Scuse, scuse, sempre scuse. È sempre colpa di qualcun altro: dello Stato, delle Regioni, delle scie chimiche, dell'ineluttabilità del progresso.
Dopo non so quanti mesi (forse qualche anno) ho percorso con calma la Statale 13, meglio nota come Pontebbana, da Codroipo a Conegliano: una strada con una grande storia, soprattutto una grande arteria bellissima, un unico grande viale da Mestre a Udine.
Sciagurati! Sull'altare di un progresso che stiamo pagando a carissimo prezzo abbiamo rovinato, divelto, storpiato e poi abbandonato chilometri e chilometri di territorio.
Tristissime e orrende, ai lati delle carreggiate si inseguono costruzioni di ogni foggia e colore, insegne per lo più ormai in decadenza. Al primo piano di quelli che erano i capannoni simbolo del modello nordest appartamenti con terrazzi stridenti col senso di abbandono: qualche mano gentile ancora orna con piante e qualche luce natalizia la desolazione.
L'asfalto mescolato al cemento mostra i segni della rovina in quelli che dovevano essere cortili abbastanza ampi da consentire la manovra ai camion.
I bellissimi platani che ombreggiavano le corsie d'estate e componevano un ordinato e severo filare d'inverno sono quasi tutti stati sostituiti da pali della luce che ora si mostrano magri, arrugginiti e perfino senza lampade.
In sostanza uno spettacolo pietoso.
Non contento del disastro, in mezzo all'ubertosa pianura friulana e veneta, al cospetto delle nostre montagne, qualcuno senza scrupoli ha pensato bene di autorizzare nuovi scavi, sconvolgendo con scandalosi piani regolatori un territorio già allo stremo: ancora centri commerciali di catene ora in voga, rivendite di cibi uguali da Stoccolma a Tangeri, luci scintillanti che inevitabilmente finiranno per spegnersi, lasciando ancora desolazione, scorie, detriti da smaltire e un territorio più povero perché più brutto, insensibile e capace di guardare solo al portafoglio (di pochi) che deve riempirsi in poco tempo.
Il tutto, fra l'altro, con buona pace dell'articolo 9 della nostra Costituzione, quella con cui tutti si sciacquano la bocca ma non hanno mai nemmeno aperto.
Qualche platano rimane, coriaceo, di guardia a una delle strade più belle d'Italia: osservando questi alberi superbi dal finestrino pensavo che quei grossi nodi sui tronchi somigliano alle mani piene di artrosi dei vecchi lavoratori e delle lavoratrici indefesse, mani che hanno segato, seminato, costruito, plasmato.
Hanno molto da raccontare, basterebbe ascoltarli, sarebbero più sereni se al loro fianco stessero crescendo nuovi alberi, robusti e svettanti, non pali magri e arrugginiti.
Ridateci la Pontebbana!
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