Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

venerdì 30 settembre 2011

Parigi in festa con Tea


Tea si era addormentata serena, Firenze con la sua sconfinata bellezza le aveva infuso ottimismo e voglia di ricominciare. Sapeva che il suo viaggio si sarebbe concluso poche ore dopo, ma era consapevole di non poter prevedere cosa le sarebbe accaduto, una volta tornata a casa, o meglio nella città che l’aveva vista nascere.
Nel dormiveglia mattutino, chissà perché, era ritornato quel tremendo ricordo antico. Si svegliò agitata e confusa, non riusciva bene a comprendere dove si trovasse. Un po’ tentoni si diresse verso lo spiraglio di luce che entrava dalle imposte, le aprì un po’ incerta e si consolò di fronte ad un oleandro ancora in fiore: Firenze le diede il buongiorno con i colori di quel ricco fogliame e dei suoi fiori rossi, augurio di vita e nuove passioni.
Il mattino toscano le diede la forza di affrontare il ricordo di quei giorni lontani, composti di una febbre che non volle lasciarla per settimane, della sensazione di solitudine e abbandono, della tristezza per la lontananza di Bruno inviato chissà dove dal Partito e la totale assenza di notizie di suo figlio. Solo Esterina le era rimasta vicina, aiutandola a riprendersi, confezionandole brodini ed enormi quantità di latte per “tirarla su”.
Erano seguiti anni difficili, di lavoro intenso, fitto e a capo chino.
Si era fatta scontrosa e dura, diffidente verso il prossimo; se non fosse stato per quegli occhi ed i suoi capelli morbidi e setosi la si poteva scambiare per un essere senza sesso, una donna dimentica della propria femminilità. Scriveva a macchina, stampava, leggeva, veniva inviata in missione, qualche volta, nel tentativo di arginare la prepotenza di un regime che si faceva sempre più duro, sempre più opprimente, sempre più barbaro e spietato.
Mentre il Duce sempre più bellicoso annunciava la nascita dell’Impero “sui colli fatali di Roma” Parigi festeggiava la vittoria elettorale.
Dopo tanto tempo Tea tornò a ballare in quelle piazzette dove improvvisate orchestrine davano vita, speranza, gioia, allegria.
Seguiva la musica, sorrideva, per la prima volta dopo anni la vita non le parve solo una sequenza infinita di sofferenza, rinunce e paura delle spie. Chissà, dalla Francia sarebbe partita la riscossa di un’Europa ormai stanca di dittature e stermini, di libertà conculcata e miseria generalizzata.
Maggio era tiepido, Tea si sedette esausta per bere e prendere fiato. Guardava Esterina e la vide cambiare espressione all’improvviso.
La redingote era sparita, al suo posto un fiammante gilet blu sopra una camicia bianchissima. Sopra la bocca, a nasconderla leggermente, un paio di baffi importanti che davano a Bruno un’aria da vero piemontese.
La musica riprese e furono convinti che suonasse solo per loro, che Parigi fosse in festa perché quella sera dovevano ritrovarsi. Ballarono una musica che sentivano battere l’uno nel petto dell’altra, si dissero parole che nemmeno ascoltavano, ma sentivano i brividi dei sussurri che si facevano valzer, della voce che entrava in loro calda come un tango.

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