Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

domenica 10 luglio 2016

La scelta libera di Arturo Dall'Armellina

Nella primavera del 1975 frequentavo la terza media e ricorreva il trentesimo anniversario della Liberazione. C'era un gran fermento: le stragi avvenute in quegli anni, gli estremismi che si confrontavano con violenza parevano voler togliere la scena alla memoria di una grande prova del popolo italiano, della sua conquista della democrazia.
La mia insegnante di lettere ci portò a vedere una grande mostra sulla Resistenza allestita nella sala del Consiglio Comunale di Conegliano: a illustrare le foto dei cinquantenni nel pieno della loro attività, i partigiani ventenni spesso ritratti nelle foto, con le barbe e gli occhi spavaldi dei giovani.
Fu allora che li conobbi, i partigiani della nostra zona, fu allora che mi spiegarono perché trent'anni dopo era sorto anche qui un Comitato Antifascista per difendere la democrazia. Il Presidente di quel Comitato era Arturo Dall'Armellina. Non era tanto alto, ma la sua voce e i suoi occhi non lasciavano scampo: tranquillo, pacato ma intransigente come chi sa di aver compiuto tanti anni prima una scelta per la vita. Aveva scelto la libertà e continuava a difenderla, da uomo politico, da partigiano impegnato, da fervente cattolico, da padre di una numerosa e amatissima famiglia.
Circa trent'anni dopo lo incontrai per intervistarlo: lui e altre otto personalità del dopoguerra coneglianese furono i protagonisti del mio primo libro. Io ero emozionata e lui un fiume in piena, raccontava, spiegava le ragioni di quella scelta, la volontà di stare sempre dalla parte di quelli che chiamava poreti, soprattutto, mi disse era "difficile anche aiutare questa gente a capire che poteva in qualche modo far valere i suoi diritti".
Riteneva, Arturo, che fosse necessario conoscere a fondo il territorio, le esigenze dei ceti più popolari per indirizzare le scelte della politica e che bisognasse trovare alleanze e punti in comune con le altre espressioni del mondo politico e sindacale. Era un democristiano che si ritrovò ad essere protagonista dello sciopero della Zoppas del 1960, quando perfino i sindacati della FIAT vennero qui a vedere cosa stesse succedendo. Così mi raccontò: "Noi che ci occupavamo del sociale abbiamo sempre avuto un rapporto particolare anche con le persone che sostenevano idee politiche diverse. Ne ebbi la controprova nel '60 durante i 45 giorni del famoso sciopero alla Zoppas, quando, trattandosi di nominare un presidente dell'ambiente sindacale, anche la CGIL fu d'accordo sul mio nome. (...) Da allora ho sempre perseguito la stessa idea: più delle differenze ideologiche contano le affinità sociali, gli obiettivi, la comune tensione per arrivare alla soluzione delle questioni reali, concrete".
All'epoca della mia intervista, nel 2004, Arturo Dall'Armellina, ormai ottantenne, non smetteva di dare il suo contributo alla società, lavorando per l'associazione degli invalidi di guerra.
A piedi, lo si vedeva attraversare la città ogni mattina, con la sua preziosa cartellina sotto il braccio, il passo sicuro e lo sguardo sereno

Ora non c'è più, il suo ricordo rimane sicuramente nella sua grande famiglia, ma deve restare anche patrimonio della sua città, davvero tanto amata ma spesso troppo distratta.


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