Oggi, come si dice, ho preso carta e penna ed ho scritto alla Federazione Nazionale della Stampa, all'UsigRai, all'ordine dei giornalisti e all'AgCom. Credo che sia ora che almeno i giornalisti veri evitino atteggiamenti e modi di fare che poco hanno a che fare con il diritto di cronaca e molto con la ricerca dell'audience a tutti i costi. Di seguito il testo.
Buon pomeriggio,
scrivo in qualità di cittadina e di Consigliere Comunale di una piccola città del Veneto, Conegliano, provincia di Treviso.
In
ambedue gli ambiti credo che il rispetto della Costituzione e dei
diritti e doveri di ciascuno debba essere la linea conduttrice. La
libertà di pensiero, opinione, espressione e stampa è una delle maggiori
conquiste del mondo libero, un valore assoluto da cui è impossibile
prescindere.
Viviamo
tempi difficili, terribili, nei quali la cronaca deve spesso rendere
conto di omicidi efferati, stragi, terrorismo, guerre e distruzioni.
Siamo anche, però, nel tempo dell'ipertrofia da informazioni, della
valanga di notizie, o presunte tali, gettate in rete in pasto di
chiunque, soprattutto dei troppi creduloni e del numero sempre troppo
grande di profittatori, provocatori e anche peggio.
La
"civiltà 2.0" tende a correre veloce e chi si occupa di informazione sa
bene che contano i titoli, a malapena gli occhielli, sempre meno
persone leggono poi il testo integrale degli articoli. Il potere
dell'informazione è enorme, la disinformazione rischia di creare danni
tremendi. Per questi motivi credo che la stampa debba, in qualche modo,
darsi delle regole non certo limitanti il diritto di cronaca, ma che
tendano ad evitare titoli e parole che possano essere mal interpretati,
che diano o permettano letture lesive dei diritti di tutti, a partire
dalla privacy per finire alla dignità delle persone e delle comunità,
anch'esse tutelate dalla nostra Costituzione.
Soprattutto
nell'ultima terribile vicenda dei fatti di Monaco di Baviera ho seguito
con fastidio le cronache televisive e giornalistiche: più di qualche
volta, in barba al comportamento tenuto dalle autorità tedesche, è parso
che qualcuno fosse dispiaciuto di non poter parlare di terrorismo
islamico.
Il
terrorismo è il nemico pubblico numero uno, a cui va affiancato il
razzismo, suo formidabile alleato: ambedue vanno combattuti con forza.
Oggi,
nel TG1 delle 13.30, l'ultimo grave (secondo me) episodio: la
giornalista, introducendo la conferenza stampa del capo della polizia
bavarese ha esordito dicendo: "Dobbiamo chiederci come abbia fatto un
iraniano di 18 anni a procurarsi un'arma" (più o meno testualmente, ma
la parola iraniano c'era).
1. Si trattava di un ragazzo di 18 anni e basta.
2. Non si trattava di un iraniano ma di un tedesco, come lui stesso ha tenuto a precisare prima di morire.
3.
Il capo della polizia parlava invece del rammarico per il fatto che un
giovane abbia potuto procurarsi un'arma. Lo stesso funzionario parlava
della necessità di rivedere le leggi che riguardano la diffusione delle
armi in Germania.
Perché in Italia continuiamo a diffondere
notizie tendenziose? Quella parola, iraniano, è la prima arrivata alle
orecchie degli ascoltatori.
Davvero l'audience giustifica ogni cosa?
Sono
convinta che una auto-regola di attenzione alla materia che si
maneggia, la decisione di evitare i toni urlati o quelli che solleticano
la "pancia" peggiore delle persone, porterebbero grandi vantaggi alla
stessa informazione e alla convivenza civile del nostro Paese.
Grazie per l'attenzione.
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