Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

venerdì 9 gennaio 2015

Io, noi, Enrico

Dopo mesi, durante i quali per un motivo o per l'altro non c'ero riuscita, ho visto il film di Walter Veltroni "Quando c'era Berlinguer".
Innanzi tutto un bravo a Veltroni, immagino non sia stato facile mantenere lucidità narrativa e spirito critico parlando di Enrico.
Sì perché come dice sua figlia Bianca ad un certo punto, se il dolore dei familiari ha sempre un carattere speciale, privato, intimo, in quel caso si è trattato per tutti noi di un dolore comune non ancora sopito, della condivisione profonda, all'unisono, di idee, speranze, voglia di cambiare.
Ed è vero che su quel palco di Padova, nel fiume di donne uomini e ragazzi che da lì lo accompagnò all'aeroporto di Tessera, nella sterminata folla di Piazza San Giovanni si arenò una barca, si incagliò un progetto, morirono tante speranze.
Perché, direte voi, parlare proprio oggi di Enrico Berlinguer, quando l'attualità ci mostra una parte dell'umanità immersa nell'atrocità, un'altra nel lusso spensierato e la politica, tutta e non solo in Italia, incapace di dare, non dico risposte, ma nemmeno speranze?
Davanti ai morti di Parigi ed alle stragi quotidiane in Africa e Medio Oriente l'orrore e la condanna devono fare strada anche alla riflessione sugli equilibri di un pianeta sempre più squilibrato, sui grandi tessitori di interessi enormi e grondanti sangue innocente (tutto) che si fanno scudo dell'idiozia oscurantista e xenofoba che non vede oltre il sentiero dell'orto di casa.
In quel film si rivede un'intervista in cui si chiede a Berlinguer cosa voglia dire volere la pace: con il suo sorriso ineguagliabile Enrico risponde che pace significa non solo assenza di guerra (e sarebbe già tanto in una Terra con più di 700 conflitti armati in corso) ma libertà, democrazia, sviluppo, liberazione dalla fame e dall'ignoranza.
Questo dev'essere l'orizzonte vero della politica, l'azione quotidiana e instancabile perché l'Europa diventi davvero un attore credibile in un contesto mondiale complicato, ma per fare ciò occorre l'apporto delle persone, l'elevamento del livello culturale e di passione dei milioni di donne, uomini, giovani e no, che albergano insieme in questo continente.
Per unirli, però, occorre una classe politica colta e appassionata, che sappia osare ma che sia, soprattutto, credibile. Credibile perché usa il linguaggio ed il comportamento della verità e dell'onestà.
Il mondo, dopo 30 anni dalla morte di Berlinguer è completamente cambiato, si sono rovesciati gli orizzonti.... ne siamo proprio sicuri?
Se mi guardo intorno vedo un inasprirsi dei conflitti nel mondo, un ambiente sempre più degradato e sfruttato, l'impoverimento di intere popolazioni e degli italiani (a parte quelli che continuano ad arricchirsi indisturbati), una classe politica che troppo spesso pare annaspare senza saper dove andare.
E allora è inevitabile che subentri la nostalgia, non tanto dei tempi andati o della gioventù, ma di una forza politica che sia aggregazione, progetto, speranza, teste, braccia e gambe che sanno camminare insieme. E mi manca terribilmente Enrico Berlinguer.


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