Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

domenica 28 agosto 2016

Il cuore d'Italia #terremoto

Non quanto avrei voluto, ma mi è stata sufficiente qualche breve e per forza superficiale visita per innamorarmi perdutamente di un lembo di Terra oggi offeso, sconvolto, ferito.
Cuore e spina dorsale d'Italia quell'Appennino è aspro e insieme dolcissimo, selvaggio e capace di donare, all'improvviso, squarci di bellezza incomparabili, atolli di minuscola e potente sapienza, testimonianze di amore assoluto per una terra che è stata avara con gli uomini che l'hanno abitata e che però vi tornano, se lontani, appena possono.
Chi non conosce, almeno di nome, le colline toscane, la magica spiritualità dell'Umbria? Pochi si sono ancora avventurati a conoscere queste montagne con gli ulivi, i pianori e le risalite, i fiumi e i ruscelli, la neve che digrada quasi verso il mare attraverso mille tonalità di verde.
Saranno forse l'antica consuetudine dei pastori alla transumanza, la sempiterna ricerca di nuovi pascoli, l'abitudine a confrontarsi con papi potentissimi e santi pervicaci ad aver forgiato la gente che attorno agli antri della Sibilla coltiva, prega, si industria, lotta e ama.
Difficile enumerare i piccoli borghi, ciascuno con il campanile, magari un antico convento, una sorgente limpidissima e opere d'arte sublimi sconosciute ai libri più in voga e ai cataloghi.
Venire qui era, e dovrà tornare ad essere, un privilegio da usare con parsimonia e rispetto.
Oggi piangiamo i morti e abbracciamo i nostri concittadini che hanno perduto tutto, domani so che loro sapranno ricostruire e vigilare affinché nessuno speculi su una terra che dobbiamo sentire come nostra e che è soprattutto loro.
Guido Piovene nel 1957 dedicò un prezioso libro al suo Viaggio in Italia. Fra quelle pagine alcune righe che lui dedicò alle Marche possono essere, secondo me, allargate a descrivere quel pezzo di terra oggi violentata. Oggi l'Italia è con voi, perché l'Italia è lì, a casa vostra.
"Se si volesse stabilire qual è il paesaggio italiano più tipico, bisognerebbe indicare le Marche, specie nel Maceratese ed ai suoi confini. L'Italia, nel suo insieme, è una specie di prisma, nel quale sembrano riflettersi tutti i paesaggi della terra, facendo atto di presenza in proporzioni moderate e armonizzandosi l'un l'altro. L'Italia, con i suoi paesaggi, è un distillato del mondo; le Marche dell'Italia".
Da ora guarderemo il mondo anche attraverso il meraviglioso prisma della vostra terra.
Con affetto

domenica 21 agosto 2016

Una pastina di riso, la mia isola felice grazie a Mario

Un'isola felice, in senso stretto, non esiste, ma ogni bimbo ne coltiva una dentro di sé, la frequenta e la mantiene viva nel desiderio e nelle certe speranze dell'infanzia. Poi si cresce e in parte si cambia, costretti a confrontarsi con la vita da grandi, con le responsabilità, con i progetti concreti. Solo in parte, appunto: nel fondo rimangono i ricordi, pronti ad affiorare, a portare un sorriso anche se a riportarli al presente sono le brutte notizie.
Non so quanti coneglianesi hanno conosciuto il "Cocia cocia", lo strano personaggio (che a me, bambina, pareva vecchio ma chissà quanti anni aveva, in realtà) che nelle sere d'estate girava per il viale della stazione suonando le foglie degli alberi intercalando col suo eterno "Cocia eo cocia?".
Era un po' suonato, proprio come le foglie che usava a mo' di armonica a bocca, ma non faceva male a nessuno ed era uno spasso per tutti quelli che frequentavano quel centro città in quelle pigre e calde sere. Ci avevo provato anch'io, a suonare le foglie, con risultati incerti ma di sicuro divertenti per il mio "pubblico": i miei genitori, i loro amici, fra cui Mario.
Il viale, in quelle sere, era illuminato dalle luci della stazione, dai lampioni che mostravano bene il palazzo delle Imposte Dirette e dell'Ufficio del Registro, con quel bello spazio davanti, con la fontanella e la bilancia che, oltre al peso, dava forniva anche l'oroscopo (ma come faceva? Misteri mai risolti).
C'era un'altra luce, quella che era la meta serale: aveva l'insegna azzurra scritta in corsivo (io ancora non sapevo cosa fosse il corsivo), tanti tavolini fuori, al fresco degli alberi, e dentro il banco dei gelati e delle paste. Durante la brutta stagione tanti clienti scendevano la scala interna per giocare a "boccette" in interminabili partite: laggiù c'era per me un altro mondo misterioso, addolcito dal profumo della pasticceria, lo stesso che si si sentiva camminando sul viale. Già, perché, fosse per l'odorato sviluppato o perché passando meno automobili nell'aria si sentivano più profumi.
Il mio papà e Mario erano molto amici, come si dice "mi aveva visto nascere". Mi ha sempre accolto con un sorriso, anche negli anni successivi, ma quando ero bambina, soprattutto, io sapevo che da Catanzaro c'era sempre una pastina di riso per me.
Non mi interessavano tanto le creme, le cioccolate, io volevo quella semplice pastina di riso, che solo Mario sapeva fare e che teneva per me, a qualunque ora.
Non ne ho più mangiate, da allora, perché la pastina di riso, per me, è e rimane solo quella di Mario Catanzaro.
Ora Mario non c'è più, la notizia della sua morte ha rattristato me e tutti quelli che lo hanno conosciuto, tutti siamo vicini ai suoi cari, alla sua famiglia.
Appena l'ho saputo Mario ha saputo farmi l'ultimo regalo, il ricordo del suo sorriso, del bene che mi ha voluto e di quella pastina di riso, piccola isola felice della mia infanzia

giovedì 18 agosto 2016

#Dolomiti #solobellezza

Oggi il Pelmo ha messo il broncio: sono abituata a salutarlo quando fa capolino all'improvviso, poco prima di arrivare a Pieve di Cadore, ma oggi era coperto di nuvole. Forse era consapevole che oggi il mio obiettivo non erano le rocce dei Monti Pallidi, ma fare una scorpacciata di fiori, bearmi della bellezza dei balconi, dei giardini, dei terrazzi di montagna, riempire gli occhi di quelle esplosioni di colori, di architetture semplici ma uniche.
Pieve di Cadore è la mia infanzia felice, la strada a volte tortuosa che attraversa il Cadore ai piedi dell'Antelao attraversa paesi immersi nel verde, scintillanti alla luce del sole.
Ancora una curva e l'Antelao, troppo signore per badare alle mie paturnie, si mostra in tutta la sua maestosa grandezza, coi prati che scendono sotto di lui e invitano a salire, con il Sorapis sempre accanto al re del Cadore (Pelmo non arrabbiarti, ti voglio bene).
Milioni di esseri umani, siano passati di qui una o mille volte, non possono rimanere insensibili davanti a tanta bellezza.

San Vito comincia a mostrare gli alberghi, le case, i vialetti fioriti, anche il cielo ha il colore giusto, da qui in poi gli occhi si riempiranno dei rossi dei geranei, dei viola, dei bianchi, dei lilla delle surfinie, del bianco e del giallo di dalie e altri cento fiori.
Prima di San Candido, nei pressi del lago di Landro, le Tre Cime si mostrano in tutto il loro fulgore, austere e bellissime.
Gioia pura, Dobbiaco merita una sosta. Nel centro totalmente chiuso al traffico delle auto ogni piccolo particolare è curato, ovunque ci sia
un angolo da riempire esso è ricamato coi fiori. La bella chiesa barocca, col suo verde chiaro, pare eterea, leggera. Splendida, come la fontana che scroscia attorniata dalle belle panchine di legno. Tutto invita a fermarsi, a riposare, a riempirsi lo spirito di tranquillità.









L'obiettivo è San Candido, un gioiello, tanto bella da lasciare sempre senza parole. Qui, oltre alla bellezza dei monti che la circondano, oltre ai fiori e alla bellezza del cimitero, colorato come un luogo di festa, adornato da croci in ferro battuto una diversa dall'altra, parla la storia.
Millenaria la sua collegiata, con i suoi muri grossi che parlano di mille vicende, gioiose e dolorose, con gli archi e le volte, gli altari e
l'abside la cripta e un organo da cui sgorgano note che invitano a pensare in silenzio.










Caro Pelmo, sei fortunato: troneggi, insieme ad altri, in uno dei territori più belli del mondo. Noi siamo fortunati: in poco tempo possiamo raggiungere le Dolomiti e riempirci il cuore di ciò che sanno darci. Non arrabbiarti però: la prossima volta fatti vedere: il Caregon del Padreterno vale il viaggio.


domenica 14 agosto 2016

Magie di #Ferragosto

"Questo luogo dovrebbe ospitare ogni sera uno spettacolo così".
Ha ragione da vendere, il mio caro amico Angelo Tagliamento, papà di Paolo, il giovanissimo e straordinario violinista che sta infiammando i cuori di mezza Europa.
Metti un sabato sera a due giorni dal Ferragosto, quando anche alcuni dei bar del centro storico di Conegliano sono chiusi per ferie e la città si appresta pigramente al rito della vacanza a tutti i costi.
C'è chi in vacanza non ci va, chi ci è già stato e chi ci andrà, ma questa serata sarà un regalo impossibile da dimenticare.
Ci sono sempre i volontari che tengono aperto il nostro gioiello tutto l'anno, senza di loro questa porta rimarrebbe sempre chiusa, i tesori che ci stanno dietro nascosti all'ammirazione. A loro un grazie sincero e dovuto.
Stasera però la Sala dei Battuti ha un volto diverso: organizzazione del Comune di Conegliano e di VenetoUno nell'ambito del Prosecco Classic Festival.
Entrarci di sera è già un privilegio, gli affreschi di Francesco da Milano, se possibile, risplendono ancora di più, le luci illuminano le quattro sedie destinate alla magia che sta per svelarsi.
Haydn e Beethoven rivivranno grazie al talento, alla passione, all'energia di quattro giovanissimi artisti ormai carichi di elogi, premi e riconoscimenti: Händel de Puertos del Estado il loro nome, che richiama la Spagna, là dove studiano alla Escuela Superior de Mùsica Reina Sofìa.
Paolo Tagliamento, Mohamed Hiber, Raquel De Benito e David Martin non aprono mai bocca, solo qualche sussurro di intesa esce dalle loro labbra: a parlare è la musica, sono gli strumenti, l'ispirazione appassionata di quattro talenti, quattro musicisti giovani e già così adulti nella loro capacità interpretativa.
Il crescendo finale di Beethoven lascia senza fiato, l'emozione ha il sopravvento, la standing ovation tributata dal fortunato pubblico li convince a regalarci due bis. Sulle note della Cavalleria Rusticana è difficile trattenere le lacrime, anche gli affreschi paiono partecipare all'emozione.
Miracolo della bellezza, forza della musica che sa, forse più di ogni altra arte, unire, gioia di ascoltare e vedere da vicino anche i corpi, i visi di questi quattro ragazzi, le loro smorfie di concentrazione, le movenze, il sorriso finale.
Grazie, ragazzi, grazie a chi ha consentito questo miracolo ferragostano, grazie a Paolo Tagliamento, nostro concittadino che vuole continuare a fare regali alla sua Conegliano, preoccupato solo per la salute degli affreschi...
Ha ragione il papà di Paolo: la Sala dei Battuti dovrebbe ospitare più spesso tanta bellezza, nostro compito deve essere soprattutto quello di insegnarla e diffonderla.

domenica 7 agosto 2016

#Conegliano offesa

Quello in fotografia non è un bosco del Cadore nei pressi di una segheria, ma parte di quanto rimane del giardino di fronte all'Ospedale civile di Conegliano.
Ciò che si è abbattuto sulla città nella mattina di venerdì 5 agosto, fra l'altro in pieno svolgimento del mercato settimanale, è qualcosa di incommensurabile, fino ad ora, nella memoria di chi vive e conosce questi luoghi. Fino ad ora le colline ci hanno sempre protetti, limitando i danni agli allagamenti di diverse case, soprattutto in periferia: cosa che, ovviamente, ha sempre sconvolto la vita di quanti si sono ritrovati in quelle condizioni.
Non moltissimi mesi fa era franato un pezzo di collina nella frazione di Collalbrigo, tanto che anche oggi sul luogo si transita a senso alternato.
Venerdì la cosa è stata diversa, i danni tremendi, la paura davvero tanta: Conegliano si è ritrovata sbigottita, consapevole che l'unica fortuna è consistita nel fatto che i danni alle persone sono stati relativi.
Lo sappiamo tutti: poteva andare peggio, molto peggio.
La tempestività dell'intervento delle autorità, dei volontari e dei cittadini ha permesso che entro poche ore fosse riattivata la circolazione e messi in sicurezza i siti più pericolosi, nei prossimi giorni avremo con precisione il conto dei danni materiali.
Ciò non toglie che gli amministratori debbano svolgere qualche riflessione in più, magari sgombrando il campo da improvvisate competenze in materia botanica, da giravolte politiche buone solo per Facebook, da pronunciamenti da osteria, da nauseabondi sciacallaggi contro i poveri.
Fa sicuramente piacere che il Presidente del Veneto, visto anche che conosce molto bene il nostro territorio, si sia assunto un impegno nei nostri confronti, a noi spetterà il compito di vigilare affinché alle parole seguano i fatti.
Fa doppiamente piacere che, sulla stampa di oggi, dopo che Luca Zaia ha chiesto un censimento sullo stato dei grandi alberi di Conegliano, l'Amministrazione abbia detto che sì, è una cosa da fare e che farà. Anche in questo caso sarà compito nostro vigilare.
Non ci si venga però a raccontare che prima del Presidente della Regione questo problema era sconosciuto e soprattutto non si cerchi di dire che "è tutta colpa degli alberi". Gli alberi sono una meravigliosa caratteristica di Conegliano, stanno lì e generalmente non cadono a caso, ma quando sono marci, sono malati quasi sempre per colpa della nostra insipienza nel trattarli.
Non è per dire "l'avevamo detto", ma è vero che anche lo scorso autunno qualcuno aveva sollevato la questione, evidenziando i problemi relativi alla salute di alcuni alberi nella zona di Viale Spellanzon, di Via Cadorna, all'interno della scuola materna di Via Matteotti. Oggi, purtroppo, molti di questi alberi sono crollati e chiunque abbia visto le foto ha capito che si trattava di esemplari malati e pericolosi. Non osiamo immaginare cosa sarebbe accaduto se in quel momento qualche bambino o qualche maestra fosse stato nel cortile della scuola materna di Via Matteotti: per fortuna siamo in agosto.
Qui non si tratta della querelle su pini marittimi sì o no in Via Pittoni o Viale Gorizia, ma dello stato di salute dei nostri amici verdi, di verificarlo e di attuare, da ora in poi, azioni volte a preservarli, per mantenere la bellezza della città ed evitare altri drammi.
Qualche mese fa, durante il Consiglio Comunale (e i verbali sono pubblici per chiunque abbia voglia di andarseli a leggere), chi chiedeva un censimento, la verifica dello stato in cui versavano le piante cittadine ricevette un trattamento a dire poco offensivo.
Il problema non sono gli insulti, le offese, le prese in giro a me o a quanti sollevano i problemi: l'offesa più grande l'ha ricevuta Conegliano.
Siamo davvero felici che il Presidente Zaia sia d'accordo con noi, ma sottolineiamo, per dovere di cronaca, che ad amministrare Conegliano sono sempre gli stessi da decenni, che la stessa Lega è stata in maggioranza e adesso che formalmente non c'è vota sempre e comunque con chi governa la città.
Ora, forse, qualcuno comincerà a pensare che occuparsi di alberi e di ambiente non è solo operazione romantica, ma servizio pubblico essenziale.