Fino
almeno a tutto il 1949 ci sono testimonianze di frequenti riunioni
fra i sindaci del coneglianese per cercare di affrontare l’emergenza
disoccupazione. Anche quando si riusciva a mettere in cantiere
qualche iniziativa non mancavano i problemi: se nel gennaio 1949 i
disoccupati lanciarono un appello alla Camera del Lavoro chiedendo
l’intervento immediato delle autorità comunali per l’inizio dei
lavori pubblici (sottopasso ferroviario, avvio della costruzione
delle Case Popolari per i senza tetto, ampliamento dell’acquedotto
comunale, lavori in via XX Settembre), denunciando il dilazionamento
della costruzione del nuovo ospedale e la mancata osservanza del
decreto riguardante i proprietari fondiari, d’altro canto pochi
giorni dopo l’ingegnere comunale faceva presente che “gli operai
inviati al lavoro da martedì 1 c.m. (febbraio) tranne alcune
eccezioni, hanno dato sino ad ora un rendimento nettamente
insufficiente”.
La
statistica ci dice che in un mese, fra la metà di gennaio e la metà
di febbraio del 1949, attraverso il Fondo Soccorso Disoccupati furono
impiegati, soprattutto in lavori stradali, in tutto 104 operai.
In
una situazione simile l’istituzione del servizio periferico del
Collocamento poteva essere una buona occasione per organizzare meglio
la sistemazione delle persone e costruire dinamiche più giuste e
snelle per far incontrare l’offerta e la domanda di lavoro. Come
spesso è accaduto, però, anche questa volta cominciarono subito non
solo le pastoie burocratiche, ma anche le incomprensioni e le
difficoltà di dialogo fra i dettami delle normative e le esigenze
delle realtà locali.
Il
servizio periferico del Collocamento e dell’Emigrazione andava a
sopprimere le vecchie Sezioni Mandamentali di Collocamento e
nominava, in determinati comuni, personale incaricato temporaneamente
a compenso forfetario mensile.
Con
grande solerzia l’Ufficio provinciale del lavoro di Treviso chiese
al sindaco di Conegliano la segnalazione di nominativi per
l’incarico, avvertendo che senza la qual cosa i vecchi uffici
sarebbero comunque stati soppressi senza che ci fossero i nuovi
incaricati comunali. La disputa si accese anche sul compenso, che il
Ministero calcolava in seimila lire mensili, considerato troppo
esiguo dal Comune.
Vista
la situazione, venne decisa una sorta di consorzio fra le
Amministrazioni interessate (Conegliano, San Vendemiano e San Pietro
di Feletto), decidendo di ripartire fra di esse le spese necessarie
al mantenimento dell’ufficio situato in via XX Settembre, per
l’affitto dei locali e le spese di riscaldamento, illuminazione,
telefono.
Insieme
alla decisione partirono le solite polemiche, i soliti scarica-barile
fra l’una e l’altra autorità, sulla firma dei contratti, come
quello del telefono, e anche sul pagamento delle bollette.
Si
sollevarono anche questioni politiche, che indussero la Prefettura a
chiedere conto del perché, sottolineandone la non opportunità,
l’ufficio di collocamento fosse attiguo alla Camera del Lavoro.
Diamo
per
esteso
la
risposta
del
Sindaco
al
Prefetto,
datata
30
novembre
1949:
“Non
risponde
affatto
alla
realtà
quanto
viene
lamentato
(…)
e
cioè,
che
l’Ufficio
Comunale
di
Collocamento
continui
ad
essere
sistemato
tuttora
in
locali
attigui
a
quelli
della
Camera
del
Lavoro.
Mentre
la
Camera
del
Lavoro
ha
sede
in
via
Garibaldi
n.
14
– in
un
fabbricato
di
proprietà
comunale
ove
hanno
sede
l’Ufficio
Postelegrafico
– la
Pretura
– l’Ambulatorio
Medico
Cassa
Mutua
Malattie
operai
dell’Industria
e
altro,
l’Ufficio
Comunale
di
Collocamento,
ha
invece
sede
da
un
anno
e
mezzo
nel
Palazzo
ex
Sarcinelli
pure
di
proprietà
comunale,
a
distanza
di
oltre
500
metri
dalla
Camera
del
Lavoro”.
Nella
stessa
lettera
si
diceva
anche
che
gli
uffici
sarebbero
stati
spostati
al
piano
terra,
con
accesso
indipendente,
più
comodo
e
adatto
anche
per
l’accoglimento
di
molte
persone.
Evidentemente
i
disoccupati
continuavano
ad
essere
tanti.
Anche
il pagamento dei sussidi di disoccupazione dimostrava quale e quanta
fosse, in quegli anni, la disorganizzazione vera e propria della
macchina amministrativa pubblica.
La
Cassa
di
Risparmio
aveva
l’incarico
di
pagare
i
sussidi,
in
quanto
tesoriere
del
Comune,
previa
quietanza
sui
modelli
dell’INPS.
Il
comune
sarebbe
poi
stato
rimborsato
dall’Istituto
di
Previdenza.
Era
la
procedura
stessa,
però,
a
fare
acqua,
tanto
che,
nella
primavera
del
1950
si
arrivò
ad
un
lungo
contenzioso
fra
comune
e
INPS,
per
un
assegno
di
cinquecentomila
lire
(una
grossa
cifra,
all’epoca)
mai
giunto
nelle
casse
comunali.
Nonostante
il
logico
suggerimento
da
parte
del
Sindaco,
affinché
gli
assegni
fossero
come
minimo
“non
trasferibili”
ed
intestati
al
Tesoriere
del
Comune,
l’Istituto
di
Previdenza
continuò
ad
emettere
gli
assegni
intestati
al
Sindaco
di
Conegliano.1
Come
detto sopra la situazione di disagio riguardo all’occupazione durò
molto a lungo, tanto che il 19 gennaio 1952 il sindaco Guido Curto,
emanando una circolare, dovette ricordare gli accordi fra le varie
associazioni economiche della provincia e le Organizzazioni Sindacali
a favore del fondo per i disoccupati:
- una giornata di lavoro (metà a carico del lavoratore e metà a carico del datore di lavoro) per aziende industriali, commercianti e artigiani in genere.
- per le aziende che non hanno dipendenti, come minimo l’importo deve essere del 15% dell’imposta di famiglia iscritta a ruolo o accertata per l’anno 1951.
- per i proprietari agricoli e per i coltivatori diretti, minimo 250 lire per ettaro posseduto.
- per i mezzadri, gli affittuari e i coloni parziali misti, 40 lire per ettaro coltivato.
La
dice lunga sulla ancora scarsa abitudine al maneggio del denaro nelle
campagne, soprattutto a causa della sua cronica scarsità, il fatto
che i mezzadri, in quel frangente, al posto delle 50 lire offrissero
due uova per ogni ettaro di terreno.
Isabella
Gianelloni
1
AMMC, Archivio del Novecento, B. 446, Fasc. 10
Foto del FAST, Foto Archivio Storico Trevigiano, (Donne M Con 590004)
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