Senza scavalcare le colline coi loro continui saliscendi, dopo gli assestamenti e le fortificazioni del XIV secolo, oggi testimoniati dalle splendide mura scaligere terminate dai Carraresi, fu naturale per la città scendere decisamente verso la pianura, alla ricerca di spazio per le nuove dimore, di strade per i commerci.
Dopo che la “pax” della Serenissima fece perdere importanza al concetto medioevale di fortificazione, l’insieme delle mura e delle torri di vedetta contribuì ancora per secoli a tramandare l’immagine di una città importante, ben difesa, la stessa che riusciamo ad ammirare nella descrizione, quasi una “fotografia”, che ci tramanda Giambattista Cima alla fine del ‘400 e che rassicura anche noi, abituati a riconoscere ciò che resta del passato in mezzo al coacervo delle costruzioni moderne.
A rimanere pressoché invariato è il profilo del colle più alto, col castello e gli alberi che lo circondano, visibile anche da molto lontano, con la fila delle mura che scendono verso il piano e ciò che resta dell’antico maniero, sia pur ricostruito e variato anche nella merlatura della torre. [...]
Sulle rive del Monticano da secoli operavano alcuni monasteri, alcuni dediti più alla predicazione, alla preghiera e all’insegnamento, ma altri decisamente impegnati nelle attività artigianali, soprattutto tessili, favorite dalla presenza del fiume.
Cima alla fine del Quattrocento era già pittore famoso, affermato e ben pagato, curioso delle novità ma legatissimo alla sua terra. I paesaggi descritti nei suoi quadri, pur nell’allegoria necessaria alla comprensione delle scene sacre, ci offrono una miniera di informazioni sulla conformazione del territorio della terraferma veneta, sulla presenza degli scambi commerciali, sulla vegetazione, fino a regalarci l’immagine più preziosa per noi coneglianesi: la S. Elena oggi a Washington è più di un quadro, è immagine e mappa della nostra città di allora, con il Castello e la chiesa di S. Leonardo, le mura lungo il Refosso, il ponte sul Monticano verso levante.
Tutto intorno, la precisione del pittore ci illustra le povere case col tetto di paglia di quanti vivevano fuori dalle mura, la vegetazione rigogliosa ma certamente non controllata e ordinata dall’uomo così come la conosciamo noi oggi.
Tratto da: Isabella Gianelloni, in Le radici della città, Arti Grafiche Conegliano, 2011
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