Spaziando
con lo sguardo verso l’orizzonte si rimane colpiti dalla congerie
di palazzi case e capannoni addossati gli uni agli altri, dal
reticolo di strade che collegano ogni cosa all’altra al fine di
permetterci un movimento incessante, possibilmente senza soluzione di
continuità.
Stando
sul belvedere di piazzale San Leonardo sappiamo che là in fondo, da
qualche parte verso sud, c’è l’antica Serenissima, ancora oggi
cercata come punto di riferimento (non solo spaziale) da qualunque
turista salga fin quassù.
L’orizzonte
di levante ci mostra i monti di confine col mondo slavo e possiamo
quasi rivedere il cammino delle armate che di qui sono passate nei
secoli.
Nell’immediato
ponente il nastro del Piave ci rassicura, distinguiamo i campanili
che lo costeggiano, lo circondano, riconosciamo subito il castello di
San Salvatore, testimone di una feudalità e di un mondo finiti da
pochi decenni.
Ci
riavviciniamo e gli occhi riconoscono la periferia, i profili dei
tetti, i terrazzi dei nuovi condomini così diversi dai tetti di
coppi dei palazzi più antichi.
Le
chiese importanti fungono da fondamentali punti di riferimento per
osservare la città, comprenderne la struttura.
Appena
sotto il nucleo più bello, il “guazzabuglio” delle vie medievali
e rinascimentali, con qualche innesto moderno che, a ben vedere,
stona non poco ma non riesce a rovinare l’effetto generale.
Intorno
a noi ciò che resta della memoria più antica e lo strano effetto di
giardini e cipressi ottocenteschi incastonati nel medioevo più
affascinante.
Viene
voglia di riscoprire ancora una volta, accarezzare con lo sguardo ciò
che ci è rimasto.
Giuseppina
Beauharnais passò distrattamente, annoiata dalla mancanza degli agi
parigini e degli immensi parchi della capitale francese. Chissà se
si accorse del cipresso posto a sentinella di quello che oggi
chiamiamo Parco Rocca e degli altri alberi che stavano crescendo nei
piccoli giardini sorti al posto del Refosso. Forse no, ansiosa
com’era di giungere a destinazione e tornarsene quanto prima in
Francia.
“Madama
Bonaparte” non seppe mai che il gusto di cittadini avveduti avrebbe
lasciato a noi, distratti e un po’ superficiali ospiti del XXI
secolo, maestosi alberi a guardia di ricchi palazzi, piante frondose
a refrigerio di luoghi di riposo, cipressi nati per un cimitero e
oggi romantici ornamenti di pietre antiche.
Forse
non ce ne siamo quasi mai accorti nemmeno noi che attraversiamo ogni
giorno la città, permettendo a questo insieme armonico di
sopravvivere, proteggendoci in silenzio.
(Da Isabella Gianelloni, in Alberi e pietre, 2011)
Sempre interessante leggere le tue pagine!
RispondiEliminaGrazie Michele. Non mi stancherò mai di fare ciò che posso per migliorare la gestione di questa città.
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