Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

martedì 30 aprile 2013

Il lavoro prima di tutto

Buon 1 Maggio, buona festa del lavoro, delle lavoratrici e dei lavoratori.

Affrontare l'enorme questione del lavoro delle donne in Italia significa volgere lo sguardo alla storia sociale ed economica del nostro Paese e contemporaneamente analizzare l'evoluzione culturale e politica di uomini, donne e classi dirigenti riguardo al mondo femminile.

Già negli ultimi anni dell'800 ma soprattutto nel corso del XX secolo le principali lotte femminili sono state volte al riconoscimento del ruolo delle donne nella società che, come ci dice oggi la nostra Costituzione, parte proprio dal lavoro, dai diritti e dalla posizione nella società che ne conseguono.
La seconda grande questione che si intreccia alla precedente è proprio la concezione del lavoro, di che cosa esso sia: se per gli uomini la definizione dello stesso è abbastanza semplice, legata alla professione e alla mansione specifiche, per le donne tutto diventa più complesso.
Quanti lavori svolgono ed hanno sempre svolto le donne?
La donna contadina si occupava dei campi ma contemporaneamente della casa e della cura dei figli e degli anziani, esattamente come le donne di oggi, siano esse impiegate a bassi od alti livelli nel mondo del lavoro retribuito o delle professioni, continuano ad occupare molta parte del proprio tempo in quello che viene comunemente definitolavoro di cura.
Ad intervalli regolari, a seconda dell'insorgere di guerre o crisi economiche le donne sono state inglobate nel mondo del lavoro tradizionale e maschile oppure ne sono state cacciate senza ritegno. Troppo spesso una certa tradizione politica e culturale ha fatto dimenticare che le donne sono state il fulcro della rivoluzione industriale, le prime ad ingrossare le fila del proletariato nascente, spesso quasi le uniche ad avere il coraggio di sfidare le dittature chiedendo diritti e dignità.
Una data come l'8 marzo, oggi spesso ridotta a pranzi, cene e salati conti dai fioristi, ricorda proprio la scesa in piazza delle donne russe contro la guerra nel 1917. Ben prima della Rivoluzione d'Ottobre erano state le donne a sfidare la polizia dello zar: le donne sono portatrici di vita, per natura contro la morte.
Oggi i passi avanti sono evidenti, ma rimane il fatto che l'Italia è ancora fanalino di coda in Europa nell'occupazione femminile, nella tutela delle lavoratrici madri, nel controllo del rispetto dei diritti e della dignità nel lavoro, nell'offerta di servizi che consentano di alleviare il lavoro di cura, di liberare maggior tempo per il proprio accrescimento personale e culturale.
Se in paesi avanzati come quelli della Scandinavia oggi il differenziale fra le ore di lavoro totali delle donne e degli uomini (fra lavoro e casa) è di 5 minuti, in italia è ancora di 183, vale a dire che le donne italiane lavorano in media 3 ore più dei loro compagni.

È su questi temi, sul superamento degli ostacoli che si oppongono alla conquista di un'effettiva parità che le Commissioni per le Pari Opportunità sono chiamate a svolgere il loro compito: promuovere la conciliazione degli orari, difendere le discriminazioni soprattutto nelle realtà meno difese (come le piccolissime aziende, gli esercizi commerciali, gli studi professionali...), creare un legame con le donne immigrate che, oltre tutto, soffrono anche di discriminazioni che meriterebbero da sole giornate di approfondimento.

 
Nella situazione di difficoltà economica generale le donne sono colpite due volte:
  • se sono giovani e quindi costrette a mansioni e contratti dequalificanti, a firmare le famose dimissioni in bianco o costrette comunque a rinunciare alla maternità
  • se meno giovani perché patiscono doppiamente la difficoltà di reinserimento nel mondo del lavoro e di ottenere mansioni adeguate.

Conegliano è città capofila dell'industrializzazione di una vasta area identificabile più o meno con la Sinistra Piave, centro di un comprensorio manifatturiero con eccellenze europee e mondiali nel settore del legno e metalmeccanico.
Oggi la Inox Valley, laddove mantiene alti livelli di innovazione continua ad essere centro di eccellenza produttiva, ma tutto il settore metalmeccanico e del suo indotto rischia un grave contraccolpo dalla crisi profonda di un'azienda come Electrolux, che ha scelto di far produrre altrove i prodotti di alta fascia lasciando qui solo produzioni di livello inferiore. In pochi anni Elecrolux ha visto dimezzare i dipendenti da circa 2000 a un migliaio, oggi in CIG o riduzione d'orario.

La città, che nel corso dei decenni ha esportato le zone industriali e artigianali nei paesi vicini ha oggi una forte presenza dei servizi, del commercio, del terziario in genere, anch'esso parzialmente in crisi.
Nel modello Nordest la crisi qui ha significato, per esempio, che da inizio anno nella Sinistra Piave c'è stato un 30% in meno di utilizzo degli impianti, il numero degli occupati in un anno è sceso di circa 4000 unità, la disoccupazione si attesta intorno al 7%, con un 18% di giovani senza lavoro.
Con 150 aziende in crisi più o meno 15000 lavoratori della Sinistra Piave soffrono la CIG o la riduzione dell'orario di lavoro, con grave incidenza sui guadagni delle famiglie.

Su un punto tutte le categorie economiche (sindacati, artigiani, commercianti, industriali) si trovano d'accordo: occorre trovare insieme la strada per uscire dalla crisi, ridando soprattutto fiato alle aziende e all'occupazione, ai salari, alla rimessa in moto di un circolo economico virtuoso.

Che, però, non potrà più essere quello di prima: il sistema oggi in crisi è quello che ci ha portato anche a distruggere grandi porzioni di di territorio, ad inquinare, a consumare risorse che si pensavano eterne e indistruttibili.

Si tratta di problemi e questioni che hanno bisogno di livelli superiori di decisione, nazionale e regionale, ma noi crediamo che anche gli Enti Locali debbano avere un ruolo assai decisivo, anche perché sono i primi a dover affrontare, sul campo, i costi sociali derivanti dalla crisi economica delle famiglie e degli individui.

In una città come Conegliano parlare di lavoro significa anche occuparci, fra gli altri, di alcuni temi fondamentali:

  1. Massima attenzione alla questione Electrolux: questa azienda significa centinaia e centinaia di posti di lavoro, al suo interno e nell'indotto, è la storia della manifattura e del sapere tecnico e professionale di un'intera zona.
  2. Un Comune promotore di un tavolo permanente insieme alle forze economiche e alle realtà scolastiche presenti in città (pensiamo ad Istituti Tecnici come l'ITIS e l'Enologia) e alle Università. Un coordinamento che veda la collaborazione degli altri Comuni vicini per attivare un polo di ricerca su nuove tecnologie, materiali innovativi, formazione dei giovani e all'interno delle imprese, dare sempre maggior importanza al comparto agroalimentare.
  3. La massima attenzione alla legalità: è ormai quotidiana la denuncia di tentativi di infiltrazioni malavitose nelle aziende in crisi
  4. Uno sportello che fornisca ascolto, aiuto, informazioni, alle donne vittime di soprusi sul lavoro e non. Un ufficio per le Pari Opportunità vero e non fittizio può avere una grande importanza anche a livello locale
  5. Vorrei soprattutto un Comune che abbia come bandiera la bellezza: ristrutturare, mettere in campo anche le piccole manutenzioni, riconvertire le abitazioni con criteri eco-sostenibili, abbellire e rendere attraente la città vuol dire creare lavoro, un lavoro utile a tutta la comunità, turismo non a spot ma che trovi risposte concrete sul territorio.

    Isabella Gianelloni



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