Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

martedì 28 gennaio 2014

Il PD, come sempre, a fianco dei lavoratori

Il comportamento della dirigenza di Electrolux nella lunghissima vicenda riguardante gli assetti produttivi degli stabilimenti italiani non è certo improntato ad uno spirito di disponibilità al confronto e alla collaborazione con le istituzioni e con le organizzazioni dei lavoratori.
La proposta di tagliare il costo del lavoro è senz'altro una via da percorrere purchè non sia fatta a spese dei lavoratori; la richiesta di abbassare le retribuzioni dei lavoratori a pena della chiusura delle fabbriche non denota una seria volontà di investire sul patrimonio produttivo che gli stabilimenti italiani pur sempre rappresentano. E' infatti la stessa azienda che sostiene che a Susegana siamo in presenza di uno stabilimento con alta produttività ed altissima coscienza professionale da parte dei lavoratori.
I lavoratori sono certamente pronti a fare la loro parte ma non si possono chiedere loro chiedere sacrifici che non sono sostenibili: sappiamo bene che le loro retribuzioni non solo non sono alte, ma hanno visto un progressivo depauperamento del potere d'acquisto.

Fuori dalle strumentalizzazioni di chi pretende di improvvisarsi esperto dei problemi del lavoro e dei lavoratori, il Partito Democratico, è e rimane, come sempre, al fianco dei lavoratori, in un territorio che sta pagando cara la mancanza ventennale di una vera politica industriale.

Pur preoccupati per l'apparente scarso vigore con cui il governo sta conducendo il confronto con l'azienda, ribadiamo la fiducia verso il Ministro Zanonato, tra l'altro veneto e da sempre a fianco di chi lavora, sperando che l'incontro con le parti previsto per domani al MISE sia l'inizio di una nuova fase, positiva, per l'assetto industriale di tutto il territorio.

Partito Democratico
Circolo e Gruppo Consigliare di Conegliano

domenica 26 gennaio 2014

La Shoah e Int Art: i giovani coneglianesi per la memoria

Il logo scelto dai ragazzi di Int Art per oggi
Conegliano, 26 gennaio 2014

Grazie innanzi tutto al Sindaco e all'Amministrazione Comunale di Conegliano, cui mi onoro di appartenere, a quanti lavorano nel e per il Progetto Giovani della Città, grazie a voi tutti e soprattutto ai ragazzi che hanno voluto ricordare, usando la potenza delle parole,
ciò che l'uomo è riuscito a concepire contro se stesso.
Bravi per la volontà, l'impegno, l'entusiasmo, la ricerca e soprattutto la consapevolezza, come loro stessi hanno affermato, di essere forse l'ultima generazione che ha avuto il privilegio di sentir raccontare la Seconda Guerra Mondiale, la Resistenza, la prigionia, dalla viva voce dei protagonisti.
Proprio per questo hanno sentito forte il dovere di non disperdere quel patrimonio ma di trasmetterlo subito agli altri, giovani e non.
Cari ragazzi: sono convinta che tutti coloro i quali hanno varcato le porte delle scuole per incontrarvi coltivavano proprio questa speranza: la memoria deve vivere.
Spetta a ciascuno di noi trovare il linguaggio e le modalità giusti.

Non è facile, nel mare di citazioni, film, scritti e testimonianze sulla Shoah e sui campi di sterminio e di concentramento scegliere cosa dire oggi: infinita la sequenza del dolore e degli esempi.
Proverò quindi a dare solo qualche brevissimo spunto di riflessione.

Il secolo appena trascorso, quel Novecento chiamato anche il “secolo breve” è stato insieme sogno e abominio, altezza ideale e massacro organizzato, sogno democratico, avvio e morte di dittature sanguinarie. I due conflitti mondiali hanno procurato all''incirca 80 milioni di morti.
In tutto questo mare di dolore e sangue noi oggi ricordiamo ciò che difficilmente riusciremmo ad immaginare, a concepire se non avessimo visto coi nostri occhi le immagini, non avessimo letto ed ascoltato le testimonianze, ciò che le stesse vittime sopravvissute erano convinte di non dover nemmeno raccontare: nessuno ci avrebbe creduto.
Perché non si può credere che qualcuno decida di sterminare chi è diverso per un qualsiasi motivo: colore della pelle, religione, opinione, gusti sessuali, modo di vivere.
Eppure è accaduto: lo sterminio nei campi di concentramento nazisti degli ebrei, degli omosessuali, degli zingari, degli oppositori e di chiunque potesse essere considerato diverso è una macchia incancellabile nella storia dell’umanità, un’onta per la quale la Germania di oggi, libera e democratica, ha chiesto scusa al mondo intero.
Qualcuno però, non dimentichiamolo mai, ancora oggi tenta di negare la cifra e l’orrore della Shoah, con idee aberranti semina di nuovo l’odio, il razzismo, l’idea della violenza e della guerra che vincono contro la ragione, la pace, la democrazia. Contro costoro occorre tenere alta la guardia e viva la memoria di ciò che è accaduto.

Dachau, vicino a Monaco di Baviera, fu il primo esperimento di lager, aperto nel 1933: Himmler dichiarò “di agire per la tranquillità del popolo e secondo il suo desiderio”.
Da lì in poi una sequenza di morte che parve non avere fine, la costruzione di campi di concentramento e di sterminio che inghiottirono le vite di milioni di esseri umani, in un crescendo di orrore.
Noi qui oggi siamo davanti alla stazione ferroviaria, un luogo di arrivi e partenze, amato da chi sa che da qui, in un salto, può iniziare un viaggio che lo porterà chissà dove. I binari corrono sempre paralleli, il treno viaggia su di essi, ne segue le curvature ma non può cambiare direzione a piacimento.
Non potevano cambiare direzione i lunghi convogli carichi di persone gettate nei carri bestiame senza diritto a mangiare, bere, lavarsi, assistiti qualche volta dalla pietà di quanti sfidarono, anche a Conegliano, i soldati tedeschi per dare un po' d'acqua o di pane a quell'umanità sofferente.
Il 26 gennaio 1944 erano passati solo tre giorni dallo sbarco alleato di Anzio e i tedeschi si stavano organizzando per impedire la risalita di americani e inglesi lungo lo Stivale, nelle città italiane nascevano i reparti speciali di polizia incaricati di sfruttare delatori e spie per arrestare, torturare, uccidere, inviare nei territori del Terzo Reich tanti sventurati.
Domani ricorderemo la liberazione di Auschwitz: in molti si sono chiesti che cosa impedì al popolo tedesco di ribellarsi a tanta violenza, come fosse possibile non rendersi conto di quanto stava accadendo.
Dobbiamo interrogare anche la nostra coscienza nazionale: dimentichi della “banalità del male” non ci chiediamo magari perché (e scelgo questo esempio per l'importanza del protagonista) un uomo come Giuseppe Bottai, pure non antisemita, mise tanta efficienza nell'applicazione delle leggi razziali nelle scuole italiane: varate nell'estate del 1938, il ministro si impegnò al massimo perché l'anno scolastico successivo iniziasse “in regola”, cacciando professori e studenti italiani, relegandoli nella paura e nella vergogna, marchiandoli per sempre ed esponendoli, poi, alla furia nazista. Si vergognò, in seguito, visto che non ebbe il coraggio di pubblicare, nel suo “Vent'anni in un giorno” ciò che disse il 6 ottobre di quell'anno: “Riammettendo gli ebrei nell'insegnamento noi abbasseremmo il livello morale della scuola”. Il male, però, era stato fatto.

Per ogni ebreo che facevano prendere, i tedeschi davano tremila lire, che all'epoca era una cifra. Cos'era la vita di altri uomini, di donne, di bambini inermi di fronte al mito del denaro?
Gli ebrei italiani erano e sono fra i più mescolati alla popolazione, da sempre inseriti nel contesto sociale, non sono distinguibili dal resto dei cittadini, avevano amici, colleghi, compagni di scuola, qualcuno era anche sinceramente fascista, eppure diecimila di loro furono caricati sui treni e mandati a morire, insieme agli oppositori, agli zingari, agli omosessuali, uomini donne e bambini.

Quei treni passavano anche di qui e arrivavano a destinazione con un carico di dolore ancora piccolo di fronte a ciò che sarebbe accaduto:
Il treno si ferma – io stavo sotto la grata, sotto l'apertura in alto – guardo, e vedo una catasta di cadaveri, non so saranno stati... sessanta, settanta cento non lo so: tutti nudi, una catasta, una montagnola, proprio vicino ai binari. Io se non sono impazzito in quel momento non impazzirò mai più... Poi si aprono le porte, si scende”.

A tutto il resto va aggiunto un capitolo speciale dedicato alle donne, destinate ad ulteriore dolore umiliazione svilimento: "Mi hanno spogliata di tutto, completamente, di tutto di tutto di tutto. Con un vestitaccio addosso e due scarpe che non erano mai uguali, sono entrata nel campo, un inferno, in un mondo completamente nuovo".
"Eravamo nude, depilate, rapate, ridotte a non esser più delle donne, piacenti o appetibili. E questi SS che ci passavano vicino ci attraversavano con lo sguardo come se non esistessimo: fossimo state un branco di pecore o di mucche sarebbe stata la stessa cosa. La cosa mi ha umiliata profondamente".
I sopravvissuti iniziarono a raccontare dopo anni, qualcuno decenni, alcuni non lo fecero mai. Nessuno di loro riuscì a dimenticare, gli incubi li accompagnarono per tutta la vita.
Quella vita che, nell'orrore, aveva perduto ogni valore.

Per introdurre tutti voi all'ascolto di quanto i ragazzi di Int Art hanno preparato ho scelto le parole con cui inizia “La storia”, il romanzo più famoso di Elsa Morante:

Dove andiamo? Dove ci portano?

Al paese di Pitchipoi.

Si parte che è ancora buio, e ci s'arriva che già è buio

E' il paese dei fumi e delle urla

Ma perché le nostre madri ci hanno lasciato?

Chi ci darà l'acqua per la morte?

Isabella Gianelloni

domenica 12 gennaio 2014

Parchi pubblici decorosi per i nostri bambini

Un'altra ferita nel decoro cittadino e un punto in meno per il benessere di chi rappresenta il nostro futuro: i bambini.
L'infanzia ha diritto di avere parchi ordinati, puliti, ben tenuti, curati e con giochi sicuri.
A Conegliano siamo carenti anche in questo campo. Di seguito il testo dell'interpellanza che ho presentato al Sindaco.




Conegliano, 13/01/2014


Oggetto: interpellanza sullo stato dei parchi pubblici della città

PREMESSO CHE

    Il gioco all'aperto è una delle attività fondamentali per la crescita e lo sviluppo dell'infanzia. Esso deve essere adeguato alle esigenze dei più piccoli e sicuro, così come richiamato anche dal Ministero per lo Sviluppo Economico, in accordo con l'Istituto per la sicurezza dei giocattoli ed i produttori di giochi
  • I parchi pubblici sono luoghi molto frequentati dai bambini della città e da chi li accompagna
  • Che con l'arrivo della stagione primaverile aumenterà la loro fruizione

CONSIDERATO CHE, PER CITARE ALCUNI ESEMPI:
  • Il parco “Giuseppe Tartini” di Via Settembrini da tempo versa in condizioni di trascuratezza, con un'altalena rotta, la “casetta” usata dai bimbi in pessimo stato e non curata
  • Il parco “Benedetto Marcello” di Via dei Ciliegi denuncia anch'esso incuria e scarsa manutenzione, dallo svuotamento dei cestini alla manutenzione dei giochi
  • Che sotto gli scivoli e gli altri giochi da cui i bambini scendono in piedi si trovano buche, che si riempiono di acqua, sabbia o fango, motivo per cui sono scarsamente utilizzati
Il sottoscritto consigliere CHIEDE:
  • Se questa Amministrazione intenda provvedere al più presto al ripristino di condizioni decorose per i parchi della città
  • Se siano in programma interventi per adeguare a criteri più moderni, sicuri ed efficienti, la pavimentazione sottostante scivoli, altalene, giostrine, etc.

Il consigliere comunale
Isabella Gianelloni


venerdì 3 gennaio 2014

Se camminiamo guardando indietro rischiamo di andare a sbattere

Non si può fermare l'acqua con le mani: inutile, in qualche caso dannoso.
Se un fiume cambia il suo corso è inevitabile che a mutare saranno le sue rive: spariranno magari alcuni campi ma se ne formeranno altri, dove si potranno coltivare nuove specie.
Per uscire di metafora è tutta la storia dell'umanità ad essere costellata di cambiamenti, alcuni repentini, altri lunghi e striscianti. 
La nostra complessa, faticosa e pingue (con qualche smagliatura) civiltà è frutto di una continua serie di migrazioni, immigrazioni, soprattutto di contaminazioni culturali, linguistiche, antropologiche.
La celeberrima stele di Rosetta (II secolo a.C.) celebra proprio la necessità di parlarsi fra diversi, di intendersi.
Solo coloro i quali camminano guardando indietro, col grosso rischio di andare a sbattere, continuano a  non accettare l'idea che ancora una volta stiamo cambiando: ad essere attenti riusciamo ormai a distinguere le differenze somatiche tra le diverse etnie presenti nelle nostre città mettendo un po' di ordine nella nostra babele mentale, imparando e insegnando usanze e parole, conoscendo e trasmettendo cibi.
Altre volte è stato ricordato che quando la nostra Costituzione fu scritta l'Italia era un Paese tutto sommato mono-culturale, di emigranti e non di immigrati, da cui si fuggiva per bisogno. Ciò non impedì a chi la scrisse di guardare avanti, immaginando un'Italia multiculturale, multietnica, dove tutti avrebbero avuto la libertà di professare idee e religioni diverse.
Gli immigrati lavorano qui, i loro figli nascono e vivono qui, sempre più cittadini italiani portano cognomi di origine straniera e professano religioni molto diverse.
Per moltissimi l'Italia è il loro Paese e, quando muoiono, i loro cari desiderano averli vicini: il culto dei morti è una delle tradizioni più sacre di ogni civiltà.
E' vero che, per sacrosanti motivi sanitari, i cimiteri sono luoghi molto particolari, ma è altrettanto vero che sarà bene cominciare a pensare che in un futuro molto prossimo avremo bisogno di spazi dedicati alla sepoltura di persone di religioni diverse dalla cattolica, così come accade già in diverse città italiane.
Non si possono liquidare il dolore ed i precetti religiosi altrui con una battuta, un'alzata di spalle e una risata di cattivo gusto: si può cogliere l'occasione per cominciare a pensare al futuro.
Nessuno ha la bacchetta magica, ma i politici e gli amministratori hanno il preciso dovere di pensare "oltre", di guardare avanti, di immaginare soluzioni che vengano incontro alle vite delle persone.

Isabella Gianelloni