Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

domenica 19 giugno 2016

Venezia che trascina


Ogni volta diversa, ogni volta trascina: inutile e dannoso resisterle, Venezia è quel che è, unica, immutabile eppure sempre diversa.
Ieri mi mancava il cappello di paglia: complice la giornata estiva e il cielo dipinto di un azzurro che fa cambiare anche il colore dell'acqua, scendere dal treno ha significato un tuffo in quell'estate tanto attesa e che non è ancora arrivata.
La stazione ferroviaria pare un luogo impazzito, centinaia di persone che vanno e vengono da e per chissà dove, tentando di guadagnare l'uscita trovo piedi e spalle che incrociano i miei, un pullulare di "sorry" con gli accenti più diversi.
Fuori, nel bagliore di un pomeriggio memorabile, un improvviso sciame di scarpe, berretti, fru-fru e improbabili mises mi trascina di qua e di là. Opporsi? Del tutto inutile, meglio intrufolarsi nella massa.
Crisi, brexit, minacce, tutto svanito nell'insopprimibile desiderio di tutti, quello di essere lì, in quell'attimo, rubando a Venezia immagini, sensazioni, colori, immagazzinando nella memoria i contorni dei palazzi e delle gondole, il sempiterno chiacchiericcio di sottofondo, l'immensa massa di paccottiglia in vendita.
Lo slalom tra i selfie e le fotografie in cima al ponte degli Scalzi ha del comico, sono convinta di essermi trasformata in involontaria intrusa in qualche immagine che sarà vista chissà in quale angolo del pianeta.
Comprendo il fastidio dei veneziani, in fondo Venezia è loro e vorrebbero circolare in santa pace, ma la convivenza con i turisti ed i visitatori è il prezzo pagato ad un luogo unico al mondo; tutto il pianeta o ci è stato o vorrebbe venirci e quelli che non sono ancora nati subiranno lo stesso fascino, un giorno.
Poi, all'improvviso, il cambio di scena, come nelle migliori pièces teatrali: stessa luce, stessi contorni, ma il silenzio fra calli strettissime e, sullo sfondo, una gondola che scivola sull'acqua. Ne sento distintamente il fruscio leggero, mentre qualche passo si avvicina. E allora sorrido, pensando fra me che sono fortunata ad essere veneta, ad aver frequentato da sempre questa città, a saperla girare facendo finta di perdermi nel labirinto di calli e fondamenta.
San Giacomo de l'Orio, la meraviglia di un boschetto intrufolato fra i masegni a far da guardia a una delle chiese più antiche di Venezia, veneziani e non che ciondolano leccando un gelato, un po' di gente in attesa delle prossime calli quasi deserte, da percorrere tranquillamente col naso all'insù.
La meta, in fondo, è molto vicina; Ca' Pesaro, maestosa e scintillante, oggi accoglie un sogno che si sta realizzando: Venezia Città delle donne, Venezia ancora una volta aperta al mondo e soprattutto al mondo di chi ha meno voce.

 A dare lustro a un incontro speciale una platea composta soprattutto di donne in festa: capaci, intelligenti, pronte a mettersi ancora una volta in gioco.
Venezia si mette alla testa di un progetto ambizioso, che riparte proprio dalla meraviglia dei propri musei, dalla propria antica e gloriosa tradizione, dal proprio immenso "appeal" per dire che si può fare, che anche qui, dove tutto appare così complicato, si può produrre cultura in modo nuovo.
Wi-Fi e fasciatoi per cambiare i piccoli, angoli per i bambini, accoglienza e nuovi stimoli dai giovani visitatori che fra tele preziose, merletti frutto di immense fatiche e sapienze, tessuti belli da togliere il fiato sapranno proporre approcci nuovi, associazioni di aiuto alle donne e ai giovani in difficoltà, di imprenditrici curiose e coraggiose.
Undici musei riuniti, grandi competenze, una buona dose di coraggio e una quantità smisurata di energia: tutto questo è Venezia Città delle donne, grazie alla Fondazione Musei Civici Veneziani, alle sue dirigenti, agli operatori, alla Presidente, la mia amica Mariacristina Gribaudi.
Venezia trascina con la propria bellezza immutabile, con il proprio fascino inebriante, ma anche con il coraggio di cambiare.
Facciamoci trascinare anche qui, nella Terraferma, troppo sonnacchiosa e impaurita: con troppa paura di sbagliare si rimane fermi nella palude. Servono idee e coraggio.

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