Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

mercoledì 12 febbraio 2014

Buon compleanno a l'Unità

Con un linguaggio che appartiene di sicuro non solo allo scorso secolo ma ad un altro millennio, Antonio Gramsci pensava al nuovo giornale come ad un luogo di avanzamento politico e culturale che portasse l'Italia a diventare "Repubblica federale degli operai e contadini".
Chiunque abbia almeno un po' letto le sue riflessioni sa quanto profonda e partecipata fosse la sua riflessione riguardo all'Italia in quanto Nazione e quanto grande lo sforzo per far avanzare, non solo e non tanto le idee comuniste nella società, ma nel sollevare il livello culturale di quelle che un tempo si chiamavano "masse proletarie".
Oggi quel giornale compie 90 anni, un grande traguardo per un foglio che nasceva proprio mentre Mussolini si apprestava a dispiegare tutta la forza delle leggi liberticide, a far uccidere Giacomo Matteotti, ad incarcerare Antonio Gramsci e con lui centinaia di antifascisti.
L'Unità nasceva come un atto di coraggio: negli anni della clandestinità viaggiò nei doppifondi delle lacere valigie di quanti trasportavano in ogni angolo d'Italia le speranze di riscatto.
Ma questo è il passato.
Come passata è quella che Alfredo Reichlin oggi definisce "l'ambizione di essere i migliori". Forse.
Quell'ambizione riguardava una nuova classe dirigente, nata da quella che si chiamava classe operaia, che avrebbe dovuto avere una visione e una cultura, una interpretazione del mondo.
L'Unità ha attraversato, con alti e bassi, la storia di un'Italia che ancora stenta a trovare la propria strada, che arranca non sapendo valorizzare quel tantissimo di buono che ha, che pare strangolata dalle spire di criminalità, malaffare, malgoverno, vizio di dare sempre e comunque la colpa agli altri, incapacità di affrontare le proprie responsabilità.
Per chi come me (siamo tantissimi) si è avvicinato alla politica con il sogno di eliminare le ingiustizie, dare dignità e giustizia al lavoro e agli ultimi, senza guardare il colore della loro pelle, il Paese di provenienza, il modo di stare al mondo, l'Unità ha significato sentirsi parte di un tutto più grande, sapere di avere uno strumento di approfondimento, di tenere fra le mani (cito ancora una volta Reichlin, maestro per tanti di noi) un vessillo.
Molto è cambiato, per fortuna. Il mondo va avanti e il grande problema della sinistra è quello di non riuscire più a leggere per tempo i cambiamenti così da trasmettere chiavi di risoluzione.
E' cambiata la comunicazione, o meglio i suoi strumenti, ma non è cambiata la necessità di dare alle persone gli strumenti per la comprensione del mondo. Siamo drogati di notizie ma ci manca spesso l'informazione vera, quella che stimola la coscienza critica.
Abbiamo una Repubblica, questo è vero, che sta tentando di darsi una struttura meno centralistica.
Gli operai del 2014 sono diversi da quelli del 1924, così come i contadini.
Non era sbagliata, però, l'idea che questa nostra Repubblica debba fondare la propria forza sulle tante diversità, che debba essere il lavoro, in tutte le sue varianti, a tornare al centro della politica, che la terra si chiama settore primario perché dà cibo e valore aggiunto ad un Paese unico al mondo.
L'auspicio di Antonio Gramsci forse andrebbe ripreso: la grande varietà positiva dell'Italia è la via maestra per ricostruire fiducia, partendo dal lavoro, dal sudore quotidiano e dal sacrificio di chi ogni giorno vorrebbe andare a lavorare sereno.
L'Unità è e rimane uno straordinario strumento di riflessione e di spinta all'azione per migliorare.
Grazie e buon compleanno Unità!

Isabella Gianelloni

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