Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

domenica 28 aprile 2013

Manzoni e il vigneto ignoto

Un venticello d'autunno, staccando da' rami le foglie appassite del gelso, le portava a cadere, qualche passo distante dall'albero. A destra e a sinistra, nelle vigne, sui tralci ancor tesi, brillavan le foglie rosseggianti a varie tinte; e la terra lavorata di fresco, spiccava bruna e distinta ne' campi di stoppie biancastre e luccicanti dalla guazza. (Promessi sposi, cap. IV)
Se non fosse per il fatto che ormai i gelsi sono una presenza rara, soprattutto "in testa" ai vigneti, questo autunno manzoniano richiama in tutti noi, abitanti di queste latitudini, attimi e immagini fissati per sempre nella memoria, nel cuore, nella nostra identità.
In una parola, poesia allo stato puro.
Manzoni troppo antico, superato, complicato? Gli occhioni sgranati della sedicenne che avevo davanti qualche giorno fa dimostravano la completa estraneità ad un paesaggio che dovrebbe appartenerle, ad una lingua che riesce ad esprimersi con più di quelle 800-1000 parole che lei, liceale, forse usa.
Incredula le ho chiesto se avesse mai visto un vigneto in autunno (Conegliano, come sappiamo, è circondata da vigneti...), alla sua risposta negativa ho azzardato: "I tuoi genitori ti hanno portato almeno qualche volta a vedere i colori dell'autunno in Cansiglio?".
Occhi ancora più sgranati: colori, autunno, Cansiglio, vigne?
Dalle sue labbra è uscita una frase che mi ha imbarazzata ancora di più: "Mi racconti lei, mi dica, per favore, come sono i colori, se sono davvero così belli". Lo sguardo era brillante e affamato. 
Ho scoperto che non conosce la rugiada, non ci aveva mai pensato; proseguendo con la lettura di quel capitolo manzoniano ho capito che nessuno le ha mai detto che esistevano (ed esistono ancora) i poveri...
Potrei continuare. 
Non è colpa di Manzoni se l'unico uso che si fa del suo romanzo è quello di imporre agli allievi noiosissime schede da compilare togliendo la bellezza della ricerca dei vocaboli e delle intonazioni del racconto, il sentimento di condivisione, di solidarietà, l'abitudine a verificare, ponderare, approfondire, accettare anche pensieri lunghi e più complessi di un sms.
Troppo comodo, però, dare tutte le colpe alla scuola ed ai suoi protagonisti principali, gli insegnanti, anche se a volte, ripeto a volte, potrebbero fare un po' di più per provocare i cervelli di quanti stanno loro di fronte.
Nel caso che ho citato non si tratta del cosiddetto "disagio sociale" ma del suo contrario: opulenza e acquiescenza, casomai, ad un modello che prevede il non-pensiero, fratello gemello del quieto adagiarsi nella comodità dell'ignoranza, la delega ad altri di ciò che dovrebbe essere patrimonio inalienabile di ogni famiglia che si rispetti, cioè tramandare la memoria del vissuto, abituare a leggere la realtà, ad ascoltare e ragionare. 
Ho preso l'impegno con quella ragazza di farle amare i Promessi Sposi, accondiscendendo (con fatica e argomentando la mia posizione) alla sua ripulsa per il personaggio di Lucia, davvero troppo lontano dal vissuto di una sedicenne del XXI secolo. 
Ha accettato la sfida e questo è il messaggio che giro al neo-ministro della Pubblica Istruzione: accendere di nuovo la voglia di sapere, che esiste. Va solo scoperta e aiutata, magari anche con l'ausilio dei Promessi Sposi.
Isabella Gianelloni





Nessun commento:

Posta un commento