Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

domenica 7 aprile 2013

Qualche riflessione in punta di piedi

Ci sono parole che fanno fatica ad uscire, o meglio temono di essere fuori luogo, ridondanti, inutili, violente là dove sarebbe necessaria la delicatezza.
Tutti sappiamo dei danni che può provocare un elefante in una cristalleria. L'elefante però, come tutti gli animali citati a sproposito da noi umani, è innocente.
Continuo a girarci intorno, da giorni mi passa per la testa il pensiero che vorrei dire anch'io qualcosa, mi trattiene il timore di scrivere parole non solo inutili ma soprattutto fuori luogo.
Dopo gli ultimi casi avvenuti e le scene viste al telegiornale ieri sera mi sono decisa, la rabbia è arrivata al culmine; non sopporto l'uso disinvolto e falsamente lacrimevole che i media e alcuni politici (alcuni, non dimentichiamoci mai che non sono tutti uguali, c'è chi da anni si batte per difendere le categorie sociali più svantaggiate lottando contro una società fondata su Maria De Filippi nel migliore dei casi e sui settimanali patinati) fanno delle difficoltà e della disperazione altrui.
Di mestiere non faccio la sociologa ma come tanti altri vivo nella mia città, fatico ogni giorno per trovare la quadratura al presente e al futuro prossimo, conosco la dignità e cerco di leggere le persone e gli avvenimenti che accadono.
Un essere umano che arriva a togliersi la vita denuncia la sconfitta più grande, sempre, qualunque sia la causa che lo spinge ad un gesto così ultimativo. Per questo va rispettato, interpretarlo con arditi esercizi mentali può essere fuorviante. 
Il suicidio è sempre accaduto, un tempo era un gesto destinato a pochi "eletti", magari intellettuali poco paurosi dell'aldilà oppure malati all'ultimo stadio che preferivano una fine cruenta ed improvvisa ad una lunga agonia.
I poveri, gli umili difficilmente arrivavano a tanto, faticavano a vivere ma anche a staccarsi dal filo sottile che li legava alla quotidianità: c'era rassegnazione probabilmente, o forse anche paura del giudizio divino o il timore di infliggere un dolore insopportabile ai familiari caricandoli anche di un'ombra troppo ingombrante.
Ciò che oggi spaventa di più è proprio la massificazione di un fenomeno così tremendo. Oggi, in questa crisi che più ancora che economica è forse morale, culturale o tutte e tre le cose insieme, non siamo più poveri di qualche decennio fa, ciò di cui ci stiamo privando (o ci stanno privando) è la speranza.
Nel Nordest si calcolano ormai 500 suicidi soprattutto di piccoli imprenditori, l'altro giorno le Marche, altra regione di piccola imprenditoria diffusa, hanno mostrato un'altra tremenda ferita. Si tratta quasi sempre di persone che del lavoro avevano fatto non solo lo strumento di emancipazione ma la ragione di vita, che non sono riuscite a sopportare la sconfitta personale, lo sfumare di sogni anche piccoli ma importanti, che forse non riuscivano più a guardare negli occhi i familiari ed i propri dipendenti. Persone ormai senza un volto proprio, cancellato dal concetto di crisi economica, annebbiate da un dolore insopportabile che le ha portate a lasciare un'eredità fatta solo di dolore, rimpianto, debiti, impotenza.
Ancora nessun giornalista, dopo l'ubriacatura dell'articolo rubato al collega, dopo lo scempio delle urla fuori dalla chiesa di persone spinte a gridare contro generici nemici ormai facilmente identificati con "i politici", ha pensato di fare un'inchiesta sul dopo, sul fatto che, come si diceva qualche settimana fa in un convegno, quasi mai sono le donne a togliersi la vita, sulla realtà di quanti sono rimasti ad affrontare una realtà difficile, drammatica, appesantita dal dolore, sullo sforzo che magari sindaci e amministratori stanno facendo per aiutare chi è rimasto.
Mi rivolgo proprio a chi produce informazione e comunicazione: non pensate che questo Paese, oltre che di urli, "vaffanculo", violenza verbale e incattivimento generale ha un immediato bisogno di riscoprire il valore della solidarietà, della condivisione dei problemi, del "fare rete"? Là dove si insegna a lavorare insieme, a condividere parte dei profitti, spesso ci si accorge che la mutualità, la messa in comune degli agi, funziona ancora di più nel momento del bisogno.
Non voglio fare la morale a nessuno, s'intende, ma gli esseri umani decidono di farla finita proprio quando si sentono irrimediabilmente soli, forse perché sono sempre stati soli: la mancanza di stipendi per mesi, la paura della perdita del posto di lavoro o del lavoro tout-court devono far scattare la solidarietà, come è accaduto ai lavoratori dell'IDI di Roma, del Sulcis e di mille e mille, purtroppo, luoghi di crisi. Da soli non si va da nessuna parte.
Inutile far pensare agli Italiani che una crisi economica si possa superare in un giorno, che le Istituzioni rinunciando alle regole democratiche possano cambiare la realtà, che "mandare a casa" i parlamentari appena eletti risolva qualche problema: chiunque abbia un minimo di cultura sa che tutto questo innesca una spirale che porta alle macerie sulle quali gli straricchi continueranno a ballare e il dittatore di turno a comandare.
Piuttosto si torni a spiegare che le scelte sono appunto tali, che c'è chi continua a propugnare un'uscita tutta individuale dalla crisi e quindi nuovamente l'innesco del tragico meccanismo che stiamo vivendo. Si spieghi la differenza, quindi, con chi pensa che si possa e si debba migliorare la vita delle persone attraverso l'equità e la verità.
Io personalmente non sono né ricca né privilegiata, ma ciò che sento mancare di più intorno è proprio un po' di onestà intellettuale e di verità.
Isabella Gianelloni

1 commento:

  1. ...."Io personalmente non sono né ricca né privilegiata, ma ciò che sento mancare di più intorno è proprio un po' di onestà intellettuale e di verità."
    Una riflessione chiara e sicuramente condivisibile da tante tante persone che cercano quotidianamente quella speranza che altri vogliono distruggere

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