Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

venerdì 15 marzo 2013

Conegliano e le sue meravigliose mura sono di tutti, non di qualcuno

Spaziando con lo sguardo verso l’orizzonte si rimane colpiti dalla congerie di palazzi case e capannoni addossati gli uni agli altri, dal reticolo di strade che collegano ogni cosa all’altra al fine di permetterci un movimento incessante, possibilmente senza soluzione di continuità.
Stando sul belvedere di piazzale San Leonardo sappiamo che là in fondo, da qualche parte verso sud, c’è l’antica Serenissima, ancora oggi cercata come punto di riferimento (non solo spaziale) da qualunque turista salga fin quassù.
L’orizzonte di levante ci mostra i monti di confine col mondo slavo e possiamo quasi rivedere il cammino delle armate che di qui sono passate nei secoli.
Nell’immediato ponente il nastro del Piave ci rassicura, distinguiamo i campanili che lo costeggiano, lo circondano, riconosciamo subito il castello di San Salvatore, testimone di una feudalità e di un mondo finiti da pochi decenni.
Ci riavviciniamo e gli occhi riconoscono la periferia, i profili dei tetti, i terrazzi dei nuovi condomini così diversi dai tetti di coppi dei palazzi più antichi.
Le chiese importanti fungono da fondamentali punti di riferimento per osservare la città, comprenderne la struttura.
Appena sotto il nucleo più bello, il “guazzabuglio” delle vie medievali e rinascimentali, con qualche innesto moderno che, a ben vedere, stona non poco ma non riesce a rovinare l’effetto generale.
Intorno a noi ciò che resta della memoria più antica e lo strano effetto di giardini e cipressi ottocenteschi incastonati nel medioevo più affascinante.
Viene voglia di riscoprire ancora una volta, accarezzare con lo sguardo ciò che ci è rimasto.
Giuseppina Beauharnais passò distrattamente, annoiata dalla mancanza degli agi parigini e degli immensi parchi della capitale francese. Chissà se si accorse del cipresso posto a sentinella di quello che oggi chiamiamo Parco Rocca e degli altri alberi che stavano crescendo nei piccoli giardini sorti al posto del Refosso. Forse no, ansiosa com’era di giungere a destinazione e tornarsene quanto prima in Francia.
Madama Bonaparte” non seppe mai che il gusto di cittadini avveduti avrebbe lasciato a noi, distratti e un po’ superficiali ospiti del XXI secolo, maestosi alberi a guardia di ricchi palazzi, piante frondose a refrigerio di luoghi di riposo, cipressi nati per un cimitero e oggi romantici ornamenti di pietre antiche.
Forse non ce ne siamo quasi mai accorti nemmeno noi che attraversiamo ogni giorno la città, permettendo a questo insieme armonico di sopravvivere, proteggendoci in silenzio.

(Da Isabella Gianelloni, in Alberi e pietre, 2011)

2 commenti:

  1. Sempre interessante leggere le tue pagine!

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    1. Grazie Michele. Non mi stancherò mai di fare ciò che posso per migliorare la gestione di questa città.

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