Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

martedì 24 dicembre 2013

Caro Sindaco Zambon, ci ripensi e non lo faccia!

Caro Sindaco,
ci ripensi e non lo faccia! 
Conegliano sta vivendo un momento assai triste della sua millenaria vicenda: sicuramente complice anche la ormai famosa "crisi economica" sta languendo sotto molti aspetti.
Le buone idee non hanno però bisogno di molto denaro: la spinta propulsiva viene dalla voglia di condivisione, di progettazione, di visione del futuro, di conoscenza e fantasia.
Provi ad immaginare come potrebbe essere il prossimo Natale: partiamo ora per progettarlo con le forze produttive, i commercianti, gli artigiani, gli intellettuali, gli studenti e gli insegnanti della città.
Invece di una piazza disadorna con un'installazione che tutto pare tranne che un presepe, un albero visibile solo col buio, tre bancarelle giunte negli ultimi 3 giorni, potremo creare un percorso di presepi, magari più abeti addobbati in modo originale grazie al lavoro delle tante comunità, delle associazioni, delle scuole, bancarelle con prodotti dell'artigianato e dell'agricoltura locale....
Ci pensi, Signor Sindaco, i 25mila utenti annuali della Biblioteca potrebbero ancora aumentare, uno spazio creato a misura dei più piccoli potrebbe diventare trait d'union con la vicinissima Ludoteca, nella bella stagione il Parco Mozart sarebbe meta dei giochi dei bambini e dei ragazzi e non l'altro che noi sappiamo.
Portiamo la Biblioteca nell'ex Tribunale, non confiniamola in periferia. Ce l'hanno chiesto anche i ragazzi delle scuole della città.
Le zone si riqualificano vivendole! Non credo che i professionisti che si recano negli uffici tecnici del Comune abbiano poi il tempo e la voglia di giocare nel giardino pubblico... e nemmeno quei pochi che ormai frequentano l'Anagrafe...
Lei parla della Biblioteca di Montebelluna come esempio: beh, un ottimo esempio, lo sappiamo tutti.
"La scelta di creare una nuova struttura ha rappresentato un'interessante opportunità per arricchire il centro storico di uno spazio pubblico che è luogo reale e simbolico di incontro tra persone, generazioni e culture diverse, oltre che luogo della comunicazione e dell'informazione, delle idee e dei saperi. La biblioteca è punto di riferimento per un bacino d'utenza molto ampio: più del 45% degli iscritti proviene da comuni vicini; Montebelluna aderisce e partecipa come polo di area al sistema bibliotecario della provincia di Treviso ed è comune capofila della rete Biblioteche Area Montebellunese. La Biblioteca ha sede in una struttura dedicata che si sviluppa su tre livelli ed è stata pensata e progettata per l’erogazione dei servizi, la fruizione e la conservazione del suo patrimonio. L’edificio non presenta barriere architettoniche, è fornito di arredi, attrezzature e tecnologie adeguate, è dotato di una buona segnaletica interna. Si configura come Istituzione pubblica culturale del Comune di Montebelluna [Istituzione Montebelluna Cultura]; ha un Consiglio di amministrazione, un presidente e un direttore. Gestisce un proprio budget autonomo per assicurare i servizi di biblioteca e di archivio storico comunale, le attività di promozione della lettura e delle culture, l'integrazione con le altre istituzioni educative, informative, culturali, della città e del territorio."(Testo tratto dal sito Internet della Biblioteca stessa).
Leggiamo che le Associazioni avranno la loro sede: penso, e con me molti altri, che 2400 mq siano davvero tanti, troppi forse: trasferisca lì anche l'Anagrafe ed i Servizi Sociali, che hanno bisogno di uffici decorosi e, tutti insieme (il Comitato Biblioteca sarà sicuramente al suo fianco), trasformiamo l'ex Tribunale in un polo culturale centrale, fruibile, che inviti più cittadini ad avvicinarsi al centro ed alla cultura. Bambini, ragazzi, adulti ed anziani insieme non possono che far bene al centro di questa nostra città, amata ma fin troppo bistrattata.
Avviciniamo la gente ai libri, non allontaniamoli dalle persone!

Isabella Gianelloni - Consigliere Comunale

domenica 22 dicembre 2013

Che sia davvero passato o un po' ancora presente?

Edward Jenner, ritratto di James Northcote.

...Dopo l'epidemia del 1802 era nuovamente comparso il vaiolo. Si affermava perciò la necessità di ricorrere un'altra volta "con vigore" alla vaccinazione di tutti gli individui fino ai 20 anni di età.
Dagli elenchi ufficiali risulta che la vaccinazione (o i suoi tentativi) fu estesa a tutta la popolazione minore, senza distinzione di classe o censo. Risulta altresì che molti erano i bambini sottratti alla vaccinazione o quelli nei quali essa non aveva avuto successo.
Ancora una volta appariva il circolo vizioso dell'ignoranza della popolazione, della sua fragilità, unite all'inefficacia sia delle minacce che dei tentativi di far capire l'importanza della prevenzione, in questo caso dell'inoculazione del siero contro il vaiolo.
(...) Ancora nel 1822, nella lettera accompagnatoria del prospetto dei vaccinati e non vaccinati del Comune di Conegliano, il dr. Carlo Reggio commentava che oltre a ragioni di salute o di età (bambini con pochi mesi di vita), dei "non vaccinati" i più erano figli di "genitori che non vollero assoggettarli alla vaccinazione".
I dati di quell'anno, riferiti alle parrocchie di San Leonardo, San Rocco, San Martino, Campolongo, Costa ci dicono che a fronte di 181 vaccinati con successo, 102 erano gli individui che restavano da vaccinare.
(...) Il 4 giugno 1827 su segnalazione dei medici il Comune scrisse un'accorata lettera ai parroci affinché esortassero e ammonissero i genitori: la vaccinazione generale si era ripetuta 3 volte per mancanza di individui, che non si erano presentati.
Quando nel 1830 il vaiolo ricomparve quasi ovunque nella Provincia di Treviso ci si ritrovò ancora una volta impreparati ad affrontare l'epidemia.
I dati appena riportati riguardano alcune pagine della mia tesi di laurea, che affrontava il tema della povertà e dell'assistenza a Conegliano nella prima metà dell'800.
Oggi, grazie alla massiccia vaccinazione, il vaiolo è scomparso. La poliomielite quasi (per inciso tutti sanno chi era Hitler, quasi nessuno chi era Albert Sabin e non so quale fortuna abbia la memoria di Edward Jenner).
Stupisce e addolora che ancora oggi, nel XXI secolo, per qualcuno, anche con incarichi istituzionali, la scienza e la medicina facciano così fatica ad essere accettati. Anche a Conegliano, anche nel cuore del civile e sviluppatissimo Nordest (dove si comincia a credere di nuovo a chi urla e non a confrontarsi con chi ragiona).
Spinti dalla disperazione molti tentano strade non provate, non scientificamente dimostrate. Ciò è normale (quasi), ma mentre ci si affida a medici improvvisati si pretende che la medicina ci salvi sempre. Sappiamo tutti che non potrà mai essere così.
Insopportabile è che manchi ancora una mentalità scientifica, che si faccia appello al "sentito dire" che è molto più facile da comprendere, che prende la pancia della gente lasciando sempre addormentato il cervello.
Solo la cultura, umanistica e scientifica insieme, potrà far ripartire le coscienze, lasciando stregoni e medici improvvisati finalmente disoccupati.

Isabella Gianelloni

mercoledì 18 dicembre 2013

Una cartina geografica per il Sindaco

Il centro muore e il Sindaco sbaglia le coordinate geografiche: al Consiglio Comunale dei ragazzi, di fronte a 600 alunni, maestre e professori ci ha spiegato che il centro "dipende da dove lo si guarda".
Tutto per far passare come scelta strategica il trasferimento della Biblioteca comunale sopra l'Auditorium Dina Orsi, a Parè. Ci pare francamente una presa in giro.
La mozione dei ragazzi, approvata all'unanimità (e con applausi) anche dalla maggioranza, chiede che la struttura sia centrale, così da essere raggiunta facilmente da tutti e che sia studiata per avere spazi dedicati ai più piccoli (tra le altre cose è nota la situazione del trasporto pubblico in città).
Evidentemente i nostri giovanissimi concittadini hanno più senno di tanti adulti.
Il Comitato Biblioteca ha sottolineato ancora una volta la richiesta di trasferire la Biblioteca nell'ex Tribunale.
Una soluzione logica e che guarda al futuro.
Oggi i commercianti lanciano un altro grido di allarme: il centro muore.
Vorremmo ricordare al Sindaco che Conegliano, come tutte le città, ha un solo centro, conosciuto da quasi un millennio e lasciato morire proprio da scelte politiche, urbanistiche, commerciali che lo stanno lentamente svuotando.
Generazioni che si incontrano, giovani e bambini non possono che essere la linfa vitale per far rinascere una città che langue.
Perché non indice un referendum fra gli alunni e gli studenti delle scuole per conoscere il loro parere e dare così seguito al coinvolgimento di ieri?
Nel frattempo lo invitiamo a ripassare un po' di geografia cittadina. 
Nemmeno la geografia è un'opinione, non solo la matematica. La politica sì.

Isabella Gianelloni - Gruppo Consigliare PD Conegliano

domenica 15 dicembre 2013

#giovani Il rispetto va dimostrato, non solo chiesto

A Conegliano ogni tanto una buona notizia. Anzi due. Se sommate al credito d'imposta per l'acquisto di libri deciso dal Governo fanno tre. Possiamo ricominciare a sperare?
Sabato 14 dicembre i neo-diciottenni della città hanno ricevuto, con cerimonia solenne, una copia della Costituzione quale omaggio per la loro conquista del pieno diritto di cittadinanza.
Martedì 17 dicembre alle 9 si terrà una seduta del Consiglio Comunale dedicata ai ragazzi. Alunni delle classi quinte della scuola primaria e delle terze della scuola secondaria di primo grado di Conegliano hanno lavorato al progetto "La cosa di tutti è di ognuno".
Tutti insieme hanno presentato un'interpellanza sulla Biblioteca Comunale, un'interrogazione per chiedere un luogo di incontro per i giovani, una complessa mozione articolata in tre punti: Scuola sicura, aperta e pulita; Manutenzione e miglioramento degli arredi e dei servizi pubblici; Biblioteca: non solo libri.
Due belle occasioni per vedere facce nuove, belle, giovani entrare nel "palazzo": i più grandi magari hanno già qualche remora, ascoltano i TG e i loro genitori, discutono in classe l'attualità di un Paese che pare avere scordato il debito che ha nei confronti delle nuove generazioni.
I più piccoli saranno magari un po' intimoriti ma hanno dalla loro parte la freschezza, la volontà, la speranza.
Ieri i nuovi maggiorenni hanno ascoltato un altissimo discorso incentrato sul valore della nostra Costituzione, sui diritti inviolabili degli esseri umani da essa sanciti, sullo strettissimo intreccio fra diritti e doveri di ciascuno.
Martedì gli alunni ascolteranno ciò che gli adulti risponderanno loro: mi auguro che non vengano liquidati con un sorriso, quello che si riserva alle persone semplici, autentiche ma che, si sa, alla fine non contano.
Le proposte che i ragazzi illustreranno sono concrete e fattibili ma per essere realizzate necessitano di due ingredienti fondamentali: volontà politica (q.b.) e un pizzico di fantasia.
Ai giovani va insegnato il rispetto: il primo passo è rispettarli. Gli insegnanti trascorrono anni ad instillare negli allievi capacità critica, nozioni, coscienza di sé e della comunità in cui vivono.
Il loro lavoro va rispettato, così come l'analisi della realtà che riguarda la gioventù nella nostra città e le proposte.
Non mi stancherò mai di dire che una comunità pensata su misura dei più deboli, dei più piccoli, non può che risultare migliore anche per i più forti, i più attrezzati, i più grandi.
La politica deve ritrovare, ad ogni livello, la sua funzione pedagogica ed educativa, innanzi tutto mantendendo ciò che promette. Proprio come fanno le famiglie che danno il buon esempio.
In molte città d'Italia esiste un vero e proprio Consiglio Comunale dei ragazzi, che si riunisce periodicamente e che dialoga con gli amministratori, verificando proposte, idee, fattibilità: penso che sarebbe una buona idea dare vita anche a Conegliano ad un'esperienza di dialogo continuo con i ragazzi delle scuole cittadine.
Gli adulti e la città tutta non potrebbero che trarne vantaggio: non dimentichiamo che il denaro meglio speso è quello che fa crescere culturalmente e intellettualmente i cittadini, ne sviluppa il senso della comunità, della socialità, la voglia di essere protagonisti delle scelte future. A partire proprio dall'infanzia.
Isabella Gianelloni



sabato 7 dicembre 2013

L'8 dicembre votiamo col cuore

Sono orgogliosa di far parte di una grande comunità, il Partito Democratico, dove si discute, a volte ci si accapiglia, ma dove comunque ciascuno può e deve portare il proprio contributo.
Quello di domani è un grande appuntamento: i democratici ed i loro elettori scelgono chi guiderà questo partito nei prossimi quattro anni. Questo partito, appunto.
Un partito è una comunità di persone in cui le donne e gli uomini che ci stanno sanno chi sono e sanno soprattutto da che parte stare.
Noi non possiamo essere neutrali di fronte ad un mondo, un'Europa e un'Italia in cui i ricchi sono sempre più ricchi ed i poveri sempre di più e sempre più poveri, in cui scuola, istruzione, ricerca, lavoro hanno perso il proprio valore, in cui la finanza conta più del lavoro, i soldi facili più della salvaguardia del paesaggio e della salute, in cui anche le persone il loro corpo la loro coscienza sono merce di scambio.
Le parole uguaglianza, giustizia, DIGNITA', pari opportunità, rispetto, coscienza, etica non sono parole neutrali. Non lo sono per la sinistra che, come ci ha ricordato Gianni Cuperlo, non è nata per correggere la punteggiatura della destra.
Noi siamo un'altra cosa.
Vorrebbero farci tornare indietro di decenni, rinunciare a diritti che sono costati sangue e sudore, ributtare sulle spalle dei lavoratori, dei pensionati, dei giovani il peso di una crisi che è anche crisi di valori, di etica, di rispetto.
Sono quindi orgogliosa di essere nella lista per l'Assemblea Nazionale del PD che appoggia Gianni Cuperlo.
Per la rivoluzione della dignità. Per un partito che non deve essere un comitato elettorale ma una comunità, di pensiero e di lotta. Perché la priorità è il lavoro: quello che manca e quello che se c'è è precario, sottopagato, sfruttato.
Isabella Gianelloni

APPELLO AL VOTO DI GIANNI CUPERLO
Per noi la priorità è il lavoro, con un piano straordinario per l’occupazione giovanile e femminile e un programma di investimenti per la messa  in sicurezza del territorio e delle scuole.
Siamo convinti  che la Riforma Fornero vada cambiata, perché ha creato forti iniquità a partire dalla grande vergogna degli esodati.
Non è attraverso il rigore e l’austerità o con tagli lineari alla spesa pubblica che rimetteremo in moto la nostra economia, al contrario dobbiamo rilanciare l’occupazione, i redditi, i consumi.
Noi vogliamo aumentare le risorse per gli assi portanti della nostra società: la scuola, l’università e la ricerca.
Non sono i pensionati il problema di questo paese, al contrario vanno sostenute le  fasce sociali che hanno già pagato il prezzo della crisi, le stesse persone che hanno garantito la tenuta sociale delle nostre comunità.
Dobbiamo guardare al Sud come una grande questione nazionale e un’occasione di crescita per l’intero Paese e per l’Europa.
Il cambiamento non può che nascere dal rispetto del valore della persona, da una nuova stagione dei diritti umani e civili, dalla tutela di tutte le forme di convivenza e delle coppie gay, dalla libertà delle donne e dalla parità in ogni settore della società.
Noi vogliamo un Pd che riscopra l’orgoglio, la passione, i principi della sinistra.
Noi non siamo il volto buono della destra, noi siamo la sinistra del tempo nuovo.
Un partito che si impegni a ricostruire un rapporto di fiducia con le forze più dinamiche della società, della legalità, del civismo, le associazioni, i movimenti, tutti quelli che hanno fatto in questi anni barriera al declino economico e culturale del paese.
La sinistra non è una pagina della storia passata di questo Paese, come qualcuno vuole raccontare. La sinistra è l`anima di questo progetto, è l’elemento che gli dà senso.
La giornata dell’8 dicembre deve servire a dire questo, non solo a incoronare un leader.
Senza un partito forte alle spalle, nessun Governo da solo è in grado di cambiare l’Italia.
Il Partito Democratico ha bisogno di un Segretario che si dedichi, a tempo pieno, a ricostruire il legame con la società sulla base di una visione del futuro che non sia solo un programma di Governo.
Il partito non può essere un trampolino di lancio per un altro incarico, ma un impegno, una missione a cui dedicarsi senza riserve.
Il PD deve cambiare radicalmente partendo dal suo modo di stare tra le donne e gli uomini che sceglie di rappresentare, a cui vuole dare voce e potere.
Dobbiamo darci a ogni livello organismi dirigenti profondamente rinnovati, più snelli e autorevoli.
Dobbiamo valorizzare il pluralismo, ma contrastare il correntismo, privilegiando sempre passione, impegno, competenza.
Dobbiamo dare potere e risorse, anche finanziarie, ai nostri circoli, come luogo di organizzazione della democrazia, e come luogo di apertura al molto di buono che c’è fuori da noi, ai movimenti, alla rete del civismo, della solidarietà, delle autonomie locali.
Dobbiamo costruire un partito che metta davanti a tutto l’etica e l’onestà, eliminando i doppi e tripli incarichi come un atto di moralità e trasparenza.
Un partito comunità, aperto, intelligente, capace di progettare il futuro e  di metterci al servizio della rivoluzione della dignità.

domenica 1 dicembre 2013

Adottiamo il Brolo di San Francesco e le mura di Conegliano!

Ci risiamo. E' passato un altro anno e la proroga della concessione in uso del Brolo di San Francesco è giunta alla scadenza senza che nessuno nel frattempo abbia pensato a cosa fare.
L'Amministrazione ha pubblicato il bando per il nuovo affidamento quadriennale, con scadenza 16 dicembre, destinato ad associazioni o raggruppamenti di queste.
Mi chiedo quale associazione sarà in grado di mettere in pratica tutto ciò che si chiede e che (giustamente) è necessario per mantenere in efficienza un sito così importante.
Senza parlare della parte botanica (in questo i soci di Italia Nostra negli anni scorsi sono stati a dir poco encomiabili), dello sfalcio dell'erba, della pulizia, della manutenzione della casetta, dell'apertura nei fine settimana e per i gruppi di visitatori (...) nel bando si cita l'obbligo di monitorare lo stato di conservazione ed eseguire la manutenzione del tratto delle mura della Castagnera prospicienti il Brolo dall’estremità nord dell’area all’angolo nord dell’ala settecentesca dell’ex Convento di S. Francesco.
Ci risiamo anche con il pressappoco che impera in questa città: le mura trecentesche devono essere monitorate e soprattutto manutenute da chi ne ha le competenze!
Il tratto di mura a fianco del Convento di San Francesco è pericolante, lo sappiamo bene; le mura del lato ovest splendidamente restaurate sono chiuse e attaccate da nuove piante infestanti (altro che i fili d'erba che i volontari possono togliere dal Brolo, sperando che rimangano quelle bellissime piante di cappero); da anni si denuncia il fatto che le mura del versante nord (dietro al ristorante del Castello) rischiano di crollare.
Il Partito Democratico ha presentato al Consiglio Comunale una mozione per migliorare la tutela dei beni archeologici e architettonici della nostra città. Vedremo se ancora una volta la maggioranza farà finta di niente, votando contro per partito preso.
Nel frattempo un patrimonio unico, millenario, rischia il completo degrado: non possiamo occuparcene a pezzettini, staccando un pezzo dall'altro.
La città murata di Giambattista Cima rischia di diventare solo un bel ricordo: chiedo che l'Amministrazione Comunale coinvolga tutte le associazioni culturali e ambientali del territorio, la Soprintendenza, il Consiglio Provinciale, la Regione Veneto, il Ministero per i Beni Culturali, il Fondo per l'Ambiente Italiano, le Università per adottare, tutti insieme, l'intero complesso che costituiva il nucleo della nostra città e farlo diventare patrimonio d'Europa. Usiamo, per una volta, il marchio del Prosecco per un grande progetto di salvaguardia e sviluppo, con l'utilizzo delle immense risorse culturali e professionali che abbiamo.
Con il pressappoco non si va da nessuna parte.


domenica 24 novembre 2013

"Vive le donne". 25 novembre contro il femminicidio


"Non confondere l'amore col delirio del possesso, che causa le sofferenze più atroci. Perché contrariamente a quanto comunemente si pensa, l'amore non fa soffrire. Quello che fa soffrire è l'istinto della proprietà, che è il contrario dell'amore". (Antoine de Saint-Exupéry, La Cittadella)
Tutto qui, forse, il segreto: cancellare l'idea che si può usare l'altro e soprattutto l'altra, che esistano esseri inferiori, che la sofferenza altrui non sia una macchia indelebile da portare per sempre addosso, che amare significa prima di tutto rispetto e che bisogna insegnare ad amare, prima di tutto con l'esempio. Insegnare, un verbo troppo trascurato, che contiene dentro di sé, accanto a sé, un'altra parola meravigliosa: imparare.
Insegnare, lo ripeto, l'amore per la conoscenza, il rispetto, il desiderio gratuito di far crescere persone e non robot muniti di bancomat, donne e uomini che abbiano la dignità come faro, punto di riferimento.
E' difficile scrivere ancora di violenza contro le donne, fa male dover ancora una volta affrontare un tema come il femminicidio, sapere che l'informazione ne parla solo quando avviene il fatto di cronaca oppure domani, quando sarà costretta a raccontare le mille manifestazioni organizzate ancora una volta per urlare che "ora basta"!
Basta con la violenza ma basta anche con la mancanza di educazione: la soluzione di una consuetudine atroce come questa passa attraverso l'educazione, soprattutto dei maschi, attraverso il cambiamento di mentalità, l'aumento della cultura. Tout-court. Cultura perché conoscere permette di imparare a pensare, a confrontarsi, a scoprire le tante meravigliose facce degli esseri umani, le infinite possibilità di affermazione di sé, che non può passare attraverso la riduzione del corpo a merce o la sopraffazione.
Le forze dell'ordine stanno svolgendo un ruolo decisivo: conosco un po' la realtà che mi circonda e so che il Commissariato di PS di Conegliano e la Questura di Treviso, per fare un esempio, hanno già avviato, senza il clamore mediatico che meriterebbero, dei veri protocolli di azione per proteggere le donne che trovano il coraggio di denunciare le violenze ma anche lo stalking, le torture psicologiche, il terrore che quelli che, come sappiamo, hanno le chiavi di casa e si trasformano in aguzzini.
Tutto questo prevede che ci sia una denuncia, ma noi sappiamo che solo il 7% delle donne trova il coraggio di ribellarsi e di agire: troppo spesso prevale la paura, chiamiamolo pure terrore.
Una volta fatta la denuncia, una volta messo in prigione il colpevole, le donne hanno paura di rimanere sole, ancora una volta, col terrore che "lui" prima o poi tornerà a vendicarsi. Come spesso accade: quante sono le donne non ascoltate, convinte a tornare a casa sperando che "lui" prima o poi cambi? Tante, troppe: spesso le vediamo poi in fotografia sulle epigrafi.
Conegliano ha uno Sportello donna quasi nascosto all'interno dello Sportello famiglia, quasi che le donne trovino affermazione solo in quel contesto, non se ne trova traccia nella Home Page del sito internet del Comune.
Domani sarà aperto con orario continuato presso i Servizi Sociali. Bene, un primo passo. E poi?
Mi auguro che la Commissione Pari Opportunità riesca a conquistare maggior visibilità per una questione che riguarda tutti, che riesca ad avviare un percorso coordinato con le forze dell'ordine, con l'ULSS, con la politica, con le scuole, con le organizzazioni sindacali, le forze imprenditoriali, l'informazione, che riveste, lo sappiamo, un ruolo ben più importante del mero diritto e dovere di cronaca.
Ancora una volta i verbi devono essere insegnare, educare, imparare.
Vive le donne, dunque. E una nuova coscienza di sé, per noi e per gli uomini che ci stanno intorno.

Isabella Gianelloni

sabato 16 novembre 2013

Verdi colline a rischio deserto?

Foto tratta da: date-hub.com Nicocovre
L'altra sera ho ascoltato ancora una volta i dati di questa tremenda crisi economica, industriale, epocale che sta colpendo anche la nostra Provincia, culla e centro di quel famoso "modello nordest".
I dati fanno rabbrividire: 480 posti di lavoro perduti ogni mese in provincia di Treviso, dall'inizio della crisi sono circa 30mila le persone rimaste senza un'occupazione: quasi come se l'intera città di Conegliano fosse rimasta deserta.
La vicenda Electrolux rischia di dare il colpo di grazia ad una situazione ormai gravissima, fatta di angoscia e a volte vera e propria disperazione, soprattutto là dove non esistono né ammortizzatori sociali né un tessuto familiare che possa mettere in moto, ancora una volta, la solidarietà.
Di quest'ultima azienda e delle sue vicende (tra l'altro si tratta di una grande multinazionale lontana mille miglia dal legame col nostro territorio) si parla da anni: se non ricordo male però da anni nessuno dei governi che da vent'anni e più hanno governato l'Italia, il Veneto e anche queste zone hanno messo in campo uno straccio di politica industriale degna di questo nome.
Non solo: in questo Veneto culla di una cultura millenaria, di università antiche, intellettuali curiosi, di una capitale aperta al mondo come poche altre, di un'arte del costruire invidiata in tutto il pianeta, di paesaggi unici, chi l'ha governato ha cercato di distruggere tutto questo, la nostra parte migliore facendoci pensare che bastasse qualche sagra improvvisata (magari dietro qualche orrendo capannone ormai desolatamente vuoto dopo aver depauperato territorio e agricoltura) e un po' di ignoranti componimenti in un dialetto inesistente per mantenere un'identità. Veneta. Bel risultato.
Oggi il settimanale di RAI Regione ha dedicato un servizio alla vicenda Electrolux, andando indietro nel tempo alla Zanussi ed all'antica Zoppas, madre dell'industrializzazione del Coneglianese.
Gli intervistati, tutti ex dipendenti o dirigenti, hanno descritto il loro vissuto, la storia recente.
Sconsolato uno di loro ha affermato: "Se chiude Electrolux cosa faremo qui? Non abbiamo nemmeno bellezze e monumenti da offrire ai turisti".
Ecco la grande colpa di chi continua a governare questo territorio ed il Veneto intero: aver fatto perdere la coscienza di ciò che davvero costruisce un'identità, di ciò che ci è stato lasciato in eredità in fatto di bellezza, architettura, storia, monumenti, arte, paesaggio.
Non possiamo andare tutti a fare le guide turistiche, questo è ovvio, ma ricordiamoci che l'amore della manifattura, del saper fare è nato proprio dalla coscienza, dalla ricerca, dal desiderio di arricchire ma anche di rispettare il territorio.
All'inizio del secolo scorso, quando si avviavano le prime industrie coneglianese, ci si preoccupava di dare maggior impulso alla Scuola di arti e mestieri, di costruire case operaie con un giardino davanti, di far circolare i libri di una biblioteca ambulante fra i piccolissimi artigiani ed i lavoratori.
Con buona pace delle sagre inventate, dell'insensata distruzione del territorio e di versi ignoranti.
Isabella Gianelloni

sabato 9 novembre 2013

Il lavoro delle donne. Dignità e fatica


Donne e lavoro, un binomio complesso. 
Nella mostra fotografica dedicata al lavoro delle donne, l’intento di rendere giustizia, almeno in parte, ad una storia fatta per molti aspetti di grandi sofferenze, si è accompagnato alla scelta di non edulcorare la realtà, di non cedere all’idea, assai comune, che un tempo le cose fossero più genuine, naturali e quindi giuste.
Non c’è nulla di naturale, come sappiamo, nello sfinimento dovuto ad un lavoro diuturno e poco riconosciuto, alla totale mancanza di diritti, anche quello di parola, che le donne hanno subito per secoli, ed alcune delle immagini scelte raccontano soprattutto questo: una grandissima quantità di lavoro.
Qualcuno potrebbe chiedersi il perché della testarda insistenza delle donne nel cercare il proprio posto al di fuori delle mura domestiche, ben sapendo che non vi avrebbero trovato maggiore comprensione, minor fatica, che il guadagno ottenuto non sarebbe mai stato proporzionale allo sforzo ed alla fatica. 
Fatica. Gli antichi, in un mondo poverissimo di tecnologia com'era quello di allora, avevano l'esatta percezione che la vita in quanto tale fosse assimilabile alla fatica, necessaria in qualsiasi attività umana. L'otium, il potersi ritirare dalle comuni occupazioni era per qualcuno un utile obiettivo. In alcuni dialetti italiani lavorare si dice faticare.
La fatica evoca sforzo, sfinimento, sudore, energia utilizzata senza risparmio. Le donne hanno un'antica dimestichezza con tutto questo, a loro sono delegate le fatiche del parto e della crescita dei figli, a loro il compito di tenere insieme affetti e beni materiali delle famiglie.
Il lavoro è un valore in sé, uno strumento di conquista della propria dignità. La scelta, molto spesso la necessità, quasi sempre le due cose intimamente legate fra loro, di lavorare anche fuori casa è stata (ed è ancora) ricerca di dignità, di affrancamento da una condizione servile, di quella autonomia personale composta di indipendenza economica e possibilità di tessere una rete di relazioni.
Queste ultime, cioè il confronto delle esperienze e delle aspirazioni, la scoperta di un mondo “altro” rispetto all'obbedienza supina al padre, al marito, al suocero, al sacerdote, sono state per decenni l'incubo della società con un ordine precostituito e pensato per essere immutabile, un mondo che negava diritti e pari dignità alle donne.
Il titolo scelto per questa mostra è composto proprio da questo binomio, dignità e fatica, vale a dire l'affermazione di una volontà di riscatto, del valore della propria persona e tutto il sacrificio, a volte il dolore, necessari al suo raggiungimento.
 (Tratto dal mio saggio nel catalogo della mostra "Donne a Nordest. La dignità e la fatica. 1890-1970)

A Crocetta del Montello, dal 16 novembre al 1 dicembre, nei locali dell'antica Società Operaia di Mutuo Soccorso. Inaugurazione Sabato 16 novembre, ore 18.30.

domenica 3 novembre 2013

Per quelli che non hanno visto nessuna vittoria

Crocetta del Montello - Osservatorio del Re
Dopo giorni la pioggia era cessata, lasciando posto ad un’aria nuova, che scendeva a valle lungo il letto del fiume.
In tempi normali avrebbe trasportato l’odore dell’erba macerata nell’acqua del Piave, il profumo del bosco d’autunno, l’aroma fragrante delle castagne arrostite, l’odore invitante della legna arsa nei focolari.
Per quel popolo in armi fu il segnale: cominciava la grande corsa, la rincorsa del nemico.
L’acqua, tumultuosa e assordante nel suo scorrere impetuoso, rischiava di travolgere da un momento all’altro i ponti gettati e con essi quanti vi si trovavano sopra, era fredda, ma non c’era tempo per rendersene conto, era pericolosa, ma nessuno sembrava essersene accorto.
La riva sinistra era finalmente lì, a portata di mano, sul greto affioravano cadaveri con divise diverse, affiancati e accomunati da un medesimo destino.
Bisognava, come sempre, passare oltre, non era quello il tempo della pietà. 
[...]
Corsero per ore, sparando e rincorrendo, rincorrendo e sparando. Quel pezzo d’Italia era troppo simile a quello che avevano appena lasciato. Ovunque trincee, fangose e marce come le loro, armi abbandonate all’improvviso, uomini a terra morti o agonizzanti, reticolati, resti di postazioni d’artiglieria ormai inutili, dappertutto testimonianza di alberi sradicati, campi devastati, ruderi di abitazioni, segni di incendi appiccati che nessuno aveva tentato di spegnere.
Non c’era tempo per rendersi conto della dolcezza di quei saliscendi ora aspri ora lievi, scomparso quasi ogni segno della collina coltivata, del lavoro instancabile che per secoli i contadini avevano compiuto coltivando declivi dove era difficile imbrigliare l’acqua, dove viti e granoturco soffrivano la sete.
Non c’era più tempo per nulla: tutto un esercito rimasto fermo per troppi mesi ora percorreva chilometri in poche ore, attraversava fossi e campi, aie sconvolte e borghi ormai irriconoscibili.
La cima di ogni altura era un osservatorio nemico, a volte abbandonato repentinamente e a volte difeso strenuamente da chi era costretto da qualche strano ordine a non accettare il proprio destino.
I nomi prima solo sentiti e letti nelle mappe del tenente ora divenivano realtà: villa Jacur, con quel nome un poco esotico, il Colle della Guarda, San Daniele divennero luoghi veri.
[...]
Vincenzo e Francesco, con il passo quasi sincronizzato procedevano vicini, proteggendosi l’un l’altro, confortandosi nella stanchezza, perfino felici del rinnovato movimento. Non più costretti nelle tane come animali, con la marcia, l’attività veloce e guardinga, ricordavano le giornate passate a caccia, la ricerca di qualche pecora uscita dal gregge, l’esplorazione di territori ormai noti con la sicurezza del ritorno.
Ora, dopo mesi e mesi, quella parola cominciava ad avere un significato più preciso, assumeva contorni più certi, sentivano che il momento sarebbe arrivato presto.
Caro papà, noi abbiamo di sicuro vinto la guerra. Abbiamo passato il Piave. Da questa parte del fiume quasi tutte le case sono distrutte. Spero che fra poco tornerò a casa, anche se oggi sono triste perché il signor tenente non è più con noi. Io sto bene e mando un bacio a tutti. Vincenzo”.
 [...]
Parola importante, vittoria, che per tutti loro aveva un solo significato: tornare a casa, per sempre.

Isabella Gianelloni
Tratto dal mio romanzo "Tre volte trenta", Piazza Editore

sabato 2 novembre 2013

Panchine in città: chi le ha viste?

Lo scorso 15 ottobre ho presentato un'interpellanza al Sindaco di Conegliano riguardante lo stato e il degrado di tre luoghi simbolo della città.
Non c'è stato ancora modo di discuterla ed il Consiglio Comunale programmato per i prossimi giorni è stato rimandato.
A non essere prorogabili sono interventi, anche minimi, che rendano migliori gli spazi cittadini.
Non basta avere un castello (il cui museo va rivisto da capo a fondo), una splendida sala affrescata (speriamo che partano presto i lavori di restauro del tetto, finanziati ormai da anni ma non ancora avviati) e delle colline meravigliose (sempre che non le si cementifichi ancora).
I turisti, che continuano a trovare chiuso l'Ufficio Informazioni, i frequentatori ed i Coneglianesi hanno bisogno anche di una città bella, pulita e accogliente nel suo complesso.
Speravo che vista l'interpellanza ci si preoccupasse almeno di pulire il muro e la strada della Chiesa di Santa Caterina ricoperti di guano: ci passo davanti ogni giorno e tutto è esattamente come prima.
Non solo.
- L'arredo urbano del centro storico è costato un sacco di soldi, ma le panchine di Piazza Cima, tolte all'inizio dell'estate per le varie manifestazioni e non rimesse al loro posto per non intralciare l'Autunno coneglianese, mancano ancora.
Dove sono? Perché non sono state rimesse al loro posto?
Se si pensa che ora, con la brutta stagione e le basse temperature nessuno si siederà a prender freddo mi chiedo perché mai siano state acquistate e posizionate in quel luogo. La Dama Castellana, le manifestazioni estive e l'Autunno coneglianese esistono da decenni... e allora?
Non vorrei si trattasse di altri soldi buttati, in un centro storico che langue afflitto da una montagna di problemi.
- Il giardino pubblico "Tommaso Albinoni" di Via XI Febbraio è posto proprio sotto le mura della città. Anche qui le panchine sono scomparse all'improvviso. Perché? Molti anziani le usavano per riposare, chiacchierare, starsene tranquilli.
E le mura soprastanti? Solerti cittadini si sono preoccupati di pulirle, liberandole dalle erbacce infestanti e conferendo autonomamente ed a proprie spese il materiale nella discarica comunale.

Proposta: visto che in Comune scarseggia il denaro (ma evidentemente anche le idee), si potrebbe pensare di coinvolgere i cittadini, spesso ben contenti di collaborare per mantenere pulita e bella la città, facendo adottare piazze, vie, giardini. Magari otterremo qualcosa di più.
Però, lavorare stanca. E dopo il lavoro si ha diritto di sedersi a riposare e fare due chiacchiere in santa pace. 
Magari sulle panchine ritrovate!

Isabella Gianelloni


domenica 20 ottobre 2013

Le librerie indipendenti baluardo della cultura

Fra i tanti disastri Conegliano è una città ancora fortunata almeno per un motivo: i cittadini che gravitano da queste parti possono godere di due belle, fornite e gustose librerie indipendenti.
Oggi la pagina Facebook del Quartiere Latino Libri ha pubblicato un appello accorato:
"Una città senza librerie indipendenti è come un corpo senz'anima", libera riduzione di una citazione famosa.
E' difficile mantenere una libreria fatta di incontro, ascolto, consiglio, chiacchiere e discussioni che possono apparire perdite di tempo solo a quanti hanno perduto (o non hanno mai avuto) il senso della bellezza, il gusto della conoscenza, la sensazione di libertà che dà la scoperta di nuove descrizioni, di sentimenti condivisi, di dolori, sofferenze, gioie ed emozioni che ci aiutano ad essere uomini fra gli altri uomini.
Il libraio è quello che ti conosce, che spesso ti accompagna, curioso anch'esso, fra gli scaffali, che è felice e non scocciato quando gli chiedi qualcosa, che non vede l'ora di attardarsi a parlare dell'ultimo saggio, del libro di storia locale, della raccolta di versi poco nota, che vende anche i best-sellers più in voga ma sa apprezzare le piccole case indipendenti (che fanno anch'esse tanta fatica a sopravvivere) e i libri di qualità.
E' quello che non ti vende un "classico" qualsiasi ma ti spiega qual'è il traduttore migliore, è quella persona che vive ogni giorno fra i colori e le immagini delle mille copertine che rendono gli scaffali della libreria una babele meravigliosa. Un baluardo in una società non solo di corsa ma clamorosamente arrabbiata, distratta e soprattutto superficiale.
La libreria è un  luogo in cui si organizzano incontri, certo per vendere libri, ma per discutere, confrontarsi, conoscersi, capire. 
Ogni libro acquistato toglie denaro a prodotti pericolosi e nocivi.
Leggo oggi su Repubblica che il Ministro Bray, al Forum del libro di Bari, ha annunciato finalmente politiche concrete in difesa del libro, con un piano triennale nazionale per la lettura. Dice il ministro: "Alcuni obiettivi prioritari: accostare al libro almeno un quarto del 54 per cento degli italiani che non legge. E consolidare la presenza nel territorio di librerie, biblioteche pubbliche e scolastiche". Pare chi finalmente anche la RAI si occuperà di promuovere i libri, e sarebbe ora!
Coraggio Signor Ministro, chiami le librerie indipendenti e le ascolti.
Coraggio, librai: costruiamo insieme progetti per promuovere la lettura, creare circoli virtuosi: per appassionare alla lettura ci vogliono gli appassionati, quelli che sanno trasmettere emozioni.

Isabella Gianelloni

mercoledì 16 ottobre 2013

Roma 16 ottobre 1943

Quella domenica, fra gli altri commenti, notò poi che sul "Messaggero" non c'era traccia di una notizia che pure circolava dentro Roma, e che era stata pure trasmessa, dicevano, dalla Radio-Bari: ieri, sabato (16 ottobre) tutti i Giudii di Roma erano stati razziati all'alba, casa per casa, dai Germani, e caricati su camion verso destinazione ignota. Del quartiere del Ghetto, svuotato interamente di tutta la carne giudia, non c'era restato altro che lo scheletro; ma anche in tutti gli altri rioni o quartieri, tutti i Giudii di Roma, singoli e famiglie, erano stati scovati dagli SS che erano venuti apposta con una Compagnia speciale, fornita di un elenco esatto. Li avevano pigliati tutti: non soltanto i giovani e i sani, ma gli anziani, gli infermi pure gravi, le donne anche incinte, e fino le creature in fasciola. Si diceva che li portassero tutti a bruciare vivi nei forni, ma questo, a detta di Tore, forse era esagerato.
[...] 
Di nuovo, come in passato, le sue paure contraddittorie rincorrevano alla fine una cometa misteriosa, che la invitava in direzione dei Giudii: promettendole, laggiù in fondo, una stalla materna, calda di respiri animali e di grandi occhi non giudicanti, solo pietosi. Perfino questi poveri Giudii di tutta Roma, caricati sui camion dai Tedeschi, stanotte la salutavano come dei Beati che, all'insaputa loro e degli stessi Tedeschi, si avviavano, per una splendida turlupinatura, verso un regno orientale dove tutti sono bambini, senza coscienza né memoria...

Dove andiamo? dove ci portano?
Al paese di Pitchipoi.

Si parte che è ancora buio, e ci s'arriva che è già buio

E' il paese dei fumi e delle urla

Ma perché le nostre madri ci hanno lasciato?
Chi ci darà l'acqua per la morte?


Testo tratto da "La Storia" di Elsa Morante

Isabella Gianelloni

martedì 15 ottobre 2013

Il funerale di Priebke

Come quasi ogni sera ho seguito il telegiornale della sede RAI del Veneto.
Credevo di aver capito male, ma purtroppo ho assistito ad un servizio che mi ha posto un serio problema di coscienza.
Da persona democratica ed impegnata nelle Istituzioni ritengo che il diritto di cronaca e di espressione sia una delle libertà irrinunciabili di una comunità libera e democratica.
Senza scomodare Voltaire, ricordiamo che l'Italia libera e democratica, la nostra Costituzione repubblicana, sono nate dal sacrificio di migliaia di donne e di uomini che hanno combattuto, spesso sono morti nelle città, nelle campagne, sulle montagne italiane, deportati nei campi di lavoro e di sterminio della Germania nazista.
Tutto quel sangue è stato versato da italiani (e da europei, americani, russi...) per dare a tutti noi un futuro migliore, libero dall'orrore e dalle dittature.
Per questo mi chiedo se valesse la pena di andare ad intervistare quel prete lefebvriano di Paese (TV) che intende celebrare una messa in suffragio dell'anima di Eric Priebke.
Le parole di quell'uomo, che fra l'altro tiene addosso un crocefisso (simbolo del martirio degli innocenti), hanno offeso la dignità, la morale, la memoria di un'intera nazione. Ricordo che domani, fra l'altro, ricorre l'anniversario del rastrellamento del ghetto ebraico di Roma.
La testata giornalistica regionale ha ovviamente fatto bene a dare la notizia, ma forse era meglio limitarsi a questo: nonostante il giornalista incalzasse il suddetto prete contestando con vigore le ignobili affermazioni sulla rettitudine e l'innocenza del boia delle Fosse Ardeatine, il TGR ha inconsapevolmente dato voce ad un abominio.
In un periodo così difficile, nel quale le forze xenofobe, razziste, neonaziste tentano di riportare in auge le teorie dell'orrore in tutta Europa sfruttando la crisi economica e le paure profonde delle persone mi chiedo se sia giusto dare ulteriore voce a questa gente.
Mi rendo conto che il confine fra diritto di cronaca e morale è molto sottile ed aereo, ma avrei preferito sentire la notizia ed evitare di ascoltare, ancora una volta, parole che fanno rabbrividire ed offendono la memoria di milioni di innocenti (questi sì possono dirsi tali).
Con immutata stima
Isabella Gianelloni - Consigliere Comunale Conegliano (TV)

(Lettera alla redazione della Sede RAI del Veneto)

giovedì 10 ottobre 2013

Vajont in bianco e nero

10 ottobre 2013. Ieri Longarone ha occupato i palinsesti televisivi, radiofonici, della stampa e della rete. 
Così il cinquantenario è tra i ricordi che dovrebbero divenire memoria, che sarà tale quando e se sarà condivisa.
L'esercizio della memoria collettiva forse funziona meglio se si collega con quella individuale, di un piccolo gruppo, di una collettività ristretta della quale si conoscono meccanismi, ruoli, sentimenti.
Il mondo che ci circonda è pieno di colori, ma a volte i ricordi sono in bianco e nero, ricchi di quelle sfumature, dei chiaroscuri tipici delle immagini più antiche.
In questi giorni di ottobre abbiamo visto tutti le immagini di repertorio di una televisione antica, in bianco e nero e mai come in questo caso sono i più adatti.
Ottobre è il mese dei colori incipienti dell'autunno, i rossi ed i gialli si mescolano ai verdi che si spengono. I boschi del Col Gallina e dei monti che sovrastano la valle del Piave non fanno eccezione: anche la coltre di foglie cadute diventa di un marrone rosseggiante.
Colori caldi, quasi accoglienti, raggelati dall'ecatombe di una valle sconvolta per sempre, di una montagna spezzata, di una umanità distrutta, i morti come i vivi.
E allora rimangono i colori del contrasto, quelli che assorbono o allontanano tutti gli altri.
Il bianco dei sassi del Piave, dei calcinacci, delle pietre che già ricordano le vicine Dolomiti e dell'intonaco di povere case polverizzate.
Il nero che ha inghiottito il resto, speranze e litigi, drammi ormai inutili, uomini, bambini e tante donne, sentinelle spesso mute in luoghi di emigrazione, vestite a lutto da chissà quanto tempo, i visi scavati dalla fatica e dal dolore.
Quelle che non sono state risucchiate dall'onda d'acqua e di terra si aggirano spaurite, smarrite cercando magari qualcosa che rappresenti un punto cardinale, una fiammella di orientamento in uno strazio che ha perduto anche i punti di riferimento.
Conoscono da vicino il dolore e il sacrificio ma nemmeno loro erano pronte a tanto.
Avevo due anni e mezzo circa, nella primavera successiva, quando mio padre mi portò con sé per i primi rilievi in vista di una ricostruzione complicata.
Lì, a Longarone, è rimasto il primo fotogramma dei miei ricordi. In bianco e nero. Poco nero in verità, forse i bambini cercano comunque la luce.
In una distesa di pietre bianche ricordo uno scavatore che si faceva largo nella desolazione. Una mano ben stretta in quella di mio padre, l'altra impegnata a cercare di afferrare il braccio di una bambola che affiorava fra polvere e sassi.

Isabella Gianelloni




giovedì 3 ottobre 2013

Il Mediterraneo fossa comune

Ancora morti, ancora uomini, donne, bambini accomunati nella tragedia. Ancora il Mediterraneo, quello che conoscevamo come il poetico mare nostrum trasformato in fossa comune.
La tragedia di oggi purtroppo non sarà l'ultima, gli esseri umani con la pelle scura continueranno a morire mentre fuggono da altre morti. 
C'è un'umanità disperata, vittima di un mondo concepito a rovescio e dell'infame avidità di chi lucra sulla miseria e sulla speranza. Basta, davvero basta. Chi può agisca di conseguenza, buttando a mare (è il caso di dirlo) finte ragioni di stato buone solo per lavarsi la coscienza e le mani. Noi le mani possiamo lavarcele tutti i giorni, ogni volta che vogliamo, poi mandiamo qualche sms spendendo un po' di euro con i telefoni che bimbi di tutto il mondo montano, smontano e riadattano in chissà quali maniere.
C'è un'Europa, meta di gran parte di quei disperati, che fa finta di niente, che si lamenta (giustamente) con l'Italia ma non mette in atto politiche forti nei confronti dei paesi da cui partono i barconi, da cui fuggono gli esseri umani, per evitare quello che possiamo chiamare olocausto.
C'è un'Italia che si fa in quattro: poliziotti, finanzieri, sindaci, volontari, medici, infermieri e tanti altri pronti ad aiutare, ad alleviare, a soccorrere.
Poi c'è quella che permette lo schifo dei centri di accoglienza sovraccarichi ed ingestibili.
Infine, nel punto più basso di questo orrido inferno dantesco, c'è quella che si stupisce dell'odore della miseria, che fa finta di ascoltare Papa Francesco e semina poi parole di odio, razzismo, oscena rivalsa contro chi ha solo la colpa di essere nato nel Paese sbagliato.
E' il caso che la politica smetta subito di occuparsi dei propri umori o tornaconti e si rivolga a quello che è il suo mestiere: affrontare i drammi, le tragedie, le difficoltà, non lasciare soli quelli che devono per forza occuparsene, alzare la voce là dove deve essere sentita, perché non ci può essere un'Europa di banchieri che lavora senza e contro l'Europa dei popoli.
L'Unione Europea è nata perché non ci fossero più guerre.
Questa purtroppo è una guerra tremenda, frutto di altre guerre, di sfruttamento e delle peggiori azioni di cui l'umanità è capace, i cui cadaveri albergano sulle rive del continente culla della civiltà.
Isabella Gianelloni

lunedì 30 settembre 2013

Il decoro della città



Ci sono luoghi - simbolo in ogni città e Conegliano rispetta la tradizione. I simboli, la memoria ed il loro significato vanno rispettati e tramandati.
Per questo, sperando di essere ascoltata, ho presentato un'interpellanza che si occupa di tre luoghi frequentati ogni giorno, visti da migliaia di persone, che meritano rispetto, salvaguradia e condivisione del loro significato.



PREMESSO CHE

- Il Comune ha anche il compito di tutelare, valorizzare, proteggere la struttura storica della città vigilando contro ogni degrado;

- La Fontana del Nettuno (dei cavalli per noi Coneglianesi), l'antica chiesa di Santa Caterina e l'iscrizione cosiddetta del “Moschino” sulla colonna fra via XX Settembre e Via Marcatelli sono luoghi e monumenti simbolo della città
CONSIDERATO CHE:
  • La Fontana non ha ancora alcuna segnalazione turistica che ne richiami origine e storia, come quelle curate dal Rotary Club e presenti nei pressi dei luoghi storici della città e che le due iscrizioni presenti su due lati della stessa sono ormai quasi del tutto illeggibili;
  • Il tratto di strada prospiciente il portone della chiesa di Santa Caterina, peraltro tenuta aperta e curata all'interno dall'opera meritoria della Consulta delle Associazioni Combattentistiche, è in condizioni di assoluto degrado, ricoperto di guano dei colombi e da sporcizia accumulata;
  • L'iscrizione su pietra riportante l'episodio del “Moschino” è sporca ed ha bisogno di manutenzione e pulizia;
Il sottoscritto consigliere CHIEDE:
  • Di verificare se vi sia in progetto di apporre una targa che indichi la storia e le particolarità della Fontana del Nettuno, provvedendo anche a riportare le scritte ormai quasi illeggibili;
  • Se siano in programma interventi di pulizia di Via Garibaldi nel tratto riguardante la chiesa di Santa Caterina e l'ex Osteria al Ponte, ad essa adiacente, e di pulizia della scritta riguardante l'episodio del “Moschino”.

Il consigliere comunale
Isabella Gianelloni

venerdì 27 settembre 2013

La democrazia è complessa, mai noiosa

Senza scomodare gli antichi e senza far finta di non sapere che fame di potere e vanagloria spesso offuscano le menti e le azioni degli esseri umani, forse vale la pena di rammentare che le leggi fondamentali, i regolamenti e gli statuti per stabilire regole e comportamenti condivisi non sono gabbie irte di chiodi e torture ma, appunto, mezzi per affermare principi essenziali e regole minime di convivenza.
Scegliere di chiedere il voto ai cittadini per rappresentarli significa assumersi molte responsabilità, accettare l'idea che se si vince si ha l'onere e l'onore di governare, non di comandare; se si perde si ha l'onore e l'onere di controllare, chiedere, pungolare, proporre.
Si chiama gioco della democrazia. 
Leggere la noia ed il fastidio di alcuni durante le sedute del Consiglio Comunale muove un moto di rabbia, fa immaginare che la noia ed il fastidio riguardino proprio l'essenza del Consiglio, cioè il suo essere un luogo di confronto e di decisione.
Pubblica e trasparente. 
Non so se siano questi ultimi due aggettivi a dare fastidio. Certo potrebbe apparire più semplice prendere le decisioni durante riunioni a porta chiusa e poi semplicemente comunicarle coram populo (tanto siamo in maggioranza, votiamo, a cosa serve discutere, siamo stanchi, abbiamo sonno, sete, fame...).
Non è così, però: è fondamentale che i cittadini possano sentire, guardare, comprendere chi dice cosa, poter sapere da che cosa nascono le posizioni diverse, le decisioni. Per poter valutare criticamente e decidere, loro sì, chi votare la prossima volta.
I miei colleghi consiglieri di maggioranza, ieri sera, hanno deciso all'improvviso che la seduta poteva essere tolta dopo 3 ore di discussione, quando mancavano due punti all'ordine del giorno. 
Uno abbiamo capito che poteva dare fastidio, ma l'altro riguardava la drammatica situazione di chi, anche nella ricchissima Sinistra Piave, è rimasto senza lavoro (dipendenti o imprenditori). Si chiedeva di affrontare tutti insieme la situazione, ai massimi livelli, per verificare quali politiche TUTTI gli enti interessati (politica, imprenditori, commercianti, sindacati dei lavoratori, associazioni del volontariato) possano mettere in campo per aiutare le persone in difficoltà. Non con la carità ma con le azioni concrete, collettive, pubbliche e trasparenti, come recita l'art. 13 dello Statuto della Città di Conegliano (Il Consiglio Comunale è l'Organo di indirizzo e di controllo politico e amministrativo. Esso rappresenta l'intera comunità di Conegliano ed è dotato di autonomia finanziaria, organizzativa e funzionale).
Ha vinto la voglia di tornare a casa, alle 22. Tutto rimandato alla fine di ottobre.... Evidentemente la povertà e le difficoltà possono attendere.
Peccato, un'occasione persa dalla politica per dare una buona immagine di sé. Pubblica e trasparente.

Isabella Gianelloni


sabato 21 settembre 2013

La Biblioteca, luogo e strumento di condivisione, inclusione, crescita

Credo, e crediamo, che ciò che fa bene a chi è più in difficoltà faccia ancora meglio a chi si trova in condizioni più vantaggiose.
Una città e una comunità che si occupano innanzi tutto di dare nuovo spazio, nuove opportunità a chi normalmente non ne trova, o fa fatica a trovarne sia per difficoltà personali sia perché magari è ancora troppo giovane per contare o farsi ascoltare, è destinata a diventare un luogo migliore.
Per questo motivo, sollecitata anche da altri, ho presentato l'interpellanza che segue, per chiedere che il Comune di Conegliano si doti di una biblioteca sonora, destinata soprattutto alle persone ipovedenti ed ai bambini in età prescolare e finalmente aderisca ad una piattaforma di biblioteca pubblica digitale, così come hanno ormai fatto da anni diverse biblioteche della Provincia di Treviso.
L'interpellanza sarà discussa durante il prossimo Consiglio Comunale, previsto per Giovedì 26 settembre.


Oggetto: interpellanza sulla possibilità di dare vita ad una biblioteca sonora e digitale
PREMESSO CHE:
  • La lettura è una delle risorse fondamentali a disposizione per lo sviluppo sociale e culturale e che l'uso dei libri fin dalla prima infanzia è strumento importantissimo per l'apprendimento;
  • L'Italia sconta da sempre un deficit di lettura e che ogni buona amministrazione ha il dovere di porre in essere tutti gli strumenti possibili per la crescita culturale dei propri cittadini;
  • La tecnologia offre oggi strumenti impensabili fino a qualche tempo fa, atti a rendere partecipi della lettura anche fasce di popolazione altrimenti escluse, per esempio i bambini in età pre-scolare, i non vedenti e persone che si trovano comunque in difficoltà;
CONSIDERATO CHE:
  • Gli audiolibri sono oggi uno strumento di facile accesso, anche se l'Italia non offre ancora la diffusione presente in altri paesi europei, sicuramente utile a tutti i cittadini ma soprattutto alle categorie più sopra nominate;
  • Sia in sede di Comitato Biblioteca che in questo Consiglio si è parlato dell'adesione ad uno dei sistemi pubblici di biblioteca digitale (MLOL o altre);
  • Anche Conegliano deve dotarsi di tutti gli strumenti tecnologici ed informatici tali da trasformare la Biblioteca comunale in un'occasione sempre più importante di crescita culturale della città;
Il sottoscritto consigliere CHIEDE:
  • Se vi sia lintenzione e la volontà di promuovere presso la Biblioteca comunale un servizio di biblioteca sonora in concerto con le associazioni culturali cittadine e con le attività commerciali del settore librario operanti in città, sentendo anche il parere del Comitato Biblioteca e Sistema Museale.
  • A che punto sia la scelta del sistema di biblioteca digitale a cui la biblioteca comunale aderirà e quali i tempi di concretizzazione.


Il consigliere comunale
Isabella Gianelloni