Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

domenica 27 settembre 2015

Addio a Pietro Ingrao #Ingrao

E così le ragioni, perfino ovvie, della caducità della vita umana, hanno avuto la meglio: ad un'età davvero invidiabile, dopo aver attraversato il traguardo del secolo Pietro Ingrao si è spento, ci ha lasciati.
Una vita intensa che tutti i giornali, i telegiornali, i ricordi di queste ore riportano, ognuno con accenti diversi, ognuno dal proprio punto di vista.
Partigiano, parlamentare, Presidente della Camera, uomo del PCI protagonista di stagioni drammatiche, eccetera.
Intelligentissimo, acuto, con quella pronuncia marcatamente laziale, un po' ruvida, strana per un uomo con gli occhi piccoli, mobilissimi e dall'aria mansueta anche se decisa.
Ho avuto la fortuna di vivere la giovinezza politica frequentando uomini e donne che (noi giovani di allora ne eravamo consapevoli) sapevamo essere già parte della Storia: condividere con loro un pezzo di strada significava per certi versi farne un po' parte, "assaggiare" il sapore di vicende uniche, che gli altri avrebbero letto sui grandi libri di storia. Nessuno cercava l'autografo, men che meno la raccomandazione, ma di imparare qualcosa. Ascoltare, parlare a tu per tu con Lama, Berlinguer, Camilla Ravera, Gerardo Chiaromonte, Marisa Rodano, Giglia Tedesco, Giorgio Napolitano, Alfredo Reichlin, ,...... voleva dire per noi apprendere grandi lezioni di vita.
Ingrao era uno di loro, quello che aveva perso i congressi ma manteneva fortissima l'energia infaticabile per non smettere mai di sognare. E fu la forza del sogno, quella che deve essere appannaggio dei giovani, che mi avvicinò al particolare modo di fare politica di quell'uomo: indomito, sempre. E curioso di sapere, sempre. Lucido nell'analisi e nell'autocritica.
Due ricordi, distanti l'uno dall'altro quattro anni.
Aprile 1980: sul delta del Po noi giovani comunisti sognavamo di parlare di acqua pulita, di recuperare un'oasi ambientale dedita alla pesca, di salvare un ambiente fatto di acqua e terra galleggiante, di farne un simbolo di rinascita dei territori depressi. L'anno prima eravamo stati nella Carnia del post terremoto e Bruno Trentin era venuto a parlare con noi. Quell'anno fu Pietro Ingrao ad accogliere l'invito di poche decine di giovani e venire a festeggiare il 25 aprile a Bonelli di Porto Tolle. Su un piccolo palco parlò con forza e passione come se avesse avuto davanti migliaia di persone, e noi lo stringemmo in un immenso abbraccio.
Giugno 1984: fra le lacrime di Piazza San Giovanni, ai funerali di Enrico Berlinguer, l'arrivo di Ingrao fu accolto da parte nostra come l'ingresso in piazza della nostra ultima speranza. Enrico ci aveva lasciato, avremmo voluto che fosse l'indomita forza di un quasi settantenne a prendere le redini. Ingrao era muto e silenzioso, commosso come tutti, molto serio: forse aveva capito in anticipo che un altro pezzo di storia era finito in quella piazza, in quella Roma in lacrime.
Poi la storia ha fatto il suo corso, è ancora cronaca politica, ognuno di noi cerca di conservare nel proprio agire quotidiano un pezzetto di quel sogno.
Ciao, Pietro

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