Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

Suggestioni romagnole

Nella valigia di ogni viaggiatore non possono mancare le aspettative e la curiosità, forse qualche ansia, a volte ricordi da verificare, desideri di rivivere o superare emozioni già vissute.
Non importa quanto il viaggio sarà lungo o lontano, forse (ma solo forse) nemmeno quanto durerà.
Fondamentale che la valigia sia sempre a portata di mano, capiente per infilarci ricordi, immagini ed emozioni, malleabile abbastanza per estrarne e lasciare in giro stupidi pregiudizi e quel po' di ottusità che ci portiamo dietro tutti, inevitabilmente.
Ho tanto atteso i miei sospirati 5 giorni di vacanza in un'estate che somiglia davvero poco a ciò che noi tutti conosciamo come tale: poco sole, poco caldo, tanta pioggia, frane, disastri.
Niente Sud, quest'anno, niente mare blu che più blu non si può, ho deciso di rifugiarmi in Romagna, in riva ad un mare che è anche il mio, in una regione che, nel mio immaginario, è composta di certezze più che di dubbi.
Mentre salgo sul treno in una mattina in cui pare di essere immersi in un monsone arrabbiato procedo ad un veloce calcolo delle distanze, confido in una proverbiale "influenza del mare sul clima", e spero. 
Decidere di raggiungere Cervia tramite ferrovia significa già amare l'avventura: la comodità di mezzi e orari è inversamente proporzionale alla mitica organizzazione emiliano-romagnola.
23 agosto. Stazione di Ferrara: con un clima quasi londinese siamo in tanti ad attendere il treno per Pesaro, scopro con sorpresa che esiste una tratta Bergamo - Pesaro, attiva solo in luglio e agosto e daciò deduco che con tutta evidenza molti bergamaschi amano le vacanze in riviera.
Beh, avete presenti quelle scene dei treni degli emigranti nei film del neo-realismo? Ci piombo dentro con tutti e due i piedi (oltre che con le mie due borse): mi ero illusa che qualche baldo giovanotto avrebbe di sicuro dato una mano ad una matura signora per ficcare i bagagli sul ...portabagagli...
Niente di più sbagliato: il treno è composto di carrozze per pendolari, quelle senza posto in alto (né da altre parti) per le valigie; ci ritroviamo in centinaia in vagoni con i finestrini totalmente oscurati da scarabocchi in vernice multicolore, stipati come sardine e con i sedili occupati dai bagagli. 
Tutto intorno a me si parla solo bergamasco, non so se pensare di essere parte del cast di un film o rimembrare un potente "Viva San Marco" di manzoniana memoria.
Sul minuscolo marciapiedi della stazione di Cervia - Milano Marittima ci sono più valigie, zaini e borse che esseri umani, i più contenti sono i viaggiatori che non sono scesi: finalmente avranno un po' di spazio in più...
In attesa del taxi mi chiedo quando sentirò finalmente parlare romagnolo, accompagnata come sono dalla cadenza bergamasca, il viale alberato davanti alla stazione trasuda l'umidità della recente pioggia, tutti insieme guardiamo in sù sperando che Giove Pluvio sia clemente.
Lo è, quasi. Dal balcone della mia camera osservo le nuvole che si spostano da un lato all'altro del mio spicchio di cielo, lasciando cadere dalle pieghe delle loro ampie vesti gocce qua e là, ora grosse e risolute ora sottili e birichine.
Sono in vacanza, e visto che in vacanza è vietato lo stress mi addormento beata.
Ho capito, gli dei mi hanno presa in simpatia: hanno cullato il mio sonnellino con la pioggia per annunciare il sole al mio risveglio.
Finalmente, dopo mesi di attesa, vado a calpestare la sabbia, ad incontrare il mare, annusarne i profumi, ascoltare le chiacchiere di bagnini e bagnanti, allegri per definizione.
Fabio pare lì da sempre, padrone assoluto e incontrastato del Bagno 187: nulla gli sfugge, dietro l'aria scanzonata e bonaria di un romagnolo di mare gli occhi raccontano decenni di vita fra quella sabbia, di ombrelloni aperti e chiusi, bambini urlanti e signore in ferie con obiettivi diversi. Mi squadra dalla testa ai piedi e ritorno: con un grande sorriso mi chiede i dati per lui essenziali e si rilassa beato quando capisce che sono lì sola nel senso che non aspetto nessuno. Ride quando gli dico che sono in Riviera per riposare in pace, si sente rilassato: nei suoi lunghi anni di esperienza ne ha viste di cotte, di crude, lesse e anche arrosto.
Chiudiamo la prima giornata con un meraviglioso doppio arcobaleno!

Continua.... 
24 agosto. Altro che Bisanzio ed i regni Barbari, nella sala da pranzo dell'hotel, nel cicaleccio pressoché solo lombardo dei commensali pare di essere forse a Sebastopoli.
Irina e Alina sono simpatiche, chissà cosa sanno di Galla Placidia: loro non sono venute qui figlie di imperatori per sposare altri imperatori e metterne al mondo più di qualcuno; per tante donne (soprattutto le donne) i grandi scambi tra Oriente e Occidente paiono ridotti ad una incessante richiesta di lavoro. Le donne lavorano tanto da sempre, queste nostre sorelle spesso vanno a ricoprire i ruoli che noi "emancipate" occidentali non sappiamo più cosa siano. 
Varrebbe la pena di pensarci di più, tra un filetto di sgombro improbabilmente gratinato e peggio ancora pronunciato ed un sugo che di siciliano ha solo il nome malamente affibbiato: con tutta probabilità Alina e Irina hanno due lauree, ma a noi importa poco, importa poco davvero a troppi.

La sera mi avvio verso il centro della cittadina, raggiungendo la piazza principale attraverso strade e viali che ricordano a tutti l'impresa dei Mille.
E' sabato sera e in piazza si suona e si balla, ci si incontra e si chiacchiera, turisti mescolati a romagnoli di ogni età.
In Piazza Garibaldi (quale altro nome altrimenti?) sul palco si alternano ballerini e cantanti.
Giro lo sguardo qua e là, sorrido fra me e me quando vedo le porte della Cattedrale spalancate: sacro e profano da queste parti si mescolano, si frullano insieme, si impastano.
In effetti è un po' strano entrare in una chiesa alle 22 di un giorno qualsiasi, di solito nei luoghi sacri c'è silenzio, l'aria è ovattata. Qui è diverso: non posso fare a meno di immaginare cosa stia pensando quella signora inginocchiata davanti ad un altare laterale, assorta in preghiera con il viso fra le mani mentre fuori impazza una mazurka.
Esco in punta di piedi, almeno io non voglio disturbarla, ma forse la mia è presunzione: qui siamo in Romagna e le cose sono diverse.
Esco mentre la mazurka volge al termine, davanti alla Cattedrale si erge maestoso il Palazzo Comunale, con i suoi lunghi portici e le lapidi che ricordano martiri, caduti ed eroi. La memoria, anche stavolta, non è uno scherzo, in questa terra non si ricordano solo i condottieri, i generali e le battaglie. 
Una lapide ricorda un vero eroe, ricorda a tutti che qui c'è stato un tempo in cui a farla da padroni non erano i ristoranti e gli ombrelloni, ma il lavoro durissimo nelle saline e la malaria che falcidiava le vite della povera gente.

Alberto Missiroli era un medico, uno di quelli che del giuramento di Ippocrate avevano fatto una ragione di vita. Studiò il colera e la brucellosi, ma soprattutto lottò contro un nemico piccolo e micidiale: la zanzara anofele, portatrice della malaria.
Missiroli e quanti collaboravano con lui non solo sconfissero la malaria in Italia, ma il loro metodo divenne un protocollo internazionale per la lotta contro una malattia che, tanto per cambiare, colpiva soprattutto i poveri.
Penso che dovremmo imparare tutti a ricordare di più questi eroi solerti e silenziosi, le cui cartucce erano (e sono) composte di scienza, lavoro silenzioso, impegno diuturno a favore di tutti.
Me ne torno in hotel grata al dott. Missiroli ed a tutti gli scienziati, in un Paese che si dimentica troppo spesso di loro.

Continua....

In Emilia e in Romagna, si sa, la regina è la bicicletta. Le piste ciclabili sono tante e trafficatissime. Noto con piacere che qui a Cervia ogni tratto è intitolato a grandi delle due ruote e sono contenta di trovare, accanto a Coppi e Bartali, il "nostro" Ottavio Bottecchia. 
Passeggiando sul lungomare mi chiedo se ci sia magari una disposizione governativa, un Regio Decreto di chissà che anno per cui in ogni località marittima debba per forza esserci un Hotel Trocadero. Ha un suono vagamente esotico: chissà se chi mette quel nome al proprio hotel pensa alla riva destra della Senna (Paris c'est toujours Paris) o all'omonima battaglia che riportò la monarchia assoluta in Spagna... Mah, io propendo per la prima ipotesi, fate voi.

Quando cielo e mare hanno più o meno lo stesso colore la bellezza ci avvolge, prende il sopravvento. Guardo il mare e rimango senza fiato: quante volte l'ho visto? Tante, tantissime eppure ogni volta vorrei riuscire ad andare con lo sguardo oltre l'orizzonte, mangiarmi quest'aria e questa atmosfera e farle per sempre parte di me.
Provo a sdraiarmi sotto l'ombrellone ma non si può stare fermi: passeggiando sul bagnasciuga arrivo a Pinarella e mi inoltro un po' nel piccolo abitato. La pineta è bellissima, ben tenuta e ancora una volta noto ovunque un numero incredibile di giochi per i bambini, giostre, scivoli, percorsi, casette. Dopo pochi giorni da queste parti si capisce perché tante famiglie decidono di venire al mare in Riviera, qui tutto è pensato in funzione dei più piccoli, così che anche i più grandi stanno meglio.
Anche quelli grandi davvero, anche i vecchi, anche gli ammalati, i disabili: tutti hanno diritto a un po' di aria buona, di mare, di brezza della pineta marittima. C'è un intero viale immerso nel verde, a due passi dalla spiaggia, costeggiato da costruzioni comunitarie, religiose o meno, destinate ad accogliere persone che da sole non andrebbero mai in vacanza.


Sto bene, sto davvero bene e le mie origini emiliane si divertono a fare continuamente capolino facendomi sorridere ad ogni piè sospinto. Domani andrò a Ravenna a trovare la mia amica Caterina. Chissà se riuscirò a dare un saluto anche a Galla Placidia...
Fa un certo che passare col treno di fianco alla basilica di Sant'Apollinare in Classe, incredibile lo sferragliare dei vagoni incuranti della bellezza che si cela oltre quelle mura. Dalla ferrovia fa impressione vedere il nulla intorno a quello scrigno, ma si sa che nulla rimane così com'era. Importante è che quei mosaici rimangano intatti, patrimonio inestimabile anche per un'umanità distratta.
Povera Caterina! La costringo a percorrere il periplo della città per andare a salutare Galla: le spiego che l'imperatrice si offende se non la passo a salutare, che fra me e lei c'è una sorta di accordo secondo il quale non posso andare a Ravenna senza renderle omaggio. La mia amica bonariamente fa finta di credermi e così ci mettiamo il doppio del tempo per andare a casa sua.
E' troppo tardi per entrare a San Vitale e poi nel mausoleo di Galla Placidia, ci passo davanti e mentre i turisti in coda aspettano di entrare in uno dei luoghi più suggestivi del pianeta saluto la mia imperatrice, ripenso a quel luogo e le dò appuntamento per la prossima volta.
Per non farmi mancare nulla Caterina, scarpinando senza fine, allunga un altro pochino per portarmi a vedere il nuovo parco attorno al mausoleo di Teodorico.
 

Qui si ragiona per parchi, così nell'immediata periferia del centro, dove partono i primi cavalcavia, anche Teodorico può sentire un po' di pace intorno a sé.
Un parco per correre e passeggiare ed un monumento ai caduti con un nuovissimo vialetto di cipressi attutiscono il rumore del traffico esterno, creano un'oasi di pace e ridanno un senso ad un monumento troppo spesso dimenticato, reso periferico dall'incuria degli uomini ed ora restituito al fascino della storia e del silenzio.

Un applauso al Comune di Ravenna.





La vacanza volge al termine, vale la pena di visitare Cervia centro con la luce di un giorno un po' rabbuiato dalle nuvole. 
Qui tutto parla del sale, della fatica e dell'orgoglio di lavorare un elemento prezioso regalatoci da madre natura, della capacità di raccoglierlo e trasformarlo grazie a due parole che dovrebbero essere la guida di ogni italiano: sapienza e lavoro.
Il Museo del Sale e la Torre San Michele sono accanto al canale che attraversa la città.
Acqua, mare, pietre, sale.


Non mi resta che percorrere il lato del canale che arriva fino al porto.
 





Sono le 8,45 del mattino ma per i pescatori è già tardi: nei banchi allestiti sulla banchina è rimasto ormai poco pesce, quasi tutto è ormai stato venduto, magari ai ristoranti proprio là di fronte.
Rimane qualche cassetta di cannocchie, il profumo di mare è intenso.




Una volta sistemate le reti i pescatori ed i marinai potranno finalmente concedersi un po' di ozio, un bicchiere di vino e una partita a carte al circolo pescatori che, con grande arguzia e prontezza di spirito, è stato intitolato alla pantofla, ovvero la pantofola, simbolo assoluto del riposo.








La Romagna è quella cosa per cui la Cattedrale e il Palazzo Vescovile affacciano su Piazza Garibaldi e hanno per laterali Via Girolamo Savonarola e Via Giordano Bruno, e giusto per non dimenticarsi mai di certe cose, sulla gru montata in piazza per il restauro del palazzo comunale sventola la bandiera della pace.
Lo so, io la penso così e mi piace stare da queste parti, respiro un'aria buona, soprattutto di tolleranza e simpatia per gli altri esseri umani.
Le contraddizioni e le mancanze esistono, ma questo lembo di Italia dimostra che lavoro e buon umore possono convivere, come del resto guadagno e tolleranza.

Devo proprio ripartire e, insieme ad un po' di abbronzatura mescolata a riposo e rilassatezza, torno a casa con la valigia piena di nuove sensazioni, qualche emozione intensa e la certezza che la Romagna è un buon posto dove andare.
Il tassista che mi accompagna alla stazione mi spiega orgoglioso che quando a Ravenna piove a Cervia può anche splendere il sole, merito del mare e delle saline.
Saluto la Romagna osservando il bar della Stazione: niente degrado, da queste parti, ma allegri anziani che giocano a carte, insegnando briscola  e scopone ai nuovi arrivati, che se vorranno diventare romagnoli, oltre che italiani, dovranno apprendere l'ABC primario.
Arrivederci Cervia!



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