Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

domenica 20 ottobre 2013

Le librerie indipendenti baluardo della cultura

Fra i tanti disastri Conegliano è una città ancora fortunata almeno per un motivo: i cittadini che gravitano da queste parti possono godere di due belle, fornite e gustose librerie indipendenti.
Oggi la pagina Facebook del Quartiere Latino Libri ha pubblicato un appello accorato:
"Una città senza librerie indipendenti è come un corpo senz'anima", libera riduzione di una citazione famosa.
E' difficile mantenere una libreria fatta di incontro, ascolto, consiglio, chiacchiere e discussioni che possono apparire perdite di tempo solo a quanti hanno perduto (o non hanno mai avuto) il senso della bellezza, il gusto della conoscenza, la sensazione di libertà che dà la scoperta di nuove descrizioni, di sentimenti condivisi, di dolori, sofferenze, gioie ed emozioni che ci aiutano ad essere uomini fra gli altri uomini.
Il libraio è quello che ti conosce, che spesso ti accompagna, curioso anch'esso, fra gli scaffali, che è felice e non scocciato quando gli chiedi qualcosa, che non vede l'ora di attardarsi a parlare dell'ultimo saggio, del libro di storia locale, della raccolta di versi poco nota, che vende anche i best-sellers più in voga ma sa apprezzare le piccole case indipendenti (che fanno anch'esse tanta fatica a sopravvivere) e i libri di qualità.
E' quello che non ti vende un "classico" qualsiasi ma ti spiega qual'è il traduttore migliore, è quella persona che vive ogni giorno fra i colori e le immagini delle mille copertine che rendono gli scaffali della libreria una babele meravigliosa. Un baluardo in una società non solo di corsa ma clamorosamente arrabbiata, distratta e soprattutto superficiale.
La libreria è un  luogo in cui si organizzano incontri, certo per vendere libri, ma per discutere, confrontarsi, conoscersi, capire. 
Ogni libro acquistato toglie denaro a prodotti pericolosi e nocivi.
Leggo oggi su Repubblica che il Ministro Bray, al Forum del libro di Bari, ha annunciato finalmente politiche concrete in difesa del libro, con un piano triennale nazionale per la lettura. Dice il ministro: "Alcuni obiettivi prioritari: accostare al libro almeno un quarto del 54 per cento degli italiani che non legge. E consolidare la presenza nel territorio di librerie, biblioteche pubbliche e scolastiche". Pare chi finalmente anche la RAI si occuperà di promuovere i libri, e sarebbe ora!
Coraggio Signor Ministro, chiami le librerie indipendenti e le ascolti.
Coraggio, librai: costruiamo insieme progetti per promuovere la lettura, creare circoli virtuosi: per appassionare alla lettura ci vogliono gli appassionati, quelli che sanno trasmettere emozioni.

Isabella Gianelloni

mercoledì 16 ottobre 2013

Roma 16 ottobre 1943

Quella domenica, fra gli altri commenti, notò poi che sul "Messaggero" non c'era traccia di una notizia che pure circolava dentro Roma, e che era stata pure trasmessa, dicevano, dalla Radio-Bari: ieri, sabato (16 ottobre) tutti i Giudii di Roma erano stati razziati all'alba, casa per casa, dai Germani, e caricati su camion verso destinazione ignota. Del quartiere del Ghetto, svuotato interamente di tutta la carne giudia, non c'era restato altro che lo scheletro; ma anche in tutti gli altri rioni o quartieri, tutti i Giudii di Roma, singoli e famiglie, erano stati scovati dagli SS che erano venuti apposta con una Compagnia speciale, fornita di un elenco esatto. Li avevano pigliati tutti: non soltanto i giovani e i sani, ma gli anziani, gli infermi pure gravi, le donne anche incinte, e fino le creature in fasciola. Si diceva che li portassero tutti a bruciare vivi nei forni, ma questo, a detta di Tore, forse era esagerato.
[...] 
Di nuovo, come in passato, le sue paure contraddittorie rincorrevano alla fine una cometa misteriosa, che la invitava in direzione dei Giudii: promettendole, laggiù in fondo, una stalla materna, calda di respiri animali e di grandi occhi non giudicanti, solo pietosi. Perfino questi poveri Giudii di tutta Roma, caricati sui camion dai Tedeschi, stanotte la salutavano come dei Beati che, all'insaputa loro e degli stessi Tedeschi, si avviavano, per una splendida turlupinatura, verso un regno orientale dove tutti sono bambini, senza coscienza né memoria...

Dove andiamo? dove ci portano?
Al paese di Pitchipoi.

Si parte che è ancora buio, e ci s'arriva che è già buio

E' il paese dei fumi e delle urla

Ma perché le nostre madri ci hanno lasciato?
Chi ci darà l'acqua per la morte?


Testo tratto da "La Storia" di Elsa Morante

Isabella Gianelloni

martedì 15 ottobre 2013

Il funerale di Priebke

Come quasi ogni sera ho seguito il telegiornale della sede RAI del Veneto.
Credevo di aver capito male, ma purtroppo ho assistito ad un servizio che mi ha posto un serio problema di coscienza.
Da persona democratica ed impegnata nelle Istituzioni ritengo che il diritto di cronaca e di espressione sia una delle libertà irrinunciabili di una comunità libera e democratica.
Senza scomodare Voltaire, ricordiamo che l'Italia libera e democratica, la nostra Costituzione repubblicana, sono nate dal sacrificio di migliaia di donne e di uomini che hanno combattuto, spesso sono morti nelle città, nelle campagne, sulle montagne italiane, deportati nei campi di lavoro e di sterminio della Germania nazista.
Tutto quel sangue è stato versato da italiani (e da europei, americani, russi...) per dare a tutti noi un futuro migliore, libero dall'orrore e dalle dittature.
Per questo mi chiedo se valesse la pena di andare ad intervistare quel prete lefebvriano di Paese (TV) che intende celebrare una messa in suffragio dell'anima di Eric Priebke.
Le parole di quell'uomo, che fra l'altro tiene addosso un crocefisso (simbolo del martirio degli innocenti), hanno offeso la dignità, la morale, la memoria di un'intera nazione. Ricordo che domani, fra l'altro, ricorre l'anniversario del rastrellamento del ghetto ebraico di Roma.
La testata giornalistica regionale ha ovviamente fatto bene a dare la notizia, ma forse era meglio limitarsi a questo: nonostante il giornalista incalzasse il suddetto prete contestando con vigore le ignobili affermazioni sulla rettitudine e l'innocenza del boia delle Fosse Ardeatine, il TGR ha inconsapevolmente dato voce ad un abominio.
In un periodo così difficile, nel quale le forze xenofobe, razziste, neonaziste tentano di riportare in auge le teorie dell'orrore in tutta Europa sfruttando la crisi economica e le paure profonde delle persone mi chiedo se sia giusto dare ulteriore voce a questa gente.
Mi rendo conto che il confine fra diritto di cronaca e morale è molto sottile ed aereo, ma avrei preferito sentire la notizia ed evitare di ascoltare, ancora una volta, parole che fanno rabbrividire ed offendono la memoria di milioni di innocenti (questi sì possono dirsi tali).
Con immutata stima
Isabella Gianelloni - Consigliere Comunale Conegliano (TV)

(Lettera alla redazione della Sede RAI del Veneto)

giovedì 10 ottobre 2013

Vajont in bianco e nero

10 ottobre 2013. Ieri Longarone ha occupato i palinsesti televisivi, radiofonici, della stampa e della rete. 
Così il cinquantenario è tra i ricordi che dovrebbero divenire memoria, che sarà tale quando e se sarà condivisa.
L'esercizio della memoria collettiva forse funziona meglio se si collega con quella individuale, di un piccolo gruppo, di una collettività ristretta della quale si conoscono meccanismi, ruoli, sentimenti.
Il mondo che ci circonda è pieno di colori, ma a volte i ricordi sono in bianco e nero, ricchi di quelle sfumature, dei chiaroscuri tipici delle immagini più antiche.
In questi giorni di ottobre abbiamo visto tutti le immagini di repertorio di una televisione antica, in bianco e nero e mai come in questo caso sono i più adatti.
Ottobre è il mese dei colori incipienti dell'autunno, i rossi ed i gialli si mescolano ai verdi che si spengono. I boschi del Col Gallina e dei monti che sovrastano la valle del Piave non fanno eccezione: anche la coltre di foglie cadute diventa di un marrone rosseggiante.
Colori caldi, quasi accoglienti, raggelati dall'ecatombe di una valle sconvolta per sempre, di una montagna spezzata, di una umanità distrutta, i morti come i vivi.
E allora rimangono i colori del contrasto, quelli che assorbono o allontanano tutti gli altri.
Il bianco dei sassi del Piave, dei calcinacci, delle pietre che già ricordano le vicine Dolomiti e dell'intonaco di povere case polverizzate.
Il nero che ha inghiottito il resto, speranze e litigi, drammi ormai inutili, uomini, bambini e tante donne, sentinelle spesso mute in luoghi di emigrazione, vestite a lutto da chissà quanto tempo, i visi scavati dalla fatica e dal dolore.
Quelle che non sono state risucchiate dall'onda d'acqua e di terra si aggirano spaurite, smarrite cercando magari qualcosa che rappresenti un punto cardinale, una fiammella di orientamento in uno strazio che ha perduto anche i punti di riferimento.
Conoscono da vicino il dolore e il sacrificio ma nemmeno loro erano pronte a tanto.
Avevo due anni e mezzo circa, nella primavera successiva, quando mio padre mi portò con sé per i primi rilievi in vista di una ricostruzione complicata.
Lì, a Longarone, è rimasto il primo fotogramma dei miei ricordi. In bianco e nero. Poco nero in verità, forse i bambini cercano comunque la luce.
In una distesa di pietre bianche ricordo uno scavatore che si faceva largo nella desolazione. Una mano ben stretta in quella di mio padre, l'altra impegnata a cercare di afferrare il braccio di una bambola che affiorava fra polvere e sassi.

Isabella Gianelloni




giovedì 3 ottobre 2013

Il Mediterraneo fossa comune

Ancora morti, ancora uomini, donne, bambini accomunati nella tragedia. Ancora il Mediterraneo, quello che conoscevamo come il poetico mare nostrum trasformato in fossa comune.
La tragedia di oggi purtroppo non sarà l'ultima, gli esseri umani con la pelle scura continueranno a morire mentre fuggono da altre morti. 
C'è un'umanità disperata, vittima di un mondo concepito a rovescio e dell'infame avidità di chi lucra sulla miseria e sulla speranza. Basta, davvero basta. Chi può agisca di conseguenza, buttando a mare (è il caso di dirlo) finte ragioni di stato buone solo per lavarsi la coscienza e le mani. Noi le mani possiamo lavarcele tutti i giorni, ogni volta che vogliamo, poi mandiamo qualche sms spendendo un po' di euro con i telefoni che bimbi di tutto il mondo montano, smontano e riadattano in chissà quali maniere.
C'è un'Europa, meta di gran parte di quei disperati, che fa finta di niente, che si lamenta (giustamente) con l'Italia ma non mette in atto politiche forti nei confronti dei paesi da cui partono i barconi, da cui fuggono gli esseri umani, per evitare quello che possiamo chiamare olocausto.
C'è un'Italia che si fa in quattro: poliziotti, finanzieri, sindaci, volontari, medici, infermieri e tanti altri pronti ad aiutare, ad alleviare, a soccorrere.
Poi c'è quella che permette lo schifo dei centri di accoglienza sovraccarichi ed ingestibili.
Infine, nel punto più basso di questo orrido inferno dantesco, c'è quella che si stupisce dell'odore della miseria, che fa finta di ascoltare Papa Francesco e semina poi parole di odio, razzismo, oscena rivalsa contro chi ha solo la colpa di essere nato nel Paese sbagliato.
E' il caso che la politica smetta subito di occuparsi dei propri umori o tornaconti e si rivolga a quello che è il suo mestiere: affrontare i drammi, le tragedie, le difficoltà, non lasciare soli quelli che devono per forza occuparsene, alzare la voce là dove deve essere sentita, perché non ci può essere un'Europa di banchieri che lavora senza e contro l'Europa dei popoli.
L'Unione Europea è nata perché non ci fossero più guerre.
Questa purtroppo è una guerra tremenda, frutto di altre guerre, di sfruttamento e delle peggiori azioni di cui l'umanità è capace, i cui cadaveri albergano sulle rive del continente culla della civiltà.
Isabella Gianelloni