“O
volete
essere
fra
le
donne
forti,
quelle
che
attraverso
la
santità
della
guerra,
vissuta
in
olocausto:
attraverso
il
radioso
espandersi
delle
nuove
leggi
di
vita
dell’Epopea
Mussoliniana,
sono
venute
formandosi
ad
una
nuova
magnifica
linea
di
femminilità?
Esse
vogliono
non
solo
custodire
i
valori
ad
essi
affidati
dalla
tradizione:
un
solo
uomo,
molti
figli,
una
casa
comoda
e
sana
che
irradi
la
pace
e
l’amore:
ma
questi
valori,
con
un
ciclo
di
opere
patriottiche
e
sociali
vogliono
assicurare
ad
ogni
famiglia
della
patria,
difendendo
così
la
sanità
della
stirpe,
accrescendo
la
ricchezza
e
ogni
bene
nazionale.
La
Rassegna
Femminile
Italiana
con
sicura
coscienza
segna
la
via
a
questa
nuova
femminilità
italiana.
Collaboratrici
alte
e
pure
sono
con
noi.
Con
noi
è
il
consenso
e
lo
sguardo
vigile
del
Capo
del
Governo
e
del
Capo
delle
organizzazioni
femminili
fasciste.
Con
noi
è
la
verità
e
la
onestà,
senza
le
quali
ogni
opera
femminile
sarebbe
vana”.
(…).
Per
le
Giovani
Italiane.
Le
norme
di
vita
per
le
Giovani
e
Piccole
Italiane,
dell’on.
Augusto
Turati,
Segretario
Generale
del
PNF:
- Compiere il proprio dovere di figlia di sorella, di scolara, di amica, con bontà, letizia, anche se il dovere è talvolta faticoso.
- Servire la Patria come la Mamma più grande, la Mamma di tutti i buoni Italiani.
- Amare il Duce che la Patria ha reso più grande e più forte.
- Obbedire con gioia ai superiori.
- Avere il coraggio di opporsi a chi consiglia il male e deride l’onestà.
- Educare il proprio corpo a vincere gli sforzi fisici e l’anima a non temere il dolore.
- Fuggire la stupida vanità ed amare le cose belle.
I
sogni
ed
i
desideri,
si
sa,
hanno
una
forza
tremenda,
scavalcano
le
montagne.
Per
quelle
che
riuscivano
a
conquistare
l'autonomia
dalle
imposizioni
familiari
l’emozione
e
la
spinta
interiore
erano
fortissime:
“Per
la
prima
volta
avrei
dormito
fuori
casa
e
in
un
ambiente
del
tutto
estraneo
a
una
ragazza:
quello
dei
soldati.
Eravamo
ai
primi
di
luglio
del
1940.
Da
poche
settimane
era
stata
dichiarata
la
guerra
e
già
mio
padre
portava
all’occhiello
del
risvolto
sinistro
della
giacca
un
piccolo
nastrino
azzurro
con
una
stellina
d’argento:
mio
fratello
Giovanni,
il
maggiore
dei
due,
aviatore,
era
caduto
a
ventotto
anni
e
la
buona
balia
portava
il
lutto
stretto.
Noi
no;
mio
fratello
minore
ed
io
pensavamo
che,
anziché
piangere,
era
giusto
fare
qualcosa,
per
essere
degni
di
lui”.
Il
verbo
“fare”
diventa
una
nuova
parola
del
vocabolario
e
soprattutto
del
quotidiano
di
ragazze
di
buona
famiglia,
allevate
con
una
prospettiva
del
tutto
diversa:
omaggiate
forse
ma
di
sicuro
poco
utili.
Quel
fare
significa
guerra,
sangue,
dolore,
morte,
disperazione,
abnegazione
e
fatica.
Delle
crocerossine
forse
non
si
è
ancora
scritto
abbastanza,
se
non
di
quante
prestarono
servizio
durante
la
Grande
Guerra.