Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

lunedì 10 ottobre 2011

Viale Spellanzon. Inizio d'autunno.

Un refolo. Poco di più. Inizia un lento mulinello ed insieme alle prime grosse gocce le foglie invadono il viale.
Alcune accelerano grazie alla pioggia che ticchetta sul loro dorso, altre continuano la placida discesa, contribuendo a variegare la luce che traspare, inonda, fluttua, muta la nostra visuale.
Beffandosi, come spesso accade, degli affanni umani, il fogliame in caduta libera e senza una mira precisa vanifica il lavoro degli operai del Comune intenti a pulire il marciapiedi: il tubo soffiante indirizza l'aria da una parte per spostarle e loro ricadono lì dove è apparso nuovamente il fondo stradale.
Spiritose e beffarde continuano a scendere, quasi non si trattasse della loro stessa fine. Immagino che vogliano andarsene ridendo: tutto sommato il calpestio produce un rumore allegro e scanzonato, così sarà fino a quando la pioggia non avrà reso fradicio il letto multicolore.
Questo un tempo era il Viale dei Passeggi, adornato di statue bianche con visi a volte austeri a volte bonari. Ascoltavano impassibili le chiacchiere, quelle innocenti e quelle nascoste, quelle degli amanti e quelle delle spie; mantenevano i segreti bisbigliando qualcosa, magari, durante la notte, quando donne e uomini dell'Ottocento se ne stavano rinchiusi, tutti a parte gli sbandati o i matti, quelli che non avrebbero mai rivelato le parole dei busti di marmo, tanto nessuno avrebbe dato loro retta.
Forse proprio i matti sapevano ascoltare il sussurro del marmo nudo nell'inverno, il fruscio delle foglie deboli durante l'estate, qualche viandante sapeva apprezzare il debole ma confortante tepore di un letto di foglie dai colori cangianti, sorridendo, magari, alla vista di una serissima statua incapace di scrollarsi di dosso quella foglia malandrina, sorniona, venuta a posarsi proprio lì, sul testone bianco.
Magari ci fosse, un refolo di vento, certe notti.

Nessun commento:

Posta un commento