Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

domenica 24 maggio 2015

Conegliano 1915, dov'è il maggio radioso?

"Soldati di terra e di mare,
l’ora solenne delle rivendicazioni nazionali è suonata. Seguendo l’esempio del mio Grande Avo, assumo oggi il Comando supremo delle forze di terra e di mare con sicura fede nella vittoria, che il vostro valore, la vostra abnegazione, la vostra disciplina sapranno conseguire.
Il nemico che vi accingete a combattere è agguerrito e degno di voi. Favorito dal terreno e dai sapienti apprestamenti dell’arte, egli vi opporrà tenace resistenza, ma il vostro indomito slancio saprà superarla.
Soldati,
a voi la gloria di piantare il tricolore d’Italia sui termini sacri che la natura pose ai confini della Patria nostra; a voi la gloria di compiere, finalmente, l’opera con tanto eroismo iniziata dai nostri padri".
Gran Quartiere Generale, 24 maggio 1915
Vittorio Emanuele III


La guerra in realtà era iniziata da tempo.
Dopo il Decreto Reale del 30 agosto 1914, la provincia di Treviso aveva messo a disposizione dei comuni un fondo di 200.000 lire, ed al Comune di Conegliano toccò un mutuo di 5.000 lire “per soccorrere i rimpatriati privi di mezzi di sussistenza”, estinguibile in 10 anni. C’è da notare che l’anno successivo il prestito arrivò a 8.000 lire.

I documenti comunali ci raccontano la realtà, testimoniando che nel 1914 il numero dei rimpatriati in difficoltà era molto elevato. Il Gazzettino del 22 agosto sottolineava come da diversi giorni circa 200 “migranti” sostassero sotto la loggia municipale chiedendo lavoro o pane per sé e per le proprie famiglie. Il quotidiano fece allora appello al Comune ed alla Congregazione di carità affinché si facesse qualcosa, di fronte a quel “pietoso ed impressionante stato di cose”.

La sottocommissione coneglianese pro indumenti militari risultò composta da 4 persone, più il sindaco ed il comandante dei carabinieri.

È significativa la relazione della seduta dell’8 ottobre 1915, dopo quattro mesi dall’ingresso in guerra dell’Italia, che vide la presenza anche dei rappresentanti degli altri comuni del mandamento.

Vi si denunciavano lo sfruttamento ed il lucro da parte di molti. Gli appaltatori, per il lavoro di una giubba percepivano lire 2,40: alle donne che la confezionavano ne pagavano 1,40. La Cooperativa ed i Comitati pagavano il lavoro lire 2,10.
Dalla relazione di quella seduta apprendiamo anche, per esempio, che nel Comune di San Pietro di Feletto erano 70 le donne di famiglie di richiamati alle armi che avevano dato il proprio nome, e 300 erano le persone disposte a questo lavoro nel Comune di Susegana.
 
Il giorno 23, vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia, il Comizio Agrario di Conegliano mise a disposizione della sua presidenza 10mila lire per i piccoli proprietari agricoltori e piccoli “affittanzieri” di terre a denaro che per la chiamata sotto le armi di membri della famiglia si trovassero nell’impossibilità di coltivare la terra.

Tutto, però, doveva essere messo a tacere, ogni sguardo, ogni parola rivolti solo all'entrata in guerra, alla sicurezza della vittoria:
La retorica del tempo non si risparmiò quando fu il momento cruciale: la prima pagina del Gazzettino del 24 maggio ne è un esempio lampante. Dopo il titolo a caratteri cubitali “La guerra dichiarata” seguiva una serie di articoli, fra i quali uno titolava: “Cinque giorni di festa”, mentre il testo riportava il fatto che il re aveva dichiarato festivi i cinque giorni successivi, necessari agli obblighi civili e commerciali…Il 25 maggio si sottolineava l’entusiasmo popolare insieme all’apertura delle cucine economiche a Treviso, mentre a Conegliano il locale Patronato avviava la refezione scolastica per i figli dei richiamati.

Cittadini, silenzio! Questo il monito agli italiani. In pochi mesi la baldanza e la sete di gloria si trasformarono in trincee marce, dolori e morte senza fine

sabato 2 maggio 2015

Violenza

Stamattina due persone che conosco e stimo per motivi diversi hanno pubblicato in Facebook due post di opposto tenore riguardo ai fatti orribili accaduti ieri a Milano, ambedue di ovvia condanna per quanto accaduto.
Uno ha apostrofato i black bloc come "disgraziati fascisti", l'altro "comunisti infami".
Il primo sinceramente mi ha fatto un po' sorridere, ripensando a come, quand'ero una giovane comunista degli anni '70 (di quelli che sapevano esattamente cos'è un servizio d'ordine, ordine, appunto) fosse un'abitudine dare del fascista un po' a caso. Ho sorriso solo un po', però, e poi chiarirò il perché.
Al secondo vorrei ricordare che in questo Paese i comunisti sono stati quelli che più di altri hanno difeso democrazia e libertà, hanno impedito la distruzione dei monumenti e delle fabbriche da parte dei nazisti in ritirata, giusto per fare qualche esempio. I servizi d'ordine dei cortei erano organizzati appunto per evitare provocazioni e violenze, nelle grandi manifestazioni organizzate dalla sinistra la polizia non era quasi necessaria, se non per sorvegliare ulteriormente ed evitare che qualche criminale filo-terrorista o solo stupido approfittasse della situazione. Ricordo di aver saltato, cantato, corso tanto, nei cortei: a Milano ricordando magari Piazza Fontana (i cui morti non hanno ancora avuto giustizia), a Roma chiedendo pace e lavoro, senza pensare nemmeno per un attimo di poter avere paura.
A tutti e due però vorrei ricordare che ora sono trascorsi i decenni, che probabilmente i black bloc sono "solo" delinquenti globalizzati, non inquadrabili nelle categorie politiche del Novecento.
Confesso che mi dà molto fastidio vedere un mio concittadino che gira per la città con felpe e maglie inneggianti a Casa Pound, con scritte che invitano a "non pensare" in quanto divisivo: accettare che qualcun altro pensi al posto nostro vuol dire accettare un'idea di dittatura e di compiere azioni di qualunque tipo solo perché "sentite". Più o meno come bruciare un campo rom o dare fuoco a un barbone per strada. Ricordo a tanta demenza che nelle sedi del PNF mussoliniano c'era la scritta "Qui non si fa politica". La politica la faceva uno solo, povera Italia. 
Non credo però che i black bloc possano essere inquadrati nella categoria dei "fascisti".
Ancora più fastidio mi dà questa storia degli "antagonisti": antagonisti rispetto a cosa? A prescindere? Tutto questo manca di qualsiasi supporto teorico, cosa che, per chi conosce almeno un po' la sinistra sa essere impossibile. Oltre al fatto che vestirsi di nero non è propriamente da comunisti.
Il dramma è che questi criminali europei sono gli stessi che hanno devastato Roma e prima Genova, che lo stesso fanno ovunque ci sia visibilità mediatica, da Berlino a Madrid, somigliano molto ai delinquenti comuni che travestiti da tifosi hanno imbrattato Roma o che comunque tengono in scacco ogni città in cui ci sia una partita importante allo stadio.
La cosa grave, e qui davvero il Ministro degli Interni dovrebbe dare qualche spiegazione in più, è che costoro non vengono presi mai, che i poliziotti rimangono feriti e quelli scappano, che esistono troppo spesso due pesi e due misure (ricordo che i ragazzi che dormivano alla Diaz sono stati pestati a sangue e i black bloc che avevano messo a ferro e fuoco Genova se ne andarono indisturbati).
Ci sono persone che possono entrare negli stadi portando con sé fumogeni e bombe carta (a me prima di una partita fu tolto anche il tubetto di crema per le mani), simil-tifosi ubriachi che paiono orde barbariche, bande di criminali che annunciano il loro arrivo nelle città, ci arrivano, le devastano senza che nessuno li fermi prima.
Neo-fascisti e comunisti esistono (80 anni fa i primi incarceravano e torturavano i secondi, 45 anni fa la lotta politica a volte si trasformava in scontro fisico), i primi più evidenti soprattutto in certe occasioni, qui però siamo di fronte a qualcosa di molto più profondo e grave: tutto è spettacolo, alcune menti criminali che non hanno confini fanno presa su una serie di sprovveduti che immaginano, devastando ciò che non è loro e non hanno sudato per costruire, di conquistare, per dirla con Andy Warhol, un quarto d'ora di celebrità.
Ieri era il Primo Maggio, festa del lavoro: i lavoratori sanno cosa vuol dire sudare per costruire.

venerdì 1 maggio 2015

Ridiamo dignità al Cimitero degli Ebrei, luogo simbolo di Conegliano

Giovedì 7 maggio in Consiglio Comunale si discuterà anche la mia interpellanza sullo stato indecoroso dell'accesso al Cimitero degli Ebrei, uno dei luoghi più importanti della storia di Conegliano.



Conegliano, 27/04/2015

Oggetto: interpellanza sullo stato dell'accesso al Cimitero degli Ebrei

PREMESSO CHE

  • Il “Cimitero degli Ebrei” è uno dei luoghi storici più importanti di Conegliano, anche dal punto di vista paesaggistico;
  • Sarebbe opportuno invogliare i turisti che giungono sempre più numerosi in città a visitare anche questo sito;
  • Diverse associazioni e la Consultta del Turismo si adoperano per promuovere Conegliano con varie forme di intervento.
CONSIDERATO CHE,
  • Lo stato dell'accesso alla Salita Grassini è in stato di degrado: la targa segnaletica gialla ha bisogno di urgente pulizia, il cartello che indica il nome della strada è girato in modo tale da non essere chiaramente visibile da Viale Gorizia, il lucchetto che teneva chiuso il cancello è rotto e sostituito da un nastro poco efficace e ancor meno decoroso;
  • Il Lion's club ha da poco dato vita all'iniziativa “Il filo della storia” da cui il cimitero ebraico è escluso;
  • Le visite ad oggi sono affidate alla generosa disponibilità di un'unica persona.
Il sottoscritto consigliere CHIEDE:
  • Se con il contributo (anche volontario) della Consulta del Turismo e l'apporto della struttura comunale sia possibile ridare dignità all'accesso alla Salita Grassini;
  • Se questa Amministrazione intenda dare maggior risalto ad un bene di sicuro interesse culturale e turistico, promuovendo e riorganizzando, in accordo con il Centro Coneglianese di Storia e Archeologia, le visite guidate di singoli o gruppi.