Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

Frammenti d'Italia in pillole

Una vacanza può trasformarsi in un'occasione irripetibile di conoscenza, di visioni, di condivisione di esperienze.
Cercando di guardare un po' oltre, mettendo in campo la curiosità, quella sana, che ci mette in relazione con le cose, i paesaggi, le persone.
Senza alcuna presunzione provo quindi a rendervi partecipi di qualche emozione, ben sapendo che sarebbe bello (forse anche necessario) andare più nel profondo, descrivere in maniera più approfondita, svelare un po' di più di ciò che può voler dire, nell'estate di un qualsiasi 2013, attraversare in automobile un pezzo di questa nostra Penisola, da Conegliano (TV) a Maione (CS) e poi un po' oltre.
Forse lo farò, per il momento va bene così.
Anche le strade hanno un ruolo, mostrano e dimostrano amore o disinteresse per il territorio, mettono in mostra ciò che vale la pena di vedere e ciò che, a volte, sarebbe meglio non nascondere, ma che non ci fosse proprio.
Ma tant'è, l'Italia va amata a prescindere, ciò che non va deve essere un pretesto per cercare di cambiare; i tanti buoni esempi, anche là dove non si immagina ci siano, devono per forza diventare uno stimolo.
In questo Paese molte cose non vanno, lo sappiamo tutti molto bene: non adagiamoci sul male, siamo capaci di molto di più. E la mia breve vacanza me l'ha dimostrato alla grande.
Buon viaggio con me e Pierluigi.

30 luglio. Tutto d'un fiato attraversiamo il nostro pezzo di Veneto, l'Emilia e la Romagna. Cercando di non farci sopraffare dall'emozione superiamo le Marche, con le loro dolcissime colline, scacchi di verdi diversi digradanti verso il mare e, raggiunto l'Abruzzo, puntiamo decisamente al Molise.
Meraviglioso Molise: essenziale, attraente, un po' misterioso e sicuramente meno conosciuto di quanto meriti in realtà.
La Cavea, conteneva fino a 2500 spettatori



I sedili in pietra sagomati







Scopriamo un po' di quanto resta dei "fieri Sanniti", i guerrieri che diedero del filo da torcere agli antichi Romani, dal 343 al 290 a.C.
Pietrabbondante (IS), con il suo antichissimo teatro, testimonia di una grande civiltà.
Talmente raffinata da costruire i sedili in pietra del teatro con lo schienale anatomico, segno che lo spettacolo teatrale era un di alta importanza per quelle popolazioni.
Il paesaggio intorno sembra quello di duemila anni fa, intatto, struggente, ispiratore di muse. 
Il panorama



Pietrabbondante dal roccione che la sovrasta
Il tuffo nel tempo di ieri inebria, l'ambiente intorno ci aiuta a rimanere sospesi, a pensare girovagando per le rovine che, fra l'altro, non sono abbandonate ma ben tenute e "popolate" da un'allegra truppa di giovani archeologi in attività, sorvegliati da un custode che, beh, ha l'aria poco minacciosa.

I vessilli fuori dal Municipio
A Pietrabbondante "centro" le viuzze sono così strette che le case paiono stare su tenute insieme le une alle altre. Ogni più piccolo spazio è prezioso, tanto che fuori dalla Casa Comunale le bandiere non possono sventolare, sono esposte in una bacheca. Tutto il paese è scavato e ancorato alla roccia, l'aria è calda ma da chissà dove arriva una brezza che aiuta e invita a salire sul roccione che lo sovrasta.

Abbiamo ancora un po' di ore di autonomia energetica e il Sannio è difficile da lasciare.

Poi Isernia non deve essere tralasciata. Ripromettendoci una futura lunga sosta molisana raggiungiamo il capoluogo, uno dei tanti luoghi d'Italia ricchissimi di storia poco ricordata. Le notizie dicono che questo è il primo insediamento paleolitico documentato d'Europa. Abbiamo poco tempo, ma, almeno, diamo un'occhiata alla splendida cattedrale di san Pietro, che sorge là dove c'era un tempio pagano del III secolo a.C.
Lasciamo altre viuzze, balconi fioriti per proseguire.
Percorreremo ancora un pezzo di Molise, fino alla fiera Benevento per proseguire verso Avellino dove ci fermeremo.

(Nelle foto un particolare della Cattedrale di San Pietro di Isernia e di una via del centro storico)

In questo pezzo d'Italia la strada è bella, ecco, l'aggettivo più giusto è questo, semplice e chiaro. Si corre tra vallate, viadotti, pascoli, prati, oliveti. I verdi e i gialli cambiano e si mescolano nella magica orografia di una regione di bellezza davvero sconvolgente.
La campagna è bellissima, peccato che con l'avvicinarsi della prima grande città l'incuria e l'inciviltà di qualcuno abbia pensato bene di deturpare il ciglio della Statale abbandonando masserizie e immondizie. "Non ti curar di lor", pensiamo, ma è difficile e sale il primo moto di rabbia: perché?
E' giunta l'ora di mettere fine alla corsa di questa prima giornata. Abbiamo percorso già più di 700 chilometri.
Benedetta sia la rete: Mercogliano è praticamente a ridosso di Avellino, girando in auto grazie al navigatore non ci si rende di certo conto che di qui passarono i Longobardi (!!!), ma entro poco scopriamo che viaggiare serve anche a questo: trovare per caso un B&B di proprietà di un gentilissimo architetto iraniano, laureato tanti anni fa a Venezia dove ha lasciato qualcosa di più del cuore e trapiantato qui per amore...
Dormiamo in collina, in mezzo agli oleandri, in una casa ricoperta di tappeti persiani, mattonelle decorate, tendaggi e mobili intarsiati.
Un'altra piccola magia dell'Italia che non ti aspetti.


31 luglio. Gentili e mattinieri Reza e i suoi gatti ci attendono per la colazione alle 6.30. Il sole è già alto, si preannuncia una nuova giornata intensa: attraverseremo un altro pezzo di Italia meridionale fino all'arrivo alla meta. Lì ci aspetta il nostro amico, sulle spine da giorni (non vede l'ora di farci conoscere la sua terra).
Dobbiamo raggiungere la mitica Salerno - Reggio Calabria. Da qui si farebbe prestissimo, se non decidessimo di accontentare la mia anima nostalgica.
Nel dicembre del 1980 con altri ragazzi ero venuta a dare una mano in Irpinia dopo il terremoto.
Negli occhi mi sono rimaste le immagini di distruzione, desolazione, il caos dei camion dei pompieri, le tendopoli allestite nel freddo che qui non perdona, lo sguardo smarrito delle donne anziane, quasi le sole presenze, mute, in una terra sconvolta.
Mi ritrovo in una regione verdissima, anche qui pascoli attraversati da una strada statale degna della Campania felix di latina memoria.  Entreremo nella SA-RC  a Contursi, poco sotto Eboli.
Nel frattempo mi emoziono vedendo i cartelli: Lioni, S.Angelo dei Lombardi, Colliano. Il giorno di Natale del 1980 l'avevo trascorso qui, col pranzo in una tendopoli, allegra per la presenza di giovani da tutta Italia pieni di entusiasmo, di voglia di dare una mano.
Fuori, il disastro. Mi sento soddisfatta, un po' orgogliosa, quasi avessi anch'io qualche merito: le case sono nuove (certo, quelle vecchie non esistono più) e la campagna è spettacolare.
Scende una lacrima, breve e doveroso omaggio ai tanti morti che non hanno potuto vedere la rinascita di questo pezzo bellissimo di pianeta.
La A3, si sa, è un'autostrada senza pedaggio ed i perché sono certamente più d'uno. La Salerno - Reggio Calabria fuga il mito di se stessa, è l'immagine dell'Italia. Lunghi tratti sono tirati a lucido, l'asfalto è perfetto, i guard rail addirittura scintillanti (qualcuno ha vinto l'appalto per questi ultimi e li ha posizionati quasi ovunque), la segnaletica impeccabile. Gallerie ad alto tasso di tecnologia si alternano ad altre completamente buie, a chilometri di buche, interruzioni, rallentamenti forzati.
Si tratta comunque di un'opera mastodontica, con un tracciato complesso, affascinante e necessario per collegare paesi e persone che altrimenti farebbero davvero fatica a spostarsi.
Il massiccio del Pollino fa venire l'acquolina in bocca a Pierluigi e una sosta è d'obbligo vicino a Castrovillari, dove ha scoperto esserci una palestra di roccia, "falesia" nel gergo dei climbers.
Lui è felice di trovare il luogo, io rimango sbigottita: per caso siamo giunti in una comunità Arbereshe, gli Albanesi d'Italia.
Frascineto (CS) è un piccolissimo paese con una grande chiesa e una chiesa di culto ortodosso più piccola. Nei pressi c'è Eianina, mucchietto di case ancora più piccolo, con una campana che suona ogni quarto d'ora. 
Ci sono due musei della cultura albanese....
Sul muro della bellissima chiesa (ahimé chiusa) notiamo un'altra particolarità di questo lembo d'Italia. Proprio qui, in terra italo-albanese, l'Istituto Geografico Militare ha piazzato uno dei punti della rete di livellazione ad alta precisione.
Ripartiamo, sapendo che torneremo qui per soddisfare la voglia di arrampicata di Pierluigi.
Ora la meta ci attende, ancora un centinaio di chilometri e saremo a destinazione.
Maione (CS) è un mucchietto di case appoggiate alla montagna, frazione di Altilia, un mucchietto di poco più grande. I declivi e i pendii di monti e colli sottostanti la Sila sono puntellati di paesi a volte davvero minuscoli, ciascuno con piazzette, stradine, cortili ed affacci sulle vallate, strette o più aperte. Da lontano i boschi nascondono alla vista le strade costruite con fatica per collegare un borgo all'altro. La Calabria profonda è qui, composta di fascino selvaggio, resti di povertà che hanno costretto all'emigrazione, equilibrio complesso fra uomo e natura, a volte precario fra esseri umani.
Sorrido: mentre arranchiamo con  le valigie per giungere alla casa del nostro amico Gennaro (la nostra automobile non passerebbe mai in spazi così angusti) noto una minuscola piazzetta intitolata a Vittorio Emanuele II, da cui parte, anche qui, Via Garibaldi. I due eroi non potevano mancare, appaiati al cospetto della storia.
Sono contenta: alloggerò nella Via Garibaldi più piccola che io abbia mai visto che però, se possibile, dà ancora più lustro alla figura del generale.
Molti sanno cosa significa il calore e l'accoglienza da queste parti: è davvero così. Ci sentiamo accolti, coccolati. L'acqua bolle e il gesto sacro del "buttare la pasta" sta per compiersi. Dal piccolo orto giungono i profumi intensi, ingigantiti dal calore del sole, di basilico, menta, salvia, origano, pomodori.
Oggi andrà così: la vacanza inizia nel nome dei profumi del Mediterraneo, conditi dai sapori di questa montagna. Domani ci aspetta il mare.
Vista di Altilia
1 agosto. Il mare è vicino, anche se qui non ne giunge il profumo. Ci sono 20 km di Salerno-Reggio Calabria verso sud. All'improvviso dalle montagne sbuca l'azzurro del Tirreno e la strada scende, trasporta fin quasi sulla riva del mare.
Chi mi conosce sa quanto io lo ami, quanto bene io stia nell'acqua: la mia gioia è grande.

La spiaggia di Falerna è larga, grande, quasi vuota. Un hotel vicino ha un piccolo stabilimento con annesso chiosco e animatori... napoletani.
I bagnanti danzano, forse più per non scottarsi i piedi con la sabbia rovente che per seguire la musica.
Piantiamo l'ombrellone in un punto qualsiasi, la spiaggia è libera.
Si vede che questo è un mare importante, aperto, che non scherza: le onde si infrangono rumorose, anche a riva la loro forza riesce a rovesciare chiunque, senza pietà. Troppo divertente.
Evviva il mare.

2-3-4 agosto. Gennaro si prende cura di noi in tutti i sensi: ci consegna casa sua e sorge una sorta di allegra simbiosi, la cucina di casa diventa il fulcro di tutto, alla scoperta di sapori e profumi, della mescolanza e di quella "sacra contaminazione" tipica della voglia di stare a tavola degli italiani. Noi siamo arrivati armati di prosecco e raboso, formaggio stagionato e sopressa, farina gialla e bianca per la polenta con annesso paiolo...., grappa.
Ci ritroviamo a scambiarci i prodotti, con pecorino e soppressata, spianata e peperoncini, Cirò (di quello casalingo, 14°, roba da svenire), pane buonissimo (e che costa 1 euro al kg, non so se mi spiego), cipolle di Tropea a piovere....
Le lunghe e "curvose" strade collegano i paesi fra loro e immaginiamo cosa volesse dire, nel tempo in cui ai più non erano concesse né automobili né motociclette, andare a scuola, conoscere altre persone che non fossero quelle eterne del proprio borgo, raggiungere la miriade di piccoli "orti" sparsi qua e là da una incredibile frammentazione della proprietà.
La parola che riassume tutte le altre è certamente fatica. Tanta fatica. Da Gennaro escono poco alla volta i racconti e i ricordi di una Calabria che per fortuna è quasi scomparsa ma che si vede chiarissima nelle facce stupite di qualche anziana del piccolo borgo: chiaramente non siamo parenti di nessuno, da quelle parti, ma allora che ci facciamo lì?
Nella chiesa di Maione, abbastanza grande da contenere un bel po' delle anime del paese, trovo due signore che recitano il rosario e sono le uniche voci sia dentro che fuori: tutto è silenzio e mi sento quasi a disagio, come se fossi entrata come clandestina in casa loro. Per fortuna mi sorridono.
La domenica sera ci aspetta Grimaldi, a 4 km da casa, un paese più grosso, più vivo, quello dove ci sono le Scuole, dove fino a qualche anno fa fiorivano gli esercizi commerciali lungo le vie, dove, nell'intrico di viuzze dense di pietre, scopro una chiesa bellissima all'esterno, un monumento ai Caduti della Grande Guerra che meriterebbe un bel restauro in vista del Centenario.
Il centro del paese però stasera è nella piazza in cima alla collina, dove ci attende la Sagra del cacciatore che, a parte il palco con l'orchestrina, consiste in due enormi pentoloni in cui bolle lo spezzatino, di agnello o di vitello (il cinghiale stavolta non c'è....) e una vera e propria catasta di pane da tagliare a fette.
 Lo spezzatino è il vero topos gastronomico di questa vallata, è caldo, con tanto sugo, piccante e necessita di essere preparato per tanti, non si può mangiare stando soli, racchiude in sé ciò che questa terra è davvero: frugalità essenziale, voglia di stare insieme, carne, tanto pomodoro e altrettanto peperoncino, pane da intingere nel sugo e vino rosso, forte, un po' duro come questa terra, ma che scalda il cuore.
5 agosto. Cosenza. Come fare a parlare di una città tanto antica, che evoca nozioni magari depositate negli anfratti più remoti della memoria, quelli che rimandano alla scuola elementare, ai primi rudimenti di storia antica alle medie? La grande capitale dei Bruzi, la città attraversata dal fiume Crati... Roba da rabbrividire. Cosenza comunque capitale di questa grandissima provincia, Cosenza crocevia di storie, cultura e potere. 
Ci arriviamo di pomeriggio, durante il passeggio nella nuova ed elegante zona pedonale, con vetrine scintillanti, bellissime librerie, una farmacia dei primi del 900 che è un gioiello, lo struscio tipico delle città di media grandezza nel viale principale, con coni gelato, bambini che corrono e il gazebo delle informazioni turistiche a cui poca gente si rivolge. L'addetta è gentilissima, si fa in quattro ma la sensazione è che ci sia anche qui molto da fare in questo senso (non che dalle mie parti spesso vada meglio...).
Voglio raggiungere la Cattedrale, gioiello duecentesco e ci spostiamo verso il centro storico.
Il Duomo di Maria Assunta è quasi in cima alla collina, ci avviamo a piedi e la domanda che mi pongo lungo tutta la strada è: perché?
Perché di solito io mi sento bene nelle vecchie strade, nelle viuzze antiche che trasudano storia, storie di donne e di uomini. Salgo guardandomi intorno: il pensiero corre ai vicoli dei Quartieri Spagnoli di Napoli, ma lì tutto appare vivo, palpitante al punto che non ci accorge dei muri sbrecciati. Qui, e soffro anche solo nel pensarlo, si respira un'aria quasi di abbandono. E continuo a chiedermi perché. Ma non so darmi una risposta, pare che una guerra sia appena terminata e che tutto sia da rimettere a posto. Forse un qualche ineffabile potere ha deciso che qui non valeva la pena di fare granché. Ma perché? Mistero. 
La cattedrale toglie il fiato da tanto è bella, evocativa, austera e semplicemente splendida nella cornice della sua piazza. Vicino c'è un tizio che protesta non so bene contro che cosa e manda incessantemente l'Inno di Mameli arrangiato in almeno dieci maniere diverse. Le note rimbombano anche nelle navate della chiesa, creando un'atmosfera strana e surreale.

Forse sono entrata in un pezzo teatrale, nulla è come dovrebbe essere e tutto sorprende. All'esterno, lungo la strada che costeggia la chiesa una nuova rappresentazione: una statua di Goffredo di Buglione (chissà cosa c'entra con Cosenza, magari approfondirò) ricorda il tempo delle crociate e l'ordine del Santo Sepolcro, memoria di una cristianità guerriera.
Chissà perché non c'è una statua dedicata a Federico II, che pure presenziò all'inaugurazione del Duomo e che rappresenta invece il punto più alto della storia del meridione d'Italia. Chissà, i miei perché si sciolgono nella autoconvinzione di essere comparsa inconsapevole di una scenografia più ampia. Però vorrei conoscere il regista.
Proseguiamo fino alla piazza soprastante, dove si svolge un nuovo atto.
Bernardino Telesio, il grande filosofo figlio di questa città, mi accoglie seduto sul piedistallo della sua enorme statua.
Lo sguardo è sereno, non rassegnato. Lo guardo dal basso e mi pare voglia dirmi che occorre pensare e studiare molto per capire, che non posso sperare di avere risposte facili a domande complesse.
Ha ragione lui, questo è chiaro. Dietro a lui c'è il Teatro Rendano, la cui facciata chiara, pulita, fresca di restauro e ben tenuta invita a fare la pace con la storia difficile di questa città.
Protetta dal faccione bonario del filosofo mi accorgo che sulla mia sinistra si aprono i giardini della Villa Comunale, un'oasi di verde e di pace. Sorrido, giro gli occhi e in alto, alla mia destra, i colori del tramonto dipingono il cielo. Buona sera e arrivederci, Maestro Telesio: tu guardi sempre l'alba.

6-7 agosto. Siete mai stati alla Festa della birra di Malito? E' incredibile quanta gente riesca a contenere un paese così piccolo, quanti piccoli stands di prodotti tipici calabresi, di artigianato, riescano a snodarsi in strade così strette. Nella piazza più grande cìè anche posto per un gruppo folcloristico niente male, che mette insieme la musica della tradizione con sonorità contemporanee. Nel brulicare di umanità e nello scorrere di birra fresca adatta a spegnere il caldo di queste giornate estive la gente si incontra, si saluta, riesce perfino a sedersi in divanetti trasformati in panche da sagra (questa non l'avevo mai vista). Si capisce che viene da tutti i paesi della Valle del Savuto. Ancora una bella, bellissima sensazione.
Facile dire che si va a visitare il Parco Nazionale della Sila. Quale Sila: quella grande, quella piccola, quella greca? E' un territorio immenso, ricco di pascoli, con paesi a vocazione turistica e luoghi che rimandano alle malghe di montagna, con pascoli in cui le vacche hanno erba in abbondanza alternati ad immense piantagioni di patate e di fragole.
Abbiamo percorso 200 km in un giorno per riuscire a vederne solo una piccola parte, abbastanza per sapere che un posto così merita di essere mantenuto esattamente com'è, con i boschi sterminati, i pini loricati tipici della Calabria, gli animali che li popolano, i laghi ed i centri di visita.
A Moccone rimane ancora la vecchia stazione ferroviaria a presidiare una rotaia che ora tace e si inoltra nel bosco.
Presso il lago di Cecita, dove vanno ad abbeverarsi cavalli lasciati liberi di correre e pascolare, ci ristoriamo col cestino dei viveri, come nella migliore tradizione, augurandoci magari di incontrare l'orso Yoghi, visto che il lupo della Sila se ne sta chiaramente in disparte, lontano. Chissà, si starà chiedendo perché in un luogo così lontano da ogni centro abitato, si stia montando il tendone del Circo Orfei... Un altro mistero, che non intendo approfondire: meglio guardare il lago e riposare su una panchina sotto gli alberi.
A questo punto non mi rimane che consigliare agli amici del Parco del Cansiglio e dei vari parchi esistenti nel Veneto di prendere, se possono, esempio dal centro visite della Sila di Cupone: un paradiso di bellezza, organizzazione, ordine, accoglienza. Snodato fra staccionate di legno mi accolgono un orto botanico, un parco geologico, parchi didattici, una mostra permanente della falegnameria, una mostra di fotografie sugli spettacoli della natura e degli animali provenienti da tutto il mondo. Che dire? Una meraviglia.
Ultima tappa in Sila il lago di Lorica: la notte di San Lorenzo da qui guarderanno le stelle cadenti...
8 - 9 agosto. Le vacanze stanno per finire, è bello restarsene un po' in questa casa che ormai sentiamo anche un pochino nostra, chiacchierare con la vicina, incontrare le persone di ogni giorno. Con tutta evidenza alcuni non si sono ancora abituati all'idea che qualcuno possa scegliere questo borgo per trascorrervi le ferie senza essere originario di qui...
La vicina si rivela utilissima recuperando un'ascia (sì, una di quelle che servono per tagliare la legna) che mi serve per tagliare a pezzi ben due conigli che finiranno in umido e arrosto...
E' sempre così: ogni volta che mi concedo l'ultimo bagno nei luoghi di vacanza il mare mi regala le sensazioni più belle. So già che il Tirreno di oggi, tanto limpido da non crederci dopo il temporale, con le onde che davvero mi cullano mentre nuoto, rimarrà nel cuore.
Pare scontato, forse lo è, ma stare nell'acqua con la luce del tramonto dà sensazioni di benessere e libertà che poi aiutano ad affrontare il ritorno alla realtà quotidiana.
Domani l'ultima gita.
10 agosto. Finalmente si va a Tropea, conosciutissima, famosissima. Le giuste ragioni le scopro oggi.
Il tempo è incerto, anche la notte scorsa ha piovuto, ma dalla strada costiera il mare appare calmo.
Piccola tappa a Zambrone, con una minuscola stazione ferroviaria, dove conosciamo un nuovo amico, un altro dei saggi calabresi che conoscono a menadito questa incredibile terra.
Tropea ci accoglie in un tripudio di voci e colori: è domenica e manca poco a Ferragosto, i turisti riempiono la cittadina, fotografano e girano col naso all'insù, all'ingiù, di lato... Più o meno come noi.
Ci spiegano che ci sono ben tre belvedere, uno con annesso cannone. Inutile chiedere indicazioni, basta seguire il flusso.
Lo spettacolo è assicurato, il cielo è ora sgombro di nuvole, il mare è davvero blu e dall'alto si vede la spiaggia di sabbia bianca.
Stavolta il set cinematografico è perfetto, non manca niente, nemmeno i profumi di peperoncino e cipolle (di Tropea ovviamente...) che giungono dai ristoranti avvoltolati nell'aroma intenso dei piatti di mare.

Attraverso una scala che scende tortuosa verso il mare raggiungiamo la meta: è proprio così, un ristorante con la terrazza sul mare, dove si sentono il rumore e il profumo del Tirreno che poco più a sud si congiunge con lo Ionio.
Le onde scaricano potenza fin sotto di noi: fascino assoluto.
Dopo pranzo è difficile risalire al paese, lasciare questo spettacolo.
Ci avviamo verso il terzo belvedere, dopo la Cattedrale che si rivela una perla, un gioiello assoluto: qui parlano i Normanni, oltre ad uno strano custode sdentato e incomprensibile che si premura di avvisarci che la chiesa conserva le bombe americane che la bombardarono...

All'ombra della cattedrale, incuranti del paesaggio mozzafiato che i turisti ammirano dal terzo belvedere, degli anziani giocano a scopone e respirano aria sana e pulita. Camperanno cent'anni.
Buon per loro.
Da qui osserviamo ancora una volta questo panorama: il porto, il faraglione sotto la montagna.

La giornata non è ancora finita: mi aspettano altre due soprese: a Briatico incontriamo un calabrese famoso, un uomo dagli occhi buoni e decisi, che sa molto, ha sofferto e soffre per ciò che sa ma che non perde la speranza e la volontà di cambiare. Enzo Ciconte è uno dei massimi conoscitori e nemici della 'ndrangheta: in una piccola piazza, tipica di queste parti, ci parla amabilmente, sereno e sicuro, davanti ad un gelato. Averlo conosciuto è uno dei regali più belli di questa vacanza.
La sera, nella strada buia oltre il cimitero di Maione, riesco anche a vedere ben tre stelle cadenti: tre desideri, chissà che almeno uno si avveri.
Domani ultimo giorno qui, dedicato alla conserva (la vicina si sta organizzando per 10 quintali (Dieci quintali....) di pomodoro: peccato partire, avrei voluto vedere il cortile!!!!
11 agosto. Si parte, con tanti abbracci e qualche lacrimuccia. Torneremo? Certo! Ripercorriamo la strada verso nord, riuscendo a fermarci a Frascineto per permettere a Pierluigi di "assaggiare" la palestra di roccia.
Poi via, si corre: di nuovo verso il Sannio, che se possibile ci appare più bello di qualche giorno fa, a Isernia deviamo decisamente verso i monti della Meta e l'Abruzzo.
La strada sale: possiamo solo immaginare come siano questi luoghi durante l'inverno. Presepi, questo forse il termine più adatto.
Roccaraso è adatta ai turisti invernali. Noi vogliamo ancora qualcosa di più emozionante.
Come non pensare a D'Annunzio quando incontriamo due pastori con una mandria lungo l'altopiano delle Cinquemiglia? Uno di loro forse ha capito e mentre fotografo mi sorride e saluta. Di sicuro sa di essere parte di una poesia di eterna bellezza.
Sulmona sarà l'ultima tappa: splendida, affascinante, romantica Sulmona, con la statua di Ovidio e l'acquedotto romano, con le vetrine popolate dai mille colori degli oggetti costruiti con i confetti.
Dolcezza e cortesia. Bella, bellissima. La mattina dopo quando partiamo, il Gran Sasso dolomitico ed etereo si staglia nel nostro orizzonte e ci invita a tornare.

12 agosto. Corriamo, ormai l'obiettivo è casa. Mentre il paesaggio d'Abruzzo digrada verso la costa rimaniamo muti, ognuno di noi due rivive luoghi e momenti, emozioni e sensazioni. L'automobile è carica di profumi e sapori di Calabria, il cuore di più: non ringrazieremo mai abbastanza Gennaro ed i suoi figli Marco e Valerio per ciò che hanno saputo darci. Queste sono amicizie destinate a durare tutta la vita.
Abbiamo raggiunto l'Adriatico, sappiamo che attraversando le Marche ci sentiremo già a casa.
Attraversando il Tronto pare che dagli oleandri che costeggiano l'autostrada si levino in volo dei petali. Sono farfalle bianche, invece, aiutate a nascere dal clima di questi giorni: volano con noi fino a Pesaro e un po' oltre, forse il saluto di un nume gentile che abita questa regione. Poi è casa.


Grazie per la vostra pazienza


                                                                                                                               

8 commenti:

  1. Fa venire voglia anche per le cose che lasci in sospeso.....

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  2. Risposte
    1. Mi sto divertendo a ricordare.
      Grazie Gianfranco, mi piacerebbe che anche gli altri lettori lasciassero qui i commenti. Sono tanti, ma muti.

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  3. Franca mi dice che non riesce a salvarli.

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  4. Pillole che pare d'essere lì e nello stesso tempo apre il desiderio di andarci.
    Grazie.

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  5. Cara Isabella, grazie per le tue parole... non sono mai stata in questi luoghi né forse mai ci andrò(io sono una pigrona e - sotto questo aspetto - un Sagittario davvero anomalo), ma silenzi e profumi mi sono entrati nel cuore.

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    1. Grazie Paola. Una persona come te meriterebbe di regalarsi un viaggio nel Meridione: in nessun luogo si respira un'aria più antica e di civiltà mescolate, avviluppate le une alle altre. un occhio "classico" come il tuo si divertirebbe a scovarne le tracce. Baci

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