Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

mercoledì 20 marzo 2013

Città dei non luoghi

Sia che ci alziamo in volo, esercizio ormai comune anche per la fantasia di noi uomini del XXI secolo, sia che proviamo a giungere a Conegliano dalle strade di sempre, o da quelle strane nei loro percorsi obbligati che le autostrade ci costringono a percorrere, comunque ci troveremo immersi in un non – luogo, simile a molti, troppi altri su diverse latitudini, longitudini, intersezioni geografiche.
Potremmo essere in un qualsiasi punto d’Europa, tanto simili sono ormai i nomi dei centri commerciali, le forme dei capannoni, la morfologia delle zone industriali e artigianali.
Il non-luogo è composto di strade che finiscono le une dentro le altre, che portano l’una verso l’altra sospinte dalla logica di un progresso nel quale le automobili sono divenute il fine ultimo del vivere e anche dell’abitare, nel quale un luogo si può visitare “se ci si arriva in macchina”, una merce si acquista solo vicino ad un parcheggio, lo spirito di avventura viene abilmente mitigato e “tranquillizzato”, per non parlare della curiosità innata degli esseri umani per le cose nuove, dalla normalità di sigle tutte uguali e ben riconoscibili. 
A rendere un po’ diverso questo da mille altri luoghi si mette di traverso proprio il colle più alto, non ancora sovrastato del tutto dal mutamento del panorama, con quel castello unico nella sua strana merlatura ghibellina in terra guelfa, circondato da alberi secolari, unico ma formidabile freno all’espansione a macchia d’olio della città.
Altrove gli antichi insediamenti videro un’espansione a raggiera, qui proprio questa collina ha preservato (o bloccato, a seconda di come la si vede) la parte dei rilievi per consentire lo sviluppo a 180°, rimanendo quasi a guardia della città.Non si capisce ancora bene come abbiamo fatto, soprattutto nella seconda metà del XX secolo a trasformare l’unicità delle nostre città nell’omologazione informe dei nuovi quartieri, delle periferie sorte a ridosso delle moderne vie di comunicazione, ma il risultato è sotto gli occhi di tutti: oggi cerchiamo affannosamente di fare marcia indietro, di ridare respiro ed anima a luoghi che rischiano di trasformarsi in bei musei… vuoti di voci e di esseri umani che comunicano fra loro. Giungendo a Conegliano ci ritroviamo ai margini della macchia d’olio da cui tutto ha avuto origine, o meglio nuotiamo ormai da chilometri in una serie continua di case capannoni giardini strade zone industriali vigneti che lambiscono la Statale e non abbiamo ben compreso dove finiscano i paesi confinanti e dove inizi la città: la moderna urbanistica è riuscita ad eliminare i confini, almeno quelli visibili.
Oggi abbiamo sotto gli occhi il risultato, non sempre felice, di due ricostruzioni dopo due conflitti devastanti, probabilmente due occasioni perdute per sempre.

(Isabella Gianelloni, da Alberi Pietre, 2011)

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