Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

venerdì 27 febbraio 2015

Fiabe per la Mesopotamia

"Il leone entrò nella cassa e subito il falegname fissò il coperchio con lunghi chiodi robusti. - O falegname, voglio venir fuori! - ruggì il leoncino che si sentiva soffocare.
- Sì, amico mio, ma soltanto quando avrò a mia disposizione una bella gabbia per accoglierti.
- Che cosa vuoi dire?
- Voglio dire che sei caduto in trappola, come il più sciocco fra gli animali.
- Ma dunque, tu... tu sei l'uomo?
- Proprio così, figlio del re: la mia astuzia ha vinto la tua forza.
Al leoncino non restò che ruggire di rabbia, mentre il cavallo, il cammello e l'asino dicevano rassegnati:
- Ecco i nostri padroni che vengono a riprenderci -. In quanto all'anitrella riuscì a scivolar via senza essere vista; raggiunse il mare e si gettò a nuoto. Poté così ritornare alla sua isola felice, la più bella del mondo, dove l'uomo non aveva mai messo piede." (Da Il leone e il falegname, antica fiaba popolare araba).
Mesopotamia, parola magica e misteriosa, per ogni scolaro ha significato da sempre culla della civiltà, di antichissimi popoli che avevano scoperto la magia della scrittura, che avevano prodotto miti, leggende, eroi, che da Babilonia a Ninive, da Harran a Uruk hanno saputo tramandarci storie di fieri guerrieri. Nabucodonosor, Assurbanipal, Semiramide...
Ma questo era prima, prima dell'arrivo di Maometto e del sorgere di una nuova civiltà, nata sulle ceneri di quella persiana e delle altre. Bagdad, nella fantasia dei bambini, era la città di sultani, visir, pascià, mille e una notte, tappeti volanti e profumi inebrianti, babbucce a punta e turbanti, ladruncoli male in arnese e vecchi saggi, spezie, gioielli e profumi, amori contrastati e trionfanti.
Quanta saggezza nelle fiabe arabe, come nelle fiabe di ogni civiltà: ci spiattellano sotto il naso i grandi drammi del genere umano, i difetti spregevoli e le virtù meravigliose, l'avidità che fa calpestare i fratelli e la tremenda giustizia che annulla le malefatte. Per magia.
I criminali che oggi oltraggiano tutto questo saranno sconfitti, questo è certo, l'ombra tremenda di novelli Tamerlano con le piramidi di teschi umani sarà spazzata via dalla fantasia e dalla voglia di vivere, di sorridere e sognare.
Qualche anno fa un generale U.S.A. si stupiva di vedere tante persone che cercavano di mettere in salvo "pezzi di terracotta e vasi" conservati nei musei archeologici dell'antichissima capitale irachena, chiedendosi quanti vasi ci fossero a Bagdad... 
Quell'occidentale era ignorante e pericoloso tanto quanto questi miscredenti che stanno tentando di distruggere la loro stessa memoria. 
Ciò che sta accadendo a Mosul è un crimine contro l'umanità, che si affianca al fiume di sangue umano versato, così simile ai tanti altri crimini commessi dall'uomo contro se stesso, quasi sempre partendo dal tentativo di eliminare il pensiero.
Inutile. Il pensiero sopravvivrà sempre, si evolverà. Stringiamoci intorno agli intellettuali dell'antica Mesopotamia e aiutiamoli a riportare studio, pensiero, sogni e tappeti volanti nella culla del loro e del nostro sapere.

giovedì 19 febbraio 2015

Achab, Edipo e... Wikipedia

Quasi tutti, un tempo, abbiamo usato il "Bignami" per ripassare o far finta di aver studiato, consapevoli che si trattava di una scorciatoia che non sempre portava al risultato sperato. Si sa, però, che per un sei sul registro gli studenti di ogni epoca sono disposti a (quasi) tutto.
Col tempo, poi, i più bravi imparavano a copiare bene, che è un'arte mica da poco, scoprendo che i prof, chissà come mai, riescono anche a capire quando si copia.
Fin qui tutto normale, si tratta del vecchio gioco fra vecchi e giovani, maestri e alunni, che col tempo trasforma i secondi in primi e via crescendo, imparando...
Al posto del Bignami, e con molte più potenzialità, per somari scolastici, curiosi frettolosi, dubbiosi telematici oggi esiste Wikipedia, che tutti prima o poi consultiamo, sia anche per la genealogia di qualche imperatore, la biografia di autori, il significato di qualche concetto.
Anche fin qui tutto normale, perché normale è il desiderio di avere le informazioni cercate in breve tempo, consapevoli che, lo sappiamo, Wikipedia NON è il Vangelo.
Il dramma sorge quando sono gli insegnanti (qualcuno secondo me usa questo titolo impropriamente, con annesso stipendio) ad istigare all'ignoranza, al mancato approfondimento, usando gli strumenti dell'informatica non come preziosi aiuti ma come una buona scusa per mandare a quel paese il proprio compito di educatori.
E' tremendo ciò che ho visto: un'insegnante che pretende da ragazzi di prima superiore schede (???), temi e "una paginetta" sulla leggerezza in Italo Calvino, una su Achab e il confronto col mito greco, un'altra paginetta sul mito di Edipo, una sul confronto fra Prometeo e Frankenstein, su Amore e Psiche.... Tanto i ragazzi ormai hanno tutti il tablet, tanto c'è Wikipedia...
Il tutto in tre settimane, senza aver letto e spiegato nulla, senza approccio critico, senza aver approfondito, senza pensare che intere schiere di filosofi hanno studiato e scritto per anni, che professori intelligenti scelgono magari un tema e lo sviluppano dimostrando ai propri studenti cosa vuol dire conoscere, che la conoscenza è frutto di applicazione, ricerca costante, approfondimento.
Sorge spontaneo un dubbio: gente come questa ha forse raggiunto la laurea a suon di Bignami o di Wikipedia, non ha mai più letto un libro da allora, produce danni incalcolabili nelle menti dei ragazzi affidati e denigra, con un comportamento inqualificabile, la grandissima maggioranza degli insegnanti, quelli che continuano a leggere e studiare e che dimostrano cosa voglia dire svolgere il lavoro più appassionante, difficile e meraviglioso che esista.

domenica 15 febbraio 2015

Povero Nettuno! E poveri anche i cavalli...

Non c'è pace per la Fontana dei Cavalli di Conegliano.
Ha resistito indomita al passaggio degli eserciti, agli incendi ed ai bombardamenti, è servita a risciacquare indumenti e facce di viandanti, a far sognare generazioni di bambini quando era abitata da qualche pesciolino rosso.
E' amata dai Coneglianesi di sempre, da quelli che vogliono vedere un bel monumento senza salire fino al Castello, da quanti arrivano da fuori e ci camminano intorno leccando un gelato.
Facendo sostare le scolaresche davanti alla fontana docenti e guide attenti possono raccontare interi secoli di storia di queste contrade, da quel crocicchio si può parlare di mura, di Dante Alighieri, di Napoleone, della fine pretenziosa di Venezia e dell'Ottocento orgoglioso, di alberi e giardini, di amore per il bello e, anche, di amare considerazioni sul presente.
Vandali l'hanno ferita e imbrattata, il tempo l'ha un po' coperta con la sua patina, ora scopriamo amaramente che ieri si è staccato un pezzo del braccio del dio Nettuno.
Vecchiaia? Agenti atmosferici? Il tempo?
Una cosa è certa. I vecchi hanno bisogno di cure, Nettuno è molto anziano, delicato, guida da secoli i suoi cavalli dominando una fontana bellissima: come le infinite statute della moltitudine di fontane di questa Italia, anche questa ha bisogno di un'indagine accurata, di radiografie che ne comprendano bene lo stato di salute interno.
Dottori bravi e appassionati restituiscano a Conegliano la Fontana dei Cavalli bella com'è ora all'esterno e curata al suo interno, proprio come un'amica risanata.

giovedì 5 febbraio 2015

Ciao, Luciano

Oggi la RAI ha riproposto alcune parole di Giuseppe Di Vittorio, pronunciate nell'Aula del Parlamento nel 1921.
Il grande sindacalista, figlio del bracciantato pugliese, parlava dell'unità dei lavoratori e, soprattutto, della sua ferma volontà di battersi per i diritti dei più deboli "fino all'ultimo giorno".
Non ho potuto non pensare a Luciano Bellotto, che ha deciso di lasciarci e che si è battuto per gli altri ogni giorno della sua vita.
I tempi erano cambiati, la guerra e la resistenza avevano spazzato via il fascismo e fatto irrompere le masse popolari nella politica, nei partiti, nella partecipazione; il boom economico aveva migliorato le condizioni di vita della gente; Luciano aveva conosciuto però il lavoro duro cominciando, ancora bambino, in fonderia, e da grande aveva deciso di legare la propria vita a quella dei più deboli. 
Sempre e comunque, pagando di persona e non chiedendo onori o cariche, Luciano è stato per decenni un punto di riferimento, un'anima critica e mai allineata per convenienza o conformismo.
Faceva parte di quella schiera di persone curiose del mondo e del pensiero degli altri, pronte ad ascoltare ed a battersi fino in fondo per le cose in cui credeva.
Pensionato, per lui il concetto di pensione non esisteva: lo trovavamo sempre dov'era importante esserci, dove qualcuno poteva avere bisogno di un consiglio prezioso, partecipava alle discussioni, ai dibattiti, agli incontri pubblici. Luciano non stava zitto, non abdicava ad altri l'affermazione del suo pensiero, era quello che si dice un militante vero, parte preziosa di un insieme.
Ha inteso il sindacato come una missione, la sua presenza nella Camera del Lavoro era diventata per tutti una certezza, ha dedicato tutta la sua intelligenza, la passione, l'energia a difendere il diritto alla casa come condizione essenziale per una vita decorosa: il Sunia a Conegliano, in poche parole, era "il sindacato di Luciano Bellotto"...
Ora non c'è più e con lui se ne va un altro pezzo di storia, a noi non solo il dovere di ricordare ma l'impegno ad imparare ciò che di più prezioso Luciano ci lascia: la volontà e l'impegno di stare dalla parte di chi ha meno voce, di interpretare la realtà con gli occhi di chi non ha potere, di rispettare le idee ed essere curiosi di conoscere, di battersi fino all'ultimo giorno per le proprie idee.
Ciao Luciano