Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

sabato 31 agosto 2024

Si ricomincia: Romani, Longobardi e compagnia bella ci aspettano

Sarà che è il 31 agosto e settembre è dietro l'angolo, sarà che le news del mondo non promettono niente di buono, sta di fatto che, scorrendo i programmi TV, decido di accompagnare una tranquilla colazione del sabato mattina con vicende antiche e ancora affascinanti.

Grazie a RAI Storia mi ritrovo catapultata nel VI secolo, in pieni "secoli bui", buissimi (ne siamo proprio sicuri?) ma forieri di un sacco di novità e abitati da uomini (e donne s'intende) vogliosi di farsi sentire e spesso, guarda caso, di dominare sugli altri. 

Popoli e condottieri con nomi che oggi ci fanno sorridere, ma che allora incutevano certamente paura e rispetto si fronteggiarono nella grande Pannonia, buona per i cavalli e da sempre ambita. 

Così, appena sento il nome di Alboino mi fermo e mi appresto ad ascoltare la ricostruzione di quelle antiche vicende. C'erano i Longobardi che scalpitavano per ottenere maggiori spazi di manovra, gli Àvari con cui strinsero accordi, i Gèpidi che infine furono sconfitti.

Un tempo, alle elementari, ci insegnavano frasi famose, tra cui quel "Bevi, Rosmunda, nel teschio di tuo padre" che, al di là del raccapriccio, andava inevitabilmente a perdersi in un fumoso minestrone di gente strana.

Ciò che alle elementari non ci dicevano è che quella Rosmunda fu una donna caparbia, intelligente e capace di ordire anche la vendetta. Segno che, passate le truculente e tragiche storie del Romanticismo, sarebbe ora di ridare alle tante donne messe da parte dalla Storia ufficiale la dignità che meritano.

Tutto questo per dire che tra poco torneremo nelle nostre aule, noi e le nostre classi. Ancora una volta si ripeterà il rito: loro che ci squadrano chiedendosi cosa racconteremo e come fare per raggiungere l'agognato 6, noi che ci spremeremo le meningi per capire come raccontare, come guadagnare la loro attenzione, come provare (addirittura) ad appassionarli.


"Ne vedremo delle belle" potrebbe essere il titolo della mega fiction da mettere in scena; in fondo la letteratura, poi, è ciò che ci vuole per trasformare pensieri, emozioni e sentimenti in parole. Storia e Italiano insieme: detta così sembra facile.

Cosa dite, ragazze e ragazzi, ce la faremo?

Ci vediamo presto, mano ai taccuini per gli appunti! 

lunedì 26 agosto 2024

6. Trapani, Erice e l'amicizia

Trapani è bella e ci tornerò. Una città accogliente, allegra, piena di vita, il luogo ideale per cementare nuove amicizie.

Viaggiare è bello di per sé, apre e consola mente e animo, ma il vero segreto sta nello scoprire i luoghi insieme ad altri. Scoprire che altre persone hanno voglia di condividere il tempo, gli sguardi, le riflessioni, gli scherzi senza invadere l'intimità altrui. 


Questo è ciò che mi è accaduto in questa vacanza, complice la Sicilia, l'isola più grande del Mediterraneo, posta proprio in mezzo al nostro mare, approdo da millenni di genti, popoli e culture che qui si sono mescolate, producendo l'unicità che la contraddistingue.


Si potrebbe fare un reportage di tutto rispetto solo descrivendone i cibi, ma il mio non è un blog di cucina (ce ne sono ormai tantissimi), i monumenti, le persone.

Dal canto mio ho cercato di condividere le impressioni più importanti, compreso un luogo davvero a sé stante. 


Erice di per sé vale la visita, con il panorama mozzafiato, le sue stradine e i dolci di Maria Grammatico (sosta obbligata), il cous cous sbalorditivo, ma il Centro Studi Ettore Majorana è un unicum. 


Commoventi il messaggio di pace voluto nell'ormai lontano 1962 da Antonino Zichichi e altri grandissimi fisici, l'omaggio alla figura di Majorana, le foto dei tanti scienziati passati di qui, in cima alla collina che sovrasta il mare. 



Incredibile la fortuna di aver visitato il centro con l'aiuto di una giovane guida, un ragazzo entusiasta che ha esordito con "Ci metterò circa 15 minuti a spiegarvi la sala al piano terra" e che poi non riusciva a fermarsi, preso dall'entusiasmo e dalla sensazione che i visitatori (noi più altre persone) lo stavano seguendo con attenzione. Ancora più incredibile aver scoperto, per caso, che era in corso un meeting di scienziati inviati da governi di tutto il mondo per discutere delle emergenze del pianeta. Mentre noi facevamo le foto dal terrazzo loro, con le tipiche facce simpatiche degli scienziati, gustavano chiacchierando allegramente quello che in termini conferenzieri si chiama coffee break ma che in Sicilia è, ovviamente, molto di più. 


Vederli (e vederle) tutti insieme mi ha dato una nuova speranza: vuoi vedere che proprio da questa punta di terra in mezzo al Mediterraneo nascerà qualcosa di buono per tutti? In fondo erano i giorni delle stelle cadenti, qualche desiderio in più non guasta.

Intanto grazie, grazie, grazie ancora ai miei nuovi amici, compagni di questo viaggio: Claudia, Francesco, Renzo e Sara. Grazie anche agli altri, grazie a Renata e alle guide. Grazie alla Sicilia.



venerdì 23 agosto 2024

5. Verso il blu

Che dire della Valle dei templi di Agrigento che non sia già stato ampiamente detto? 

È meraviglioso, come qualunque visitatore può confermare, camminare in mezzo a tanta storia, vedere confermata la grande capacità artistica e architettonica degli uomini di due millenni e mezzo fa, la loro sapienza nell'accostare il bello all'utile, la devozione alla grandiosità. 

Noi, così tanto tempo dopo di loro, riusciamo in fondo a concepire imitazioni di quella civiltà. Poi c'è Claudio, guida preparatissima e spiritosa, che riesce, nonostante il caldo, a farci sorridere e sentirci parte di quel mondo antico. Importante, e anche Claudio, agrigentino doc, ce lo raccomanda, non girare mai lo sguardo verso la città nuova, che sovrasta quella antica mostrando, ahinoi, il peggio che si potesse immaginare davanti a tanta bellezza. Appunto. 


Il blu ci aspetta, il Mediterraneo che ci accoglierà nei prossimi giorni, avvolgendoci nella sua maestosità, nel suo appartenerci nel profondo, si presenta dalla Scala dei Turchi.

È uno scambio continuo, quello fra noi e il Mare Nostrum, noi gli apparteniamo e lui è parte di noi. Il mare come creatura viva, libera, in perenne movimento. Gli antichi lo sapevano, lo veneravano come fonte di vita ma anche di pericolo. 


A noi, turisti moderni, appare nella sua veste migliore, pronto ad accoglierci e a curarci. Lo sappiamo, lo sentiamo quando ci avviciniamo a quella immensa massa d'acqua: il mare, da solo, e solo per il fatto di esserci è meglio di tante altre medicine. 

Sono partita contenta di vedere ancora la Sicilia, una parte di essa che non avevo ancora visitato, ma tutto il viaggio è stato per me l'attesa di lui, del Mediterraneo, del mare delle Egadi, di Marettimo, Favignana, Levanzo. C'erano altre migliaia di persone ovviamente, ciascuna con i propri obiettivi, ma certamente ciascuno di noi può trovare, se lo vuole, "un" o "il" perché. 


Il giorno prima che io partissi da Conegliano un caro amico vi stava facendo ritorno proprio dalle Egadi: "Ti ho affidato al mare", mi ha detto. Io qui l'ho sentito e quel blu mi ha curato più di qualche ferita.

Il "sindaco" di Marettimo osserva e controlla



giovedì 22 agosto 2024

4. Ancora dentro la Sicilia, tra ceramiche e castelli

Renata, la nostra Tour leader (foto di Sara Da Ros)
A Caltagirone anche il trenino turistico ha un perché diverso, non solo e non tanto per il suo caracollare tra stradine e callette strette, per la registrazione, abilmente messa in onda, della voce che spiega i luoghi che incontriamo oppure per "Sciuri, sciuri, sciuriddi tuttu l'annu" alternata ad altre melodie popolari. 





Sarebbe già divertente così, ma ancora una volta c'è la sorpresa che non ti aspetti, vale a dire l'accoglienza, quella vera, dell'anziana signora con la borsa della spesa che in una piazzetta improvvisa l'inizio di un balletto al suono di una di quelle canzoni: Questa è bella - ci dice, e chissà se ci stiamo divertendo noi guardandola o è lei che ha avuto il regalo di un attimo di allegria.

Alla fine della discesa tra i vicoli, prima di tornare nella zona più aperta della città c'è la sosta dovuta, e rigorosamente annunciata un po' prima, davanti a "Luigino il barbiere", che esce per salutarci fra un tripudio di applausi. W Luigino! 
Chissà se in qualche maniera è discendente di Gualtiero da Caltagirone, eroe dei Vespri siciliani.
Di sicuro tutti sanno che qui siamo nella patria della ceramica, impossibile non salire la scalinata di Santa Maria del Monte, dove si fondono stili diversi, dal normanno al contemporaneo.

Dopo 142 gradini (fatela di mattina, quando è ancora in ombra...) la vista è spettacolare.

In Sicilia realtà e teatro sono spesso inscindibili: era d'obbligo un passaggio per Vizzini, che ricorda il connubio tra Giovanni Verga e Pietro Mascagni "geni delle terragne passioni". 




Oggi ci rimane ormai "solo" il castello di Donnafugata, con la sua magnificenza, nelle sale e nel parco retrostante. Qui respiriamo ancora l'aria degli ultimi secoli, in attesa di tuffarci, da domani, nella Magna Grecia e nel blu del mare.

Ora, dopo tanti gradini, tanto barocco, tanto camminare, una granita di gelsi è ciò che ci vuole.





lunedì 19 agosto 2024

3. Quella data, il 1693, e l'incontro con un Maestro

Da quell'anno maledetto non si può prescindere, il 1693, quando un terremoto devastante distrusse buona parte della Sicilia orientale, cambiandone addirittura l'orografia e cancellando per sempre intere comunità,  la struttura architettonica di città e paesi.

L'esito felice di tanta tragedia è stato certamente la ricostruzione di chiese e palazzi secondo i dettami di quello che viene denominato "barocco siciliano". E noi durante questo tour ne abbiamo fatto una scorpacciata, attraverso meraviglie che oggi possiamo ammirare. 


Noto, ricostruita sotto i resti dell'antica città, ha oggi uno degli esempi più famosi e più belli di quello stile. 


Il turismo culturale, sempre più attivo, ha fatto sorgere ovunque negozietti e bancarelle, caffè e gelaterie dove gusti e colori aiutano a superare le insidie della "sindrome di Stendhal", sempre in agguato quando i nostri occhi si riempiono troppo di arte tutta insieme. Va detto che da queste parti tra granite, pistacchi, mandorle e pesce spada coi pomodorini sanno come fare per ritemprare corpo e spirito! 

La mia emozione sale quando giungiamo a Scicli: con gli occhi cerco i luoghi di Montalbano e quando scorgo quel palazzo immortalato decine di volte non posso che sorridere, mancherebbe solo la vecchia FIAT del commissario.
Qualcuno (maldestramente) commenta che in fondo si tratta di un personaggio inventato e non comprende tanta emozione: provo a spiegare cosa significa la potenza della letteratura, la capacità dell'arte di trasformare luoghi in icone. Così come sulla spiaggia di Corfù immaginiamo Ulisse naufrago o a Verona Giulietta innamorata che si sporge da quel balcone, qui aleggia il messaggio che Camilleri ha voluto lasciare a tutti noi: l'amore incondizionato per la sua terra, la descrizione del carattere delle donne e degli uomini che la abitano, le contraddizioni e gli slanci di generosità. 

Quanto ha fatto per questa terra me lo testimonia la ragazza che gestisce la biglietteria all'ingresso del palazzo comunale, il cui piano terra è rimasto esattamente come il set, con gli uffici di Catarella e di Fazio, la scrivania del commissario con i telefoni e le foto di Falcone e Borsellino sul mobile a fianco. La ragazza mi spiega che le "visite guidate" a un luogo conosciutissimo sono affidate a una cooperativa sociale: il Maestro ne sarebbe certamente felice. 

A Modica, capitale siciliana del cioccolato, oltre ad altre tracce del commissario, scopriamo che qui a volte capitano le alluvioni (chi l'avrebbe mai detto?), che anche qui, come da altre parti, la città alta e quella bassa venerano santi diversi, per i quali sono state erette chiese sontuose in una indomita lotta di venerazione. Giù per le strade incastrate tra un intrico di case vediamo la "linea di confine" tra le due comunità, tra i due santi rivali. Qui c'è altra bellezza e, dopo aver reso omaggio alla casa di Salvatore Quasimodo, scendendo le viuzze della città alta ci avviamo, finalmente, alla degustazione del cioccolato... 
Non servono commenti. 

Come concludere una giornata così? Ragusa Ibla by night: affascinante, curiosa, col suo portale rinascimentale di San Giorgio, testimonianza della grandiosità della città prima di quel famoso, e maledetto, terremoto del 1693.





venerdì 16 agosto 2024

2. Da occidente a oriente della Sicilia: nuovi colori, nuove emozioni

Lasciamo Palermo e i suoi colori per attraversare trasversalmente la Sicilia, da un lato all'altro. Ci aspetta qualche ora immersi in un paesaggio di montagne aspre, segnate dalla siccità, alternate a piane coltivate con quella che possiamo definire, con terminologia alla moda, "agricoltura eroica": provate voi, a coltivare questi luoghi e ad allevarvi il bestiame...

A chi come me non finirà mai di apprezzarli, vengono in mente i paesaggi descritti da Andrea Camilleri e messi in scena dalla bravura di Alberto Sironi: natura severa, indomabile e orgogliosa come chi la abita.

Appena fuori Palermo, a Bagheria, ci aspetta però una prima tappa in un luogo unico, Villa Cattolica, dietro il cui cancello si affaccia una perla, un museo che ospita una incredibile raccolta di dipinti di Renato Guttuso, 

la sua tomba affacciata sul mare, una galleria di fotografie scattate da personaggi come Giuseppe Tornatore, per dire, e poi opere di scultori moderni che non sfigurerebbero in siti altolocati. Grazie a chi ha organizzato il tour: questo è uno scrigno prezioso, che merita maggiori finanziamenti, maggiore pubblicità, più aiuto per chi lo cura e lo dirige.


                                                                                                                                                                 


Catania però ci aspetta! La "Montagna", l'Etna per noi forestieri, oggi si è nascosta dietro nuvole e vapori, dopo che ieri ha pensato bene di sputare un bel po' di sabbia nera che i Catanesi, con pazienza, stanno scopando via da strade e cortili. Quella cenere, però, sa fare molto: la pianura sotto il vulcano è tra le più fertili che si possano immaginare, un territorio così diverso da quello appena attraversato.

Catania, dunque, col suo mercato del pesce in piena attività sotto un sole cocente, la piazza con l'elefantino e la raccomandazione della guida: "Mi raccomando, qui si chiamano arancini, non arancine, sbagliando rischiate grosso". 😅 E io, ormai calata nel mio ruolo di fan, non posso non pensare ai famosi arancini di Montalbano... Volevate la foto? Nemmeno per sogno, venite in Sicilia e provateli ambedue, al maschile e al femminile, poi decidete! 


Qui si mangia, si mangia sempre, a tutte le ore, i dolci nelle vetrine sono una tentazione a cui è davvero difficile resistere, i colori sono sgargianti e l'acquolina si fa sentire. 


La nostra accompagnatrice è polacca, da 30 anni catanese, oggi affiancata da una guida turistica austriaca, naturalizzata catanese pure lei, segno che il mondo si muove e che questa terra ha un fascino particolare: l'aura di Verga, Bellini, Quasimodo, Guttuso e tanti altri aleggia. Guardandoci attorno non possiamo che cogliere il senso di mistero, come quello di una grotta di scorrimento lavico sotto la città, visitabile passando dai locali di un ristorante. 


Poco lontano, ancora Federico II e un altro dei suoi tanti castelli, il castello ursino, simbolo, oltre che della potenza imperiale, dell'indomito spirito indipendente dei siciliani. Cosa trovare davanti ai bastioni?


Alberi spettacolari di fichi d'india quasi maturi. I colori dei frutti, ancora una volta, spiccano sulla piazza, una specie di sorriso leggermente ironico sul simbolo del potere lì di fronte.





Ultima tappa di questa giornata la riviera dei Ciclopi, dove la luce cambia di nuovo, grazie all'ombra poderosa di Aci Castello. 




giovedì 15 agosto 2024

In Sicilia cercando i suoi colori. 1. Palermo

L'ultima volta fu per la Pasqua del 2018, Palermo era capitale della cultura e la trovammo addobbata a festa per l'occasione. A colpirmi in modo particolare fu l'arrivo in città dall'aeroporto attraverso le ampie strade che portano al centro: questa è una capitale, dicemmo, per giunta accogliente. Avevamo ragione, la capitale di una realtà bellissima e complicata, con apici altissimi di civiltà, cultura, accoglienza e altrettanti baratri che al turista appaiono solo in parte ma che fanno male. Dove si vede tanta bellezza non si sopporta che essa venga (in parte) offuscata dall'incuria, dal degrado e anche dall'abbandono di migliaia di sacchetti. Il tripudio di colori, di profumi, di vita vorrebbe che tutto fosse perfetto, lì intorno. 

L'aeroporto di Punta Raisi, moderno e trafficato, è oggi intitolato a Falcone e Borsellino (tralascio ogni commento sul triste destino di Malpensa) e la stele che ricorda il sacrificio del primo, della moglie Francesca Morvillo e della scorta, posta presso lo svincolo di Capaci, ci ammonisce a non dimenticare, a provare ancora sdegno, a ricordare bene dove stiamo andando e a provare a comprendere le difficoltà e i sacrifici di quanti hanno lottato e lottano contro la mafia.

Palermo, dunque, che dire? Col telefono in mano per cogliere qualche immagine mi rendevo conto della difficoltà di immortalare qualcosa di originale, ma d'altro canto i suoi luoghi sono stati fotografati migliaia di volte, Palermo attira, attrae proprio per la propria multiformità, per la compresenza di tante unicità.

Gli opuscoli ci parlano di percorso "arabo-normanno", a noi cercare di capire, di trovare le tracce, non solo urbanistiche, di tutto questo.

Di mezzo millenni di storia, il mare e le montagne, splendore e miseria, sullo sfondo loro, gli Altavilla che seppero fondersi con la grande civiltà araba preesistente, quell'ultima principessa normanna, Costanza, che con uno sforzo sovrumano per quell'epoca (correva l'anno 1194), a 40 anni mise al mondo quel Federico II che la storia ha tramandato come lo stupor mundi. Federico II, l'imperatore strambo, poeta e filosofo, troppo avanti per i suoi tempi, da cui nessun luogo del meridione d'Italia può prescindere. 


Nella magnifica cattedrale palermitana madre e figlio riposano ora vicini, ma  nella navata di fronte è posta la tomba di un altro uomo che cercò, in tempi molto più vicini a noi, di cambiare, di dare una prospettiva nuova al quartiere in cui era nato. 

Foto di Sara Da Ros

Uomo coltissimo, don Pino Puglisi insegnava al liceo classico della Palermo bene, accanto alla cattedrale, ma di pomeriggio tornava a Brancaccio, dove i bambini non possedevano nemmeno un campetto per tirare quattro calci al pallone. Si batté come un leone per quei bambini, ma la mafia non permette l'uscita dalla sudditanza di quelli che potranno poi diventare manovalanza criminale. 








Ma allora, quale colore affidare a Palermo? Quello delle pietre che l'hanno costruita? L'azzurro di un cielo senza nuvole? L'insieme pazzo dei cibi esposti nei mercati, in quelli che oggi liquidiamo come street food? Nel verde di alberi che resistono a tutto, come il maestoso ficus macrophylla di Piazza Marina? 












Piazza Marina, già, dove l'Università ha posto a Palazzo Steri Chiaramonte la sede del rettorato. Qui ebbe sede la Santa Inquisizione, qui sono stati recuperati e sono in fase di studio i graffiti di tanti sventurati e tante sventurate, torturati e rinchiusi in attesa di una morte che giungeva come consolazione dopo tante sofferenze.




Ma a Palermo si ride, si cammina tanto e poi si mangia, rigorosamente in compagnia, con l'impegno a tenere dentro di sé i colori e i profumi, il caldo e la gentilezza di chi ti serve al tavolo in un tourbillon di piatti, con l'immortale preoccupazione palermitana: "Mangiasti?" Altroché!







E a Monreale, dopo la meraviglia e lo stupore, vuoi farti mancare una granita alla mandorla? Giammai! Pronti per proseguire il tour...