Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

giovedì 28 marzo 2013

Pensando al Piave

Dal mio romanzo "Tre volte trenta" 
Giulia scelse il punto dove il Piave incontra uno dei corsi d’acqua che confluiscono nel suo letto vorticoso. Lasciarono l’automobile vicino all’antica chiesa di Sant’Anna e si immersero in un verde ormai chiazzato qua e là dai colori dell’autunno incipiente.
Passeggiando protetti dalla natura, padrona assoluta di quel pezzetto di Terra, non sembrò per niente strano pensare che gli antichi romani avessero lasciato anche lì il segno del loro passaggio, su pietre che hanno sopportato pazientemente lo scorrere dei secoli, la bizzarria e a volte la vera e propria follia degli uomini.
Tenendosi per mano si lasciarono inghiottire in una vera e propria galleria di pioppi, ontani, salici e robinie che si abbeveravano placidi nell’acqua del fiume, rassegnato al suo prossimo gettarsi fra le braccia capienti del Piave.
Lo incontrarono, alla fine, più turbolento, sicuro di sé, con le piccole cascate e i vortici tra una roccia e l’altra. Attraverso qualche fronda, oltre la riva destra, intravidero i contrafforti del Montello e si fermarono a contemplare, ancora una volta, lo scarto e insieme l’unione fra il passato ed il presente.
Sapevano ambedue che novant’anni prima tutta quella vegetazione non c’era, spazzata via dalle necessità della guerra, ma Leandro insistette nell’immaginare, in barba al realismo, il tenente di suo nonno vegliato dai rami di uno di quei salici sulla riva del fiume, oppure più in là, protetto da una delle querce che ostentano la propria forza.
Stettero un po’ a sedere sulla spalla di un ponte romano, segno di una delle tante vie costruite per unire popoli e culture, ascoltando il rumore dell’acqua, più forte nel mezzo del fiume, più quieto nel lievissimo sciabordio dove arrivava a lambire la riva. Dietro di loro il sottobosco profumato, sopra, sempre alberi e il sole che, filtrando, dava ancora calore all’atmosfera.

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