Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

martedì 25 novembre 2014

Il paese delle stelle

I salti di roccia coperti di neve somigliano già alle rughe di un pandoro cosparso di zucchero a velo.
Il Canin col suo manto bianco illumina l'intera valle che si stende al suo cospetto, invitando chi entra a percorrerla tutta intera.
Scopro solo oggi la Val Resia, un anfratto che inizia poco dopo Moggio Udinese, a lato della Statale che porta a Tarvisio. Sarà la giornata piena di sole, sarà che da un po' di tempo si è fatto pressante il desiderio di respirare aria frizzante e pulita, scoprire angoli nuovi di un territorio che ha sempre qualche segreto da svelare, ma questa luce chiara, trasparente, invita a correre incontro alla grande montagna.
Una nebbiolina sinuosa come il letto del torrente sottostante sovrasta il corso del Resia, segno del contrasto termico e della recente umidità notturna.
La strada corre sicura e raggiunge Stolvizza. Notiamo subito che la trattoria all'ingresso del paese si chiama "All'arrivo": già, qui si arriva, non ci si passa per caso... (e si mangia anche bene, c'è il pasticcio coi fiori di aglio, prodotto slow food).
Lasciamo per un po' il paese degli arrotini per proseguire fin là dove la valle finisce e cominciano i contrafforti del Canin. Appena di là c'è la Slovenia e qui si parla un dialetto antichissimo e quasi perduto, che affonda le radici nel coacervo di popoli che da millenni scavalcano montagne, si inerpicano come camosci. Dalle indicazioni presenti su qualche cartello deduco che la radice slava deve essere talmente antica che nemmeno gli Slavi di oggi ne capiscono un granché...
Coritis è alla fine di una strada tortuosa, davvero quel che si dice un grappolo di case, quasi tutte chiuse: l'Ente Parco delle Prealpi Giulie ha pensato di spiegare il perché di ogni luogo, spiegando che questo è il posto della musica.
Non c'erano case, un tempo, da queste parti, ma ricoveri di contrabbandieri, non c'erano scuola né dottore, mancava anche la chiesa: oggi che i pochi abitanti se ne sono quasi del tutto andati la piccola chiesa fa bella mostra di sé nella piazzetta (non saprei in che altro modo chiamarla) più essenziale che io abbia mai visto.
Più che di piazza si tratta di un prato che si affaccia sulla valle:

Coritis ha due luoghi di culto, uno religioso ed uno civile; vicino alla chiesa sorge un piccolo monumento, con le parole ormai sbiadite dal tempo, un tricolore che ha sofferto ma rimane lì, a ricordare chi non c'è più.
Sono tanti i tricolori sulle case, in questo confine d'Italia sconosciuto ai più: con una lingua strana e una comunità piccola e attaccata alle proprie tradizioni la bandiera è evidentemente un forte segno di appartenenza a qualcosa di più grande.
Tornati a Stolvizza scopriamo ancora una volta che l'Italia è quella cosa per cui le persone sono partite dalle proprie valli in cerca di lavoro o per fare il soldato, portandosi dietro il proprio bagaglio di conoscenze, sapienze, speranze e si sono fermate (spesso per amore) o sono tornate (spesso col proprio amore).
Stolvizza è il "paese delle stelle" perché in un villaggio di legno ricostruito stanno allestendo un presepe, che sarà vivente a Natale e poi composto di grandi statue, sormontato da una enorme stella cometa che la notte di Natale scenderà dalla montagna illuminata da centinaia di lampadine.
A farci da guida nelle viuzze di Stolvizza composte di scalini è un nuovo amico, simpatico e appassionato, un umbro che ha sposato la figlia di un arrotino e che ha deciso che questo è un buon posto dove vivere. Così l'anima di "ViviStolvizza", dove si parla un incomprensibile paleoslavo è un umbro innamorato che ormai conosce ogni pietra, ogni anfratto di questa valle.
E questa è l'Italia che amo di più, quella che si conosce per caso e che dopo 5 minuti ti invita a casa sua, in una cucina riscaldata da una stufa a legna, per una fetta di "pampepato" di Terni e un bicchiere di vino.
Alle tre del pomeriggio di questa fine di novembre il sole cala dietro i monti e la luce cambia, si fa rarefatta e un po' più grigia.
Risaliamo in auto per tornare a casa: a salutarci c'è ancora il Canin, bianco e illuminato dal sole del tramonto.
23 novembre 2014

1 commento:

  1. E Questa è Resia.
    Perché dobbiamo lasciarcela defraudare?
    Perché non riusciamo ad ottenere giustizia perché ci sia dato il giusto e doveroso riconoscimento quale minoranza Resiana e NON slovena?
    Perché la classe politica è sorda a questa insistente e continua invocazione da parte degli interessati?
    Purtroppo perché siamo minoranza e come tale NON contiamo politicamente.
    Siamo una perla, a detta degli studiosi (vedi DNA Resiano), ma non siamo considerati dalla nazione Italia nella quale siamo inseriti.
    Si perché la comunità Resiana esisteva ancor prima dell'Italia (politicamente parlando) e come tale noi siamo Resiani in suolo Italiano.
    Visto però l'interesse NULLO dell'Italia a considerare questa "perla, antropologicamente parlando, tanto vale essere ospiti austriaci o per assurdo anche Sloveni. Ma ospiti e NON e MAI minoranza Slovena

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