Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

giovedì 10 ottobre 2013

Vajont in bianco e nero

10 ottobre 2013. Ieri Longarone ha occupato i palinsesti televisivi, radiofonici, della stampa e della rete. 
Così il cinquantenario è tra i ricordi che dovrebbero divenire memoria, che sarà tale quando e se sarà condivisa.
L'esercizio della memoria collettiva forse funziona meglio se si collega con quella individuale, di un piccolo gruppo, di una collettività ristretta della quale si conoscono meccanismi, ruoli, sentimenti.
Il mondo che ci circonda è pieno di colori, ma a volte i ricordi sono in bianco e nero, ricchi di quelle sfumature, dei chiaroscuri tipici delle immagini più antiche.
In questi giorni di ottobre abbiamo visto tutti le immagini di repertorio di una televisione antica, in bianco e nero e mai come in questo caso sono i più adatti.
Ottobre è il mese dei colori incipienti dell'autunno, i rossi ed i gialli si mescolano ai verdi che si spengono. I boschi del Col Gallina e dei monti che sovrastano la valle del Piave non fanno eccezione: anche la coltre di foglie cadute diventa di un marrone rosseggiante.
Colori caldi, quasi accoglienti, raggelati dall'ecatombe di una valle sconvolta per sempre, di una montagna spezzata, di una umanità distrutta, i morti come i vivi.
E allora rimangono i colori del contrasto, quelli che assorbono o allontanano tutti gli altri.
Il bianco dei sassi del Piave, dei calcinacci, delle pietre che già ricordano le vicine Dolomiti e dell'intonaco di povere case polverizzate.
Il nero che ha inghiottito il resto, speranze e litigi, drammi ormai inutili, uomini, bambini e tante donne, sentinelle spesso mute in luoghi di emigrazione, vestite a lutto da chissà quanto tempo, i visi scavati dalla fatica e dal dolore.
Quelle che non sono state risucchiate dall'onda d'acqua e di terra si aggirano spaurite, smarrite cercando magari qualcosa che rappresenti un punto cardinale, una fiammella di orientamento in uno strazio che ha perduto anche i punti di riferimento.
Conoscono da vicino il dolore e il sacrificio ma nemmeno loro erano pronte a tanto.
Avevo due anni e mezzo circa, nella primavera successiva, quando mio padre mi portò con sé per i primi rilievi in vista di una ricostruzione complicata.
Lì, a Longarone, è rimasto il primo fotogramma dei miei ricordi. In bianco e nero. Poco nero in verità, forse i bambini cercano comunque la luce.
In una distesa di pietre bianche ricordo uno scavatore che si faceva largo nella desolazione. Una mano ben stretta in quella di mio padre, l'altra impegnata a cercare di afferrare il braccio di una bambola che affiorava fra polvere e sassi.

Isabella Gianelloni




2 commenti:

  1. Il ricordo dei bambini è forse quello più autentico, perché i bambini anche nel dolore forse cercano di ritrovare una piccola luce di speranza per il futuro. L'immagine della mano che tenta di afferrare la bambola è la rappresentazione di questa speranza. Io avevo tredici anni e ricordo due cose: il silenzio quasi surreale quando il rettore del seminario dove studiavo ci convocò tutti per dirci che i nostri compagni erano stati colpiti da quella tragedia (anche se nessuno aveva perso i genitori) e il racconto di mia madre che ricordava mio padre che nel momento in cui veniva giù la frana disse a mia madre di sentire un rombo quasi di tuoni e il rumore del vento e chiese di andare a vedere se pioveva: fuori c'era un cielo stellato. Poi più tardi l'acqua che nel Piave travolgeva tutto anche i contrafforti costruiti per frangere l'impeto delle piene e portare con sé tante vite spezzate, molte delle quali mai ritrovate. Era il Piave poco oltre Ponte nelle Alpi. E alla fine il silenzio, anche negli anni a venire. Chissà se ora, dopo cinquant'anni, abbiamo cominciato a passare dal ricordo alla memoria.

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  2. Grazie Gianfranco, puntuale come sempre.

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