Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

giovedì 9 maggio 2013

Conegliano e i fienili nell'area Zoppas. Una volta...

[...] Quando poi si è sviluppata la Zoppas è stato un vero tormento. Quasi tutti gli operai erano ex mezzadri, i famosi metal-mezzadri, e ciò provocava non pochi problemi. Il contadino, per esempio, era abituato a vivere all’aria aperta e faceva fatica ad abituarsi al lavoro dentro la fabbrica, fermo sempre sullo stesso posto per ore. Senza parlare poi delle condizioni di lavoro. Inizialmente mancavano i servizi igienici. Quando si indiceva uno sciopero, soprattutto le donne andavano a lavorare, perché così veniva loro detto da parte dell’Azione Cattolica. Possiamo immaginare le parolacce che sentivano, invece, dai loro colleghi maschi. A questo proposito ricevetti una lettera di protesta da parte del Monsignore, e così proprio io, cattolico, fui costretto ad entrare in polemica con le gerarchie ecclesiastiche. Scrissi al vescovo che la prima cosa che un cristiano deve imparare è la solidarietà, ed è questo il primo insegnamento che va dato a chi non l’ha ancora ricevuto.
Avevano costruito i capannoni nuovi nell’ambito della fonderia, ed in estate si vivevano condizioni impossibili. Avevano messo delle donne in fonderia, una cosa inaudita. Un giorno una ragazza si sentì male e svenne. Nessuno sapeva cosa fare, dove portarla, perché non c’era nemmeno un gabinetto. In fondo al cortile c’era un vecchio fienile e fu messa lì. È un episodio che parla da solo e spiega quali fossero, spesso, le condizioni di lavoro di quegli anni. Era difficile, molto difficile parlare di diritti, di rapporti corretti fra le parti sociali. La gente aveva bisogno di lavoro e tutti pensavano a lavorare, ingrandirsi, costruire.
Come ho già detto prima, almeno prima del grande sviluppo della Zoppas, molta dell’occupazione nelle industrie più grandi era femminile. Molti degli uomini erano dediti al lavoro dei campi, spesso in condizioni ancora assai arretrate, oppure emigravano, all’estero o anche in Lombardia, in Piemonte. Le famiglie contadine si trovavano ad avere manodopera in eccesso, e ciò frenava anche lo sviluppo stesso dell’agricoltura. Ogni anno, nel mio resoconto sullo stato della provincia sottolineavo il problema della sottoccupazione contadina. Solo alla metà degli anni Cinquanta riuscimmo a mettere in riga la Provincia e le amministrazioni comunali (anche se erano quasi tutte in mano alla DC, il mio partito), quando, di concerto con la Camera di Commercio e la Cassa di Risparmio, si istituì un concerto di forze per offrire agevolazioni alle industrie attraverso i Comuni (concessione dei terreni, ecc.) e garantire a chi dava occupazione di poter ottenere dalla Cassa di Risparmio mutui a tassi agevolati.
In quell’epoca partirono anche i cosiddetti “piani verdi” per i contadini: lo Stato dava il denaro per riscattare la terra all’1,5%, e lo stesso tasso valeva per la meccanizzazione e le case contadine. Quel denaro fu importante come volano per lo sviluppo.
Il momento di passaggio fra il “rimettere a posto” i danni della guerra e la partenza vera e propria dello sviluppo è stato circa a metà degli anni Cinquanta, con in mezzo il periodo delle riconversioni industriali dopo l’economia di guerra. Si trattava di acquistare macchinari nuovi, e lo stesso Cotonificio di Conegliano ne è un esempio significativo. Un fattore del quale è necessario tenere conto è che la provincia di Treviso, partendo da una situazione di grande povertà, poteva proporre sul mercato prezzi più allettanti. Fra un paio di calze prodotte a Milano ed uno a Conegliano era più conveniente l’acquisto di queste ultime. In provincia c’erano tre calzifici, a Conegliano, a Valdobbiadene ed a Caerano San Marco. È anche vero che qui giunse anche molta gente da fuori, industriali provenienti dalla Lombardia, per esempio. Ricordo che io stesso avevo non dico la processione, ma parecchi che venivano ad interpellarmi sulla convenienza o meno di iniziare attività industriali in certe zone.
Alla luce di quanto ho detto e di quanto ho potuto constatare in tutti questi anni, se è vero che economicamente Conegliano è diventata una potenza, secondo me lo sviluppo è stato troppo improvviso ed intenso, ed in qualche caso ha ubriacato la gente. Il benessere così improvviso non ha svegliato le persone: il bisogno aguzza lingegno, ma qui troppi sono cresciuti nella bambagia e, per così dire, se la godono…”.1
(On. Agostino Pavan)

Intervista riportata in: Isabella Gianelloni e Lucia Da Re,Il colle e il piano, Piazza Editore, 2007
1 Intervista di Isabella Gianelloni all’on. Agostino Pavan, 13 maggio 2005

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