Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

domenica 24 luglio 2016

Lettera aperta ai giornalisti italiani

Oggi, come si dice, ho preso carta e penna ed ho scritto alla Federazione Nazionale della Stampa, all'UsigRai, all'ordine dei giornalisti e all'AgCom. Credo che sia ora che almeno i giornalisti veri evitino atteggiamenti e modi di fare che poco hanno a che fare con il diritto di cronaca e molto con la ricerca dell'audience a tutti i costi. Di seguito il testo.

Buon pomeriggio,
scrivo in qualità di cittadina e di Consigliere Comunale di una piccola città del Veneto, Conegliano, provincia di Treviso.
In ambedue gli ambiti credo che il rispetto della Costituzione e dei diritti e doveri di ciascuno debba essere la linea conduttrice. La libertà di pensiero, opinione, espressione e stampa è una delle maggiori conquiste del mondo libero, un valore assoluto da cui è impossibile prescindere.
Viviamo tempi difficili, terribili, nei quali la cronaca deve spesso rendere conto di omicidi efferati, stragi, terrorismo, guerre e distruzioni. Siamo anche, però, nel tempo dell'ipertrofia da informazioni, della valanga di notizie, o presunte tali, gettate in rete in pasto di chiunque, soprattutto dei troppi creduloni e del numero sempre troppo grande di profittatori, provocatori e anche peggio.
La "civiltà 2.0" tende a correre veloce e chi si occupa di informazione sa bene che contano i titoli, a malapena gli occhielli, sempre meno persone leggono poi il testo integrale degli articoli. Il potere dell'informazione è enorme, la disinformazione rischia di creare danni tremendi. Per questi motivi credo che la stampa debba, in qualche modo, darsi delle regole non certo limitanti il diritto di cronaca, ma che tendano ad evitare titoli e parole che possano essere mal interpretati, che diano o permettano letture lesive dei diritti di tutti, a partire dalla privacy per finire alla dignità delle persone e delle comunità, anch'esse tutelate dalla nostra Costituzione.
Soprattutto nell'ultima terribile vicenda dei fatti di Monaco di Baviera ho seguito con fastidio le cronache televisive e giornalistiche: più di qualche volta, in barba al comportamento tenuto dalle autorità tedesche, è parso che qualcuno fosse dispiaciuto di non poter parlare di terrorismo islamico.
Il terrorismo è il nemico pubblico numero uno, a cui va affiancato il razzismo, suo formidabile alleato: ambedue vanno combattuti con forza.
Oggi, nel TG1 delle 13.30, l'ultimo grave (secondo me) episodio: la giornalista, introducendo la conferenza stampa del capo della polizia bavarese ha esordito dicendo: "Dobbiamo chiederci come abbia fatto un iraniano di 18 anni a procurarsi un'arma" (più o meno testualmente, ma la parola iraniano c'era).
1. Si trattava di un ragazzo di 18 anni e basta.
2. Non si trattava di un iraniano ma di un tedesco, come lui stesso ha tenuto a precisare prima di morire.
3. Il capo della polizia parlava invece del rammarico per il fatto che un giovane abbia potuto procurarsi un'arma. Lo stesso funzionario parlava della necessità di rivedere le leggi che riguardano la diffusione delle armi in Germania.
Perché in Italia continuiamo a diffondere notizie tendenziose? Quella parola, iraniano, è la prima arrivata alle orecchie degli ascoltatori.
Davvero l'audience giustifica ogni cosa?
Sono convinta che una auto-regola di attenzione alla materia che si maneggia, la decisione di evitare i toni urlati o quelli che solleticano la "pancia" peggiore delle persone, porterebbero grandi vantaggi alla stessa informazione e alla convivenza civile del nostro Paese.
Grazie per l'attenzione.

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