Nella mostra
fotografica dedicata al lavoro delle donne, l’intento di rendere giustizia, almeno in parte, ad
una storia fatta per molti aspetti di grandi sofferenze, si è
accompagnato alla scelta di non edulcorare la realtà, di non cedere
all’idea, assai comune, che un tempo le cose fossero più genuine,
naturali e quindi giuste.
Non c’è nulla di naturale, come sappiamo, nello
sfinimento dovuto ad un lavoro diuturno e poco riconosciuto, alla
totale mancanza di diritti, anche quello di parola, che le donne
hanno subito per secoli, ed alcune delle immagini scelte raccontano
soprattutto questo: una grandissima quantità di lavoro.
Qualcuno potrebbe chiedersi il perché della
testarda insistenza delle donne nel cercare il proprio posto al di
fuori delle mura domestiche, ben sapendo che non vi avrebbero trovato
maggiore comprensione, minor fatica, che il guadagno ottenuto non
sarebbe mai stato proporzionale allo sforzo ed alla fatica.
Fatica.
Gli antichi, in un mondo poverissimo di tecnologia com'era quello di
allora, avevano l'esatta percezione che la vita in quanto tale fosse
assimilabile alla fatica, necessaria in qualsiasi attività umana.
L'otium, il
potersi ritirare dalle comuni occupazioni era per qualcuno un utile
obiettivo. In alcuni dialetti italiani lavorare si dice faticare.
La
fatica
evoca sforzo, sfinimento, sudore, energia utilizzata senza risparmio.
Le donne hanno un'antica dimestichezza con tutto questo, a loro sono
delegate le fatiche del parto e della crescita dei figli, a loro il
compito di tenere insieme affetti e beni materiali delle famiglie.
Il
lavoro è un valore in sé, uno strumento di conquista della propria
dignità. La scelta, molto spesso la necessità, quasi sempre le due
cose intimamente legate fra loro, di lavorare anche fuori casa è
stata (ed è ancora) ricerca di dignità,
di affrancamento da una condizione servile, di quella autonomia
personale composta di indipendenza economica e possibilità di
tessere una rete di relazioni.
Queste
ultime, cioè il confronto delle esperienze e delle aspirazioni, la
scoperta di un mondo “altro” rispetto all'obbedienza supina al
padre, al marito, al suocero, al sacerdote, sono state per decenni
l'incubo della società con un ordine precostituito e pensato per
essere immutabile, un mondo che negava diritti e pari dignità alle
donne.
Il
titolo scelto per questa mostra è composto proprio da questo
binomio, dignità
e fatica,
vale a dire l'affermazione di una volontà di riscatto, del valore
della propria persona e tutto il sacrificio, a volte il dolore,
necessari al suo raggiungimento.
(Tratto dal mio saggio nel catalogo della mostra "Donne a Nordest. La dignità e la fatica. 1890-1970)
A Crocetta del Montello, dal 16 novembre al 1 dicembre, nei locali dell'antica Società Operaia di Mutuo Soccorso. Inaugurazione Sabato 16 novembre, ore 18.30.
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