Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

domenica 26 novembre 2017

La strada storta (Per Sergio Marchesin)

Il mio primo vero impatto con la politica avvenne in una stanza piena di fumo e di giovani che discutevano di argomenti per me incomprensibili, ma di sicuro fascino. Ero con Franca, la mia compagna di classe delle medie e in quegli ultimi mesi prima degli esami andavamo in esplorazione del mondo politico e sindacale.
Salii poi una seconda volta le scale di Via Accademia 2, dove all'ultimo piano c'era la sede del PCI: quel posto mi attraeva in modo irresistibile, ma stavolta Franca non era con me. Avrei voluto entrare nell'ufficio accanto alla sala della volta precedente, ma aveva ancora la porta chiusa: in pochi attimi mi avevano spiegato che lì dentro lavorava il segretario di zona del partito... e non era il caso di disturbarlo, se non per motivi serissimi. 
Lì dentro c'era anche il telefono; nel salone il ciclostile cantava incessantemente, persone che non conoscevo arrivavano, entravano per un po' nell'ufficio, poi ritiravano lettere e volantini nel salone e sparivano.
Mi piaceva quel posto, soprattutto il ciclostile davanti al quale avrei passato più ore che sui libri di greco e latino. Mi piaceva la sensazione che in quelle stanze perennemente affumicate, con le immagini appese alle pareti e montagne di carta accatastata ovunque si stesse compiendo qualcosa di importante, che quelle persone fossero depositarie di verità assolute.
Le ho poi conosciute una ad una, ho condiviso con molti di loro un lungo pezzo di strada, ci ho litigato e discusso per ore ed ore, abbiamo riso tanto, cantato, manifestato, pianto. 
Il capo incontrastato di tutti era comunque lui, il segretario di zona, Sergio Marchesin. Un po' confusamente avevo capito che lottava da decenni per i diritti dei lavoratori, che si era guadagnato "sul campo" le stellette di segretario, che era consigliere comunale rispettato da tutti, avversari compresi.
Non fu facile entrare in confidenza con lui: burbero dietro gli occhiali e i baffi ti guardava con aria indagatrice (secondo me un po' se la rideva) e se ne usciva con battute taglienti che non risparmiavano nessuno. Brontolava e si arrabbiava di continuo, ma mi fece capire che le cose vanno fatte bene, altrimenti è meglio lasciar perdere.
Intellettuale finissimo (ma questo l'ho scoperto dopo) perdonava gli strafalcioni agli operai e a quelli che non erano andati a scuola, ma era intollerante con quelli "studiati" e con noi giovani che, a dire il vero, volevamo bruciare un po' le tappe e scrivevamo quelli che chiamava "Obbrobri mal scritti e mal stampati".
Mi mise alla prova affidandomi un timbretto con su scritto "Stampe": centinaia di buste da affrancare con la tariffa ridotta a patto che ci fosse il timbro, centinaia di volantini da piegare e inserire, indirizzi da appiccicare. Il mio lavoro politico iniziò da lì e dai chilometri percorsi in quell'inizio d'estate del 1975, campagna elettorale per le amministrative.
Sarà stata anche l'amicizia profonda con la minore delle sue figlie, Allegra, sarà stata l'intercessione della sua amatissima Augusta, che invece guardava noi giovani con comprensione, ma poco alla volta il burbero Sergio si ammorbidì un pochino (poco, s'intende).
Si arrabbiava molto, ma sapeva ridere altrettanto, era esigente con gli altri ma prima di tutto con se stesso, ha dedicato la sua vita a una causa per la quale ha pagato e non ha certamente riempito il portafoglio, ha saputo coniugare la passione politica con l'arte, ha rappresentato, come molti altri della sua generazione, una politica svolta con passione, competenza, abnegazione assoluta. Funzionari pagati sempre troppo poco, disponibili dalla mattina alla sera tardi, sempre e ovunque ce ne fosse bisogno. Nostalgia? Sì, tanta.
Sempre in quell'anno, ormai 42 anni fa, i miei genitori presero due quadri ad una sua mostra di pittura. 
Di uno Sergio non era soddisfatto e promise che un giorno sarebbe venuto a prenderselo per raddrizzare la strada dipinta, secondo lui troppo storta. Non l'ha mai fatto, e la strada del quadro è rimasta così com'era, come del resto il mondo che Sergio voleva più dritto, più giusto.
Caro Sergio, te ne sei andato a 90 anni e io mantengo con affetto quel quadro con la strada storta (che vedevi solo tu): per parafrasare Calvino non basta un cavaliere intero per fare intero il mondo.
La strada è storta, ma rispecchia questo mondo: tu lo avresti voluto migliore.

martedì 21 novembre 2017

Patenti di miserabilità #Conegliano

Presepe della scuola materna "Matteotti"
Un paio di secoli fa, ma anche nei decenni successivi, nei Comuni esistevano le tristissime patenti di miserabilità, vale a dire permessi di mendicare nel territorio cittadino o ricevere aiuti in farina, un ricovero negli "ospitali" dell'epoca, l'esenzione dall'odiatissima tassa personale e via elencando.
Dato il grandissimo numero di poveri che vivevano stabilmente a Conegliano o vi giungevano nel loro sempiterno peregrinare, aumentato dalla pellagra endemica, i funzionari preposti avevano il loro bel da fare, sempre con la paura che ci fossero, anche allora, i "furbetti della pagnotta".
Regolarmente qualcuno usciva per le ispezioni, scriveva ai Comuni di provenienza, chiedeva lumi ai parroci, detentori formidabili dell'unica vera conoscenza sullo stato delle "anime".
Invariabilmente, e le carte dell'archivio lo dimostrano, la risposta era solo una: la persona in questione era davvero miserabile, per un numero molto vario di motivi.
A nessuno dei notabili che allora governavano la città veniva in mente di domandarsi da quanto tempo fossero qui, perché fossero poveri: con qualche naturale mugugno sui problemi per le casse cittadine fiorivano raccolte di beni, dispense dai digiuni, insomma aiuti in varie forme.
Chiaro che, trattandosi di tanto tempo fa, la povertà era considerata una condizione normale, sotto i portici dei palazzi signorili ci si poteva riparare in qualche modo dalle intemperie. E poi, diciamolo, i conteggi delle tasse versate da chi invece poteva permetterselo denunciavano ben più di qualche "furbetto della pagnotta", abitudine invalsa fin dai tempi della gloriosa "Serenissima" che, per evitare problemi, aveva finito per disinteressarsi dei capitali e delle rendite di chi avrebbe potuto pagare e anche per questo era finita in rovina.
Ma, si sa, tutto questo accadeva molto tempo fa.
Oggi tutto è cambiato: abbiamo delle leggi precise che regolano il pagamento delle imposte, possediamo un vero catasto (quasi, e fra l'altro merito di Napoleone e degli Austriaci), soprattutto la sensibilità è molto aumentata.
Oppure no? Vuoi vedere che c'è qualche crepa in questo nostro bellissimo e giustissimo mondo contemporaneo?
Vuoi vedere che per le casse dei Comuni sono più deleteri quelli che, come è capitato di vedere a me qualche anno fa (ripeto qualche anno fa, anzi trenta), portano i figli all'asilo in Porsche e pagano rette più basse di un lavoratore dipendente? Oppure che tanti di quelli che sporcano e insozzano in vario modo le vie, disturbano la quiete notturna, parcheggiano enormi auto in sosta vietata, speculano su terreni, approfittano della cosa pubblica per farsi gli affari propri risiedono in questa città da decenni, per non dire da generazioni?
Siamo sicuri che sia opportuno, educato e perfino intelligente prendersela con chi ha bisogno?
Caro consigliere Bottega, in Commissione il suo gruppo ha votato a favore del regolamento per l'accesso alle prestazioni sociali agevolate, nel solco di una politica sociale che in questo Comune ha sempre cercato di andare incontro ai più deboli, cosa è successo all'improvviso? Lo dico da esponente dell'opposizione: le politiche sociali possono, secondo noi, essere migliorate con una maggiore programmazione, con progetti ad hoc, scovando quelli che se ne approfittano, ma non credo, caro Bottega e cara Lega Nord, che in quest'ultimo caso si tratti di persone appena giunte in città: regolare conti interni alla maggioranza prendendosela con i più deboli è davvero triste e fastidioso.
Noi ci siamo astenuti perché pensavamo che parlarne in Consiglio Comunale avrebbe significato affrontare pubblicamente un tema difficile e delicato come quello della povertà.
Tenete presente, voi che con la scusa di inesistenti approfondimenti tecnici state cercando in qualche modo di inserire un po' di razzismo peloso in città, che Conegliano ha un ospedale, diversi ambulatori, uffici, una stazione ferroviaria e una delle corriere, istituti scolastici di ogni tipo: troppo comodo voler solo fiocchi e tappeti, è necessario governare una realtà più complessa di tutti i paesi che sorgono ai nostri confini messi insieme.
Nei cinque anni trascorsi ogni volta (troppo poche) che si parlava della povertà, del disagio e dei tantissimi problemi ad essa connessi i consiglieri di maggioranza tacevano, tutti, evidentemente perché non avevano nulla da dire, lasciando la parola all'assessore Perin, lasciato ad occuparsi di quella cosa ritenuta con tutta evidenza fastidiosa.
Questo improvviso risveglio purtroppo non fa ben sperare.
Acciuffiamo i furbetti, sono la prima a dirlo, ma cominciate a informarvi, a voler capire cosa sono povertà e disagio, tenete presente che in Italia, per fortuna, esistono leggi valide in ogni angolo del Paese e che nessuno può permettersi di eludere e che Conegliano, fra l'altro, ha già pagato abbastanza spese legali in cause perse in partenza.
Non temete: non saranno gli aiuti a chi ha bisogno a impedire l'accensione di luci e musichette nella ruota panoramica natalizia.
Ah già, il Natale, la festa della bontà... Ma questa è un'altra storia.

martedì 7 novembre 2017

Una "Cima" troppo in basso nei pensieri di chi amministra

A Giambattista Cima e a San Francesco sono dedicate le due scuole dell'obbligo del centro della città di Conegliano.
Hanno avuto, negli ultimi anni, un destino comune, occupando uno stabile degli anni Sessanta adatto a tutto fuorché per una scuola primaria e una secondaria di primo grado.
L'edificio, che ha ospitato anche l'Istituto Tecnico Commerciale, è stato pensato ormai cinquant'anni fa e da allora è rimasto com'era, a parte qualche finestra nuova e fasce di plastica intorno alle colonne per evitare incidenti gravi agli alunni.
Ciò che è più grave, in questi ultimi anni nessuno ha pensato di risolvere problemi gravissimi come le insormontabili barriere architettoniche sia per l'accesso dall'esterno che dentro la scuola che, ricordiamo, non solo è in cima a una ripida salita, ma si sviluppa su tre piani, con rampe di scale ripide e pericolose. Manca un ascensore interno e i ragazzi sono costretti alla ricreazione in un quadrato davvero troppo stretto, per non parlare dell'assenza della palestra, che costringe le classi ad "emigrare" ogni volta, perdendo tempo prezioso.
Possibile che in tutti questi anni non si sia pensato a trovare delle soluzioni? Qualche volta, nelle pieghe del bilancio comunale si trovano cifre davvero importanti destinate ad usi di secondaria importanza: nessun pensiero, mai, per i due istituti del centro cittadino...
La tanto sbandierata sicurezza parte innanzi tutto da quella che chi di competenza deve assicurare ai propri cittadini, bambini in testa.
Ho invitato l'Amministrazione a rispondere a qualche domanda, presentando l'interpellanza che, come di consueto, pubblico di seguito.

Oggetto: interpellanza sullo stato dell'edificio che ospita le scuole San Francesco e Cima

PREMESSO CHE

La sicurezza delle scuole, di chi ci lavora e degli alunni che le frequentano è uno dei principi fondamentali che devono ispirare l'azione amministrativa;

CONSIDERATO CHE
  • La scuola primaria San Francesco e la Scuola Secondaria di Primo Grado G.B. Cima sono i due istituti del centro storico della città;
  • Lo stabile che le ospita risale agli anni Sessanta e che, da quanto dichiarato dagli uffici, il Comune ha previsto lo stanziamento nel Bilancio 2017 della somma necessaria all'analisi di vulnerabilità sismica dell'immobile;
  • All'interno della scuola non esiste nessun ascensore o elevatore che permetta alle persone con ridotta mobilità di accedere ai vari piani (ben tre sono occupati dalle aule);
  • Le scale sono strette e ripide;
  • Non esiste nemmeno nessuna rampa esterna per l'accesso al piano terra della scuola.
  • Gli alunni sono costretti a svolgere le ore di Educazione Fisica lontano dai locali scolastici.
Il sottoscritto consigliere CHIEDE:
  • Quando questa Amministrazione ha in programma di effettuare l'analisi per la vulnerabilità sismica;
  • Che cosa questa Amministrazione intenda fare per tutelare la sicurezza e l'accessibilità, esterna e interna, di quanti giornalmente frequentano la scuola.