Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

venerdì 14 febbraio 2014

Consiglio Comunale sulla povertà - Conegliano 13/02/2014

Ieri sera a Conegliano si è tenuto un Consiglio Comunale aperto sul tema della povertà, chiesto ormai da mesi dalla sottoscritta e da tutto il gruppo del PD.
Sono intervenuti, con parole importanti e testimonianze di alto spessore, il Presidente della Provincia Leonardo Muraro, il Direttore dei Servizi Sociali dell'ULSS 7 Giuseppe Bazzo, il Presidente della Croce Rossa Giorgio Foltran e il responsabile della Caritas diocesana don Roberto Camilotti.
Di seguito pubblico il testo del mio intervento.

Discutere di povertà nel 2014 vuol dire affrontare una serie di situazioni dovute a cause diverse, che per una zona come la nostra, fino a poco tempo fa considerata “patria del benessere diffuso”, fanno tornare alla memoria i momenti più duri dell'ultimo dopoguerra.
Certamente la crisi economica persistente ha grande parte in questo aumento del disagio: sappiamo che negli ultimi anni la provincia di Treviso ha perso circa 26.000 posti di lavoro e al momento non si vedono segni di ripresa.

I dati provenienti dagli uffici comunali e da quanti si occupano della marginalità sociale e della povertà denunciano un andamento crescente del numero di persone costrette a ricorrere all'aiuto di altri per soddisfare i bisogni più elementari: non è possibile accontentarsi del fatto che il numero di quanti vivono senza fissa dimora rimane costante nel tempo.
A questo proposito dobbiamo avere ben presente che Conegliano, nel bene e nel male, è punto di riferimento del comprensorio, per forza di cose la nostra città attrae non solo gli affari ma anche la povertà, se non altro per la presenza dell'Ospedale e dei servizi forniti dall'ULSS contro le dipendenze, il disagio mentale. Due morti nel giro di pochi mesi, anche se non Coneglianesi, sono il sintomo di un disagio più diffuso di quanto si pensi.

I numeri che fanno più pensare, però, verso i quali occorre con urgenza cercare di mettere in atto politiche condivise e che abbiano qualche efficacia reale sono quelli riguardanti l'emergenza economica e sociale di chi, per il momento, una casa ce l'ha ma si trova sull'orlo di un tracollo.
Ascoltare i racconti dei volontari della Croce Rossa che svolgono le “visite” nelle famiglie di quanti chiedono i “pacchi viveri” dà il senso di quanto grave sia la situazione.
Non serve sottolineare che la povertà economica è spesso solo l'ultimo scalino di una situazione di disagio più complessivo: culturale, morale, sociale, sanitario.
La povertà colpisce soprattutto gli anziani, le donne e l'infanzia. Chi lavora nella scuola giornalmente sa bene quale e quanta sia la povertà che finisce per colpire massimamente i minori che spesso reagiscono violentemente alle umiliazioni ed alle difficoltà delle loro famiglie. La povertà non aspetta e la sofferenza di troppe famiglie, italiane e straniere, presenti sul nostro territorio, ha bisogno di piccoli passi concreti: non possiamo immaginare di avere ricette risolutive, occorre piuttosto iniziare in maniera organizzata e continuativa un'azione di supporto per quanti si trovano in situazione di bisogno.

I numeri forniti dall'Amministrazione parlano chiaro. Nel 2013 4.500 persone si sono rivolte agli uffici dei Servizi Sociali: 900 in più rispetto al 2011. Non solo, il Comune di Conegliano ha speso lo scorso anno 71mila euro in 212 micro-contributi una tantum di importo non superiore a 500 euro ciascuno. Ciò sta a significare che 200 persone (100 in più rispetto al 2011) si sono trovate nell'impossibilità di affrontare spese anche minime.
446 sono state le domande pervenute agli uffici del Comune in adesione al bando per l'emergenza sociale della Regione, di queste 333 riguardano nuclei familiari con figli e 201 richiedenti di cittadinanza italiana.
I dati forniti dalla Croce Rossa Italiana, dalla Caritas e dagli altri enti che “sul campo” affrontano giornalmente il problema parlano chiaro: centinaia di persone si rivolgono a loro ogni mese per ottenere i mezzi di sussistenza più elementari; fra questi, a detta degli operatori, ben pochi sono quelli che “approfittano” della situazione.

Si tratta di un mare di bisogni urgenti al quale è difficilissimo dare risposta, ben sapendo fra l'altro che le disponibilità finanziarie dei Comuni sono sempre più scarse.
Nessuno, credo, pensa che noi possiamo creare nuova occupazione o risolvere l'emergenza povertà: ciò che possiamo fare è favorire tutte quelle buone politiche che possono razionalizzare gli aiuti evitando lo spreco di energie, di risorse, di beni materiali, facendo sì che chi ha effettivo bisogno non venga sopravanzato da quanti approfittano della situazione, in maniera deliberata o, ancora una volta, per una sorta di povertà morale e culturale.

Per quanto riguarda il problema della casa è senz'altro positivo che si riapra lo sportello dell'Osservatorio Casa, ma non è possibile lasciare alla sola trattativa privata la soluzione di un problema così importante. Non è pensabile che, a fronte del perdurare della crisi, il comune non abbia un piano per l'edilizia pubblica e ignori la domanda di edilizia sociale. Né si può minimizzare quest'ultimo problema partendo dal presupposto, tutto da verificare, che solo una piccola parte dei 180 richiedenti un alloggio di edilizia sociale abbia i requisiti.

Il vero e proprio appello che possiamo cogliere dagli operatori è quello però (fatto salvo l'obbligo alla riservatezza dei dati) di un coordinamento vero, della messa in rete dei dati riferiti ai bisogni reali, così da promuovere atti concreti e utili.

3 sostanzialmente i fronti sui quali agire:
  • Senza tetto. Come si sa esistono persone “volontariamente” senza fissa dimora ed altri che si trovano invece in difficoltà a causa della perdita del posto di lavoro e, questione da verificare nel nostro territorio, mariti separati costretti a lasciare le abitazioni al coniuge e ai figli e non in grado di provvedere a se stessi. È possibile pensare a case di accoglienza?
  • I poveri. La distribuzione e la raccolta dei viveri vanno razionalizzate per evitare innanzi tutto l'accumulo di alimenti che rischiano di andare in scadenza. Per quanto possibile i volontari della Croce Rossa cercano di conoscere l'esatta entità del numero di persone di ogni nucleo familiare, la presenza di minori e/o di bambini molto piccoli. Da questo punto di vista il coordinamento con i Servizi Sociali del Comune è fondamentale. Va rivisto il Banco Alimentare, coinvolgendo da un lato nuovi soggetti volontari e dall'altro avviando contatti con la grande distribuzione.
  • Le persone a rischio povertà. È questa una delle questioni più complesse, soprattutto a causa della difficoltà di ottenere dati certi e della naturale ritrosia delle persone a denunciare le proprie difficoltà. Proprio in questo ambito più prezioso può diventare un rapporto continuativo di scambio di informazioni fra i Servizi Sociali del Comune, quelli dell'ULSS, le OO.SS., i rappresentanti delle comunità straniere presenti in città. A questo proposito, anche a detta di quanti già lavorano in questo settore all'interno dell'Amministrazione comunale, l'apporto dei mediatori culturali si è rivelato finora preziosissimo per evitare fraintendimenti e per aiutare la comprensione dei problemi e anche delle regole.
Molti comuni italiani si sono attivati in questi ultimi anni per cercare di affrontare il problema della povertà. Uno degli strumenti rivelatosi utile è stato quello dell'accordo con la grande distribuzione 
per attivare “carte famiglia” che danno la possibilità di consistenti risparmi sui generi di prima necessità.
Una questione delicatissima e che credo andrebbe supervisionata in accordo con il settore sociale dell'ULSS è quella relativa ai minori ed alla loro tutela. Come detto la povertà è spesso un fattore anche morale e culturale ed i minori pagano certe situazioni anche in termini di salute: tutti gli insegnanti sanno che spesso i ragazzi vanno a scuola anche se ammalati per la semplice ragione che i genitori o i parenti non sanno dove e come sistemarli, col risultato che la scuola si trova, ancora una volta, a dover affrontare altri problemi senza alcuno strumento per risolverli.

Credo che questa sera dovremo uscire da questo Consiglio con la volontà di ritrovarci entro breve, con quanti intendono operare in questo ambito, per formulare interventi unitari e coordinati.

Isabella Gianelloni – 13 febbraio 2014

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