parti, vedi il comune di Treviso, si è riusciti ad iniziare un percorso positivo, con la collaborazione di chi raccoglie i rifiuti e anche della Soprintendenza.
2. Soprattutto le utenze non domestiche, cioè le imprese, nella fattispecie quelle più piccole e con maggiori problemi, sono costrette a pagare bollette davvero troppo care. Artigiani, commercianti, professionisti rappresentano una fetta importante dell'economia della nostra città: penso sia giunto il momento di affrontare con SAVNO anche questa partita.

Attendo fiduciosa

martedì 24 ottobre 2017

1917-2017 Cent'anni fa pioveva

Cent'anni fa pioveva, pioveva da giorni; la grande strada "Napoleonica" era percorsa ormai da due anni e mezzo dai mezzi pesanti dell'esercito ma, per un cinico scherzo del destino, quell'anno il raccolto era stato abbondante: cantine e granai erano pieni e l'inverno incipiente non faceva paura...
Cavalli, le prime automobili degli ufficiali, truppe che sbarcavano dalle tradotte nella stazione vecchia di pochi decenni: un traffico su e giù da quel Friuli destinato ad essere da sempre confine di qualcosa, si trattasse dell'Impero Romano, di quello Sacro e Romano, della Serenissima e poi giù di corsa lungo il XIX secolo, tutto sommato non ancora finito.
Un secolo altalenante di speranze e disillusioni amare, per tutto il nordest.
Noi, qui, quasi dimentichi dello strazio delle guerre napoleoniche, ci eravamo adagiati (si fa per dire) su uno sviluppo che pareva sicuro; perfino la guerra aveva portato speranze di produzione (si sa, i soldati hanno bisogno di cibo, divise, carburante...).
Nelle cronache ufficiali i lutti avevano poco spazio, soppiantati dai commerci dovuti alla "grande fortuna" di essere retrovia, luogo di riposo per fanti e alpini, centro provvisto di caste e bene ordinate case del soldato, di sconvenienti ma necessarie case di tolleranza (ufficialmente tanti condannavano, ufficiosamente i più sorridevano e approvavano, senza alcun pensiero rivolto alla carne e allo spirito di quelle donne, ma questo è un'altra faccenda), di ospedali che accoglievano i resti della carne da macello mandata all'assalto.
Le carte depositate negli archivi raccontano però la disperazione delle famiglie, ad ogni latitudine del Paese, il senso di abbandono e smarrimento quando i telegrammi di servizio annunciavano un ferito, un morto o un disperso, la paura del futuro.
Tutto, però, rimaneva confinato in luoghi lontani, soprattutto nell'immaginario di quanti erano poveri in fatto di geografia: Carso, Isonzo, Pasubio, Marmolada erano lontani anche per chi viveva in queste nostre contrade. Fateci caso: oggi in località Gai, là dove inizia la Statale di Alemagna, quel cartello che indica "Cortina 100 km" ci parla della perla delle Dolomiti vicina a noi, allora 100 km assumevano tutt'altro significato.
Quel 24 ottobre di un secolo fa pioveva e insieme all'acqua, al freddo e al fango tutto si capovolse: come un'ondata di piena la notizia raggiunse in poco tempo le retrovie che di lì a pochi giorni si trasformarono in terre occupate o in prima linea.
Di Caporetto gli storici hanno conteggiato tutto, noi oggi sappiamo il numero dei cannoni, delle armate e dei battaglioni, dei morti, dei feriti, dei prigionieri. Conosciamo la triste sorte dei profughi friulani e veneti, qualche volta anche quante uova gli occupanti prelevarono, durante l'anno di occupazione, dai pollai della gente rimasta.
Nessuno, però, potrà mai stilare l'inventario dello sgomento, dell'ennesimo rovesciamento di vite già legate a un sottilissimo filo, del precipizio nella miseria e nell'inedia di quanti, già poveri, si ritrovarono disperati, dello smarrimento di chi aveva un negozio, una bottega, una campagna, una fabbrica e si ritrovò a mendicare un lavoro purchessia, ovunque fosse, dell'ennesimo sacrificio di terre situate per vocazione al confine di qualcosa.
Difficile anche solo immaginare cosa passasse per la mente dei soldati originari di queste terre che temettero non solo di perdere una battaglia o la guerra, ma ciò che restava della propria famiglia, della propria casa o che, dalle linee al di là della Piave, videro per mesi la distruzione dei campanili dei propri paesi.
In tutto quello sconquasso, lontano dalla retorica qualcuno fu anche felice dell'arrivo dei tedeschi, perché da sempre la speranza di chi sta sotto è che il nuovo capo porti maggiore giustizia, ma la storia ci insegna che non è mai così.
Andiamo allora a Caporetto, in quello che ho altre volte definito un "museo onesto": lontano da ogni retorica e da ogni tentazione nazionalistica, ci racconta invece l'altalenarsi, sotto quelle montagne, di dominazioni, padroni, occupanti, di cambiamenti di nome e di lingua, di religioni e preghiere. Ci descrive lo strazio di una battaglia che ebbe pochi tratti dello scontro consueto fra eserciti, che cambiò la concezione della guerra, che consegnò per sempre alla storia un mucchietto di case fra le montagne, ricco di prati che lambiscono le rive dell'Isonzo, fiume bizzarro, impetuoso e spumeggiante di un verde-azzurro unico e commovente, depositario di una memoria antica.
Attendiamo che il Tigri e l'Eufrate si riprendano il ruolo di fiumi di civiltà, mandiamo la memoria di Caporetto in quelle terre, sperando che presto vi si possa costruire un altro museo, altrettanto onesto e capace di servire da esempio.
Questo, però, è un altro discorso...

lunedì 16 ottobre 2017

Vuoi sposarti? Attaccati al tram!

Pare una battuta di spirito da avanspettacolo, ma così non è.
Diciamo che è meglio buttarla in ridere, visto che di sicuro si tratta di uno sbaglio sfuggito dal mouse di qualche programmatore o di chi ha inserito i dati. Cose che capitano, ma il risultato è quanto meno comico.
Mio figlio e la sua ragazza hanno deciso di sposarsi (bellissima notizia!) e oggi il futuro sposo si è messo a cercare nel sito del Comune di Conegliano eventuali indicazioni per i documenti necessari.
Alla pagina "Come fare per", scorrendo il menu a tenda si giunge alla parola "Sposarsi".
"Ecco, grande, ci siamo, qui troverò tutto!" ha esclamato, consapevole di non avere molto tempo libero.
E... magia, aprendo il link, appaiono i collegamenti della MOM in provincia di Treviso.
L'unica spiegazione possibile è che l'errore sia dovuto a una delusione amorosa... Vuoi sposarti? Meglio che tu vada a farti un giro, attaccati al tram...
Errore veniale, tutto sommato: basta attaccarsi al telefono o andare di persona, aspettando il giorno di riposo o qualcosa di simile, direte voi.
Io dico però che non è un buon abbrivio per una città che vuole definirsi SMART, come annunciano le linee di mandato del Sindaco.
L'ho detto in Consiglio Comunale pochi giorni fa: per dimostrarci Smart cominciamo dal sito internet, che deve essere accattivante, ricco di notizie, aggiornato e facile da consultare.
Evidentemente avevo ragione ma, si sa, meglio non ascoltare quelli dell'opposizione...
P.S. Non ho controllato cosa si trova cercando gli orari degli autobus.

lunedì 9 ottobre 2017

Più decoro per la Polizia Locale #Conegliano

Il palazzo che ospita la Polizia Locale di Conegliano, oltre alla sala Ex Informagiovani, dopo tanti decenni di onorato servizio ha urgente bisogno di profonda ristrutturazione.
La sala dove si tengono le conferenze è ormai in uno stato pietoso, ma nulla in confronto al resto.
In attesa di prendere per mano tutto il comparto di Piazza San Martino, è scandaloso lo stato in cui si ritrova a lavorare la nostra Polizia.
La vetrata che dà verso la piazza, dietro la quale ci sono gli uffici maggiormente utilizzati dal pubblico è sporca, non si sa da quanto tempo.
Peggio ancora il vialetto e i gradini di accesso agli uffici soprastanti dalla parte del fiume: erbacce, immondizie (non c'è una telecamera che sorvegli un luogo così importante?), il portoncino ormai senza vernice intorno alla maniglia.
Lo sconforto sale una volta raggiunti gli uffici al piano superiore: anche qui infissi decadenti e la netta sensazione che nessuno, da tempo immemore, si sia preoccupato di ridipingere le pareti, riverniciare le porte, dare insomma una veste più degna della funzione del luogo.
Ho presentato un'interpellanza, sperando che non mi si risponda che non si possono togliere le erbacce e l'immondizia, non si possono riverniciare le porte in attesa di tempi migliori.
Di seguito, come sempre, il testo.


Oggetto: interpellanza per la manutenzione della sede della Polizia Locale

PREMESSO CHE

Il palazzo che ospita la sede della Polizia Locale di Conegliano risale ormai a molti decenni fa ed avrebbe bisogno di una profonda ristrutturazione, visto anche che ospita una delle sale in cui si svolgono diverse manifestazioni pubbliche;
CONSIDERATO CHE
  • Sia il vialetto che i gradini e il portone di ingresso alla sede della Polizia dalla parte del Monticano sono in uno stato poco decoroso, vista la presenza di immondizie varie, erbacce cresciute sulla scale, guano di piccioni;
  • Il portoncino di ingresso al piano terra e anche quello di accesso agli uffici al piano superiore non hanno più nemmeno l'ombra della vernice intorno alla maniglia e alla serratura;
  • Le pareti interne avrebbero bisogno urgente di essere quanto meno ritinteggiate;
  • Perfino la vetrata per l'accesso al pubblico dalla parte di Piazza San Martino è sporca;
  • La nostra Polizia Locale ha diritto sicuramente a lavorare e ricevere il pubblico in un luogo accogliente;
Il sottoscritto consigliere CHIEDE:
  • Quali provvedimenti urgenti, e quali nel medio periodo, questa Amministrazione intenda assumere per ridare un minimo di dignità ad un luogo così importante per il decoro della nostra Città.


mercoledì 27 settembre 2017

SAVNO. Alcune questioni da affrontare

Domani sera si riunirà il Consiglio Comunale, con un ordine del giorno assai nutrito, questioni importanti come le Linee di mandato del Sindaco o la regolamentazione dei parcheggi, per citarne alcune.
Fra le altre cose sarà discussa una mia seconda interpellanza (oltre a quella sul cipresso monumentale di Piazza Duca d'Aosta), riguardante alcune problematiche segnalatemi dai cittadini sui rapporti con SAVNO.
Di seguito il testo:

Si presenta la seguente interpellanza riguardo a due tematiche connesse ai rapporti con SAVNO:

  • Con la incipiente stagione autunnale le strade, i marciapiedi, le caditoie e i tombini tenderanno a riempirsi delle foglie cadute dagli alberi, non solo nelle zone centrali, ma anche in periferia e nelle vie che scendono dalle colline; in caso di piogge insistenti l'ostruzione dei tombini e delle vie di scolo rischia di impedire il normale deflusso delle acque;

  • Le nuove regole adottate per la raccolta differenziata del vetro stanno evidenziando alcune criticità:
a) Soprattutto per le tante persone anziane o in difficoltà motoria è molto complicato e faticoso raggiungere le poche campane rimaste;
b) I bidoni per la raccolta distribuiti nelle altre zone cittadine creano comunque problemi, soprattutto per il peso, sempre alle categorie più in difficolà: chi non ha l'ascensore si trova costretto a trascinare pesi notevoli, con gli inconvenienti del caso.

Il sottoscritto consigliere CHIEDE:
  • Se questa Amministrazione intenda sollecitare SAVNO per una costante e attenta pulizia di ogni parte della città nella stagione autunnale;
  • Se ci sia l'intenzione di rivedere gli accordi e le regole adottati per la raccolta differenziata del vetro, venendo incontro ai problemi dei concittadini in maggiore difficoltà.

sabato 23 settembre 2017

A Conegliano un verde in tinta con la Lega?

L'architetto Meneghello ha inviato una lettera, accorata e indignata, sul pessimo livello di manutenzione del giardino di Corte delle Rose, uno dei pochi esempi di recupero architettonico contemporaneo rispettoso della storia, della funzione del luogo, della necessaria bellezza e del razionale utilizzo del centro cittadino.
Come accaduto da altre parti in città l'ultimo problema di chi amministra riguarda la salute degli alberi, delle piante e del verde in generale: molto meglio occuparsi di mantenere intatta la cubatura per poter costruire ancora.
Se poi rivolgiamo lo sguardo verso l'attenzione per un centro città accogliente, attraente, sicuro, l'unico desiderio è quello di distogliere lo sguardo: la tristezza prende il sopravvento.
La lettera dell'architetto Meneghello non fa che riportare ancora una volta all'attenzione di tutti, cittadini e amministratori, l'evidenza del fatto che per "ben governare" non è sufficiente sorridere (poco negli ultimi tempi), tagliare nastri (le opere pubbliche sono sempre meno e spesso merito di altri), o non rubare.
Occorre innanzi tutto capire che l'ambiente che ci circonda, e che va salvaguardato, non è solo composto di vigneti, ma di tutto quanto contribuisce a rendere bella, vivibile, sana, accogliente una città.
Pomposamente il PAT parla di Blu Way e Green Way, la realtà è che Conegliano non ha nemmeno presentato il progetto per farsi finanziare il Gira Monticano, e la cura del verde (a parte quello di cravatte e pochettes da uomo) è ridotta esattamente come indica l'architetto, con l'aggravante che se non ci si è preoccupati di un luogo così importante del centro cittadino come Corte delle Rose, di cui molto si parla, spesso a vanvera, meno ancora si è fatto nei confronti della salute dei tanti e bellissimi alberi centenari di Conegliano.
Non vorremmo che la "via verde" fosse quella ormai un po' sbiadita della Lega, pronta a tuffarsi nelle acque agitate del blu salviniano, intento a sfidare l'azzurro forzista.
Un gioco di colori che rischia di avere uno sconfitto sicuro: Conegliano, il suo ambiente, la sua storia e la sua residua bellezza.

giovedì 21 settembre 2017

Conegliano non è una città per le bici. Parola di Comune

Per una volta pubblico parole non mie, ma del mio capogruppo Alessandro Bortoluzzi, alle quali non c'è nulla da aggiungere, se non la tristezza nel vedere che le nuove facce sono troppo simili a quelle vecchie e i vizi di sempre non lasciano il posto a nuove virtù. 
Noi continueremo il nostro impegno per una città sostenibile, fruibile, pulita e bella.

Siamo nella settimana europea per la mobilità sostenibile ed ovviamente anche il nostro Sindaco sale idealmente in bicicletta come tutti noi.
Però fa subito un “bel rebalton”.

Nei giorni scorsi è stata resa pubblica la graduatoria degli enti che hanno partecipato ad un bando del Ministero dell’Ambiente, rivolto ai comuni e finanziato con 35 milioni di euro, con il quale si invitava a presentare dei progetti  diretti a incentivare iniziative di mobilità sostenibile, incluse iniziative di piedibus, di car-pooling , di car-sharing , di bike-pooling e di bike-sharing, la realizzazione di percorsi protetti per gli spostamenti tra casa / scuola e casa / lavoro, a piedi o in bicicletta. Oppure per laboratori e uscite didattiche con mezzi sostenibili,  programmi di educazione e sicurezza stradale, di riduzione del traffico, dell’inquinamento e della sosta degli autoveicoli in prossimità degli istituti scolastici o delle sedi di lavoro, anche al fine di contrastare problemi derivanti dalla vita sedentaria. Tali programmi potevano anche comprendere la cessione a titolo gratuito di «buoni mobilità» ai lavoratori che usano mezzi di trasporto sostenibili.

Conegliano avrebbe potuto fare da capofila, così come hanno fatto diverse realtà, tra le quali Bassano del Grappa e Mira, per citarne alcune a noi vicine.
Invece i nostri amministratori, come al solito, si sono lasciati sfuggire il bando. Evidentemente sono troppo impegnati a concedere permessi di costruire per nuovi supermercati, di cui notoriamente c’è grande bisogno.
Invece di stare attenti a queste lodevoli iniziative che possono cambiare in meglio la vita quotidiana a molti cittadini, sono più portati alle iniziative che cambiano la vita a pochi immobiliaristi. E’ questione di gusti.

Il capogruppo del Partito Democratico
 
 
 

domenica 17 settembre 2017

A scuola senza fiabe


Come sempre capita, la prima volta che incontro una classe nuova si rende necessario fare conoscenza. Io mi presento e poi passo la parola a loro: in pochi minuti è facile comprendere, più o meno, di che pasta sono fatti i personaggi con cui avrò a che fare: c'è quello che fa il furbo, quello timido, quello che si capisce essere da tutt'altra parte con la testa, quello che dentro di sé sta già meditando come riuscire a fartela sotto il naso, quello diligente, il ragazzo in seria difficoltà.
Tutto questo, ovviamente, vale per maschi e femmine.
La prima media è una classe complessa: loro provengono da scuole diverse, stanno iniziando la nuova avventura prima di tutto conoscendosi fra loro, cercando di stabilire i rapporti, di comprendere simpatie e antipatie. Si tratta, faccenda assai complessa, anche di lasciare le vecchie amicizie per lanciarsi in avventure nuove, con tutti i rischi del caso. 
L'altra mattina la prima ora è trascorsa anche con qualche sorriso, cercando di indagare sui loro gusti, su ciò che fino adesso hanno compreso del mondo della scuola, delle aspettative. Abbiamo parlato a lungo di letteratura, di ciò che leggono, di come leggono (a parte quello che preferisce i film a "guardare" i libri), di cosa vuol dire scrivere un libro o la sceneggiatura di un film...
Interessante, appagante anche, stimolante, a parte un particolare che mi ha lasciata a bocca aperta:
nessuno, dico nessuno di loro ha mai ascoltato una fiaba, una storia della buonanotte raccontata dalla voce dei loro genitori.
Ho pensato subito che si sono persi qualcosa di prezioso e che non potrà mai più tornare, che non hanno sentito una voce cara che raccontava, si emozionava con loro, li rassicurava o rideva a crepapelle insieme.
Un gap di emozioni, che qualcuno è riuscito a recuperare magari da solo, come quella ragazzina che mi ha detto che non le piacciono i film di Harry Potter, perché tagliano sempre le scene più belle: lei preferisce il libro proprio perché non ha le immagini e se le può costruire da sola nella fantasia.
Vorrà dire che insieme a pronomi, verbi e aggettivi leggeremo insieme un po' di fiabe, di racconti: chissà che le emozioni affiorino e non costruiamo insieme qualche nuovo racconto.
Sulla mancanza in famiglia non posso fare più nulla, se non raccomandare a chi mi legge, se ha figli piccoli, di leggere loro ogni sera una fiaba: un modo fantastico (appunto) di costruire un mondo parallelo comune, di vedere gli occhi stupiti dei bambini, di creare un legame per sempre, di invogliarli a leggere, dopo, solo per sé, per usare la cosa più bella, la fantasia.


martedì 12 settembre 2017

XII.IX.MMXVII ah no! 12.09.2017

Vergogna? Un corso di lingua araba? Ma per favore!
Sarebbe fin troppo facile, ovvio, ricordare che nella data di oggi c'è un numeretto magico che messo insieme agli altri ha cambiato il nostro modo di pensare la matematica, la logica, è perfino la base per l'informatica.
È anche superfluo far presente termini come azimut, zenit, nadir, che sono la base dell'astronomia (quella che si basa sulla scienza, non sugli oroscopi).
Diventa pura saccenza affermare che prima di parlare di storia sarebbe bene studiarla e mi permetto di riportare qualche riga di Alessandro Barbero sulla battaglia di Lepanto: "Ma la battaglia di Lepanto ebbe delle conseguenze o non servì a niente? Sul piano politico e militare, è giusto concludere che ne ebbe ben poche, non foss'altro perché fu combattuta a ottobre. (...) Ha poco senso ripetere che la battaglia salvò l'Occidente: anche se per miracolo avesse vinto, il kapudan pascià avrebbe riguadagnato il porto e smobilitato la flotta. (...) Alla fine, l'importanza storica di Lepanto sta soprattutto nel suo enorme impatto emotivo e propagandistico".
Fra le altre cose il trattato di pace, steso nelle due lingue, nella versione araba in lettere dorate firmato da Selim II, è conservato presso l'Archivio di Stato ai Frari di Venezia. 
Ah, ecco: chissà come mai proprio a Venezia è presente la migliore facoltà di lingue orientali (insieme a Napoli, anche qui chissà come mai) d'Italia... Potremmo proporre di chiuderla, passo la proposta alla Lega, o Liga, o come si chiama.
Potrei continuare, ma il discorso diventerebbe troppo complicato per chi si occupa solo, appunto, di propaganda che fa leva sull'ignoranza. Come diceva Mussolini (guarda un po'), il popolo non deve sapere, ma credere. Appunto, lui lo sapeva e abbiamo visto com'è andata a finire.
I ragazzi di lingua araba che frequentano le nostre scuole non solo studiano e imparano l'italiano, ma acquisiscono i nostri principi, il nostro modo di pensare, di leggere il mondo. Quando poi in prima media si studia l'avvento dell'Islam si scopre, insieme a loro, quanti siano in realtà i punti d'incontro, quante le contaminazioni linguistiche e culturali.
Purtroppo non conosco l'arabo e posso assicurare che se ne avessi il tempo andrei a frequentare almeno qualcuna delle lezioni gratuite di Pieve di Soligo, se non altro perché sono curiosa e ogni volta che leggo un nuovo libro di storia scopro qualcosa di nuovo, che non sapevo e che mi stupisce.
Detto fra noi, conoscere un po' di arabo ci aiuterebbe anche a interpretare frasi e comunicazioni utili anche alla nostra sicurezza, ma questo è un discorso che esula da quello più propriamente culturale.
Dante Alighieri è uno dei pilastri della civiltà cristiana (credo che anche i leghisti concordino), ma mise Ulisse all'inferno per i suoi inganni e si trovò invece commosso davanti a quei versi che ancora oggi emozionano, dopo 700 anni: "Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza".
Caro assessore Boscariol, proprio noi Veneti siamo quelli, fra gli Italiani, ad aver avuto più rapporti fecondi con il mondo orientale e arabo; la Serenissima di cui tanto vi riempite la bocca è anche quella che fu scomunicata dalla Chiesa, che offriva libertà di commercio, che arrivò a imbrogliare il papa durante la IV (in numeri romani) Crociata del 1204 per fermarsi a Costantinopoli.
Potremmo continuare per decine di pagine, ma non ne vale la pena. Tralascio lo studio del Corano, testo importantissimo che sarebbe utile da studiare, con senso critico, da musulmani e non, magari discutendone insieme. Vuoi vedere che troveremmo incredibili sorprese? Ma chi si riempie la bocca di fede cristiana spesso non solo non ha mai letto la Bibbia, ma nemmeno il Vangelo.
La sostanza è questa: chi ha paura di un semplicissimo corso di arabo, in una parola ha paura non solo della cultura, cosa di per sé già grave, ma anche del proprio passato, della verità distorta che non porta a nulla di buono.
Ho una proposta: vuole che ci iscriviamo e lo frequentiamo insieme: mettiamo l'automobile una volta per ciascuno, Pieve di Soligo non è lontana.



mercoledì 6 settembre 2017

Vandali e desolazione #Conegliano


In una strada ormai quasi deserta se non dopo l'imbrunire, animali notturni a due zampe, ben vestiti e dotati anche di discreti portafogli, almeno in proporzione all'età, escono dalle loro tane per sciamare in Via XX Settembre e zone limitrofe.
L'obiettivo: ritrovarsi in branco (che è diverso dalla compagnia), bere e gareggiare in stupidità. Solo che qualche volta l'idiozia si trasforma in qualcosa di peggio: quando ignoranza, maleducazione, arroganza e voglia di mostrarsi più furbi degli altri si mettono insieme si rasenta anche la criminalità.
Chi arriva addirittura a defecare davanti alla casa di Giambattista Cima faccio fatica a definirlo, troppo grandi lo sdegno e l'incredulità.
Lo scempio rinvenuto stamattina sotto il portico del Duomo, però, ha tutto il carattere di qualcosa di annunciato. Quante volte il parroco si è lamentato, negli ultimi mesi, del bivaccare continuo di bande di ragazzini sulla scala di ingresso alla chiesa? Innumerevoli. Da uomo mite e responsabile ha sempre mantenuto un atteggiamento comprensivo, anche quando due sacrosanti scapaccioni sarebbero stati davvero benedetti, il mattino successivo qualche anima buona fra i parrocchiani si adoperava per ripulire uno dei luoghi più belli della città, sacro alla Chiesa e alla nostra storia.
Ora la misura è colma: infranto il vetro della bacheca degli annunci, vetri e bicchieri rotti ovunque, compresa la gradinata che porta in chiesa, lo sfregio di una lattina di birra e una bottiglia di prosecco infilate nei porta bandiera esterni e, per finire, vino e urina per terra.




Alcuni punti devono rimanere fermi:
1. Davanti al Duomo, in Via Cima, in Piazzetta Beccaruzzi, luoghi sensibili, vanno installate telecamere ben segnalate, in modo da essere dei deterrenti e risultare utili per identificare i vandali di turno. Non possiamo avere un poliziotto ogni 100 metri di strada, occorre trovare altre vie, per esempio:
2. Credo che l'Amministrazione comunale debba farsi parte attiva per costruire con i gestori dei locali del centro storico una linea comune di controllo ed educazione "sul campo" degli avventori. È già accaduto in altre città con buoni risultati: gli esercenti sanno bene di non essere solo dispensatori di alcol ma di poter svolgere anche un ruolo di controllo sociale, perfino di educazione, organizzando, con un po' di fantasia, percorsi che aiutino la gente non solo al bere responsabile ma a difendere la bellezza dei luoghi nei quali è così bello incontrarsi con gli amici. Senza devastarli.
3. Penso di averlo ripetuto ormai numerose volte: in questa città è urgente ridare centralità al Progetto Giovani recuperando spazi e risorse che permettano il fiorire delle idee, la messa in campo delle capacità, delle potenzialità, della buona volontà dei tantissimi ragazzi (e ragazze ovviamente) che potrebbero aiutarci a far sì che l'incomparabile fascino di Conegliano non sia buono solo dalle 22 in poi per ubriacarsi e fare danni, ma per creare punti e motivi di aggregazione intelligente.
A quel punto le mele marce verrebbero isolate automaticamente, non sarebbero gli esempi da seguire ma gli idioti da lasciare da parte.
Nel frattempo lo sdegno sale altissimo, vedendo una città così bella ridotta in questo modo, con il centro città che è l'ultimo dei pensieri di chi ha vinto le elezioni con lo slogan "pulizia e decoro" e che ha trascorso i mesi estivi senza dare segni tangibili di volontà nuove, a parte qualche proclama.
Conegliano è sempre stata conosciuta come una città accogliente, ordinata, nella quale si esprimeva il saper vivere, stiamo svuotando il centro proprio di tutto questo, stiamo diventando un brutto biglietto da visita.
Alla prossima, sperando di poter discutere delle proposte, magari nelle commissioni consiliari.

mercoledì 30 agosto 2017

Il cipresso monumentale in pericolo? #Conegliano

Da sempre è chiamato "la sentinella di Piazza Duca d'Aosta, è l'albero più antico di Conegliano, inserito nell'elenco degli alberi monumentali della Regione Veneto.
È un cipresso splendido, o meglio era...
Da mesi passando per la Piazza si poteva notare che diversi rami della chioma superiore si stavano seccando, ma in questo ultimo scampolo di estate lo spettacolo che si presenta è davvero triste e preoccupante.
Più volte, da non esperta della materia, ho chiesto all'Amministrazione di adoperarsi per un monitoraggio serio dei grandi alberi cittadini, affinché si possa mettere in campo un progetto di salvaguardia del nostro patrimonio arboreo, ma le risposte che ho ricevuto sono sempre state, a dir poco, evasive. 
Fin ad ora abbiamo solo visto il taglio di tanti alberi, il reimpianto di alcuni, tra l'altro con la triste problematica dei piccoli cipressi del viale del cimitero, tutti secchi.
Ora il grande, plurisecolare e bellissimo cipresso di Piazza Duca d'Aosta offre un triste spettacolo: ho chiesto all'Amministrazione se, per caso, se ne sia già occupata, se ci siano già azioni in atto per curarlo, salvarlo, se vada tutto bene così (ma non credo).
Ancora una volta ripetiamo che il patrimonio arboreo è un tesoro da accudire con cura e dedizione: gli alberi sono nostri grandi amici e, in qualche caso, rappresentano anche la nostra storia più bella.

P.S. La foto, a causa della luce, non rende il colore marrone bruciato dei rami superiori dell'albero, di seguito il testo dell'interpellanza.


Conegliano, 31/08/2017


Oggetto: interpellanza sullo stato di salute del cipresso monumentale di Piazza Duca d'Aosta

PREMESSO CHE

La Legge 10 del 14/01/2013, all'art. 7 precisa che per «albero monumentale» si intendono:
a) l'albero ad alto fusto isolato o facente parte di formazioni boschive naturali o artificiali ovunque ubicate ovvero l'albero secolare tipico, che possono essere considerati come rari esempi di maestosita' e longevita', per eta' o dimensioni, o di particolare pregio naturalistico, per rarita' botanica e peculiarita' della specie, ovvero che recano un preciso riferimento ad eventi o memorie rilevanti dal punto di vista storico, culturale, documentario o delle tradizioni locali;
b) i filari e le alberate di particolare pregio paesaggistico, monumentale, storico e culturale, ivi compresi quelli inseriti nei centri urbani;
c) gli alberi ad alto fusto inseriti in particolari complessi architettonici di importanza storica e culturale, quali ad esempio ville, monasteri, chiese, orti botanici e residenze storiche private.

CONSIDERATO CHE
  • Il cipresso plurisecolare di Piazza Duca d'Aosta, che insiste nell'area dell'ex convento di S. Antonio Abate, è stato inserito nell'elenco degli alberi monumentali della Regione Veneto ed è l'albero più antico della nostra città;
  • Ormai da qualche mese risultava evidente il progressivo rinsecchimento degli strati superiori della chioma dell'albero;
  • Che ora buona parte dell'albero mostra rami e foglie del tutto secchi e che una parte della sua maestosa copertura è scomparsa;
  • L'albero è posizionato in proprietà privata ma è patrimonio dell'intera comunità;
  • Più volte in sede di Consiglio Comunale è stato chiesto un intervento di monitoraggio sulla salute dei grandi alberi di Conegliano.
Il sottoscritto consigliere CHIEDE:
  • Se questa Amministrazione abbia già provveduto a richiedere o predisporre analisi del caso per comprendere le cause dello stato di sofferenza dell'albero e decidere le eventuali azioni volte a salvaguardarlo.
  • Che cosa la stessa Amministrazione intenda fare per tutelare la salute del cipresso di Piazza Duca d'Aosta e degli altri grandi alberi cittadini

domenica 27 agosto 2017

Più di mille chilometri... la Calabria che si fa amare

Chissà se il giornalista del New York Times ha visto i miei stessi posti...

C'è un luogo, ce ne sono tantissimi in realtà, in cui la proprietà privata è talmente sacra che una cagnetta priva di pedigree ha il suo regno in un recinto di 40 mq proprietà di 10 persone diverse: lei fa la guardia per conto di tutti...
Reti sacre e inviolabili quelle che dividono un orto da un recinto, un magazzino da una scala, una casa dal cortile comune; tutto è frutto di secoli di precarietà, del lento scorrere del tempo, della caparbia volontà di possedere qualcosa da lasciare a chi verrà dopo. A ben vedere si tratta di storie comuni alle genti di montagna, solo che qui si tratta di una montagna più lontana, è la Calabria ad essere lontana, lontana e complicata, anche se ora una rete di ottime strade l'ha avvicinata a se stessa e a noi.
Fra le tante contraddizioni di questo nostro bellissimo Paese questa regione spicca per contrasti: mesi di siccità e acqua che scorre ovunque, incendi e squisiti porcini serviti fra boschi verdissimi, lo sviluppo costiero più grande insieme a una cucina sostanzialmente di montagna,
due foreste (Sila e Aspromonte) a tratti davvero fitte e misteriose e due mari di due diversi intensi colori, storie di orrori e di calabresi perdutamente innamorati della loro terra, tesori archeologici da far girare la testa e l'insana mania di abbandonare ovunque i rifiuti, il lungomare di Reggio Calabria e le buche nelle strade, l'ostinata e ignorante rassegnazione all'ineluttabilità del brutto e della corruzione e l'orgoglio invincibile di chi si ostina a crederci e anzi pensa che sia giunta l'ora di scrollarsi di dosso ciò che non va e guardare avanti dandosi da fare.
Qualcuno ha scritto che la gente di montagna si somiglia un po' ovunque ed è vero: caparbietà e conoscenza del sacrificio sono nel DNA di chi per vivere deve per forza salire e scendere continuamente.
La passione per l'arrampicata di Pierluigi è preziosa: con il nostro amico ospite Gennaro abbiamo raggiunto Mendicino (CS), dove, guarda un po', la palestra di roccia è oltre un ponticello su un torrente che hanno chiamato Acheronte (sic!). C'è una caverna trasformata, chissà quando, in ovile o
riparo e poi abbandonata. Lì intorno lo spettacolo è insieme affascinante e desolante, ma poi scopriamo che esiste un gruppo di eroi che si è messo in testa di ripulire e sistemare tutto. A capo c'è quello più matto di tutti, Francesco, speleologo, naturalista, guida ambientale e chissà cos'altro: non contento di far conoscere a tutti quelli che incontra la bellezza del monte Cocuzzo, vuole che Mendicino diventi un albergo diffuso e ci ha trascinati, mentre calava la sera, nel magico intrico di stradine di un paese fatato. Nel paese le stradine si inerpicano costeggiando case e palazzi, chiese e una sorta di castello con una vista mozzafiato sulla valle. Lui e sua moglie Lucia, entusiasta come lui, sono la punta di diamante di chi vuole trasformare le difficoltà in opportunità: di sicuro Mendicino fra un paio d'anni sarà la meta di un turismo nuovo, curioso anche di sapere come sono arrivate fin qui dal Veneto le macchine per lavorare la seta che mpreziosiscono il piccolo museo sulle filande.

Quella che si chiamava A3 e oggi A2, che è passata da "Salerno - Reggio Calabria" ad "Autostrada del Mediterraneo" è un lunghissimo nastro d'asfalto che si snoda fra viadotti mozzafiato e gallerie che bucano le tante montagne della parte terminale della penisola. La cosa bella è che è gratuita, e per fortuna, permette ai calabresi e anche a noi turisti di raggiungere i tantissimi borghi in modo semplice. Chi di voi avrebbe mai visto Grimaldi, un paesino della valle del Savuto, con un passato glorioso e un presente abbarbicato alle proprie incrollabili tradizioni, oppure Altilia, che meriterebbe molto di più? A tre uscite dopo Cosenza la strada si inerpica e appaiono palazzi con portali in pietra scolpita accanto a case con porte talmente basse e strette che ci si domanda chi, se non gli animali, potesse passare da simili pertugi.
Viene da pensare che la gente, da queste parti, ha vissuto un Medioevo troppo lungo, costretta a vivere come noi oggi non immagineremmo mai, se non nei luoghi più sperduti del pianeta. A Grimaldi c'è tutto: pane, frutta, una macelleria che vende solo carne locale, qualche bar e pizzeria, il mercato del sabato, perfino qualche festa in piazza e un ristorante di Antichi sapori (I sapuri de 'Na Vota) che Biagio e sua moglie Maria gestiscono con garbo e gusto (buono davvero). Gironzolando da queste parti ho forse capito perché quasi tutti viaggiano a non più di 40 km/h: devono vedere bene chi passa e fermarsi a scambiarsi un saluto, anche solo un "Tutto a posto?" che dice tutto sulla capacità, ancora, di mantenere rapporti umani fra le persone.

Quando il Mediterraneo era il centro del mondo da qui sono passati tutti, dai Fenici ai Greci ai Romani, ai Normanni, ai Saraceni: ciascuno ha lasciato qualcosa, almeno una leggenda.
Anche il grande condottiero Annibale il Cartaginese si fece un giretto da queste parti, un tunisino ante litteram che cercò di contrastare la supremazia romana; sappiamo tutti come andò a finire ma un ponte sul Savuto edificato da Roma circa 80 anni dopo il suo passaggio prese, nella leggenda popolare, il suo nome e ancora oggi il ponte romano sul Savuto di Scigliano è per tutti il "Ponte di Annibale" o, nella vulgata cristiana, il ponte di Sant'Angelo. Un luogo di suggestiva e antica bellezza, nascosto ai più così da rimanere pressoché integro insieme all'ambiente che lo circonda, chiesetta distrutta a parte.

Le strade che portano in Sila il giorno di Ferragosto sono prese d'assalto: tutti ci vanno, quelli che vivono qui tutto l'anno e quelli che lavorano lontano ma in estate tornano a casa, ad andarci di meno sono i turisti mancanti di guide locali personalizzate: cara Regione Calabria, è ora che tu faccia qualcosa di più per aiutare noi forestieri a conoscere meglio questo territorio e i suoi tesori...
Noi siamo stati fortunati: prima di essere sommersi dal cibo del pranzo ferragostano abbiamo potuto fermarci in uno di quei luoghi che se fossero in Francia o in Germania avrebbero la coda tutto l'anno. Gioacchino da Fiore ha lasciato tanti segni nella sua Calabria e la basilica di Corazzo a Castagna di Carlopoli fu uno di questi. Oggi ne rimangono i ruderi, con ben riconoscibili le destinazioni delle varie parti di quello che fu un grande centro di culto benedettino nell'XI secolo, un incanto, un luogo che ispira pace e dolcezza, che invita a pensare e riandare indietro nei secoli.

Talmente bello da guardare con solo un lievissimo senso di stizza i fiori e l'alberello di Natale di plastica incastonati sotto una improbabile Madonnina nell'abside: nulla contro la devozione, ci mancherebbe, ma la plastica (brutta) in un manufatto di 900 anni fa è davvero eccessivo. Anche qui l'uomo contemporaneo ha purtroppo evitato di astenersi dall'intervenire, ma tant'è, per fortuna quegli orpelli si possono facilmente rimuovere, basta volerlo.

C'è poco da fare: Pierluigi ha bisogno di arrampicare altrimenti sta male e così eccoci in un'altra meraviglia. Stilo è un paesino di montagna addossato alla lunga falesia del monte Consolino. Piccolo e curato meriterebbe una sosta più lunga. È stato sufficiente parcheggiare accanto al cimitero per raggiungere le vie di arrampicata sportiva per scoprire che il piccolo camposanto, costruito a gradoni per sfruttare in altezza la montagna, è stato ricavato in un antico monastero francescano del XIV secolo. Sono sufficienti le vecchie pietre a lasciare stupefatti.

Dell'Aspromonte e delle sue meraviglie ho già parlato in un altro post, non mi rimane che l'ultima puntata. Tutto questo lunghissimo viaggio, dal Veneto fin quaggiù, aveva come scopo finale Reggio Calabria, il famoso "chilometro più bello d'Italia" e loro...
Lo stretto di Messina è un braccio di mare di raro fascino e guardare la grande città siciliana dalla spiaggia di Reggio mette un brivido, la nostra civiltà, ciò che siamo davvero nel profondo è passato di qui; l'Etna, laggiù in fondo, ci rammenta che è la natura ad avere l'ultima parola, sempre, anche quando crediamo di essere più forti, più furbi.
Menti sapienti e lungimiranti hanno saputo piantare qui intorno non solo palme, ma una serie di ficus magnolioides imponenti, in grado di dare ancora più maestosità ad un paesaggio davvero unico: loro non hanno potuto vederli crescere, li hanno regalati al futuro. Sta a noi preservare tanta bellezza.

L'ultimo ricordo riguarda loro, la meta del viaggio, inseriti nel rinnovato Museo Archeologico di Reggio Calabria con nuove sale, un allestimento degno del grande e stupendo numero di reperti soprattutto della Magna Grecia, quando il Mediterraneo sapeva insegnare al mondo che sarebbe venuto, lasciandoci testimonianze di forza, grazia, bellezza.
Costa poco, l'ingresso in un museo come questo, dove si respira la storia tutta intera e tutta in una volta, costa ancora meno quando, alla fine, si entra nella loro sala.
I Bronzi di Riace non sono descrivibili, le fotografie e le parole scritte non riescono a dare l'emozione che solo la perfezione è in grado di trasmettere. Quante volte al liceo i professori hanno parlato dell'ideale greco di bontà e bellezza, dell'uomo, dell'eroe kalos kai agathòs.
Eccolo qui davanti a me, quell'ideale, quello che Omero ci ha raccontato, quello che abbiamo accarezzato con la fantasia, quello che ciascun amante del bello, della nostra cultura e del suo significato tutto sommato ricerca.
Senza parole, con la pelle d'oca e un briciolo di commozione: i 20 minuti concessi per guardarli trascorrono mentre cerchiamo di fissare nella mente i muscoli, i capelli, le mani, i piedi e lo sguardo dei misteriosi modelli antichi.
C'è poco da fare: la Grecia rimarrà sempre nostra madre.
Venite in Calabria, dove ad ogni angolo trovate le vestigia della storia, anche quella che non ci piace, ma soprattutto il perché della nostra ricerca del bello.

Grazie, davvero di cuore, a chi ha accompagnato me e Pierluigi: Gennaro Pagnotta con Marco e Valerio, Enzo Ciconte con Adriana nel loro splendido rifugio a picco sul mare, Francesco La Carbonara con Lucia e il loro entusiasmo per Mendicino, Giuseppe e Demetrio, guide dell'Aspromonte.