Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

La dignità e la fatica


L'idea di allestire una mostra fotografica sulla situazione lavorativa delle donne nella Provincia di Treviso nella prima metà del XX secolo non significa solo proporre un doveroso esercizio di memoria: molto spesso le antologie di vecchie foto sollecitano i ricordi, la curiosità, la commozione, spesso però hanno il difetto di scadere nella nostalgia del “buon tempo andato”.
Questa carrellata di immagini, per quanto incompleta, vuol suscitare interesse storico, ammirazione per la bellezza di scatti con un bianco e nero un po' sbiadito dal tempo, soprattutto vuol far pensare, provocare una riflessione sul contributo indispensabile che le donne hanno dato, e continuano a dare, all'economia e alla società nel suo insieme attraverso una panoramica delle attività non strettamente legate alla sfera domestica che le donne hanno svolto nella prima metà del Novecento nella nostra provincia.
La Marca Trevigiana, come gran parte del Veneto e anche dell'intero Paese ha dovuto attendere i decenni del boom economico degli anni Sessanta per vedere i primi lumi di un benessere diffuso, il riscatto di tante condizioni che per molti aspetti erano rimaste immutate per secoli.
Per decenni le microstorie, non solo nella storia economica, sono state considerate le ancelle povere della storia con la “S” maiuscola, da un lato a causa del ritardo dello sviluppo industriale italiano rispetto ad altri paesi europei e dall'altro perché si pensava che fossero degni di nota soltanto gli avvenimenti vissuti dai personaggi “importanti”, quelli che, si pensava “hanno fatto la storia”.
Da qualche anno la tendenza sta cambiando, attribuendo alla vita vissuta dalle persone rimaste anonime, in una parola alla memoria la dignità e il valore che le spettano, con la consapevolezza che l'approfondimento delle dinamiche relative ai fondatori, ai gestori delle imprese, anche a coloro i quali le fanno fallire, insieme allo sguardo sull'altra “storia minore” può dire molto sull'evoluzione di intere aree geografiche.
La fatica evoca sforzo, sfinimento, sudore, energia utilizzata senza risparmio. Le donne hanno un'antica dimestichezza con tutto questo, a loro sono delegate le fatiche del parto e della crescita dei figli, a loro il compito di tenere insieme affetti e beni materiali delle famiglie.
Il lavoro è un valore in sé, uno strumento di conquista della propria dignità. La scelta, molto spesso la necessità, quasi sempre le due cose intimamente legate fra loro, di lavorare anche fuori casa è stata (ed è ancora) ricerca di dignità, di affrancamento da una condizione servile, di quella autonomia personale composta di indipendenza economica e possibilità di tessere una rete di relazioni.
Il titolo scelto per questa mostra è composto proprio da questo binomio, dignità e fatica, vale a dire l'affermazione di una volontà di riscatto, del valore della propria persona e tutto il sacrificio, a volte il dolore, necessari al suo raggiungimento.
Queste due parole vogliono essere proprio la chiave di lettura, la linea guida che ci accompagna nella visione di queste splendide immagini.

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