Sia
che ci alziamo in volo, esercizio ormai comune anche per la fantasia
di noi uomini del XXI secolo, sia che proviamo a giungere a
Conegliano dalle strade di sempre, o da quelle strane nei loro
percorsi obbligati che le autostrade ci costringono a percorrere,
comunque ci troveremo immersi in un non – luogo, simile a molti,
troppi altri su diverse latitudini, longitudini, intersezioni
geografiche.
Potremmo
essere in un qualsiasi punto d’Europa, tanto simili sono ormai i
nomi dei centri commerciali, le forme dei capannoni, la morfologia
delle zone industriali e artigianali.
Il
non-luogo è composto di strade che finiscono le une dentro le altre,
che portano l’una verso l’altra sospinte dalla logica di un
progresso nel quale le automobili sono divenute il fine ultimo del
vivere e anche dell’abitare, nel quale un luogo si può visitare
“se ci si arriva in macchina”, una merce si acquista solo vicino
ad un parcheggio, lo spirito di avventura viene abilmente mitigato e
“tranquillizzato”, per non parlare della curiosità innata degli
esseri umani per le cose nuove, dalla normalità di sigle tutte
uguali e ben riconoscibili.
A rendere un po’ diverso questo da mille
altri luoghi si mette di traverso proprio il colle più alto, non
ancora sovrastato del tutto dal mutamento del panorama, con quel
castello unico nella sua strana merlatura ghibellina in terra guelfa,
circondato da alberi secolari, unico ma formidabile freno
all’espansione a macchia d’olio della città.
Altrove
gli antichi insediamenti videro un’espansione a raggiera, qui
proprio questa collina ha preservato (o bloccato, a seconda di come
la si vede) la parte dei rilievi per consentire lo sviluppo a 180°,
rimanendo quasi a guardia della città.Non si capisce ancora bene
come abbiamo fatto, soprattutto nella seconda metà del XX secolo a
trasformare l’unicità delle nostre città nell’omologazione
informe dei nuovi quartieri, delle periferie sorte a ridosso delle
moderne vie di comunicazione, ma il risultato è sotto gli occhi di
tutti: oggi cerchiamo affannosamente di fare marcia indietro, di
ridare respiro ed anima a luoghi che rischiano di trasformarsi in bei
musei… vuoti di voci e di esseri umani che comunicano fra loro.
Giungendo a Conegliano ci ritroviamo ai margini della macchia d’olio
da cui tutto ha avuto origine, o meglio nuotiamo ormai da chilometri
in una serie continua di case capannoni giardini strade zone
industriali vigneti che lambiscono la Statale e non abbiamo ben
compreso dove finiscano i paesi confinanti e dove inizi la città: la
moderna urbanistica è riuscita ad eliminare i confini, almeno quelli
visibili.
Oggi
abbiamo sotto gli occhi il risultato, non sempre felice, di due
ricostruzioni dopo due conflitti devastanti, probabilmente due
occasioni perdute per sempre.
(Isabella Gianelloni, da Alberi Pietre, 2011)
Nessun commento:
Posta un commento