Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

domenica 30 giugno 2013

Il Parco del Castello - Difendiamo la collina di Conegliano


Per iniziativa di alcuni cittadini di Conegliano si è costituito il Comitato per il Parco del Castello.

Il comitato, apartitico ed aperto alla partecipazione di tutti i cittadini che hanno a cuore l’ambiente ed il paesaggio, si ripromette di contrastare l'ennesimo attacco di cemento alla storia ed al paesaggio delle colline di Conegliano.  

A parole la Giunta ed il Sindaco Zambon dicono di voler difendere la collina, nei fatti permettono si costruiscano un ristorante ed un parcheggio proprio sotto le mura ovest della città, per giunta in una zona chiaramente franosa ed instabile.

Da anni ormai sulla strada per il castello si accede solo a senso alternato, a causa della strada che sta franando.

Ora, con una fretta inusitata e per cogliere di sorpresa la città, si vuole approvare l'ennesimo attentato al paesaggio.

Piuttosto che frani la collina, meglio che ceda Zambon!

A causa degli errori e delle inadempienze delle Giunte susseguitesi a Conegliano ancora una volta a pagare sarà l'intera città. Ma è ora di finirla!  

I cittadini potranno aderire mandando una mail a  parcocastello@gmail.com  
 
Il Comitato organizza un sit-in per
MARTEDI 2 LUGLIO
RITROVO ALLE 20.45 IN VIA Pascoli, dietro il Castello.

martedì 25 giugno 2013

Ascoltare un professore, qualche volta, può aiutare

Oggi se n'è andato Silvio Lanaro, professore di Storia e vero maestro per centinaia di studenti e di studiosi.
Di lui si ricorderanno le analisi acute sulla storia degli ultimi due secoli, il rigore intellettuale, la profondissima e sterminata cultura. Era una di quelle persone costrette (si fa per dire) all'acquisto di due appartamenti contigui: uno per viverci ed uno per sistemarvi i libri... Libri che certamente sono stati lo strumento quotidiano e perenne di una persona che ha dedicato un'intera vita all'insegnamento ed alla diffusione del sapere.
Libri che, insieme ad un'intelligenza come poche, gli consentivano, dopo decenni di letture e studio, di affermare la instabilità della materia da lui scelta come ragione di vita: "Poiché fra coloro che esercitano questa attività (lo storico ndr) dalle frontiere mobili esistono più dilettanti che fra i pittori, i letterati o i musicisti[...] una pretesa 'scienza' è solo sapiente artigianato o addirittura banale bricolage?".
Se quasi ciascuno di noi per costruire un grattacielo si rivolgerebbe ad un ingegnere, almeno ad un tecnico diplomato, pare che per coloro i quali si occupano di storia, letteratura, archeologia e via umanistizzando sia sufficiente un qualsiasi diploma, magari anche una laurea di qualche tipo per improvvisarsi scrittori di libri (libri di che tipo, fra l'altro?), bibliotecari, scavatori di reperti....
Vorrei che la televisione, che rimane ad oggi il più formidabile mezzo di comunicazione di massa (al plurale si dice media e non midia...), qualche volta di più ci facesse ascoltare brevi lezioni di qualche professore, di quelli veri, come Silvio Lanaro e come ce ne sono tanti: sanno trasmettere la passione, l'allegria data dalla conoscenza, la coscienza della necessità di non fermarsi mai davanti alle apparenze, di non dare mai nulla per scontato per sempre, di essere pronti a rivedere ciò che si è detto o scritto, davanti a nuovi documenti, testimonianze inedite (purché verificate).
I veri professori sono quelli che sanno di non dover mai smettere di studiare, approfondire, valutare, diventano maestri quando sono capaci di trasmettere tutto questo a chi li ascolta, a chi da loro impara soprattutto la lezione di essere rigorosi e mai frettolosi nell'analisi, di non piegarsi davanti all'aria che tira, di non seguire mode e potentati vari. 
La ricerca ed il pensiero devono essere liberi: se dissacrano o tolgono certezze cementate sotto una coltre di muffa meglio.
Come ha scritto qualcuno: un'ora di lezione di un vero professore può all'improvviso cambiare la vita.
Forse per questo, nell'epoca del pressapochismo, del giudizio tanto facile quanto irrevocabile (fino alla volta successiva), della rincorsa verso obiettivi sempre più facili ed effimeri, dell'immensa mole di informazioni che schiaccia la formazione e la coscienza critica, è raro che i professori trovino spazio fuori dalle aule accademiche.
Ancora Silvio Lanaro scriveva che se "è impossibile stanare tutti i tabù, è però necessario ridurne la frequenza, far sì che il mestiere dello storico non diventi salmeria dei poteri costituiti".
Grazie a Silvio Lanaro ed agli altri maestri: ne abbiamo ancora tanti, ascoltiamoli più spesso.
Alla fine di sicuro saremo meno tristi, qualcuno di noi potrà addirittura sentirsi o essere più utile.
Isabella Gianelloni

N.B. Le citazioni di Silvio Lanaro sono tratte dal suo saggio "Raccontare la storia", Marsilio, Venezia, 2004

domenica 23 giugno 2013

Banche e credito: riflessioni dal passato

Caratteristica comune sia nell’Ottocento che nella prima metà del Novecento era la scarsezza del denaro circolante, tra i contadini da un lato, i quali come sappiamo vivevano ancora spesso un’economia di baratto, ed il popolino della città dall’altro, che non aveva nemmeno l’arma del baratto proprio per povertà, per mancanza di mezzi.
E così da sempre una delle vie d’uscita era il ricorso al Monte di Pietà. A Conegliano esso aveva tradizione antica, ed il suo destino era sempre stato legato a quello degli altri istituti di beneficenza. Dopo i vari passaggi amministrativi tra la fine del XVIII ed i primi anni del XIX secolo, nel 1831 gli uffici delle due Direzioni dell’Ospedale e del Monte di Pietà erano state riunite nei locali di proprietà del Monte, in Contrada San Francesco.
Così scrisse Antonio Barbieri: “Infatti i Monti (di Pietà N.d.R.) sono istituti misti di beneficenza e di credito. Di beneficenza perché sottraggono alle unghie degli usurai il povero mediante prestiti, gli garantiscono la conservazione e la specie del pegno, ne rispettano la dignità consentendo che il suo nome rimanga occulto, gli risparmiano patimenti morali e umiliazioni e da lui pretendono un mite compenso. Di credito perché del credito ne esercitano la funzione effettuando i prestiti, ricevendo i prestiti a custodie, a risparmio e in conto corrente, facendo il servizio di cassa per altri istituti”.
E poi continuò: Io credo che il miglioramento delle condizioni economiche generali, senza dubbio verificatosi nellultimo ventennio, lo sviluppo delle Banche di credito nelle città, la istituzione e lo sviluppo delle casse rurali nei piccoli Comuni sieno state le cause del regresso quasi costante nei prestiti dal 1870 e fino al 1902.
La Banca Popolare di Conegliano era nata nel 1879 e si inseriva in tutto quel tessuto fatto di banche popolari, di latterie cooperative (vedi la Latteria sociale di Soligo) ed altre istituzioni che vedevano spesso l’azione in prima linea di avvocati e benestanti.
Uno dei personaggi più importanti dell’epoca fu sicuramente Gaetano Schiratti, compagno di studi di Luigi Luzzatti alla facoltà di Giurisprudenza di Padova e fondatore della Banca di Pieve di Soligo e della già citata Latteria sociale di Soligo, tutt’oggi una delle realtà economiche più importanti della Sinistra Piave.
Era entrato come deputato in parlamento nel 1892, eletto nel Collegio di Conegliano, e aveva scelto la destra dell’onorevole Sonnino, “conservatore e riformista”.
Nel 1895, nelDiscorso ai suoi elettori di Coneglianoaffermava chenon è colla violenza che si attenuano i dolori e le miserie umane, ma con lapostolato e con lopera pacifica, vivendo fra gli operai e gli agricoltori studiandone i bisogni e le aspirazioni, e procurando loro, senza secondi fini, i mezzi di aumentare la produzione, ed i salari, e facilitare loro il credito in modo da rendere meno pesante ed anche meno cara la vita, quando intorno a loro non si facciano sorgere illusioni che non possono mai avverarsi giacché la ricchezza pubblica non si livella, come non si possono livellare i cervelli e le intelligenze.

Isabella Gianelloni

giovedì 13 giugno 2013

Con la cultura si mangia!

Cultura è parola ormai usata a proposito e a sproposito, a qualcuno fa addirittura paura, altri si girano dall'altra parte convinti che non sia una cosa seria, molti allargano le braccia con uno sconsolato "Non me ne intendo, non mi riguarda".
Il risultato è che l'Italia, culla appunto della cultura occidentale e via elencando primati veri o presunti, sta perdendo ogni possibile treno utile per valorizzare non solo il patrimonio artistico, paesaggistico, bibliotecario, ma, cosa ancora più importante, il futuro del Paese, vale a dire i giovani, relegati a svolgere lavori sempre meno retribuiti e con sempre meno specializzazione.
Con il risultato, arcinoto, della famosa "fuga dei cervelli" ma anche di una nuova emigrazione non qualificata. 
Depauperando e lasciando in un angolo gli investimenti in sviluppo e ricerca, impoverendo la scuola di base e l'Università otterremo il bel risultato di retrocedere ancora di più nelle classifiche economiche mondiali.
"La laurea sarà quello che qualche decennio fa erano la licenza elementare e media e oggi è il diploma di scuola media superiore: un titolo di studio di massa. I Paesi che non avranno giovani laureati o non sapranno premiare i propri giovani lauerati avranno un ruolo sempre più marginale e saranno destinati rapidamente a impoverirsi. Molto più che lo spread e molto più delle analisi comparate del debito pubblico, sono i dati sui giovani laureati e, più in generale, sull'università a dirci che il nostro Paese è incamminato lungo la strada della marginalità". (Bruno Arpaia, Pietro Greco, La cultura si mangia!, Guanda edizioni, Parma, 2013, pag. 81)
Occorrono strategie nazionali e azioni concrete per invertire, finché siamo in tempo, la direzione di marcia.
Questo non può esimerci, però, da un impegno costante a livello locale, investendo in idee, utilizzando il patrimonio esistente non per il tornaconto di qualcuno ma per l'arricchimento di tutti. 
Nella disastrata economia italiana, il settore del turismo culturale è l'unico a "tenere". 
Se vogliamo più turisti anche a Conegliano, quindi più vita per il centro storico, incassi per i piccoli negozi che languono, opportunità di lavoro per i tanti giovani preparatissimi, restaurare, conservare, valorizzare il patrimonio storico, artistico, paesaggistico della città e del territorio che la circonda deve diventare la priorità assoluta dell'Amministrazione Comunale.
Noi ce la metteremo tutta.

giovedì 6 giugno 2013

Cara mamma entro in Consiglio anche grazie a te

Sono onorata e cosciente del ruolo che sto per assumere nella mia città.
Vado a prendere il posto di Antonio Fojadelli: ne sento addosso la responsabilità. Non è facile sostituire una personalità di grande rilievo come la sua, ma cercherò di fare del mio meglio, anche con il suo aiuto.
Voglio bene a Conegliano e per questo, fin da giovanissima, mi sono impegnata in politica.
Con la prossima seduta entrerò a far parte del Consiglio Comunale di Conegliano. L'emozione più grande sarà quella di sedere nello stesso posto in cui mia mamma, Antonella Pavan, per 10 anni ha svolto la stessa funzione tanti anni fa.
Non era facile essere consigliere di opposizione e non lo è nemmeno ora, in una città che fa così tanta fatica a cambiare, piena di paure, restia alle novità, anche pigra intellettualmente, spesso.
In famiglia, però, non abbiamo mai amato le cose facili: meglio sempre l'impegno costante e il tentativo di dare il meglio.
Chi mi conosce sa che il mio impegno sarà rivolto soprattutto agli argomenti che conosco meglio e che mi sono più congeniali: la cultura, la valorizzazione del patrimonio storico e artistico della città e del suo comprensorio, l'attenzione verso coloro i quali fanno più fatica, soprattutto in un periodo economicamente così complicato, la solidarietà attiva e le proposte a favore dei diritti anche di quanti hanno meno voce.
Ho molto da imparare ma per fortuna ho dei "compagni di viaggio" bravi, preparati, pazienti (spero): ogni nuova esperienza richiede umiltà e una bella quota di "apprendistato", farebbero bene a convincersene anche quanti credono che la politica sia una cosa facile o che i problemi si possano risolvere parlandone. Non è così: amministrare la cosa pubblica, appunto perché è pubblica, è questione assai complessa e delicata.
Il mio primo grazie va al Partito Democratico che lo scorso anno ha deciso di puntare sulla mia persona, su quanti si sono impegnati in una campagna elettorale difficile e continuano a dare il loro contributo.
Il secondo va ai cittadini che hanno scritto, così numerosi, il mio nome sulla scheda elettorale.
Il terzo, primo per importanza, va a mia madre: lei mi ha insegnato i valori in cui credo, da lei spero di aver imparato almeno un po' come si presta attenzione ai problemi altrui, il rispetto per chi soffre e la volontà di agire per tenere alti i propri principi. Anche da lei ho imparato che la politica è l'arte del possibile per raggiungere il bene comune, che il compromesso (quello positivo) è un bene necessario, che i propri principi di onestà intellettuale e personale, questi no, non sono negoziabili. Mai.
Tanta gente mi ferma ancora parlandomi di quanto lei fece per la città, per TUTTA la città. 
Mi auguro di essere degna del lavoro che lei svolse e che è ancora oggetto di rispetto e riconoscenza, anche da parte degli avversari politici.
Isabella Gianelloni

lunedì 3 giugno 2013

Chi ha davvero il diritto di insegnare l'amore?

In questo strano Paese la schizofrenia a volte sembra pervadere le menti, anche quelle di quanti dovrebbero usare il potere (morale o presunto tale, politico, sociale ma anche economico) per insegnare l'arte del discernimento.
La chiacchiera da osteria, le piccole e grandi cattiverie pettegole da strapaese sono patrimonio comune: alzi la mano chi non ha mai gustato il sapore di una maldicenza, una lieve calunnia, quella del venticello manzoniano...
Peccati veniali, fino a quando non vanno a colpire nel profondo il dolore e la sofferenza altrui, o quando, peggio, si vuol impedire agli altri di essere felici e di dimostrarlo.
Spesso le persone grette ed egoiste sono molto infelici, ma non lo ammetteranno mai; lo dimostrano quando mal sopportano i sorrisi degli altri, quelli che amano stare insieme e fare festa, quelli che non hanno (o non vorrebbero avere) paura di far conoscere il proprio amore.
Chi stabilisce quale sia l'amore vero, chi davvero crede di ergersi a giudice incontrastato dei sentimenti altrui? Non mi metto sul piano religioso, non mi compete.
Mi compete eccome, però, in qualità di cittadina, il piano dei diritti (insieme a quello dei doveri s'intende) e quello dello Stato laico, che ha il dovere di trattare tutti i cittadini allo stesso modo.
Da laica impenitente, ma su questo so che molte persone profondamente religiose sono d'accordo con me, non sopporto la doppia morale, quella professata da quanti (troppi) nascondono le proprie turpitudini dietro la maschera dell'apparenza "perbene". 
A me non interessa (codice penale e articolo 54 della Costituzione a parte) come ciascuno di noi usa il proprio corpo, mi interessa quando questo qualcuno pretende che gli altri facciano ciò che lui non fa mai.
Si parla molto in questi giorni del prossimo Conegliano Pride, una bella iniziativa culturale in programma nella mia città il prossimo fine settimana: si discuterà, con serietà e anche allegria, ci si confronterà proprio per conoscere, sapere, conoscersi. 
Lo spunto più interessante è proprio quello della volontà di parlare della diversità: per qualcuno è un dramma, per moltissimi, per fortuna, la diversità è sinonimo di ricchezza.
In queste ore si stanno lanciando strali pieni di paura e rossori (non so se di vergogna o timidezza): mi auguro che si tratti solo di ignoranza: a questo c'è rimedio, basta aver voglia di imparare e informarsi. Se invece si tratta di arroganza, cattiveria, malafede ed insana e stupida demagogia la questione è più seria.
Non temano, comunque, i politici improvvisamente dediti alla morale: stavolta il "popolo" è molto più avanti di loro, le persone vogliono vedere i propri figli, gli amici felici, almeno con la dignità di poter amare liberamente. 
Buon Conegliano Pride a tutti, un plauso al Comune che ha dato il patrocinio e un evviva all'Associazione Shake.
Ancora qualche minuto: leggete di seguito, se volete, la famosa lettera d'amore di Oscar Wilde, incarcerato per "causa d'amore".
 Isabella Gianelloni
Mio carissimo ragazzo,
questo è per assicurarti del mio amore immortale, eterno per te. Domani sarà tutto finito. Se la prigione e il disonore saranno il mio destino, pensa che il mio amore per te e questa idea, questa convinzione ancora più divina, che tu a tua volta mi ami, mi sosterranno nella mia infelicità e mi renderanno capace, spero, di sopportare il mio dolore con ogni pazienza. Poiché la speranza, anzi, la certezza, di incontrarti di nuovo in un altro mondo è la meta e l’ incoraggiamento della mia vita attuale, ah! debbo continuare a vivere in questo mondo, per questa ragione.

Un caro amico mi è venuto a trovare oggi. Gli ho dato parecchi messaggi per te. Mi ha detto una cosa che mi rassicurato: che a mia madre non mancherà mia niente. Ho sempre provveduto io al suo mantenimento, e il pensiero che avrebbe potuto soffrire delle privazioni mi rendeva infelice.
Quanto a te (grazioso ragazzo dal cuore degno di un Cristo), quanto a te, ti prego, non appena avrai fatto tutto quello che puoi fare, parti per l’Italia e riconquista la tua calma, e componi quelle belle poesie che sai fare tu, con quella grazia così strana. Non esporti all’ Inghilterra per nessuna ragione al mondo. Se un giorno, a Corfù o in qualche isola incantata, ci fosse una casetta dove potessimo vivere insieme, oh! la vita sarebbe più dolce di quanto sia stata mai.
Il tuo amore ha ali larghe ed è forte, il tuo amore mi giunge attraverso le sbarre della mia prigione e mi conforta, il tuo amore è la luce di tutte le mie ore. Se il fato ci sarà avverso, coloro che non sanno cos’è l’amore scriveranno, lo so, che ho avuto una cattiva influenza sulla tua vita. Se ciò avverrà, tu scriverai, tu dirai a tua volta che non è vero. Il nostro amore è sempre stato bello e nobile, e se io sono stato il bersaglio di una terribile tragedia, è perchè la natura di quell’ amore non è stata compresa.
Nella tua lettera di stamattina tu dici una cosa che mi dà coraggio. Debbo ricordarla. Scrivi che è mio dovere verso di te e verso me stesso vivere, malgrado tutto. Credo sia vero. Ci proverò e lo farò. Voglio che tu tenga informato Mr Humphreys dei tuoi spostamenti così che quando viene mi possa dire cosa fai. Credo che gli avvocati possano vedere i detenuti con una certa frequenza. Così potrò comunicare con te.
Sono così felice che tu sia partito! So cosa deve esserti costato. Per me sarebbe stato un tormento pensarti in Inghilterra mentre il tuo nome veniva fatto in tribunale. Spero tu abbia copie di tutti i miei libri. I miei sono stati tutti venduti. Tendo le mani verso di te. Oh! possa io vivere per toccare i tuoi capelli e le tue mani. Credo che il tuo amore veglierà sulla mia vita. Se dovessi morire, voglio che tu viva una vita dolce e pacifica in qualche luogo fra fiori, quadri, libri, e moltissimo lavoro. Cerca di farmi avere tue notizie.
Ti scrivo questa lettera in mezzo a grandi sofferenze ; la lunga giornata in tribunale mi ha spossato. Carissimo ragazzo, dolcissimo fra tutti i giovani, amatissimo e più amabile. Oh! aspettami! aspetta mi! io sono ora, come sempre dal giorno in cui ci siamo conosciuti, devotamente il tuo, con un amore immortale,
Oscar