Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

domenica 20 marzo 2016

Lessico e favole...

O meglio fiabe, ma il ricordo della famosa canzone esigeva un'appropriata assonanza.
Garofano, noce col suo albero, brucare, decrepito, dabbene...., futuro e passato, prima e dopo.
Potrei continuare, ma l'elenco oltre ad essere noioso sarebbe lungo e comunque incompleto.
Ogni giorno, che io stia insegnando italiano, storia o geografia, buona parte del tempo è impiegato per "tradurre" in parole ancora più semplici termini che da sé dovrebbero essere già patrimonio del lessico comune per ragazzi di prima e seconda media.
Con pazienza lo faccio, anche perché altrimenti la parola qualificativo, per fare un esempio, rimane una nuvola oscura che aleggia minacciosa sulle giovani menti che mi stanno davanti.
Loro mi guardano e capisco che vogliono imparare (non tutti ma buona parte), leggo spesso lo smarrimento nei loro occhi, mi arrabbio davvero tanto quando mi rendo conto che i libri di testo che hanno davanti somigliano troppo agli album delle figurine che collezionavo io alle medie.
Assistiamo all'arrembante trionfo delle "figurine" sulle parole, considerate troppo difficili, forse, per persone che crescono sommerse da una infinita serie di immagini rovesciate loro addosso alla rinfusa e senza serie didascalie.
Smanettano come matti sugli smartphone ma non sanno cosa cercare, si bloccano increduli davanti a poche righe di seguito, soprattutto se non ci sono "figurine" (che, detto per inciso, fanno fatica a collegare con le parole), vanno nel panico se la temutissima verifica di storia non prevede risposte a crocette ma l'obbligo di pensare ed esprimere dei concetti.
In sostanza ogni giorno è una lotta senza quartiere contro una crescita volutamente ignorante: non c'è problema, si fa, lo fanno migliaia di insegnanti costretti però poi a infilare tutto questo in griglie di valutazione ancora più assurde.
Che fare? Arrendersi all'idea che, a parte i soliti fortunati nati in ambienti particolari o essi stessi particolarmente dotati, stiamo facendo crescere una massa di ignoranti vulnerabili e facilmente circuibili da quello più bravo a proporre "figurine" per adulti?
Sarebbe una sconfitta cocente. Come insegnare loro il gusto di imparare il nome dei fiori che la mamma pianta nel giardino, dei frutti che prima di finire nei banchi dei supermercati crescono sugli alberi? 
Che sia il caso di imporre l'obbligo per gli educatori (anche i genitori, di qualunque specie essi siano) di leggere loro le fiabe fin da piccoli, quelle scritte bene, quelle che instillano la voglia di sapere, che insegnano parole nuove, che, magari, insegnano a leggere la realtà attraverso la fantasia?
Proviamoci, chissà, magari funziona. La fantasia dei bambini e dei ragazzi è quasi inesauribile, facciamola scatenare.
C'era una volta una pecora che brucava tutto, anche i garofani piantati sotto un noce carico di frutti....