Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

mercoledì 29 giugno 2016

Letteratura e bellezza contro l'orrore. #istanbul #bellezza

Ancora bombe, ancora morti, ancora orrore. Allo sdegno devono seguire politiche attive contro il terrorismo, a noi cittadini la capacità di discernere, capire, aprire la mente verso un mondo che cambia e si evolve.
Difficile dire ancora qualcosa davanti ad altro sangue innocente. Mi sento solo di dedicare a noi tutti qualche riga bellissima di Marcel Proust sulla scrittura e sulla lettura.

 Quanto al libro interiore di segni sconosciuti (segni in rilievo, sembrava, che la mia attenzione, esplorando il mio inconscio, andava a cercare, urtava, aggirava come un palombaro che scandaglia), per la cui lettura nessuno poteva offrirmi l'aiuto di nessuna regola, la lettura stessa consisteva in un atto di creazione dove non c'è alcuno che possa sostituirci e nemmeno collaborare con noi. Quanti, così, tralasciano di scriverlo! Quanti compiti non ci si assume pur di sottrarsi a quello! Ogni avvenimento, fosse l'affare Dreyfus, fosse la guerra, aveva fornito altre scuse agli scrittori per non decifrare quel libro; volevano assicurare il trionfo del diritto, rifare l'unità morale della nazione, non avevano il tempo di pensare alla letteratura. Ma erano solo delle scuse, perché non avevano - o non avevano più - genio, cioè istinto. L'istinto, infatti, detta il compito, e l'intelligenza fornisce i pretesti per eluderlo. Solo che le scuse non fanno parte dell'arte, le intenzioni non vi contano nulla, in ogni momento l'artista deve ascoltare il proprio istinto, e questo fa sì che l'arte sia quel che c'è di più reale, la più austera scuola della vita, e il vero giudizio finale. Quel libro, arduo più di ogni altro da decifrare, è anche il solo che la realtà ci abbia dettato, il solo che sia stato "impresso" in noi dalla realtà medesima. Di qualsiasi idea lasciataci dalla vita si tratti, la sua figura materiale, traccia dell'impressione ch'essa ha prodotta in noi, è comunque il pegno della sua verità necessaria. Le idee formate dall'intelligenza pura non hanno che una verità logica, una verità possibile, la loro elezione è arbitraria. Il libro dai caratteri figurati, non tracciati da noi, è il solo nostro libro. Non che le idee formate da noi non possano essere giuste dal punto di vista logico; ma non sappiamo se sono vere. Slo l'impressione, per misera che ne sembri la materia e ineffabile la traccia, è un criterio di verità, perché lei sola è capace - a patto ch'esso sappia estarne quella verità - di condurlo a una perfezione maggiore e di dargli una gioia pura. L'impressione è per lo scrittore ciò che la sperimentazione è per lo scienziato, con la differenza che nello scienziato il lavoro dell'intelligenza viene prima, nello scrittore dopo. Ciò che non abbiamo dovuto decifrare, chiarire col  nostro sforzo personale, ciò che era già chiaro prima di noi non ci appartiene. Viene da noi solo quanto traiamo dall'oscurità che è in noi ed è ignoto agli altri.

Marcel Proust - Il tempo ritrovato

domenica 26 giugno 2016

Salviamo le mura! #Coneglianocittàmurata @fondoambiente

Grazie al FAI (Fondo per l'Ambiente Italiano) e alla collaborazione di qualche prezioso volontario oggi qualcuno ha potuto godere della bellezza, del fascino, degli scorci e dei panorami delle mura di Conegliano. Capita di rado e grazie alla sensibilità di un proprietario che ha anche falciato l'erba e messo a disposizione il suo albero grondante succosi amoli i fortunati sono entrati attraverso uno dei misteriosi cancelletti lungo le mura Carraresi.
Stamattina, come per incanto, si è aperto anche il cancelletto delle mura della Castagnera, la ripida salita ci ha permesso di entrare nella storia, sulle tracce di guerrieri e frati minori, architetti antichi e maestranze sapienti. 
Lo spettacolo è meraviglioso, la possanza delle mura maestosa, il restauro del lato ovest appare in tutta la sua bellezza, ma.... solo per pochissimo e tempo e solo per pochi!
Da questo lato il restauro, splendido, è stato fatto, ma nessuno può goderne.
Sul versante nord, lo sappiamo, la situazione è disastrosa sotto ogni punto di vista, nulla si muove da anni, se non i bastioni che stanno scendendo verso valle, rischiando di disperdere per sempre un patrimonio che non ha prezzo.
Chi ci amministra, nonostante gli stimoli e le tante voci, continua a snobbare anche gli strumenti a disposizione, come l'Art Bonus: centinaia di comuni ed enti italiani si sono iscritti nella lista nazionale http://artbonus.gov.it/ , iniziando a mostrare i progetti e a cercare mecenati. Non è facile, ma si può fare, bisogna fare, non restare a guardare l'inesorabile declino del nostro tesoro più prezioso, magari solo per l'egoismo di qualcuno che ha paura di improbabili "invasioni".
L'arte, la storia, il patrimonio architettonico sono di tutti e tutti devono avere la possibilità di fruirne.
Abbiamo progetti pronti e approvati, ma giacciono da anni: non ho mai visto questa amministrazione darsi davvero da fare per superare gli ostacoli e dare il via al restauro e all'apertura di un percorso davvero straordinario.
In cinque consiglieri comunali abbiamo presentato una mozione per chiedere che almeno il progetto di restauro del castello e delle mura di Conegliano vengano inseriti nel sito di Art Bonus (come hanno fatto Mareno, Cison, Santa Lucia, Pieve di Soligo.....).
Per chi ne ha voglia, di seguito il testo della mozione.
P.S. Grazie all'arch. De Mori, all'arch. Potocnik, al dott. Dal Canton, alla prof.ssa Zanussi per la disponibilità dimostrata nei confronti del FAI. Una passeggiata davvero stupenda.




Oggetto: Mozione per diventare parte degli Enti partecipanti all'Art bonus.

PREMESSO CHE:

  • La città di Conegliano ha già ottenuto l'approvazione di due progetti riguardanti il restauro della Cinta muraria, della Rocca di Castelvecchio e altre opere minori collegate, così denominati:
  1. Restauro, consolidamento e valorizzazione della Cinta muraria occidentale e della Rocca di Castelvecchio (2° stralcio funzionale);
  2. Restauro, consolidamento e valorizzazione di cinta muraria, Rocca di Castelvecchio e viabilità storica minore – 3° stralcio funzionale – Calle Madonna della Neve, Cinta Muraria Settentrionale, parcheggio via dei Pascoli e collegamento a Porta del Soccorso”;
  • A tutt'oggi per diversi motivi, non si è proceduto all'inizio dei lavori ed i beni sopra esposti corrono il rischio di danni irreparabili alle strutture;
  • La restituzione alla collettività dei beni avrebbe un grande impatto positivo sia sul piano dell'arricchimento culturale di Conegliano che dell'afflusso dei turisti;

CONSIDERATO CHE:
  • Ai sensi dell'art.1 del D.L. 31.5.2014, n. 83, "Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo", convertito con modificazioni in Legge n. 106 del 29/07/2014 e s.m.i., è stato introdotto un credito d'imposta per le erogazioni liberali in denaro a sostegno della cultura e dello spettacolo, il c.d. Art bonus, quale sostegno del mecenatismo a favore del patrimonio culturale.
  • In tutto il territorio nazionale molti Comuni hanno aderito all'iniziativa Art bonus, entrando a far parte dell'elenco dei partecipanti, dando così maggior visibilità ai propri progetti, permettendo a cittadini e mecenati interessati di conoscerne le proposte. ( www.artbonus.gov.it )
  • Fra questi Comuni alcuni sono anche vicini a noi (Mareno di Piave, Cison di Valmarino, San Polo di Piave, Pieve di Soligo, Refrontolo e Santa Lucia di Piave per citarne alcuni).
I sottoscritti consiglieri CHIEDONO che il Consiglio comunale impegni la Giunta a predisporre quanto necessario per inserire anche i due progetti sopra indicati relativi al restauro della cinta muraria del castello nell'elenco nazionale e poter così avviare la ricerca e il reperimento dei fondi necessari alla realizzazione.
I consiglieri comunali
Isabella Gianelloni – Alessandro Bortoluzzi – Paolo Giandon
Laura Rossetto – Flavio Pavanello

venerdì 24 giugno 2016

Sputare in faccia alla storia. E ai giovani #Brexit

Non parlo mai pubblicamente di mia figlia, soprattutto per la sua ritrosia, per la sua grande modestia e il culto (molto british) della privacy.
Ma oggi non posso prescindere dalle sue lacrime e dalla sua amarissima considerazione: "Hanno sputato in faccia alla Storia. Come se dall'umanesimo in poi fosse tutta aria sprecata".
Il dramma non è solo e non tanto che la Gran Bretagna abbia deciso di uscire da un'Unione da cui ha ricevuto ben più di quanto abbia dato, che un pezzo di Europa pensi di rimanersene beatamente solo in mezzo al mare. Già Scozia e Irlanda del Nord stanno cominciando ad alzare la voce, a chiedere autonomia da un Paese che si dimostra fermo, pieno di paura, proprio quel Paese che ha ampliato smisuratamente i propri confini andandosi a prendere la terra altrui in tutto il pianeta.
La Gran Bretagna se la vedrà con i propri immensi problemi.
A preoccupare è soprattutto l'idea, cavalcata da troppi leader (non certamente statisti) incapaci di guardare avanti, occupati a tamponare qualche falla elettorale, a cavalcare le assurde paure della cosiddetta "gente" piuttosto che a compiere qualche semplice riflessione.
Chi si è isolato dal resto, da che mondo è mondo, alla fine ha sempre desolatamente perso, travolto dal fluire degli eventi. 
Pensare di starsene beati nel proprio isolamento è una illusione, per giunta criminale: l'Occidente, per tutto quanto ha combinato nel resto del pianeta nei secoli e decenni scorsi e per quanto continua a lucrare nelle tremende contraddizioni di Africa e Asia, non può far finta di non sapere perché milioni di persone lasciano la propria terra per cercare salvezza e futuro. Noi occidentali, noi Europei, dovremmo avere almeno la decenza di tacere.
I Paesi giunti per ultimi nell'Unione Europea hanno ricevuto miliardi di euro di aiuti, di crediti, autostrade spianate per costruire, industrializzare: dopo pochi anni credono di rifarsi sui più poveri: agghiacciante e ingiusto.
La gente ha paura? Sacro dovere di chi la governa sarebbe quello di spiegare che si tratta di paure inutili, che il mondo va avanti perché si mescola, che siamo tutti il risultato di milioni di mescolanze.
Credo fermamente che buona parte di questa classe dirigente europea, con le dovute eccezioni, fra cui il nostro governo almeno in questo settore, non sia degna  del ruolo che riveste, incapace di guardare un metro fuori dal proprio giardino, incapace di pensare che cosa vogliamo lasciare alle generazioni future.
Dopo 70 anni non ci stiamo ancora sparando fra europei e non abbiamo forse compreso quale grande valore ci sia dietro un dato di fatto che non è per nulla scontato: l'impressione è che sia in corso un altro tipo di guerra, che sparge sì sangue ma soprattutto odio e aridità.
La cosa più grave è che i vecchi stanno tradendo i giovani, essendo ormai la maggioranza in un continente sempre più vecchio hanno voluto tarpare le ali ai sogni delle giovani generazioni.
Cara Elena, di queste classi dirigenti ne abbiamo piene le tasche, i cambiamenti, quelli veri, sono sempre giunti dai giovani che studiavano, si applicavano, ricercavano, si parlavano, si confrontavano.
In un Medioevo agli sgoccioli fu la Firenze senza analfabeti a gettare le basi del futuro, dell'Umanesimo, del Rinascimento.
Tocca a voi, a quella che tutti chiamano "generazione Erasmus", ai tanti giovani che non concepiscono frontiere, dare una scossa all'Europa.
Fatevi protagonisti del vostro futuro: tanti, anche delle generazioni trascorse, ci staranno, aiutandovi. Del resto, degli imbonitori e dei parrucconi, potete anche fare volentieri a meno.


domenica 19 giugno 2016

Venezia che trascina


Ogni volta diversa, ogni volta trascina: inutile e dannoso resisterle, Venezia è quel che è, unica, immutabile eppure sempre diversa.
Ieri mi mancava il cappello di paglia: complice la giornata estiva e il cielo dipinto di un azzurro che fa cambiare anche il colore dell'acqua, scendere dal treno ha significato un tuffo in quell'estate tanto attesa e che non è ancora arrivata.
La stazione ferroviaria pare un luogo impazzito, centinaia di persone che vanno e vengono da e per chissà dove, tentando di guadagnare l'uscita trovo piedi e spalle che incrociano i miei, un pullulare di "sorry" con gli accenti più diversi.
Fuori, nel bagliore di un pomeriggio memorabile, un improvviso sciame di scarpe, berretti, fru-fru e improbabili mises mi trascina di qua e di là. Opporsi? Del tutto inutile, meglio intrufolarsi nella massa.
Crisi, brexit, minacce, tutto svanito nell'insopprimibile desiderio di tutti, quello di essere lì, in quell'attimo, rubando a Venezia immagini, sensazioni, colori, immagazzinando nella memoria i contorni dei palazzi e delle gondole, il sempiterno chiacchiericcio di sottofondo, l'immensa massa di paccottiglia in vendita.
Lo slalom tra i selfie e le fotografie in cima al ponte degli Scalzi ha del comico, sono convinta di essermi trasformata in involontaria intrusa in qualche immagine che sarà vista chissà in quale angolo del pianeta.
Comprendo il fastidio dei veneziani, in fondo Venezia è loro e vorrebbero circolare in santa pace, ma la convivenza con i turisti ed i visitatori è il prezzo pagato ad un luogo unico al mondo; tutto il pianeta o ci è stato o vorrebbe venirci e quelli che non sono ancora nati subiranno lo stesso fascino, un giorno.
Poi, all'improvviso, il cambio di scena, come nelle migliori pièces teatrali: stessa luce, stessi contorni, ma il silenzio fra calli strettissime e, sullo sfondo, una gondola che scivola sull'acqua. Ne sento distintamente il fruscio leggero, mentre qualche passo si avvicina. E allora sorrido, pensando fra me che sono fortunata ad essere veneta, ad aver frequentato da sempre questa città, a saperla girare facendo finta di perdermi nel labirinto di calli e fondamenta.
San Giacomo de l'Orio, la meraviglia di un boschetto intrufolato fra i masegni a far da guardia a una delle chiese più antiche di Venezia, veneziani e non che ciondolano leccando un gelato, un po' di gente in attesa delle prossime calli quasi deserte, da percorrere tranquillamente col naso all'insù.
La meta, in fondo, è molto vicina; Ca' Pesaro, maestosa e scintillante, oggi accoglie un sogno che si sta realizzando: Venezia Città delle donne, Venezia ancora una volta aperta al mondo e soprattutto al mondo di chi ha meno voce.

 A dare lustro a un incontro speciale una platea composta soprattutto di donne in festa: capaci, intelligenti, pronte a mettersi ancora una volta in gioco.
Venezia si mette alla testa di un progetto ambizioso, che riparte proprio dalla meraviglia dei propri musei, dalla propria antica e gloriosa tradizione, dal proprio immenso "appeal" per dire che si può fare, che anche qui, dove tutto appare così complicato, si può produrre cultura in modo nuovo.
Wi-Fi e fasciatoi per cambiare i piccoli, angoli per i bambini, accoglienza e nuovi stimoli dai giovani visitatori che fra tele preziose, merletti frutto di immense fatiche e sapienze, tessuti belli da togliere il fiato sapranno proporre approcci nuovi, associazioni di aiuto alle donne e ai giovani in difficoltà, di imprenditrici curiose e coraggiose.
Undici musei riuniti, grandi competenze, una buona dose di coraggio e una quantità smisurata di energia: tutto questo è Venezia Città delle donne, grazie alla Fondazione Musei Civici Veneziani, alle sue dirigenti, agli operatori, alla Presidente, la mia amica Mariacristina Gribaudi.
Venezia trascina con la propria bellezza immutabile, con il proprio fascino inebriante, ma anche con il coraggio di cambiare.
Facciamoci trascinare anche qui, nella Terraferma, troppo sonnacchiosa e impaurita: con troppa paura di sbagliare si rimane fermi nella palude. Servono idee e coraggio.

giovedì 16 giugno 2016

Una città nemica degli alberi? Non ci sto

Altri alberi tagliati, ancora una volta Conegliano si dimostra poco amica di questi meravigliosi esseri viventi che invece migliorano le nostre vite.
Via Pittoni sarà rimessa a posto, i marciapiedi sistemati, l'asfaltatura rifatta, il sotto passaggio ferroviario reso sicuro. I pini marittimi tagliati perché le radici affioranti rovinano la strada... ma nessun altro albero sarà piantumato al loro posto e via Pittoni sarà anche molto più brutta.

E dire che ci sono fior di leggi, che Conegliano stessa ha aderito ad Agenda 21, al PAES, ma .... qui si continua ad essere nemici degli alberi.
Per questo motivo ho presentato l'interpellanza che segue.

Oggetto: Interpellanza per la piantumazione di nuovi alberi in Via Pittoni


PREMESSO CHE:

  • La Legge del 29 gennaio 1992 n. 113, modificata con la Legge 14 gennaio 2013 n. 10 (Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani) prevede la piantumazione di un albero per ogni nuovo nato;
  • La città di Conegliano ha sempre avuto nel proprio centro i viali alberati e i giardini come caratteristica fondante del paesaggio urbano;
  • Sono partiti i lavori per la sistemazione dei marciapiedi e del manto stradale di Viale Pittoni

CONSIDERATO CHE:
  • La delibera di Giunta n. 210 del 26/05/2016 riguardo “Lavori di manutenzione straordinaria di Via Pittoni e tratto di Viale Istria”, prevede l'abbattimento delle alberature esistenti;
  • Via Pittoni è una strada di grande significato per la storia architettonica e sociale della città;
  • Conegliano, aderendo ad Agenda 21 ha preso l'impegno di non diminuire il verde esistente;
  • In data 24 luglio 2014 il Consiglio Comunale ha approvato l'adesione al Piano d'Azione per l'Energia sostenibile, che prevede l'abbattimento della produzione di CO2, obiettivo per il quale gli alberi sono un formidabile aiuto

IL SOTTOSCRITTO CONSIGLIERE CHIEDE

Se questa Amministrazione intenda piantumare nuovi alberi al posto di quelli che saranno abbattuti durante i lavori di manutenzione di Via Pittoni, nella fattispecie piante che non provochino i danni al manto stradale procurati dalle radici dei pini marittimi, facendo anche attenzione all'eventuale presenza di allergeni.



Il consigliere comunale
Isabella Gianelloni

martedì 7 giugno 2016

Globalizzazione a occhi bendati

1. Quando lo scorso marzo a Conegliano morì il terzo "clochard", emarginato, povero, homeless, barbone, cioè un uomo, una cara amica, per consolare il mio dolore, mi disse che dovremo farcene una ragione: queste cose nelle città grandi accadono da sempre. E la nostra contiene ormai buona parte delle contraddizioni delle comunità più grandi.
Allargandosi il numero di sbandati presenti sul pianeta tendono a rimpicciolirsi le dimensioni delle aree che vedono, per contro, aumentare il numero di persone in difficoltà.
2. Ieri un altro ragazzo è rimasto a terra, sempre a Conegliano, in uno dei luoghi "difficili" della città: anche lui uno sbandato, forse tossico, forse malato, forse no. In ogni caso un ragazzo come tanti nelle mille periferie del pianeta, con un particolare che qui, in questo lembo di nordest, fa ancora scalpore: aveva la pelle nera, era un africano.

Lasciando perdere i nauseabondi commenti di tanti orrendi razzisti che ho letto sui social (l'osteria più violenta che ci sia, nulla a che vedere con i saloon del Far West, luoghi da educande, al confronto), ci sono alcune osservazioni che invece fanno riflettere, una su tutte: "Ma come è finita la nostra Conegliano?".
Posto che le forze dell'ordine lavorano spesso in condizioni molto difficili e che sarà l'autopsia a stabilire come è morto quel povero ragazzo, provo a elencare qualche pensiero su cui, secondo me, dovremmo riflettere come cittadini.
Il clima da Mulino bianco esiste nella pubblicità di un uomo che vive con una gallina, tutto il resto del mondo è assai diverso.
La mia adolescenza, circa quarant'anni fa, era costellata di sbandati nostrani, spesso di buona famiglia ma "in crisi", come si diceva allora, che pensavano di trovare nell'eroina la soluzione ai loro problemi. Forse davano meno fastidio perché molti li conoscevano, perché erano nostrani e avevano la pelle bianca.
Poi è arrivata la globalizzazione, con tutti i vantaggi e le enormi tragedie ad essa legate: quanti veneti hanno brindato al primo volo di linea Treviso - Timisoara, segno di un nordest che andava a guadagnare palate di soldi nei Paesi dell'Europa dell'Est, liberati dal socialismo reale e desiderosi solo di vedere nuovo denaro, a scapito dei lavoratori nostrani, soprattutto nel settore tessile, colpevoli solo di aver conquistato salari più alti, diritto alla malattia, alle ferie, alla salute? Iniziò una guerra tra poveri.
Per non parlare degli albanesi, anch'essi in fuga ma benedetti perché fuggivano, anche loro, dal regime comunista: poi, nella vulgata comune, divennero tutti tagliagole, spacciatori o simili.
E cosa vogliamo dire delle migliaia di donne dell'est che accudiscono i nostri vecchi?
Oppure di tutti gli stranieri che svolgono lavori che noi, dall'alto del nostro benessere, non vogliamo più fare? Ci chiediamo mai chi raccoglie frutta e verdura, chi lavora nelle stalle a spalare letame, nelle "fabbriche" di petti di pollo già tagliati a fettine per le nostre diete?
A tutti noi piace molto il progresso, quello che ci permette di acquistare tecnologia sempre più sofisticata, di viaggiare, di vendere, di  acquistare beni a poco prezzo perché fabbricati da mani  di colore diverso dal nostro, ma ci allarmiamo molto quando, insieme ai colori sgargianti delle immagini digitali, ci ritroviamo davanti agli occhi il dolore, e anche gli sbagli, di tutta un'umanità di cui non sospettavamo l'esistenza.
Ci piacerebbe godere solo delle cose belle, ovvio, ma non è possibile, mettiamocelo in testa.
Il mondo pullula di imbecilli e anche di criminali, equamente distribuiti nel reticolo di meridiani e paralleli. I criminali più pericolosi sono quelli che bombardano e/o affamano i popoli costringendoli a fuggire, ed i popoli sono composti di esseri umani. Punto. I criminali vanno puniti, gli imbecilli, possibilmente, educati. Chi sbaglia deve pagare e chi sbaglia perché magari sta male va prima di tutto aiutato a guarire (proprio come hanno fatto le tante comunità che hanno aiutato i tossicodipendenti di casa nostra). In un mondo difficile, grande ma in fondo piccolo, anche Conegliano fa parte del gioco, inutile nascondersi, chiudere gli occhi, girarsi dall'altra parte.
Anche perché noi, "doc", sembriamo tutto sommato molto annoiati ed ipertrofici, ci perdiamo spesso in discorsi inutili per giustificare la poca voglia di impegnarci per trovare soluzioni vere.
Vuoi vedere che qualcuno di questi nuovi ospiti ci darà lo stimolo per uscire dal torpore e lavorare per rendere migliore un continente e anche una città, come Conegliano, che langue da troppo tempo, e di certo non per colpa loro?

giovedì 2 giugno 2016

70 anni al femminile #2giugno

70 anni, un bel compleanno per una nazione ancora giovane, ancora piena di contraddizioni e storture, ancora da fare del tutto, ma pur sempre una delle democrazie più vere e autentiche d'Europa e dell'intero pianeta.
Una nazione che deve tanta della propria storia migliore all'impegno, al sacrificio e all'intelligenza delle donne, dal Risorgimento fino ad oggi.
Dopo l'immane sforzo compiuto anche dalle donne durante la Grande Guerra e il tradimento delle loro speranze da parte del regime di Mussolini, furono centinaia le antifasciste incarcerate dal Tribunale Speciale, le staffette, le partigiane, le resistenti in vario modo.
Tutte loro, col sacrificio personale, conquistarono finalmente i diritti politici, l'elettorato attivo e passivo. 
Proprio nel 1946 furono elette le prime costituenti, le madri della nuova Patria, le prime donne sindaco, le prime consigliere comunali.
La battaglia non fu facile, molti anche tra le fila della sinistra non si fidavano delle donne: toccò a loro dimostrare ancora una volta il proprio valore, scoprendo che ad esse (ancora oggi) si chiede comunque di essere preparate e capaci almeno il doppio dei colleghi uomini.
Dal 1946, quando le donne votarono per la prima volta, sia per il referendum che per l'Assemblea Costituente, l'Italia è un Paese democratico e grazie al contributo decisivo delle "madri della Patria" la nostra Costituzione afferma con forza la parità di genere.
Da allora, senza alcun regalo, le donne hanno conquistato la parità di salario, il diritto agli asili, ai consultori, l'autonomia nel decidere del proprio corpo, la parità nel diritto di famiglia e tanto altro ancora. Rimane ancora tanto da fare, lo sappiamo, e il futuro delle donne italiane sarà legato a doppio filo con la consapevolezza degli uomini, da far crescere, da far cementare soprattutto a partire dalle nuove generazioni di ragazzi e ragazze.
Alle 21 elette di allora, a tutte quelle che entrarono nei primi Consigli Comunali e anche a quelle che comunque contribuirono al successo della democrazia deve oggi andare il nostro perenne ringraziamento per ciò che hanno saputo fare e per ciò che ci hanno insegnato, soprattutto che nessun avanzamento è per sempre, se non affermato ogni giorno con tenacia e passione.