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domenica 12 maggio 2013

Collocamento e lavoro negli Anni Quaranta

Fino almeno a tutto il 1949 ci sono testimonianze di frequenti riunioni fra i sindaci del coneglianese per cercare di affrontare l’emergenza disoccupazione. Anche quando si riusciva a mettere in cantiere qualche iniziativa non mancavano i problemi: se nel gennaio 1949 i disoccupati lanciarono un appello alla Camera del Lavoro chiedendo l’intervento immediato delle autorità comunali per l’inizio dei lavori pubblici (sottopasso ferroviario, avvio della costruzione delle Case Popolari per i senza tetto, ampliamento dell’acquedotto comunale, lavori in via XX Settembre), denunciando il dilazionamento della costruzione del nuovo ospedale e la mancata osservanza del decreto riguardante i proprietari fondiari, d’altro canto pochi giorni dopo l’ingegnere comunale faceva presente che “gli operai inviati al lavoro da martedì 1 c.m. (febbraio) tranne alcune eccezioni, hanno dato sino ad ora un rendimento nettamente insufficiente”.
La statistica ci dice che in un mese, fra la metà di gennaio e la metà di febbraio del 1949, attraverso il Fondo Soccorso Disoccupati furono impiegati, soprattutto in lavori stradali, in tutto 104 operai.
In una situazione simile l’istituzione del servizio periferico del Collocamento poteva essere una buona occasione per organizzare meglio la sistemazione delle persone e costruire dinamiche più giuste e snelle per far incontrare l’offerta e la domanda di lavoro. Come spesso è accaduto, però, anche questa volta cominciarono subito non solo le pastoie burocratiche, ma anche le incomprensioni e le difficoltà di dialogo fra i dettami delle normative e le esigenze delle realtà locali.
Il servizio periferico del Collocamento e dell’Emigrazione andava a sopprimere le vecchie Sezioni Mandamentali di Collocamento e nominava, in determinati comuni, personale incaricato temporaneamente a compenso forfetario mensile.
Con grande solerzia l’Ufficio provinciale del lavoro di Treviso chiese al sindaco di Conegliano la segnalazione di nominativi per l’incarico, avvertendo che senza la qual cosa i vecchi uffici sarebbero comunque stati soppressi senza che ci fossero i nuovi incaricati comunali. La disputa si accese anche sul compenso, che il Ministero calcolava in seimila lire mensili, considerato troppo esiguo dal Comune.
Vista la situazione, venne decisa una sorta di consorzio fra le Amministrazioni interessate (Conegliano, San Vendemiano e San Pietro di Feletto), decidendo di ripartire fra di esse le spese necessarie al mantenimento dell’ufficio situato in via XX Settembre, per l’affitto dei locali e le spese di riscaldamento, illuminazione, telefono.
Insieme alla decisione partirono le solite polemiche, i soliti scarica-barile fra l’una e l’altra autorità, sulla firma dei contratti, come quello del telefono, e anche sul pagamento delle bollette.
Si sollevarono anche questioni politiche, che indussero la Prefettura a chiedere conto del perché, sottolineandone la non opportunità, l’ufficio di collocamento fosse attiguo alla Camera del Lavoro.
Diamo per esteso la risposta del Sindaco al Prefetto, datata 30 novembre 1949:Non risponde affatto alla realtà quanto viene lamentato () e cioè, che lUfficio Comunale di Collocamento continui ad essere sistemato tuttora in locali attigui a quelli della Camera del Lavoro. Mentre la Camera del Lavoro ha sede in via Garibaldi n. 14in un fabbricato di proprietà comunale ove hanno sede lUfficio Postelegraficola PreturalAmbulatorio Medico Cassa Mutua Malattie operai dellIndustria e altro, lUfficio Comunale di Collocamento, ha invece sede da un anno e mezzo nel Palazzo ex Sarcinelli pure di proprietà comunale, a distanza di oltre 500 metri dalla Camera del Lavoro. Nella stessa lettera si diceva anche che gli uffici sarebbero stati spostati al piano terra, con accesso indipendente, più comodo e adatto anche per laccoglimento di molte persone. Evidentemente i disoccupati continuavano ad essere tanti.
Anche il pagamento dei sussidi di disoccupazione dimostrava quale e quanta fosse, in quegli anni, la disorganizzazione vera e propria della macchina amministrativa pubblica.
La Cassa di Risparmio aveva lincarico di pagare i sussidi, in quanto tesoriere del Comune, previa quietanza sui modelli dellINPS. Il comune sarebbe poi stato rimborsato dallIstituto di Previdenza. Era la procedura stessa, però, a fare acqua, tanto che, nella primavera del 1950 si arrivò ad un lungo contenzioso fra comune e INPS, per un assegno di cinquecentomila lire (una grossa cifra, allepoca) mai giunto nelle casse comunali. Nonostante il logico suggerimento da parte del Sindaco, affinché gli assegni fossero come minimonon trasferibilied intestati al Tesoriere del Comune, lIstituto di Previdenza continuò ad emettere gli assegni intestati al Sindaco di Conegliano.1
Come detto sopra la situazione di disagio riguardo all’occupazione durò molto a lungo, tanto che il 19 gennaio 1952 il sindaco Guido Curto, emanando una circolare, dovette ricordare gli accordi fra le varie associazioni economiche della provincia e le Organizzazioni Sindacali a favore del fondo per i disoccupati:
  1. una giornata di lavoro (metà a carico del lavoratore e metà a carico del datore di lavoro) per aziende industriali, commercianti e artigiani in genere.
  2. per le aziende che non hanno dipendenti, come minimo l’importo deve essere del 15% dell’imposta di famiglia iscritta a ruolo o accertata per l’anno 1951.
  3. per i proprietari agricoli e per i coltivatori diretti, minimo 250 lire per ettaro posseduto.
  4. per i mezzadri, gli affittuari e i coloni parziali misti, 40 lire per ettaro coltivato.
La dice lunga sulla ancora scarsa abitudine al maneggio del denaro nelle campagne, soprattutto a causa della sua cronica scarsità, il fatto che i mezzadri, in quel frangente, al posto delle 50 lire offrissero due uova per ogni ettaro di terreno.

Isabella Gianelloni
1 AMMC, Archivio del Novecento, B. 446, Fasc. 10

Foto del FAST, Foto Archivio Storico Trevigiano, (Donne M Con 590004)

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