Se
il
movimento
femminile
è
nato
nel
corso
del
XIX
secolo
sulle
richieste
del
voto
alle
donne,
possiamo
dire
che
quella
conquista,
definitiva
là
dove
è
avvenuta,
abbia
significato
il
raggiungimento
di
una
vera
parità
fra
i
sessi?
E
poi,
per
fare
un
brevissimo
passaggio
ai
giorni
nostri,
siamo
davvero
sicuri
che
le
sacrosante
“quote
rosa”
significhino
la
parità
in
politica,
nella
gestione
del
potere,
sul
lavoro,
nella
società?
Non
vorrei
che
le
donne
che
riescono
ad
affrancarsi
davvero
diventassero
una
sorta
di
specie
protetta,
lontana
dal
resto
dei
componenti
della
loro
specie.
Per
fare
un
parallelo,
nonostante
un
uomo
della
ricca
e
colta
borghesia
nera
americana
sia
diventato
presidente
degli
Stati
Uniti,
i
ghetti
neri
delle
città
americane
rimangono
luoghi
di
discriminazione,
violenza,
sottocultura,
le
carceri
di
quel
paese
rimangono
popolate
per
la
maggior
parte
da
uomini
con
la
pelle
scura.
Le
quote
rosa,
purtroppo,
non
impediscono
che
il
femminicidio,
lo
sfruttamento
della
prostituzione,
la
concezione
generale
della
donna
debbano
fare
ancora
molti,
troppi
passi
in
avanti.
Le
leggi
e
la
loro
applicazione
pratica
sono
fondamentali,
senza
di
esse
non
ci
può
essere
rivendicazione
e
affermazione
del
diritto.
Spetta però soprattutto a noi donne affermare volontà e fatti, prendere in mano la situazione, delegare il meno possibile.
Abbiamo energie, idee, capacità da vendere: spero che almeno le donne parlamentari sappiano trovare punti di incontro per costruire, non per distruggere l'Italia.
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