Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

venerdì 24 giugno 2016

Sputare in faccia alla storia. E ai giovani #Brexit

Non parlo mai pubblicamente di mia figlia, soprattutto per la sua ritrosia, per la sua grande modestia e il culto (molto british) della privacy.
Ma oggi non posso prescindere dalle sue lacrime e dalla sua amarissima considerazione: "Hanno sputato in faccia alla Storia. Come se dall'umanesimo in poi fosse tutta aria sprecata".
Il dramma non è solo e non tanto che la Gran Bretagna abbia deciso di uscire da un'Unione da cui ha ricevuto ben più di quanto abbia dato, che un pezzo di Europa pensi di rimanersene beatamente solo in mezzo al mare. Già Scozia e Irlanda del Nord stanno cominciando ad alzare la voce, a chiedere autonomia da un Paese che si dimostra fermo, pieno di paura, proprio quel Paese che ha ampliato smisuratamente i propri confini andandosi a prendere la terra altrui in tutto il pianeta.
La Gran Bretagna se la vedrà con i propri immensi problemi.
A preoccupare è soprattutto l'idea, cavalcata da troppi leader (non certamente statisti) incapaci di guardare avanti, occupati a tamponare qualche falla elettorale, a cavalcare le assurde paure della cosiddetta "gente" piuttosto che a compiere qualche semplice riflessione.
Chi si è isolato dal resto, da che mondo è mondo, alla fine ha sempre desolatamente perso, travolto dal fluire degli eventi. 
Pensare di starsene beati nel proprio isolamento è una illusione, per giunta criminale: l'Occidente, per tutto quanto ha combinato nel resto del pianeta nei secoli e decenni scorsi e per quanto continua a lucrare nelle tremende contraddizioni di Africa e Asia, non può far finta di non sapere perché milioni di persone lasciano la propria terra per cercare salvezza e futuro. Noi occidentali, noi Europei, dovremmo avere almeno la decenza di tacere.
I Paesi giunti per ultimi nell'Unione Europea hanno ricevuto miliardi di euro di aiuti, di crediti, autostrade spianate per costruire, industrializzare: dopo pochi anni credono di rifarsi sui più poveri: agghiacciante e ingiusto.
La gente ha paura? Sacro dovere di chi la governa sarebbe quello di spiegare che si tratta di paure inutili, che il mondo va avanti perché si mescola, che siamo tutti il risultato di milioni di mescolanze.
Credo fermamente che buona parte di questa classe dirigente europea, con le dovute eccezioni, fra cui il nostro governo almeno in questo settore, non sia degna  del ruolo che riveste, incapace di guardare un metro fuori dal proprio giardino, incapace di pensare che cosa vogliamo lasciare alle generazioni future.
Dopo 70 anni non ci stiamo ancora sparando fra europei e non abbiamo forse compreso quale grande valore ci sia dietro un dato di fatto che non è per nulla scontato: l'impressione è che sia in corso un altro tipo di guerra, che sparge sì sangue ma soprattutto odio e aridità.
La cosa più grave è che i vecchi stanno tradendo i giovani, essendo ormai la maggioranza in un continente sempre più vecchio hanno voluto tarpare le ali ai sogni delle giovani generazioni.
Cara Elena, di queste classi dirigenti ne abbiamo piene le tasche, i cambiamenti, quelli veri, sono sempre giunti dai giovani che studiavano, si applicavano, ricercavano, si parlavano, si confrontavano.
In un Medioevo agli sgoccioli fu la Firenze senza analfabeti a gettare le basi del futuro, dell'Umanesimo, del Rinascimento.
Tocca a voi, a quella che tutti chiamano "generazione Erasmus", ai tanti giovani che non concepiscono frontiere, dare una scossa all'Europa.
Fatevi protagonisti del vostro futuro: tanti, anche delle generazioni trascorse, ci staranno, aiutandovi. Del resto, degli imbonitori e dei parrucconi, potete anche fare volentieri a meno.


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