Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

domenica 1 maggio 2016

#1maggio Il lavoro

La memoria storica è qualcosa che non si cancella per decreto, l'automatismo che porta naturalmente a stare dalla parte dei più deboli non sparisce con gli anni, la convinzione che questo nostro mondo continui a rimanere profondamente ingiusto è dentro, radicata, confermata purtroppo ogni giorno.
Chi ha la mia età e condivide una storia politica a sinistra sente ancora come vivi e pulsanti i nomi di Giuseppe Di Vittorio, Placido Rizzotto, Luciano Lama, Bruno Trentin...
Si potrebbe continuare, versando qualche lacrima rivedendo con la mente le bandiere rosse, canticchiando le canzoni che hanno significato condivisione, unità, desiderio di giustizia.
Tutto giusto, sacrosanto. Significherebbe però guardare indietro, e quei grandi protagonisti di una stagione per molti aspetti eroica ci hanno  invece insegnato che bisogna guardare avanti, che bisogna leggere la realtà che cambia, che intestardirsi su linguaggi non comprensibili non serve, se non ad autoassolversi: è il mondo cattivo che non ci capisce.
Troppo comodo, una sinistra snob non serve a nessuno. Serve invece un lavoro certosino e quotidiano per comprendere una realtà sempre più complessa e interconnessa, per affrontare sfide fino a pochi anni fa inimmaginabili. Altro che "Proletari di tutto il mondo unitevi!" Oggi il mondo globalizzato ha acuito le sfide per la sopravvivenza, pare aver posto non solo i lavoratori di una parte del pianeta contro quelli meno fortunati, ma il concetto stesso di lavoro contro il pianeta.
Lavoratori occidentali soffocati da strumenti contrattuali sempre più sofisticati e ingiusti, dalla delocalizzazione, da multinazionali che si comportano come cannibali, da contratti capestro, dalla persistenza di scandali come il caporalato, i giovani costretti a non sapere come costruirsi un futuro: tutti contro quegli altri, i bambini che si avvelenano smontando da qualche parte i nostri preziosi pc e smartphone per qualche spicciolo, gli operai-schiavi, il pianeta violato da pratiche che paiono volerci portare all'autodistruzione. Lavoro vs salute: assurdo.
Pare davvero un mondo impazzito, che non ha imparato nulla da secoli di storia, di piccole e grandi conquiste, di sogni di uguaglianza.
A non cambiare è il valore del lavoro come dignità, la consapevolezza che ciò che è stato conquistato a suon di botte, scioperi, lotte infinite, è negato a una maggioranza sempre più grande di esseri umani. Solo che, dalle nostre parti, ci hanno convinto che bastino uno smartphone o molti "like" sul profilo per non aver bisogno della solidarietà, dei diritti e dei doveri.
Ancora una volta è una questione di cultura: quella che aiuterebbe le popolazioni dei paesi più poveri del mondo ad emanciparsi e quelle dei paesi fortunati a comprendere meglio da dove vengono, a comprendere che i processi economici e sociali sono più complessi di come ce li spiega qualche prima pagina di giornale, on line o cartaceo che sia, che a frugare nella spazzatura dell'"io mi arrangio e degli altri non mi importa" si incontra solo immondizia.
E allora che questo Primo Maggio possa aiutare noi tutti a guardarci intorno con onestà, che la nostra memoria storica, i nostri ideali ci aiutino a comprendere meglio il mondo, a guardare avanti, senza alibi.
La battaglia torna ad essere quella, mai finita, per affermare che il lavoro è innanzi tutto dignità, con l'aggiunta della necessità di salvare il nostro pianeta, del quale siamo ospiti e non padroni.

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